L’APRENTE
IL CORANO TRADITO / 3
TERZA PUNTATA
… Un Dio che non è persona e che, come afferma il Corano, non è il padre non m’interessava, non molto. Tuttavia come epigrafe al mio libro del 1975 sul Marocco ( Marocco-Nordafrica. Una guida diversa per viaggiare differente ) compare una sura del Corano. Quella citazione voleva essere un segno di amicizia verso il Paese e le persone di cui ero stato ospite per tanti anni, mi piaceva il suono e la musicalità della recitazione della prima sura, detta Al-Fatiha, l’Aprente.
Qui troviamo l’espressione sirat al-mustaqim, “la diritta via”, che in quel periodo, il 1975, non era ancora il nome di una cellula terroristica marocchina collegata al network Al-Qaida e che si fa chiamare, appunto, “Sirat al-Mustaqim” . Quell’espressione si riferiva alla strada di un sistema dottrinario teorico-pratico fondato su ciò che è stato rivelato nel Corano e nella Sunna, dove sono presenti gli elementi costitutivi della sharî’a, termine che compare una sola volta nel Corano stesso (sura XLV, Al-Jâthiya [La Genuflessa], con il significato di "legge nel senso di via da seguire".
Via a senso unico, in quanto sirat ( “strada”, in italiano, “street” in inglese) non ha una forma plurale. Per dire “le strade”, in arabo s’impiegano altri termini, non si può usare la parola sirat.
“La diritta via” non è una strada, un cammino o un percorso che l’uomo rintraccia, mettendoci del proprio, bensì essa consiste, essenzialmente, nel seguire le regole di un sistema dottrinario, spirituale e legale che lo conduca attraverso questa prova terrena fino alla ricompensa o premio accordato da Al-lâh nell’Altra Vita. La ricompensa è il paradiso ( al Jannah ) ovvero una dimora eterna preparata per i Suoi servi. Dimora piena di piaceri, con splendidi giardini, lussuosi castelli e amabili giovani vergini (huri), il paradiso è di una bellezza inimmaginabile; e secondo alcuni sufi la sua più alta stazione, la Stazione della Veridicità (Maqâm as-Sidq), consiste nel godere della vicinanza di Al-lâh , che mostrerà il Suo Volto ai Suoi adoratori in eterna contemplazione.
Al Jannah, il paradiso, è all’opposto della jehenna, o inferno, dove secondo la tradizione non c’è altro da fare che bere pus e la pelle dei trasgressori brucerà perennemente, in quanto Al-lâh avrà l’accortezza di rinnovarla affinché continui ad arrostire per l’eternità, fra l’estasi e il plauso dei beati.
Non avevo voluto tradurre Ihdina-sirat al-mustaqim con :“ guidaci sulla diritta via”, bensì l’avevo reso ( facendomi aiutare da Moulay Magid Abdeslam Sherif perché non avevo che una conoscenza superficiale dell’arabo ) con : “C’incamminiamo sul sentiero diritto”, invece che con: “ Guidaci sulla retta via”.
Volevo così salvaguardare un minimo d’iniziativa personale nell’aderire o meno alla via su cui incamminarsi verso Dio. Un percorso, per la verità, piuttosto aggrovigliato e seminato di dubbi, ma che tramite prove ed errori, la verifica, il pentimento e un po’ di grazia, poi ritorna di nuovo dritto. Insomma, non volevo fare il verso a Dante, che scrive nel primo canto di apertura della Commedia, all’inizio del viaggio nell’Oltretomba: “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura / che la diritta via [sirat al-mustaqim] era smarrita”.
