BUON ANNO NUOVO
Capodanno “minore”, tra lutto e attesa non inerte.
NOTERELLA ANTROPOLOGICA
L’Indonesia possiede nel proprio territorio il maggior numero di vulcani attivi al Mondo. Circa 75.000 anni fa è stata sede della più grande eruzione di tutti i tempi finora individuata: quella del vulcano Toba nel Nord dell’isola di Sumatra (isola oggi spostatasi per effetto del maremoto del 26 dicembre 2004 ). Il professor Stanley Ambrose dell’università di Illinois a Urbana-Champagne crede che l’eruzione del vulcano Toba in Sumatra abbia contribuito a una drastica glaciazione. L’inverno glaciale approssimativamente 70.000 anni fa comportò l’abbassamento dei mari e la siccità in molte zone dell’Africa, con conseguente scomparsa di molte specie.
Per inciso, anche oggi scompaiono molte specie, ma per effetto di quell’altro terremoto che è l’azione dell’uomo operata sulla natura non più considerata “sacra” o vista alla luce della poesia e della trasfigurazione, ma unicamente dell’utilità. Tanto che, come osservava il poeta Ceronetti, gli animali oggi non ci fanno più paura se non attraverso l’incubo della loro estinzione. E’ possibile che durante il traumatico e difficile periodo della glaciazione a cui contribuì l’eruzione del vulcano Toba ( oggi un lago ) in Sumatra circa 70 o 75 K.Y.A. or sono vi fu quella migrazione ricordata come la distruzione della più antica Lemuria, e che un piccolo gruppo dei nostri antenati proto-umani si siano ritirati nelle rimanenti aree temperate, umide e montagnose subartiche. Una tra le possibili aree di ritirata per i nostri antenati proto-umani potrebbe essere stata negli altipiani abissini dell’Etiopia, tra le più alte ed estese aree montuose dell’Africa. Qui in un paesaggio allora cosparso di foreste di betulle e di conifere, ripresero la ricerca di cibo e acqua: incominciando a organizzare i modi dell’aiuto reciproco nel corso della raccolta e della caccia. La memoria del trauma che fu insieme una rottura ( fra lampi, tuoni e maremoti) e inizio ( sotto un cielo che finalmente dopo lo scampato pericolo dell’estinzione dovette apparire loro più ampio , più sicuro, luminoso e significativo) rimase, e si trasmise attraverso il racconto dei miti dell’origine di generazione in generazione. Nacquero i primi culti resi ai morti, agli spiriti e ai pianeti, s’incominciò a prendersi cura gli uni degli altri e a stupirsi del vivente. Il mondo non appariva loro attraverso le idee, ma le percezioni, il fiuto e le emozioni molto più vicini al corpo e al grato sentimento del pericolo scampato, la meraviglia di ritrovarsi, sia pure in pochi, sani e salvi
L’ultima glaciazione risale a circa 35mila anni fa. A quell’epoca, e già prima, l’uomo di Cro-Magnon aveva preso il posto di quello di Neanderthal. Questa è anche la data approssimativa (36.000 anni fa), in cui secondo lo storico egizio Manetone (III secolo a.C.) ebbe inizio il governo degli dèi sulla Terra. Dopo il governo degli dèi, durato 13.900 anni, governarono semidèi e spiriti della morte (forse seguaci di Horus, se non di Seth).
I proto-umani e poi gli umani – quasi incidentalmente e con giusta imprecisione – dopo ogni cataclisma accelleravano così la loro evoluzione verso il tipo di homo sapiens sapiens che poi inventò le religioni, le arti e – appena 5 o 6mila anni fa anche la scrittura. Un tipo di homo sapiens sapiens, peraltro bipede, che oggi – con non poca insipienza – popola e domina con arroganza il pianeta Terra entrato, ancora una volta, all’ombra di una possibile sciagura generale, e forse di un nuovo, traumatico, piccolo salto evolutivo.
Non a caso, oggi sembriamo ancora esposti a quell’ imprevisto e a quel’inaudito che ai nostri antenati dovette apparire non solo nei fulmini del cielo ( da cui siamo al riparo, nella maggior parte dei casi, dal giorno in cui Franklin inventò per fortuna i parafulmini) ma anche e forse soprattutto dovette apparire nella luce di un arcobaleno o di qualche aurora boreale che dovette far sembrare loro il cielo più ampio, e quasi una promessa di significato, di una quasi erotica alleanza fra cielo e terra e di nuove nascite e di aurore future.
Tenace, come le erbacce dei cimiteri ( erbe chiamate “erbacce” dai sapientoni, forse solo perché non ne conoscono ancora le virtù), rinasceva la speranza. E il compito dei primi Scribi, oltre a quello di tenere i conti per il Despota, consisteva probabilmente anche nel trasmettere speraza di generazione in generazione. Forse anche allora esisteva qualche Scriba che non scriveva per il Potere, non scriveva per il Ribelle, e neanche per essere punito, ma si ostinava a scrivere, malgrado tutto, contro la dissipazione propria, della memoria e della stirpe del cosiddetto uomo civilizzato, nella maggior parte dei casi ancora tentato dall’inumano.
In ogni caso, ogni uomo è in bilico: basta una goccia d’acqua per far saltare ogni computer e spegnere tutte le luci di villaggi, metropoli brulicanti e grand’hotel. Tuttavia forse i pesciolini ( così come venivano chiamati nei primi tempi i cristiani, e oggi quello ne resta) , continueranno a nuotare più vicini al corpo, alle emozioni, ai sentimenti e all’anima, dove – anche a costo di sembrare dei ritardatari – ancora vive in loro la memoria e l’esigenza, antropologicamente inevitabile, della croce, e la speranza nella resurrezione. Perché l’Uomo che osò innalzarsi nella catastrofe , pensando a noi risorse – perlomeno a chi scrive così piace credere – dal momento che se non risorse allora, non risorgerà neanche adesso o in futuro.
