LA MEDUSA E IL PESCECANE
Il principe El Hassan bin Talal, fratello del defunto re Hussein di Giordania, risponde ad alcuni interrogativi pubblicati in un libro di Alain Elkann ( Essere musulmano. Saggi Bompiani). A pagina 33 c’è una domanda esplicita sul terrorismo di matrice islamica..
La risposta del Principe parte dalla constatazione che fino al Regno del Terrore, instaurato in Francia dopo la Rivoluzione, il termine terrorismo neppure esisteva e che solo negli ultimi decenni è stato trovato un sinonimo in arabo irhab, da arhaba che significa – spiega bin Talal minimizzando ed edulcorandone il significato – «intimidire»).
Spiega il Principe: «Ci si dovrebbe dunque chiedere chi ha imparato il terrorismo da chi. La religione islamica non perdona l’uso della violenza, l’intimidazione o il sacrificio di persone innocenti in nessuna circostanza, e quindi è chiaramente antiterroristica nei suoi principi. La pratica del terrorismo da parte dei musulmani negli ultimi decenni non giustifica l’associazione del termine “terrorismo” a Islam ».
Non è così. Purtroppo l’associazione fra terrorismo e islam è dato proprio dal ricorso, nei proclami jihadisti e le prediche di numerosi giuristi islamici, al termine coranico “Al Irhab”. Ancora una volta , nel tentativo di assolvere l’islam e di scaricare sugli altri la “colpa” del marasma in cui si trova l’islam al contatto con la modernità, c’è il rifiuto di prendere atto della realtà del terrorismo di matrice islamica.
Se è vero che non tutti i musulmani sono terroristi è anche vero che però tutti i terroristi sono musulmani, che i loro princìpi sono islamici e che il loro riferimento è la lettera contenuta nel Sacro Corano.
LA LETTERA CHE UCCIDE
“ Voi mettete nei loro cuori più terrore che Allah Stesso, poiché invero è gente che non capisce...” ( Corano, Al-Hashr, 59 :13 )
Arbaba, terrificare, è verbo coranico, e al-irhab ( quello che noi chiamiamo “terrorismo”) è vissuto dai jahidisti come un sacro dovere perché così è scritto (mektub):
8:59 ولايحسبن الذين كفروا سبقوا انهم لايعجزون
8:60 واعدوا لهم مااستطعتم من قوة ومن رباط الخيل ترهبون به عدو الله وعدوكم واخرين من دونهم لاتعلمونهم الله يعلمهم وماتنفقوا من شئ في سبيل الله يوف اليكم وانتم لاتظلمون
8-60 . WaaAAiddoo lahum ma istataAAtum min quwwatin wamin ribati alkhayli turhiboona ( liturhibo) bihi AAaduwwa Allahi waAAaduwwakum waakhareena min doonihim la taAAlamoonahumu Allahu yaAAlamuhum wama tunfiqoo min shay-in fee sabeeli Allahi yuwaffa ilaykum waantum la tuthlamoona
“ Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare ( turhiboona ) il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce . Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati “ ( Corano, Al-‘Anfâl, 8:60 )
Ciò che noi chiamiamo “Terrorismo”, in arabo si dice “Al Irhab” con nobile ed antico termine coranico. Anche se non ha il significato che noi attribuiamo al termine “Terrorismo” ( uso della violenza contro i civili per realizzare un fine politico), significa comunque “terrorizzare” chiunque venga designato dal primo semiletterato in grado di scrivere una fatwa ( un responso giuridico ) come nemico dell’islam.
Per i fondamentalisti musulmani, che hanno ripreso tale termine dal vocabolario religioso e l’hanno letto fuor di metafora, assumendolo come un comando operativo e terribilmente attuale, “Al Irhab” è l’applicazione pratica della sharia tramite quello sforzo estremo sulla via di Allah che è il jhiad transanazionale (arabo: جهاد) : una lotta fino al martirio che non ha altro fine che Allah stesso e che quindi non potrà che portare a un conflitto irriducibile.