UN TEMPO IMMOBILE
Dante deve molto alla cultura araba e islamica, e in particolare al Liber Scalae Maometti, che era stato tradotto da un fiorentino alla scuola di Toledo ( cfr. Maria Corti: Dante e l’Islam) . Il Libro della scala che narra il miraj o viaggio ascensionale del Profeta “ dalla moschea della Mecca a quella ‘più lontana’,ovvero “al aqsa”, e poi in cielo – ( “al aqsa” = “la lontana” , forse la moschea di Medina? In ogni caso “al aqsa” non va confusa con la moschea pure detta al-aqsa di Gerusalemme, perché questa, come anche la cupola detta di al aqsa, fu costruita dopo: a Gerusalemme ai tempi del Profeta non c’era nessuna moschea da cui ascendere verso Allah ); ebbene Il Libro della scala presenta diverse analogie con La Commedia. Dante che traduce letteralmente sirat al-mustaqim con “diritta via”, riteneva peraltro l’islam una eresia del cristianesimo, tanto è vero che colloca Maometto, insieme ad Ali, nel girone infernale dei seminatori di discordie, cioè coloro che in vita hanno operato lacerazioni politiche, religiose e familiari ( Cfr. Dante e Maometto ). Erano altri tempi, ritornati attualissimi, come se il tempo invece di passare fosse – come dice Shakespeare nell’Amleto: “ uscito fuori dai suoi cardini…”.
La stessa impressione di un tempo immobile ( un tempo contratto, simile a quello emerso con le tipiche macchine ossessive di questi ultimi anni, in sostituzione delle “macchine desideranti” degli anni Settanta e poi delle “macchine stupide” degli stupidi anni Ottanta e Novanta) la ritrovo nel commento all’edizione al Corano della Newton-Compton, stampato Roma nel 1996, a cura del converso Hamza Roberto Piccardo dell’ Ucoii ( la controversa Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia) e con prefazione dello storico Franco Cardini.
Ricordo che questa edizione del Corano mi fu regalata un paio d’anni fa dal mio agente immobiliare, un neo-convertito italiano, ex di Potere operaio, che ora si chiamava Qaddush.
Nell’edizione del Corano, regalatami gratis dal signor Qaddush, e che pare sia, oggi, la più diffusa in Italia, il versetto 7, l ‘ultimo versetto della Sura Al Fatiha, l’Aprente ( Ghair il-Maghdubi ‘alai-him wa la-d-dallin , غَيرِ المَغضُوبِ عَلَيهِمْ وَلاَ الضَّالِّين, “la via di coloro che hai colmato di grazia , non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira , né degli sviati” ), Piccardo così commenta in una nota a p. 24:
“Quelli che sono [sono incorsi] nella [Tua] ira “ : tutta l’esegesi classica, ricollegandosi fedelmente alla tradizione afferma che con questa espressione Allah ( gloria a Lui l’Altissimo) indica gli ebrei “ Yaud “ ».
Rimandando poi ai versetti 160-161 della sura IV , afferma che “Yaud”, gli ebrei, s’identificano con “ i portatori di una pratica antispirituale e antitradizionale che usa la religione per scopi di potere e che Allah ( gloria a Lui l’Altissimo) ha condannato con grande severità ( vedi tra l’altro IV, 160-161)”.
Dagli al giudeo. E’ questo che dice Al-lâh ? Andiamo a leggere, a p. 106, i versetti 160-161 della sura IV, vengono così tradotti: “ 160. E’ per l’iniquità dei giudei che abbiamo reso loro illecite cose eccellenti che erano lecite, perché fanno molto per allontare le genti dalla via di Allah; 161. perché praticano l’usura – cosa che era loro vietata e divorano i beni altrui. A quelli di loro che sono miscredenti abbiamo preparato un castigo atroce.”
Qui, nella parafrasi in italiano dei versetti in arabo, è Allah che parla; dopodiché parla Piccardo che, a nome del controllo dottrinale dell’ucoii e dell’esegesi tradizionale, tra l’altro aggiunge: “ gli ebrei hanno costruito un sistema etico che tende a giustificare qualsiasi loro comportamento nei confronti dei non-ebrei…). Quindi, in una vertigine di scoppiettante antisemitismo tradizionale e di razzismo devoto, Piccardo affronta con molta compunzione la spiegazione in merito agli “sviati”: “ numerosi ahadith autentici dell’Inviato di Allah ( pace e benedizione su di lui) c’informano che il soggetto di questa allocuzione sono i cristiani. Ibn Abbas commentò la fine della Fatiha corredandola con la parte iniziale: ‘ … non la via dei cristiani che Allah ha allontanato a causa dei discorsi sconsiderati che hanno tenuto su di Lui’ “.
