ESISTE L’ISLAM MODERATO ?
Una mentalità religiosa basata sull’idea della supremazia e le nuove ambizioni dell’islam, un duro pragmatismo influenzato, appoggiato e finanziato dal wahhabismo puritano, dal regime iraniano degli Ayatollah, dai centri politici dei Fratelli Musulmani e da imam semintellettuali e semiletterati fondamentalisti , tutti fautori di una religione ridotta a sistema che regola tutti gli aspetti della vita e degli affari della società, nonché più in generale una cultura basata sull’apprendimento e la ripetizione letteralista delle sacre scritture, sono alcune delle ragioni per cui è nato il terrorismo jihadista ed è fallito il concetto di compromesso e di buon vicinato nella cultura islamica.
Non a caso, nella lingua araba ( che è lingua della rivelazione del dio Allah, refrattaria all’interpretazione critica ) non esiste alcun termine equivalente alla parola “compromesso”., o per tradurre concetti come “laicità” , “ libertà”, “individuo” o “democrazia”. Lo stesso concetto di “uomo” è diverso da quello occidentale ed è sovradeterminato dall’islam legalista : “uomo” infatti si traduce – oltre che con il termine colto di al-insan – con il termine più generalmente in uso di “rajul”, che non include né la donna ( come quando noi diciamo “ l’ Uomo”) né i non-musulmani, in quanto “rajulia” ( l’ “ominità”, l’ “essere uomo”) comporta sia l’idea di portamento maschile sia quello dell’assunzione pubblicamente visibile delle virtù e dei costumi islamici ( come per sempio portare la barba, osservare il digiuno del ramadan, fare il pellegrinaggio alla Mecca, eccetera). . In tal senso, donne ( mra), schiavi e non-musulmani ( kuffar, letteralmente “ingrati verso Allah”, come si dice comunemente con termine polemico ) sono non-uomini. L’islamista non desidera essere altro, ma si dispera di voler essere se stesso in una quadratura statica di tratti unici: UNA religione ( l’islam), UN solo libro e un solo testo ( il Corano), ai quali viene ad aggiungersi, qua e là, il nazionale.
Quando vivevo in Marocco, dal 1967 al 1975, a Essaouira, e poi con residenza a Marrakech, un mio amico musulmano per niente osservante mi portò a casa sua ( harim) e mi fece conoscere suo padre, un musulmano osservante, con la divisa da musulmano, e cioè gellaba e barba. Ricordo che, prima di uscire da quella casa dove per l’occasione le donne erano state rinchiuse in cucina affinché non le vedessi – dopo avermi chiesto se ero sposato e se avevo una famiglia ( aila) numerosa, il padre rimproverò aspramente il figlio che mi salutava dicendo “ salam alik “ ( “ su di te la pace”), argomentando che un kafir ( un non-musulmano, letteralmente un “ingrato” verso Allah) non va salutato con questa formula, da riservare esclusivamente ai musulmani doc.
E’ come se nel non-musulmano fosse insita, oltre che qualcosa di inaffidabile, anche una forma di “impurità” : e cioè una specie di contagio semi-magico , qualcosa di pericoloso e di odioso dal quale è meglio che il buon musulmano si tenga alla larga, così come si fa di solito, per legge, con l’alcol, il buon vino, la donna mestruata o il porco., la carne di maiale.
Nelle religioni vi è sempre un “intoccabile”, declinabile perlomeno in tre accezioni:
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L’ Intoccabile in quanto concerne la dimensione sensibile di un corpo con il quale non si deve entrare in contatto: questo è il tabù.
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L’Intoccabile nel senso dell” Indenne, accezione che corrisponde a uno dei significati del termine islam. Questo termine proviene in effetti dalla radice “ S.L.M.” che significa “sfuggire a un pericolo”, “essere sano e salvo”. La parola “islam” nomina quindi il salvo della creatura dopo l’attraversamento di un pericolo. Quindi rimanda a un senso di sollievo , di pacificazione, e a una condizione di immunità.
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L’Intoccabile designa anche colui che beneficia dell’immunità
In quanto non-musulmano, il kafir non può essere considerato una creatura sana e salva, quindi non mi si poteva dire “ salam alik”. In quanto non-musulmano, a meno di non stabilire un patto e diventare dhimmi ( un protetto a pagamento) per essere protetto da musulmani contro la sempre possibile sopraffazione o violenza di altri musulmani, un kafir non beneficia di alcuna immunità. Può essere oggetto di qualsiasi sopruso, non si troverà mai un buon musulmano disposto a solidarizzare con la vittima-kafir contro un altro musulmano.