Tutti i terroristi sono dei ferventi musulmani che dicono di agire in nome della loro religione e del Comando di una Volontà divina espressa nella lettera del Sacro Corano. Non hanno appreso “ Al Irhab” da qualche oscuro culto del terrore importato dall’occidente e risalente al Regno del Terrore instaurato in Francia due secoli fa.
A parte la più recente proclamazione del jihad di Osama bin Laden e dei suoi seguaci che vorrebbero restaurare il Califfato anche e soprattutto mediante “Al Irhab”, quando l’ayatollah Khomeini ha rovesciato lo shah nel 1979, il suo nuovo regime ha scelto il percorso del jihad globale, in una versione shi’ita. L’imam Muntazeri, l’ ideologo della rivoluzione islamica internazionale, ha costruito una dottrina del terrorismo in termini di “Al Irhab”. Ha sostenuto che la repubblica islamica ha un ruolo oltre l’imposizione della sharia alla propria gente (a scapito dei diritti dell’uomo e della libertà religiosa). Montazeri e i pasdarans hanno esportato questo jihad “rivoluzionario” in altre parti del Medio Oriente e nel mondo usando l’irhab (terrorismo sulla via di Allah ) come mezzo per re-islamizzare l’universo mondo. Il Satana principale ad essere attacato, dopo il Satana rosso sovietico, viene indicato come il piccolo Satana israeliano e il grande Satana americano. E se l’Europa o qualche paese arabo si frappone ai piani degli islamisti e dei jihadisti, le stragi di Madrid , di Casablanca o di Instanbul stanno lì come ammonimento, a dimostrazione di cosa potrebbe ancora succedere.
Per i jihadisti sia sciiti che sunniti “Al Irhab” diventa, molto prima dell’11 settembre e della guerra in Irak, la messa in pratica, fuor di metafora, del comando divino consegnato all’a-temporalità della lettera sacralizzata.
Perhaps the most emotive of these dangerous concepts from the West. Linguistically, al-Irhab (terrorism) is a noun derived from the verb arhaba (to terrify) with the meaning to frighten or scare. Allah (Subhanahu wa ta’aala) said,
تُرْهِبُونَ بِهِ عَدُوَّ اللَّهِ وَعَدُوَّكُمْ
“(Liturhibu) to threaten the enemy of Allah and your enemy.” [TMQ. Al-Anfal: 60]
that is you should terrify the enemy.
Pretendere che il terrorismo non abbia alcuna connessione con l’islam significa eludere questioni molto dolorose e inquietanti come la fissità, la polarizzazione e il marasma in cui oggi versa una civilizzazione che un tempo era religione, civilizzazione e impero dominante su tre continenti.
Odio per il non-musulmano in generale e le nuove ambizioni di una certa èlite islamica della risma di bin Laden o di al Zawiri ricorrono a un’ideologia, a una mito-storia nostalgicamente celebrata come se fosse attuale e a un quadro intellettuale che deriva da una decomposizione e ricomposizione dell’islam nei modi dell’ islam politico globalizzato che oggi occupa la scena: il nazi-teo-scientismo islamico. Ora muovendosi dal basso, in profondità come una medusa, tramite l’occupazione degli spazi offerti dalle democrazie e dissimulando i propri obiettivi, ora esplodendo con azioni terrificanti e spettacolari, la forma che oggi ha assunto l’islam è portatrice di una pragmatica ideologia vendicativa e totalitaria.
Il suo attacco è basato su una strategia di lunga durata e un movimento sinuoso e avvolgente, composto da cellule che si moltiplicano e si dissimulano secondo la prassi della in attesa di attaccare quando le condizioni diventano propizie. Contro la medusa islamista combatte il pescecane americano, i cui attacchi sono massicci e non di lunga strategia, basati come sono su una concezione più lineare e superficiale del tempo.
