Psicoanalisi
CLINICA DELLE NOTTI
IL TERRORISMO VA IN ANALISI
La follia del terrorismo maligno senza confini – nata nell’area della civilizzazione dell’Islam in pieno scisma e riccamente promossa e finanziata da potentati e da Stati islamisti – non risparmia né la vita umana, né le istituzioni, né i testi, né l’arte, né la parola. “Allah akbar..! Allah è il più grande!”: questa è oggi la lugubre litania, il folle mantra che nel nome dell’islam politico sequestra le molte storie e il vocabolario dell’islam, e si arroga il potere assoluto di mettersi al di sopra della verità, della compassione e della giustizia.
Irradiandosi nel “nome dell’islam” e pretendendo di portare la salvezza, il totalitarismo islamista con la sua disperata volontà di distruggere ed autodistruggersi è in ascesa sfolgorante in un contesto spettacolare, psicostorico e geopolitico di vera e propria “disperazione di massa” – in una situazione planetaria più generale le cui fratture liberano i germi della devastazione e proiettano le ombre del peggiore dei mondi a venire.
Journal of European Psychoanalysis pubblicherà nel prossimo numero ( in preparazione) un passaggio tratto dal capitolo IV, dal titolo “De Lui à Lui”, del saggio La psychanalyse à l’èpreuve de l’Islam dello psicoanalista tunisino Fethi Benslama. Anticipo qui la prima bozza di presentazione che ho scritto per l’edizione in inglese del testo di Benslama dal titolo The Analysis of Arabian Nights or Scheherazade’s tasks.
Di fronte al profondo dérèglement del reale e delle forme simboliche che affiora negli estremismi, l’analisi conduce verso questioni rimaste impensate, come l’affermazione coranica che Dio non è il padre, secondo uno spirito nato da un esilio che tiene l’Essere lontano da qualsiasi metafora paterna ed idea di procrezione, permettendo così al figlio di incontrare l’Uno e di edificare una religione al di fuori del padre – che resta assente, e pertanto allucinato.
Al termine di una ricerca che lo ha condotto ad esplorare i testi e le peculiari costruzioni simboliche della religione islamica, l’Autore s’interroga sul rapporto fra il narcisismo maschile e il testo islamico; ed identifica l’alterità femminile come la nervatura centrale della rimozione propria del monoteismo islamico.
L’esplorazione conduce l’Autore a illuminare di nuovi significati un testo come Le Mille e una notte, che non a caso oggi proibito nei regimi islamisti oscurantisti assume il valore di una liberazione da costrizioni estreme.
Nel racconto de Le mille e una notte, il califfo appare in preda al fantasma della vergine eterna e reso folle dall’infedeltà della sua donna, ovvero dalla vista della sua donna che si dava a un altro in una scena d’orgia. Sheerazade è costretta a mettere in opera un dispositivo per scongiurare la pulsione di morte che vuole possedere il Tutto e il Niente della donna.
All’inverso che nel Don Giovanni, che aggiungendo una donna dopo l’altra alla serie delle sue conquiste cerca di salvare il suo desiderio, il califfo mette in scena una follia di onnipotenza maschile che procede per sottrazione: ogni notte, una di meno! E’ il desiderio della fine del desiderio, il cui scopo tramite l’uccisione di una donna per notte sarebbe di ritrovare un oggetto originario non intaccato dall’Altro.
Posta in un vero e proprio ‘deserto genealogico’, emerge così l’incapacità del soggetto maschile di riconoscere la jouissance dell’Altro e di sopportare l’impossibile della jouissance Altra( ovvero della parte supplementare del godimento femminile in quanto non del tutto fallico).
Nella spaventosa imminenza del godimento assoluto, che non può che sfociare nella distruzione, il dispositivo di Sheerazade per evitare il disastro, non consiste solo nel racconto come terapia e nell’epos della parola che richiama alla ragione , ma nell’introdurre la giovane sorella nella camera nunziale.
