LIBRI
SCRITTURA DELL’ESILIO
“Il passeggero occidentale” di Miro Silvera edito da Ponte alle Grazie è un romanzo che narra le avventure di viaggio di un giovane ebreo di Boston che alla vigilia dello sconvolgente e terribile 11 settembre 2001 si mette sulle tracce del fantasma paterno, un hippie degli anni settanta del quale il figlio ha con sé i quaderni di un romanzo che ha ritrovato in un cassetto. Esploratore a un tempo delle frontiere geografiche del mondo e dei margini fisici e spirituali dell’amore, l’io narrante è combattuto tra due amori : quello per Amanda, la fidanzata che rappresenta la cellula familiare codificata dalla morale, e quello per l’ arabo Abdy, un giovane musulmano che rappresenta l’avventura, se non il sogno di una fraternità perduta, dal momento che finirà con il tradirlo.
Come ogni letteratura che racconta la passione e la meraviglia degli incontri, la scrittura oscilla quasi ai margini della percezione tra il mondo chiuso e il viaggio : la camera dove ( come nel quadro di Jhon Kock, End of day, che figura in copertina) s’inabissa l’attesa dell’altro, il nomadismo dove si consuma il desiderio e “tutto è deviazione e scarto, inciampo e salto nel vuoto”.
Il viaggio attraverso luoghi come Essaouira, Marrakech, Casablanca, Alessandria d’Egitto, Tel Aviv, Beirut, Mosca , diventano la metafora dell’attraversamento di vere e proprie zone interiori di confine e di una interrogazione su come essere in un mondo sognato come un "Pianeta fresco", un luogo di tranquillità mentale e fisica, che poi – da quando l’immagine del mondo non viene più offerta dagli scrittori ma dai terroristi in mondovisione – si rivela cosparso di sangue. « Ma – come suggerisce l’autore – le porte non si sono del tutto richiuse. Mi sembra che uno spiraglio sia rimasto aperto. E vi filtra una debole luce ».
UN BRANO
« Dalle strade ventose di Essaouira, l’antica Mogador, che conobbe le smanie di molti pirati e i tormenti di Orson Wells per l’Otello, se n’è andato da poco l’italiano Gianni che mi ha detto di aver forse conosciuto mio padre. Partendo, mi ha lasciato un libro scritto da lui in cui aveva sottolineato questo passaggio : “Di questo movimento psichedelico, planetario, che è potuto sembrare anacronistico, confuso, se non un po’ folle a uno spirito cartesiano, noi oggi non abbiamo altro ricordo che quello dei fiori, di qualche grido d’amore universale e un ritornello dei Beatles. Abbiamo voluto dimenticare che si trattava di uno sconvolgente movimento mistico dove, nel tentativo di spalancare le porte della percezione, si alleavano gli psichedelici e il nome di Dio“ ».
La citazione è tratta dall’ Introduzione al libro di Karim Kobra, Voglio vedere Dio in faccia, Promolibri, Torino, 1996, p. 9. Naturalmente, come tutti i romanzi, anche il nuovo libro dell’autore del Senso del dubbio ( 2001) e del toccante I giardini dell’Eden (1998) sulla vita del Gesù giovane, del Gesù nascosto, il Gesù ebreo, è opera della fantasia dell’autore. Tuttavia fa una curiosa impressione ritrovare a pag. 24 del romanzo di Silvera traccia di quanto abbiamo veramente vissuto a Essaouira tra la seconda metà degli anni sessanta e i primi anni settanta, quando eravamo tutti giovani e belli, e credevamo di poter superare come per magia – senza mai scegliere questo o quello, ma sempre questo e quello – le barriere delle religioni, delle razze, delle classi, dei sessi e delle lingue. Per poi ritrovarci dentro un libro. Un libro scritto da uno dei pochi narratori veri.
IL LIBRO