Alla fine della nota a p. 25 alla sura al Fatiha del “Corano” ( Newton & Compton, Roma 1996) Piccardo cita le parole dei “ numerosi ahadith autentici dell’Inviato di Allah ( pace e benedizione su di lui) che così sentenziano:
« At-Tirmidhi da ‘ Adi ibn Hatim: l’Inviato di Allah ( pace e benedizione su di lui) disse: “ ‘ coloro che… nella Tua ira’ sono i giudei e “ coloro che… sono sviati” sono i cristiani”. Ahmad Ibn Hanbal: “ Un tale chiese all’Inviato di Allah ( pace e benedizione su di lui): “ O Inviato di Allah, chi sono ‘ coloro che sono [sono incorsi] nella Tua ira?’ “. Rispose:” ‘ I giudei ‘ ”. “ E chi sono gli sviati?”. Rispose : “ ‘ I cristiani’ “».
Prigionieri cristiani si fanno decapitare dai Saraceni (Les Livres du Graunt Caam, XIV° sec.)
Occorre osservare che Abu ‘isa Muhammad Ibn ‘isa Ibn Sawrah Ibn Shaddad At-tirmidhi è morto nell’anno 892 ( Cfr. Risâla – Biographie de At-Tirmidhi – الترمذي (رحمه الله.), mentre Ibn Abbas è nato nel 619 ed è morto nel’anno 687/688.
Mai come in questo caso, il metodo piccardiano legato all’a-temporalità della lettera e della citazione autorevole fuor di metafora, può essere paragonato – come osservava Benjamin a proposito delle citazioni fuori contesto – a “banditi di strada che derubano i viaggiatori delle loro opinioni”, più che ai più innocui e preziosi pescatori di perle.
Ora il problema è proprio questo: che se coloro che si autoproclamano portavoce dell’Islam interpretano la parola coranica attraverso l’esegesi medievale, un sistema concettuale chiuso scambiato con la trascendenza, e una selezione degli hadit ( detti attribuiti al Profeta) in consonanza con la propria ideologia anticristiana e antisemita, allora il tempo s’immobilizza, esce fuori dai suoi cardini ; e le “macchine ossessive” legate alla a-temporalità della lettera e ad una tradizione mummificata possono girare a pieno regime, seminando odio e distruzione “ nel nome dell’islam”. ( cfr. Così i «cattivi maestri» del Corano insegnano a odiare ebrei e cristiani ).
Nell’edizione della Newton-Compton si leggono commenti di natura razzista, intollerante, antisemiti fino al delirio:
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“Ebrei e cristiani adoperavano contro i musulmani false conversioni seguite da clamorose apostasie per confondere le menti dei musulmani meno dotati intellettualmente e con fede ancora incerta”.
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“Rinnegando i tesori dello spirito in cambio delle ricchezze di questo mondo, i Figli di Israele fecero una scelta miope e meschina; ingrati verso il loro Signore, furono condannati a esercitare nel corso dei secoli quella funzione antitradizionale e reietta che ha procurato loro tante peripezie e dolore”.
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“Nella loro prassi commerciale, gli ebrei consideravano, e tuttora considerano del tutto lecito, l’inganno e la truffa nei confronti dei non ebrei”.
Altri commenti simili, portatori dei più diffusi pregiudizi dell’antisemitismo,si susseguono in note sparse per tutto il Libro edito dalla Newton-Compton ( edizione 1996, a cura di Hamza Roberto Piccardo – Revisione e controllo dottrinale Unione delle Comunità ed Organizzazioni islamiche in Italia – Introduzione di Pino Blasone).
