Manovre iraniane in Iraq
Dr. Nimrod Raphaeli
Con la caduta della sua nemesi Saddam Hussein, l’Iran può ora perseguire in Iraq due obiettivi principali: il primo, creare problemi agli americani per tenerli inchiodati e distrarre la loro attenzione dai suoi programmi nucleari. Il secondo, ribadire la propria influenza sulla Hawza, ovvero sui centri religiosi sciiti nelle città sante di Najaf e Garbala, e prevenire l’insorgenza in esse di una leadership religiosa e spirituale indipendente in competizione con la città iraniana di Qum.
In un sermone del venerdì pronunciato il 9 aprile all’Università di Teheran tra grida di “morte all’America, morte a Israele”, il capo del Consiglio di Utilità Hashemi Rafsanjani ha affermato: “L’attuale situazione in Iraq rappresenta una minaccia e allo stesso tempo un’opportunità … È una minaccia perché la belva americana ferita può reagire furiosamente, ma è anche un’opportunità per insegnare una lezione alla belva in modo che non attacchi altri paesi ..”.
Frontiere aperte: un invito alla sovversione
È risaputo che le forze della coalizione non sono riuscite a esercitare un controllo totale sulle frontiere tra l’Iraq e i suoi vicini, in particolare i vicini suoi antagonisti: Iran e Siria. Attraverso i fronti orientale e meridionale sono infatti riusciti a entrare liberamente in Iraq sia agenti segreti iraniani sia terroristi sponsorizzati dall’Iran. Molti di loro si sono facilmente travestiti da pellegrini che, per la prima volta in anni, potevano visitare liberamente le due città sante di Najaf e Karbala. Per i musulmani sciiti, questi pellegrinaggi hanno importanza religiosa quasi quanto un pellegrinaggio alla Mecca.
Operando in un ambiente favorevole in Iraq meridionale, abitato prevalentemente da musulmani sciiti, gli agenti segreti iraniani hanno usato una miscela di incentivi e coercizione per ampliare la propria base di collaboratori. Secondo il quotidiano iracheno Al-Nahdha, la polizia irachena ha arrestato numerosi iraniani all’apparenza pellegrini ma in realtà agenti segreti. Il giornale stimava il numero di agenti iraniani operanti in Iraq in 14.000 unità, che si stanno infiltrando nelle nascenti forze di sicurezza del paese e stanno traendo vantaggio dalla libera distribuzione di libri e letteratura. A riprova del loro successo nel vendere dogmi rivoluzionari agli iracheni, il reporter del giornale ha scoperto che, per la prima volta nella storia moderna irachena, un numero crescente di poliziotti si sono fatti crescere la barba come simbolo della loro identificazione con l’Iran rivoluzionario. È risaputo anche che i pellegrini hanno portato in Iraq centinaia di telecomandi in grado di attivare cariche esplosive a distanza. LEGGI
FONTE: http://www.memri.org/bin/italian/articles.cgi?Page=archives&Area=ia&ID=IA17304