Più in generale, l’islam politico, del quale i musulmani sono abituati ad aver paura fin da piccoli ( mentre noi stentiamo a renderci consapevoli del pericolo che la sua ricomposizione nei termini sia fondamentalisti e sia jahidisti esso rappresenta) costituisce un problema anzitutto per i musulmani stessi presi come in una specie di cesura identitaria. Non avendo costruito ponti per comprendere una modernità che hanno acquisito, per così dire, chiavi in mano, ai musulmani riesce penoso vedere la matrice islamica dell’attuale terrorismo transnazionale. D’altra parte, numerosi intellettuali europei, intimiditi dalla dittatura del politicamente corretto e dalle minacce islamiste, criticano tutto ma evitano qualsiasi critica all’islam. E’ una straordinaria forma d’inibizione che in parte deriva anche dalla poca considerazione che i portatori del politicamente corretto hanno per i musulmani. E’ quando si disprezza qualcuno che lo si blandisce e non gli si dice la verità sulla gravità della situazione avversa in cui ci si trova, gettando subito falsi ponti e rinunciando a trovare modi più adeguati alla realtà per un effettivo aiuto reciproco.
Nel rifiuto della complessità si annida, ancora una volta, la tirannia.
Link :
[PDF] Dangerous Concepts
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( ANA MAAL”IRHAB )
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NOTE SULLA PRATICA DELLA TAQIYA
Celare le proprie vere intenzioni è nello stesso tempo una mentalità e una pratica abituale ai gruppi e ai regimi islamici. L”Arabia Saudita o l’Iran, per esempio, ricorrono alla dissimulazione per appoggiare le organizzazioni terroristiche e negarlo organizzando conferenze contro il terrorismo, oppure – come nel caso dell’Iran – di proseguire nella costruzione della bomba atomica islamica e negare di averne l’intenzione.
La pratica della dissimulazione è una pratica prescritta esplicitamente dall’islam. Il termine giuridico per “dissimulazione” è tukya o taqiya o taqiyyah o anche taqiyah, a seconda della pronuncia locale, ed è collegato ai termini takwa e taqi, con il significato di “custodire” qualcosa.
L’autorizzazione alla tukya è data dagli imam e dagli sceicchi in accordo con la tradizione ( sunna) e in conformità con la shari’a, la legge islamica, quando palesare obbedienza alla Legge del dio Allah potrebbe essere lesivo dell’incolumità personale o della libertà. Mentire significa, nel caso, custodire la fede.
La dissimulazione – come nota Giovanni Cantoni ( in : Aspetti in ombra della legge sociale dell’islam), si affianca alla possibilità, in caso di necessità, di stringere amicizia con infedeli, di fare intese con loro — «I fedeli non si alleino con i miscredenti, preferendoli ai fedeli. Chi fa ciò contraddice la religione di Allah, a meno che temiate qualche male da parte loro» (Corano, sura III, «Âl-‘Imrân» [La famiglia di Imran], 28).
Anche l’amicizia con un non-musulmano è quindi interessata, soggetta a riserva mentale e a dissimulazione, e può essere revocata unilateralmente a seconda delle convenienze e dei rapporti di forza. Persino il tradimento appare come una virtù gradita al dio Allah. C’è un proverbio popolare arabo che illustra perfettamente questo comportamento desunto dall’insegnamento coranico: “ Bacia la mano che non puoi mordere”.
Oggi quello della taqiyah è un lavoro specializzato, dato che l’obiettivo strategico è quello di distruggere i fondamenti delle civilizzazioni non- musulmane, come preludio alla sconfitta di Israele, dell’India, degli Stati Uniti d’America, della Gran-Bretagna, della Germania, della Francia, dell’Italia, della Russia, dell’Egitto, dell’Afghanistan, dell’Iraq e di tutti quei soggetti che non si sottomettono all’islam, oppure non pagano il “pizzo” per essere lasciati relativamente in pace.