L’ODIO SACRO
Una tale profusione di idiozia antisemita non è singolare. Quello che è scritto nel Corano è scritto ( mektoub), e lo spazio lasciato all’interpretazione è molto esiguo. Le parole coraniche andrebbero contestualizzate ( così come cattolici e cristiani evangelici hanno fatto con la Bibbia, che pure contiene frasi d’incitazione all’odio dell’altro); e , al limite, si potrebbe ricorrere a versetti più saggi per abrogare quelli il cui senso è più trucido. Ma ciò richiede ricerche serie e approfondite. E nel frattempo sono sempre più numerosi i semi-letterati, i conversi, i mullah, gli imam, gli sceicchi della morte e i giornalisti semi-acculturati dei media arabi, che ripetono la sura Al-Fatiha (la sura aprente del Corano) cinque volte al giorno, credendo che maghdub alayhim (coloro che [sono incorsi] nella Tua ira“) si riferisca letteralmente e moralisticamente agli ebrei di ogni tempo e di ogni luogo, e che al-dallin (“gli sviati”, coloro che vagherebbero nell’errore) si riferisca ai cristiani di ogni tempo e di ogni luogo.
Dagli al giudeo! Ecco un antisemitismo fisso e contratto che non tramonta. Un antisemitismo politico, culturale e intellettuale antico che viene riattualizzato per “spiegare” e “giustificare” la legittimità islamica degli attuali rifiuti. E’ in tal modo che i cattivi maestri contribuiscono alla diffusione della terribile credenza che il Libro Sacro dell’islam ti dia il dirittodi calunniare, di odiare e di uccidere “legalmente” cristiani ed ebrei.
Da qui al passare all’atto il passo è breve( cfr. Uccidere in nome di Allah), allorché la manovalanza del terrorismo di matrice islamica si proclama braccio secolare di quella che crede essere la Volontà Sublime, e gli zombi di Allah s’incaricano di assassinare – ricorrendo ad ogni mezzo, compresa la dissimulazione e la perfidia – le persone designate o suggerite come “cristiani sviati” e “ebrei meritevoli della collera divina”.
La manovalanza del terrorismo di matrice islamica opera in mondovisione, in modo spettacolare ed estatico, al grido assassino di Allahu Akbar o di Allah’o Akbar – a seconda delle fonetiche locali. E l ‘omicidio, che può giungere fino allo sterminio, lo si commette tormentando le creature in nome di una Volontà sublime.
Arrogandosi il diritto di mettere in opera la giustizia divina, il killer che usa un vocabolario religioso islamico mira a saldare la comunità dei musulmani a un cattivo godimento identitario, costitutivamente sadico, in cui però il godimento non è veramente del killer o della comunità, ma dell’Altro.
Allora si capisce anche perché nei mondi arabi e islamici si tace con imbarazzo quando si uccidono in mondovisione “cristiani” ed “ebrei” al grido identitario, giubilatorio e assassino di Allah o’Akbar o Allahu Akbar, a seconda delle fonetiche locali; e anche perché, per esempio, Abu Abbas non può che fare il pesce in barile allorché i “fratelli che sbagliano strategia” gli agitano moschetto e Sacro Corano sotto il naso, indicandogli la sura Al fatiha con gli occhi iniettati di sangue.
" Un tempo – scrive Mohammed Arkoun in L’Islam morale et politique – nel linguaggio coranico si parlava di sakina, la calma interiore, lo sguardo sereno, tollerante, comprensivo portato dagli uomini sulle loro condotte poste dapprima alla luce del Giudizio di Dio. Sguardo metafisicamente potente, ma politicamente inefficace". ( Di Mohamed Arkoun, leggi anche :L’impensé dans l’islam contemporain . Intervista).
Per essere efficace politicamente lo sguardo dell’ideologo deve evacuare la metafora, la metafisica, l’ermeneutica, e selezionare dall’esegesi quello che, oggi, può risultare pragmaticamente e politicamente più produttivo per seminare smarrimento, ansia e terrore. Privati della libertà dalla paura, gli individui o i gruppi preventivamente designati come “trasgressivi” saranno più facilmente umiliati, sottomessi, divisi, terrorizzati e assoggettati “nel nome dell’islam” .