( Così come per le forme di omosessualità sommerse, molto diffuse e fuori dal discorso critico in paese islamico – di cui riferisco nel romanzo, non auto-biografico, Hotel Oasis. Regraga – ho dovuto diventare etnografo per potermi orientare e vivere tra i musulmani, a partire dalla vita quotidiana e dalle sue implicazioni e strategie di sopravvivenza, e non per verificare “sul campo” a partire da una teoria come si fa di solito in ambito universitario. Una volta, per esempio, a Essaouira, durante la guerra del Golfo, un mio amico francese, professore universitario che ha molto contribuito a far conoscere al mondo la cultura popolare della regione – tanto da ricevere diverse onorificenze ed anche una lettera di apprezzamento di Sua Maestà Mohamed VI, ebbene fu insultato pubblicamente per strada da alcuni giovani barbuti al grido di “sale juif ! – “sporco ebreo!”. Il professore, peraltro, non è ebreo, ma l’insulto viene d’abitudine esteso a tutti gli occidentali in quel paese. Protestai con il capo della polizia, un mio conoscente di vecchia data, fin da ragazzi, e quello mi rispose: “ Lascia stare, cerchiamo di non danneggiare quei poveri ragazzi…”. Se qui, a Milano, un ragazzotto chiama “ sporco musulmano” un barbuto che ha appena sputato al suo passaggio, commette un reato, il Sindaco si mobilita per chiedere scusa pubblicamente al barbuto e ai suoi fratelli, e qualche don pirla con la kefiah scende in piazza a solidarizzare con il diverso da accogliere con cuore aperto e dialogante, in uno sventolare di bandierine arcobaleno ).
Nell’islam la verità che è scritta una volta per tutte e la legge ( haqiqa e shari’a ) sono solidali fin dall’origine, per cui il soggetto, posto davanti ai mutamenti del reale, si trova come in un eccesso di reale e di godimento che gli fa orrore, dal momento che non trova, nel suo universo immaginario e simbolico tradizionale e antico, niente che possa arginarlo. Da qui la nostalgia e il ricorso all’origine nel tentativo disperato di restaurare lo scudo della monolitica credenza religiosa. Tuttavia, poiché lo scudo è fissurato alla prova del mondo storico e scientifico contemporaneo, bisogna rattopparlo amalgamandovi i nuovi materiali appartenenti a questo mondo. E’ quel che fa l’islamismo politico, che non è un semplice vettore del ritorno del religioso, ma una nuova composizione ideologica eterogenea. Ovvero il nazi-teo-scientismo islamico, una pericolosa ideologia totaliria, armata e diffusa su scala planetaria. La composizione islamista affiora e dilaga a partire da una decomposizione della religione: una decomposizione che l’islamismo intensifica tramite gli stessi gesti ( fabbricazione e uso dei martiri-killer, sgozzamenti di innocenti in mondovisione , terrorismo islamico, eccetera) che vogliono salvare la sua verità in pericolo.
Più in generale, la luce di Dio, nell’islam, non è l’anima dell’uomo : uomo-rajul e dio Allah non partecipano dello stesso essere, ma sono separati dall’abisso delle qualità: Allah è l’Unico, il Signore dei mondi , e la creatura è serva da sottomettere al Più Grande in assoluto. Certo, è anche Rahaman, Rahim ( Clemente e Misericordioso, letteralmente provvisto di un amore simile a quello viscerale di una madre : RHM significa “utero”), ma un tale amore “uterino” che configura una misto di madrepadre, il Padre Androgino, si esercita solo a certe condizioni imprevedibili.
Il musulmano, d’altra parte, è per definizione un sottomesso (muslim) , una creatura “immunizzata” se si sottomette e tuttavia perennemente in bilico e dotata di poteri precari. Benché “califfo”, una specie di luogotenente con il mandato di far rispettare a tutto e a tutti gli ordini di Allah, resta una creatura di passaggio come un ‘ ombra sulla terra. La terra stessa, così come gli universi, non sarebbero che l’ombra del dio Allah. La società musulmana è monoteista, comunitaristica e gruppale, organizzata come un’orda di orfani, di fratelli senza padre o patria . L’islam – che deve molto al manicheismo e alla gnosi – insiste nell’affermazione che Dio non è il Padre e non è propenso in alcun modo ad accettare che possa esserci una dialettica fra Dio padre fonte di tutti gli esseri, il Logos-figlio che è il suo senso, e il Pneuma-spirito che è soffio vivificante ( della lettera e delle creature) e sua tensione verso il suo Volto e la Sua Gloria.