La dissimulazione ( taqiyah) non è un fenomeno unico nella storia. Molti strateghi provenienti dagli ambiti più diversi se ne sono serviti per conquistare il potere o per sovvertirlo. Ma l’unicità dell’ attuale taqiyah praticata dagli islamisti è quello di essere un lavoro articolato, specializzato e ben finanziato, con il conseguente successo che ottiene presso le società democratiche avanzate e ad alto livello di sviluppo.
Specialmente in Europa. la strategia del taqiyah si sta rivelando vincente in una maniera massiccia a causa della mancanza di conoscenza dell’islam fra le elite europee.
– Taqiyya and kitman: The role of Deception in Islamic terrorism
– Taqiyya has beenused by Muslims since the 7 th century to confuse and split ‘the enemy’. …
Fonte: http://www.ci-ce-ct.com/Feature%20articles/02-12-2002.asp
– al-Taqiyya/Dissimulation (Part I) –
Fonte: http://www.al-islam.org/encyclopedia/chapter6b/1.html
al-Taqiyya ( Parte II e Parte III ) in : http://www.al-islam.org/encyclopedia/chapter6b/
Fonte: http://al-islam.org/taqiyah/1.htm#r1
La dissimulation (taqiyyah) chez les chi’ites et les druzes 9/7/2003
Fonte: http://go.to/samipage
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In rete
– Renato Farina, dialogo con Magdi Allam (Grazie a Rolli).
Magdi Allam: «Qui si tratta di intendersi su cosa sia l’Islam. L’Islam della mia esperienza non è questo! Io ho imparato da mia madre la fraternità, la solidarietà sociale forte, il rapporto diretto con Dio, senza bisogno di clero. Il fondamentalismo è segno di una crisi profonda. Il suo risorgere va legato alla sconfitta araba subita da Israele nel ’67. Tramontata l’utopia del panarabismo, queste forze radicali hanno investito sul panislamismo. I suoi momenti salienti sono stati la vittoria khomeinista nel febbraio del ’79, l’assassinio del presidente egiziano Sadat nell’81…».
Renato Farina: Non capivamo nulla. Ricordo nella tipografia del mio giornale la festa dell’uomo delle pulizie, un egiziano immigrato. Mi disse: vedrete, vedrete…
Magdi Allam: «Certo. I fondamentalisti pensavano di prendere il potere all’interno dei singoli stati arabi e islamici e poi di tracimare in Occidente. In Egitto ci provano eliminando il leader, in Algeria usando la democrazia in vista della sua negazione. Bloccato il tentativo, sono passati al terrorismo puro e semplice. Questa è la lezione: la radice del terrorismo è l’Islam adoperato come ideologia per il potere».
Renato Farina: Da una parte tu neghi che sia il vero Islam. Poi sei il più duro di tutti con gli imam gentili, i quali stringono la mano dei cardinali, assicurando che sono per il dialogo e contro il terrorismo. Come il caso di Milano. Il cardinale Tettamanzi (in assoluta retta coscienza, ovvio) ha spedito una lettera per la fine del Ramadan ed è stata letta e fatta propria da un emiro che sta dalla parte dei fondamentalisti algerini… L’ha pure intervistato la Rai…
Magdi Allam: «L’Islam che in Italia ha preso il possesso di quasi tutte le moschee è di questa stoffa subdola. Accettano le regole democrazia per occupare il territorio…».
Renato Farina: Come in guerra. La loro guerra è questa.
Magdi Allam: «Certo. In Occidente pretendono il dominio della comunità musulmana. E il modo per averlo è esattamente questa legittimazione fornitagli dalle autorità ecclesiastiche e civili. Io mi batto per farlo capire, ma non ci riesco. Magari tu sei cattolico, e ti ascoltano».
Renato Farina: Mi scomunicano, altro che, mi sono già arrivati avvertimenti.