Nel luogo stesso in cui si svolge la violenza della deflorazione, Sheerazade pone la voce che invoca e l’ascolto infantile al servizio del racconto e della vita, poiché il racconto udito dall’infante ( ovvero dall’infantile e dal richiamo alla procreazione introdotti sulla scena ) scongiurano la morte e la notte, placando il furioso desiderio maschile che mira al deserto.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA
Fethi Benslama, di origine tunisina, vive e lavora a Parigi come psicoanalista e professore di psicopatologia all’Università Parigi VII. Nel 1990 ha fondato e diretto fino al 2003 la rivista "Intersignes", che ha aperto un dialogo interculturale tra filosofi, artisti e psicoanalisti. Ha pubblicato studi sull’Islam e l’Europa nel mondo contemporaneo ed è autore di numerosi libri, fra cui: La nuit brisée, Ramsay, 1988; Une fiction troublante, éd. de l’Aube, 1994; L’islam à l’épreuve de la psychanalyse, Aubier, 2002 e Poche Flammarion 2004; La virilité en Islam ( avec Nadia Tazi, ouvrage collectif) éd. de l’Aube, 2004.
Il suo ultimo lavoro, Déclaration d’insoumission, à l’usage des musulmans et de ceux qui ne le sont pas, uscito in questi giorni in libreria per Flammarion, si pone nel prolungamento del Manifeste des Libertès e fa intendere la voce dei democratici e dei laici musulmani “ attanagliati tra la repressione tirannica dei loro paesi e le fatwas che armano gli assassini del fascismo islamista”. Il testo esprime la voce dei musulmani laici contro il ritorno degli arcaismi sanguinari, ed è una prima risposta a tutti coloro che deplorano che così poche voci si levino nel mondo musulmano per condannare i deliri islamisti.
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Entretiens avec Fethi Benslama, autour de sa " Déclaration d’insoumission à l’usage des musulmans et de ceux qui ne le sont pas" (édition Flammarion). Tewfik Allal, Michèle Sinapi et Nadia Tazi. Fonte: Manifeste des libertés.
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Variante. Ultima versione ( non definitiva) del testo in preparazione:
Summary
Al termine di una ricerca che lo ha condotto ad esplorare i testi e le costruzioni simboliche della religione islamica, l’Autore qui s’interroga sul rapporto fra il narcisismo maschile e il testo islamico; ed identifica l’affermazione coranica che Dio non è il padre e l’alterità femminile come la nervatura centrale della rimozione propria del monoteismo islamico.
L’esplorazione conduce l’Autore a illuminare di nuovi significati il testo di “Le Mille e una notte”: oggi proibito nei regimi islamisti oscurantisti, esso assume il valore di una liberazione da costrizioni estreme.
Il califfo de “Le mille e una notte” mette in scena una follia di onnipotenza maschile che procede per sottrazione: ogni notte, una di meno.
E’ il desiderio della fine del desiderio, il cui scopo tramite l’uccisione di una donna per notte sarebbe di ritrovare un oggetto originario non intaccato dall’Altro. Posto in un vero e proprio ‘deserto genealogico’, emerge così l’incapacità del soggetto maschile di riconoscere la jouissance dell’Altro e di sopportare l’impossibile della jouissance Altra.
Nell’imminenza del godimento assoluto, che non può che sfociare nella distruzione, il dispositivo di Sheerazade per evitare il disastro non consiste solo nel racconto come terapia e nell’epos della parola che richiama alla ragione, ma nell’introdurre la giovane sorella nella camera nuziale. Nel luogo stesso in cui si svolge la violenza della deflorazione, Sheerazade pone la voce che invoca e l’ascolto infantile al servizio del racconto e della vita, poiché il racconto udito dall’infante (ovvero dall’infantile e dal richiamo alla procreazione introdotti sulla scena) scongiurano la morte e la notte, placando il furioso desiderio maschile che mira al deserto.