Addio a Mogador, Boksprint 2020
“Luminoso, erotico, psichedelico”
L’ULTIMO BEAT STAGIONATO VUOTA IL SACCO
Eccoci in mezzo una piccola banda più o meno segreta di giovani mutanti. Pervasa da un desiderio di accomunamento e in opposizione all’ordine morale esistente, la nostra banda di giovani viaggiatori vive nell’underground, secondo un codice primordiale basato sull’inviolabilità dell’amicizia. […]
Zina, la moglie del poeta psichedelico Georges Andrews – che in quei giorni era a Tangeri, in carcere – aveva un viso dalla pelle di porcellana, liscia e luminosa. Era la più grande del gruppo, doveva avere sui ventinove-trent’anni, e quindi era considerata già vecchia e navigata. Usava spesso l’espressione “flusso di coscienza”, affermava che la passione è il nostro motore, aveva scritto diversi libri ed era la teorica del gruppo e nostro mentore.
Quando ci si ritrovava in cortile distesi sui sacchi a pelo, ci diceva che non si tratta più di reprimere le passioni, ridurle per renderle inoffensive, ma intensificarle in modo da farle servire da legame sociale. Insomma «Fate l’amore, non la guerra!».
Uno slogan che bisogna continuamente riattivare e vivere in prima persona, per non farlo decadere nel ridicolo. Parlare d’amore, nell’era dello scatenamento della violenza universale, è una fraseologia, un voto pio, se non vi si vede, attraverso le parole, profilarsi l’orizzonte aurorale di un’altra società, di una nuova concezione dell’esercizio passionale da esplorare in tutte le sue virtualità e la sua molteplicità. – da “ADDIO A MOGADOR”, Booksprint 2020.
QUARTA. Confinato in casa, in piena pandemia da Coronavirus, il narratore si ritrova a raccontare quello che a cinema si chiamerebbe un flash back, cioè un ricordo. Il ricordo di un luogo: Mogador, “roccia Atlantica del Marocco” e “città degli hippies”, luogo deputato degli incontri, dei giorni, delle notti del protagonista, bianco ed europeo, e dei suoi amici Monkrim e Äissa. Nel tentativo di radicarsi in “una società in cui i costumi sono un po’ diversi” e di “godere senza limiti”, l’autore s’interroga sull’incontro con lo “straniero” là fuori e con lo “sconosciuto” dentro ognuno di noi. E scrivendo oltre, sempre oltre va incontro a un imprevisto a un tempo noto e inaspettato. L’amore, la violenza o lo stupore per la tenerezza, ma soprattutto il tempo e la morte sono i temi dominanti di un libro intenso e malinconico, che la nitida e icastica prosa di De Martino invita a percorrere in un itinerario, forse indimenticabile, che è insieme di un’antica civiltà in dissoluzione, e anche di una forma di vita “ai limiti dell’esperienza”. Puro zolfo.