Magdi Allam: «È sbagliato, queste persone hanno lo stesso obiettivo dei terroristi. Vogliono uno stato islamico. Gli uni con la violenza, gli altri dal basso. L’Occidente si crede colto, ma è ignorante. I prelati sono portati a scegliere come interlocutore qualcuno che gli rassomigli, dimenticando che nell’Islam non esiste un clero. Quelli che si spacciano per tali, compiono un’usurpazione dottrinale».
Renato Farina: Che fare allora per impedire che questa guerra già dichiarata e in corso esploda tragicamente? Tu hai scritto che bisogna prendere atto del fallimento di due modelli di convivenza, il multiculturalismo e l’assimilazionismo.
Magdi Allam: «Confermo. Sono insostenibili. Il multiculturalismo è il modello nordeuropeo. Si basa sulla certezza sia possibile convivere pacificamente, nello stesso spazio sociale e giuridico, mantenendo identità e idee di cittadinanza diverse. Ancora prima dell’assassinio di van Gogh, l’ideologo del multiculturalismo britannico, Trevor Philipps, caraibico, nero, sociologo raffinato, ha fatto marcia indietro. Il multiculturalismo ha creato ghetti spaventosi. Quartieri di pachistani islamici, di indiani indù, di musulmani somali. Ha sfilacciato la società, ne causa l’esplosione».
Renato Farina: Nel multiculturalismo ciascuno ritiene di essere depositario di un Codice morale assoluto. Van Gogh ha offeso la mia identità, ed io la faccio valere: essa ordina l’eliminazione del blasfemo.
Magdi Allam: «Proprio così. È interessante notare come l’assassino di Van Gogh sia un olandese di origine marocchina. Non è tanto l’immigrazione la questione dirompente, almeno nel Nord Europa, quanto l’emergere di cittadini ai quali non è stato chiesto di riconoscersi in una comune civiltà, in valori decisivi quali la libertà e la tolleranza, la sacralità della vita singola. No, a loro è stato detto: ciascuno ha diritto di vivere secondo la propria identità e cultura, ritenendosi tranquillamente europeo».
Renato Farina: L’Europa come guscio vuoto.
Magdi Allam: «Abbiamo sbagliato tutto. La società olandese e quella belga sono fragilissime. Quando manca questa unità, allora nascono le reazioni di presunti fronti cristiani. È una reazione esecrabile e devastante».
Renato Farina: L’assimilazionismo è invece francese…
Magdi Allam: «Certo. Impone a ciascuno di rinunciare alla propria identità religiosa e culturale per aderire a un patriottismo che coincide col laicismo. Insopportabile, nefasto. Non è possibile un’omogeneizzazione, gli uomini si ribellano».
Renato Farina: C’è il modello americano: il meticciato. Una cultura dominante, quella cristiana, sa assorbire e lasciarsi modificare da apporti diversi. Potrebbe essere questo il modello italiano?
Magdi Allam: «In Italia non si è scelto nessun modello. Si reagisce in modo passivo alle emergenze. È la logica delle sanatorie. Oggi gli stranieri sono circa 3 milioni e mezzo, di essi un terzo musulmani. Da noi c’è solo il modello umanitarista del volontariato».
Renato Farina: Per evitare la guerra in Italia, che cosa proponi?
Magdi Allam: «Lo propongo per tutto l’Occidente: una riscossa. Dopo l’età del vuoto, è il caso di riscoprire cosa costituisce la tradizione di questo popolo occidentale».
Renato Farina: Un amico mi raccontava di avere aperto a Torino una “scuola dei mestieri”, pasticceri, falegnami e così via. Un gruppo di islamici voleva togliere il crocifisso. Ha detto: se lo togliete, togliete me, il motivo per cui abbiamo aperto questa scuola e voi potete studiare. Quelli si sono arresi: non ha contrapposto un’ideologia, ma la sua vita.
Magdi Allam: «Proprio così! Se l’Occidente non riscopre l’amabilità della sua vita buona, è finita per i cristiani e per gli islamici come me».
Renato Farina: Che fare?