Il dio Allah resta l’Identico, che è una delle sue designazioni principali , Dio in effetti è chiamato: HUWA HUWA, che vuo dire letteralmente LUI LUI. O anche LUI E’ LUI. Un TRA Lui e Lui resta impensabile: il dio nell’islam è una specie di monolite, come fuso in un sol blocco, di cui si conosce solo la Volontà e il Comando rivelati letteralmente nel Corano. E questo aspetto celibe, assolato ed itifallico è rappresentato sia dall’indice puntato dall’imam verso l’alto, ripiegando a pugno chiuso le altre dita, sia dall’ergersi del minareto che sovrasta le case della città ( la medina). Nei paesi del Maghreb i minareti sono tozzi, a base quadrangolare, e non debbono avere attorno costruzioni che li superino in altezza, oppure negozi in cui si vendono alcolici.
Il monoteismo islamico proviene dal deserto e aspira a ritornare al deserto, dopo aver ripulito l’aria da ogni forma di vita non conforme al dettato islamico. Non è per niente bendisposto verso altre religioni o semplicemente verso altre idee oltre all’islam. Al di fuori dell’idea dell’Uno, identico a se stesso, il resto è un mondo materiale governato dalla volontà arbitraria, sovrana e imperscrutabile di Dio ( insciallah ) e destinato alla distruzione : un mondo privo di qualsiasi pluridealità e di modalità “spirituale”. La legge non salva da un qualche peccato originale: esprime solo una Volontà superiore e distribuisce, alla fine, premi agli obbedienti e punizioni ai disobbedienti. Ogni idealizzazione si troverà allora concentrata sull’idea dell’Uno, dando luogo a un monoteismo dai tratti legalisti ( nomocrazia ) , identitari, astratti e violenti, con conseguente alienazione e noncuranza per il reale, per lavoro ben fatto, per le arti, la tecnica, la cultura, la bellezza, ogni possibilità di creazione artistica, sociale, politica, e di “trasfigurazione”, e soprattutto con conseguente disprezzo generalizzato per la vita propria e altrui. Oltre l’apparenza di una certa bonomia, nei paesi musulmani si avverte nell’aria un’elettricità caratteristica, a un tempo esaltante e oppressiva: è come un’aria di pericolo e di una certa violenza pronta ad esplodere in qualsiasi momento.
Il Super-io non è nell’invisibilità delle coscienze, ma nello sguardo del vicino. In ambiente islamico si vive in un regime di sorveglianza reciproca generalizzata, perennemente nell’incertezza del diritto, mancando ogni cura per la giustizia che è alla base stessa delle relazioni umane. Chi si mostra “debole”, oppure non è protetto tramite il versamento di una specie di “pizzo” da un gruppo di forti, è destinato ad essere facilmente sopraffatto dall’orda dei fratelli. Se non ti mostri debole o troppo gentile, l’atteggiamento aggressivo diminuisce, secondo iI motto popolare : “ Bacia la mano che non puoi mordere”.
L’islam tuttavia resta una pluralità di versioni dell’islam, non ha un Vaticano per moderarne gli eccessi, gli errori e le derive, e non è un blocco monolitico. Nel corso della storia del suo espansionismo aggressivo e pretese imperialiste, l’islam politico si è frapposto con la spada fra l’Occidente cristiano e l’Oriente indù e buddhista, impedendo – come notava Levi Strauss – che la spiritualità dell’Occidente cristiano e dell’Oriente buddhista s’incontrassero e si unissero, “come due mani che si congiungono” . Alcuni islam hanno conosciuto momenti di alta spiritualità, di poesia e di bellezza quando i musulmani stessi si sono rilassati, ingentiliti ed aperti ai mondi non-musulmani sono riusciti , per brevi periodi, ad arginare le ristrettezze e l’angustia delle pretese dell’islam politico, letteralista e legalista ( nomocratico). Da quando si è diffuso l’uso di chiamare islamismo l’attivismo e l’estremismo di matrice islamica, non c’è più un termine per definire la religione dell’islam in senso stretto. Resta la parola “islam” ( a volte con la maiuscola, “Islam”, per riferirsi alla civilizzazione musulmana in generale ) che mescola un po’ tutto in quanto designa nello stesso tempo l’insieme dei popoli che professano questa confessione musulmana, la civilizzazione e la religione ( che peraltro non è religio, ma din-islam, ovvero “debito” verso il dio Allah).