I fondamentalisti radicali hanno elaborato e “montato”, a partire dalla decomposizione di varii islam tradizionali, un islam politico militante , con pretese totalitarie e anche scientiste, che potremmo chiamare teo-nazi-islam. I terroristi fondamentalisti, da parte loro, ricevono l’autorizzazione “legale” – il che non vuol dire etica – dagli intellettuali o semintellettuali che interpretano il Corano come se fosse il Codice operativo del Jihad, un Manuale di guerra, e ritengono che Allah sia un supremo stratega, una specie di Saddam Hussein cosmico.
Nell’assedio di un mondo in continua mutazione, posto sotto il segno della volontà di potenza politica ed economica, nonché delle nuove ambizioni di alcuni gruppi, potentati e Stati islamici, burattinai del terrore, la sakina sembra scomparsa dalla sensibilità musulmana.
IL METODO DEL DISCORSO RELIGIOSO
Si è poi appreso, da un articolo di Pierluigi Panza, apparso sul Corriere della Sera del 26 maggio 2005, che travolto dallo scandalo e dalle polemiche suscitate dalle frasi antisemite con cui ha condito la sua traduzione del Corano, il signor Hamza Piccardo ha detto di essersi ricreduto e di aver emendato la sua prima traduzione del Corano dalle note antigiudaiche. «Non sono più la stessa persona che nei primi anni Novanta scriveva quelle note» – ha scritto Piccardo in una lettera, riportata dal quotidiano «Il Foglio», allo storico Franco Cardini". Attribuendo il suo commento antisemita a un errore di gioventù, ha poi così spiegato in una intervista del 15 settembre 2005 a Panorama: “ In passato ero condizionato da pensatori irriducibili. Siccome gli ebrei non hanno riconosciuto i profeti, li ritenevo responsabili di tutti i mali del mondo. Un’idea sbagliata. Gli uomini si giudicano per quel che fanno, non per quel che sono”.
Meglio riprendersi tardi che mai. Senonché, nel rivedere il suo commento all’edizione italiana del «Corano» pubblicata dalla Newton & Compton, Hamza Piccardo fa opportunamente sparire numerosi i passaggi sulle «trasgressioni» degli ebrei, ad eccezione di uno: «Nella loro prassi commerciale gli ebrei consideravano, e tuttora considerano, del tutto leciti l’inganno e la truffa»." Gli ebrei tuttora considerano del tutto leciti l’inganno e la truffa ?
Sono in molti – non solo Carlo Panella o Magdi Allam – a chiedere :” Possibile che Piccardo insista ancora su quest’ultimo punto? Davvero crede così pervicacemente a questa balla?”. Ovvero, possibile che ci creda ( come in gioventù) e non ci creda ( come quando ha emendato, parzialmente, il suo commento ideologico a un Libro del quale in copertina si legge: “ Questo è un libro sul quale non ci sono dubbi”) ?
La doppiezza di numerosi adepti dell’islam politico, o forse strategia per “apparire” moderati e saggi, fa pensare alla teoria freudiana della Ichspaltung, scissione dell’Io, che Freud ha elaborato originariamente a proposito del feticismo.
Il metodo del discorso religioso islamista prevede esplicitamente la menzogna, conosciuta in termine tecnico-giuridico come taqiya. Scrive lo sceicco Yussef el Qardawi: “ Il Corano c’insegna a non rivolgerci alla gente utilizzando il termine ‘miscredenti’ anche se in realtà sono tali. Per rivolgervi alle gente che non ha la fede, il Corano opta per le seguenti formule: ‘ O gente’, “Figli di Adamo’, ‘ O miei adoratori’, ‘ O gente del Libro’ “.
La prima sura del Corano detta l’Aprente potrebbe aprire al timor di Dio, all’Islam gentile, accogliente e responsabilmente amico, non all’odio genocidario in movimento. La soglia di un minimo di dialogo, non dico ancora quella della speranza e della carità, non può essere attraversata se fin dall’inizio partiamo dalla menzogna islamicamente legalizzata e dal rifiuto della complessità della propria e dell’altrui storia, così come della propria e dell’altrui vita.
Dalla rete
"Anti-Semitism and Islamic Expansionism" – Un’ analisi del processo in corso di islamizzazione dell’antisemitismo : qui ( in italiano )