Magdi Allam: «Partiamo dal buon senso, e da un punto fermo: nessuna deroga al rispetto delle leggi, ai valori percepiti come fondamentali dalla società. Un’identità forte dello Stato, a livello istituzionale. Sul piano religioso, forte riferimento identitario del cattolicesimo. Su quello culturale, la necessità di imparare la lingua italiana».
Renato Farina: Tu pensi che la cultura cristiana sia baluardo di libertà per tutti.
Magdi Allam: «Certo. Dev’essere dominante ma non dominatrice. Allo stesso tempo è necessaria la ferma repressione di chi rema contro, chi costruisce nelle moschee e nei centri culturali islamici uno Stato teocratico nel nostro Stato. Dobbiamo bonificare quei terreni sia fisici sia mentali oggi terreno di cultura del radicalismo islamico: moschee, banche islamiche, associazioni caritatevoli, scuole».
Renato Farina: Chiuderle?
Magdi Allam: «No. Vanno riscattate alla legalità trasformate da centri di potere politico a luoghi di preghiera, togliere le moschee a chi le usa per potere e darle per pregare».
Renato Farina: Scusa. Ma perché non lo fate voi islamici antifondamentalisti questo lavoro, visto che siete la maggioranza, tu dici addirittura quasi il 90 per cento.
Magdi Allam: «Hai ragione. Finora, si è preferito non avere casini. Non è facile per una famiglia islamica tranquilla uscire alla luce del sole: si rischia, e di brutto. Ma ora abbiamo il dovere di esporci. Però per favore dovete essere nostri alleati. Questa maggioranza di musulmani va salvaguardata e consolidata, bisogna darle visibilità mediatica».
Renato Farina: Posso essere scettico? Ho amici islamici come te. Ma non vedo dietro di loro il popolo che segue invece gli imam.
Magdi Allam: «Siamo minacciati. Per favore evitate di ridicolizzarci».
Renato Farina: Daresti il voto agli immigrati?
Magdi Allam: «Per me il diritto di voto coincide con la cittadinanza. Ed essa non deve essere esito burocratico, ma la maniera in cui ci si riconosce in una società dove i valori comuni sono forti e cristiani».
Renato Farina: Questa guerra si vince se si ha il coraggio della nostra identità?
Magdi Allam: «Bisogna essere durissimi, possono esserci identità diverse, ma bisogna scegliere. O la civiltà o la barbarie».
( Renato Farina – Libero)
COMMENTO: Purtroppo per lunghi anni a venire avremo la civiltà e la barbarie.
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– Quando i pacifisti con diplomazia fermeranno i terroristi:
“DIPLOMACY”( film) ( Grazie a Sorvegliato Speciale)
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– Islamisme contre Occident, ou la méduse et le requin
La lotta mortale tra Al-Qaïda et gli Stati Uniti mette alle prese avversari diametralmente opposti nei loro obiettivi, i mezzi e i loro metodi. Una metafora tratta dal mondo animale illustra queste differenze e i loro rispettivi comportamenti ( in francese).
Près de 3 ans après les attaques du 11 septembre 2001, le contexte de la lutte mettant aux prises le fondamentalisme musulman et les démocraties occidentales apparaît plus clairement. L’une des principales différences entre les protagonistes de ce conflit global réside ainsi dans leur emploi et dans leur perception du temps.
Schématiquement, les islamistes se réfèrent constamment à une histoire millénaire, fourbissent lentement leurs armes et projettent d’avancer peu à peu vers un succès inéluctable, alors que les occidentaux se focalisent sur l’instantané, réagissent au quart de tour et peinent à poursuivre des objectifs lointains.
Pour emprunter une métaphore au monde animal marin, on pourrait écrire que la méduse et le requin symbolisent les acteurs au centre de cette guerre : Al-Qaïda et la mouvance islamiste d’une part, les Etats-Unis et l’Occident d’autre part.
Fonte:
http://www.checkpoint-online.ch/CheckPoint/Actuel/IndexActuel.html