“La concezione islamica della “rivelazione”, a differenza di quanto avviene nel cristianesimo, vede il Testo Sacro non come semplicemente “ispirato” da Dio, ma da Lui letteralmente “fatto scendere” sul profeta che a sua volta lo trasmette ai credenti. Ne deriva quindi che sottoporre a un’analisi critica il Corano può sembrare un grave atto dissacratore.”
IN RETE alcuni brani dell’autobiografia di Zayd, di cui è appena uscita la traduzione italiana (Una vita con l’Islam, Il Mulino). Un altro brano dell’opera è stato pubblicato sul Riformista del 24 novembre, e un altro ancora lo si può leggere presso il sito della stessa casa editrice bolognese.
Sempre sul Web si può leggere un commento di Anna Foa, su Avvenire del 9 dicembre, e un articolo dello stesso Zayd, intitolato “Quale futuro per l’Islam?” (in formato .pdf). Grazie per la segnalazione a Wind Rose Hotel
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RIFORMATORI MINORITARI
di Rachid Benzine, Editrice Pisani
“Il Corano è una metafora, non una legge”. E’ così che un nuovo pensatore dell’islam, Rachid Benzine, critica i fratelli musulmani che presentano il Corano come “la Costituzione dei musulmani”.
In rete :
Islam alla prova del libero pensiero ( in formato .pdf)
Avvenire, 23-9-2004
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LA CULTURA DELL’HAREM
di Malek Chebel
Bollati Boringhieri Editore – Scheda Libro
Edizione italiana a cura di Gianni De Martino, traduzione di Giancarlo Pavanello, Anno 2000. Collana «Saggi. Storia, filosofia e scienze sociali».
«Mentalità del serraglio» è il concetto forgiato dall’autore per cogliere meglio il peso tremendo della legge del Padre sulle menti e sui corpi degli uomini e delle donne maghrebine. Chebel ne mostra il funzionamento a partire da un certo numero di figure emblematiche: le omosessualità, l’androginia, il linguaggio osceno, il tabù della verginità, l’ossessione della virilità e dell’onore tribale, gli “iuiù” (i trilli delle donne); e poi ancora, il velo, la circoncisione e la letteratura erotica araba… Con un approccio che coniuga antropologia, etnografia e psicoanalisi, l’autore indaga i fantasmi che popolano l’universo erotico maghrebino maschile e femminile: quelli maschili della voracità sessuale e quelli femminili che rinviano alle figure della lacerazione. Viene così sollevato il velo sull’aspetto più segreto della vita di società ancora soggette alla legge dell’islam mentre non sfuggono agli assalti della modernità.
Malek Chebel (Skikda, Algeria, 1953), antropologo e psicoanalista, anima il Centre d’études et de recherches sur l’imaginaire arabo-musulman (CERIAMUS). Tra le sue opere più recenti: “Dictionnaire des symboles musulmans” (Albin Michel, 1995); “Encyclopédie de l’amour en Islam”, “Traité du raffinement” e “Du Désir” (Payot, rispettivamente 1995, 1999 e 2000).
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HEROES
“ Dovremmo ricordarci sempre che loro ci hanno regalato la libertà, anche quella di offenderli e di bruciare in piazza la loro bandiera. Dedicato ai caduti di oggi che grazie al loro sacrificio daranno democrazia, libertà e prosperità ad un popolo oppresso. Contro tutti i fascismi (di ieri e di oggi)”
VIDEO DEDICATO AGLI EROI AMERICANI
CADUTI A MOSSUL
Fonte: Il Faro, Sorvegliato Speciale
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ANSA.it – Attacco Mossul, 19 americani morti
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Non esiste alcun islam moderato. E’ un’illusione nata dal sentimentalismo.
L’unico modo di trattare con quelle genti è usare il ferro. Quando l’Europa sarà ridotta ad un cumulo di macerie, allora qualcuno si ricorderà le mie parole, ma sarà troppo tardi…
Esiste, ma non lo si vede troppo in giro, e neanche noi facciamo molti sforzi per riconoscerlo, incoraggiarlo ed accoglierlo, dal momento che i terroristi che usano un linguaggio religioso islamico lo hanno preso in ostaggio.
In ogni caso, l’islam sarà quello che ne faranno i musulmani stessi: o un veicolo di autentica spiritualità che non si pone al di sopra della verità e della comune umanità, oppure un “misto di illusioni” jihadiste polarizzate da una lettura semintellettuale e semianalfabeta del Sacro Corano, brandito insieme ai coltellacci, alle fetide bombe-umane e a qualche bomba atomica, come se fosse insieme Costituzione e manuale di guerra.