Non essendo angeli e non avendoci “ancora” la tecnica e la scienza forniti di piedi in grado di camminare o levitare sulle acque, ci stiamo dando una mano a rinforzare qualche diga o ponte, se non qualche arca per attraversare Tempo e Spazio, che comunque non sono una risposta. Può darsi che il futuro sarà quello del dio forte, non del nostro debole bambinello e “cadaverino appeso ai muri” che tanto scandalizza barbuti dalla voce dura e donne mascherate nelle scuole e negli uffici pubblici. In ogni caso, come constatava uno sbalordito e preoccupato san Rimbaud “ noi andiamo verso lo Spirito!”. E William Shakespeare – che Giovanni Testori, altro “orribile lavoratore”, ovvero un poeta, riteneva fra gli ultimi profeti – avvertiva : “Tutto ciò che vive deve morire, passando dalla natura all’eternità”.
Certamente è intenso e feroce ogni punto in cui la vita va al di là ( ogni nascita e ogni morte è terribile, come lo è ogni trauma personale compresso nell’imbuto del privato, oppure collettivo e dispiegato su intere società ). Tuttavia forse è meglio andare nello spirito come uomini e donne, fratelli e figli al Padre, anziché come orde di Bastardi smemorati, di Titani tuoneggianti o d’insignificanti Cibionti interconnessi. Meglio andare nello spirito con una Grazia che abbia cuore e significato umani, una Carità meno pelosa e un Amore che abbia umana forma divina, in una poetica rinnovata della comunione.
Perlomeno è questo l’augurio per un capodanno 2005 che oggi si celebra, anche nel nostro Paese, nella consapevolezza del lutto e del dolore altrui, così grandi da diventare il nostro. L’augurio è che tutto vada per il meglio, nel grande, consapevole e imperfetto abbraccio di un mondo che non è eterno e di una vita che non è tutta rose e fiori. Ma che comunque contiene rari gesti d’intelligenza, di poesia, di bellezza e di pietà, e un significato che molto probabilmente – riprendendosi, volendo, tra Libertà e Grazia – trascende i nostri precari poteri umani e tecnocratici
Poteri precari tra un cielo e una terra entrambi belli e terribili, mentre passa anche questo capodanno “minore”, celebrato nel lutto e nell’attesa , non inerte.
Il lavoro del lutto comporta così, ancora una volta, l’apertura di una mente e di un cuore a tratti inattesi e all’imprevisto. Se non l’accoglienza di quel’inaudito che ai nostri antenati proto-umani dovette, dopo il trauma e la catastrofe, rivelarsi ai raggi di una Gloria che rischiarava e dava significato a tutte le palafitte, le caverne e le case della morte. Non si costruiscono anni nuovi e nuovi mondi possibili, o anche impossibili, senza fatica e la disponibilità a lasciarci meravigliare “come” bambini. Tanti cari auguri di buon lavoro a tutti (gdm).
In rete
NEWTON – Super-vulcani potrebbero minacciare la vita sulla Terra
L’ultima super-eruzione, spiega Rampino, risale a 73.000 anni fa: un super-vulcano
si attivò a Toba, sull’isola di Sumatra.
Fonte: http://www.newton.rcs.it/index.shtml
Fonte:
www.bloom.it/gaiarin6.htm – 15k
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– Tsunami video, da jkgolson blogspot.com
– 2004 Indian Ocean earthquake: la pagina di Wikipedia in continuo aggiornamento
– resoconti dai luoghi del disastro
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Consiglio di lettura
Ernesto De Martino, La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali, (introduzione e cura di C. Gallini) Einaudi, Torino. 1977
La fine del mondo è il libro, da rileggere alla luce dell’attualità, in cui lo storicismo assoluto del primo de Martino – secondo il quale il senso e le forme delle civiltà umane e delle religioni si risolvono per intero e senza residui nella loro storia – sfuma, lasciando notevole spazio ad una prospettiva fenomenologica.
“Nel primo capitolo, ‘Mundus’, l’Autore intende prendere in esame tutta la dinamica che va dalla crisi esistenziale al simbolismo mitico-rituale, inteso come strumento di reintegrazione culturale. La documentazione psicopatologica relativa alla descrizione delle forme assunte dal “delirio di fine del mondo” viene contrapposta alla documentazione storico-religiosa: cioè a quel complesso di riti e/o di miti, largamente diffusi nel mondo antico, che periodicamente celebrano la fine e la rinascita del mondo. In particolare, l’attenzione intende rivolgersi all’esame del rituale romano indicato col nome di mundus patet. Mundus era la fossa che, tre volte all’anno, veniva aperta ritualmente, perché i morti tornassero a circolare sulla terra. I giorni in cui restava aperto questo collegamento con l’al di là venivano considerati nefasti, ed ogni attività umana restava sospesa, celebrandosi così, in forma limitata e simbolica, una temporanea “fine del mondo”. Il rituale del mundus evocherebbe il rischio della crisi di fine mondo, esorcizzando e controllandolo, attraverso la limitazione, nel tempo e nello spazio, del ritorno dei morti e della fine di ogni attività culturale umana.”
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In cronaca
Il Papa ha deciso di celebrare una messa a mezzanotte, nella sua cappella privata, e di dedicarla alle vittime del terremoto in Asia. “A mezzanotte di oggi, 31 di dicembre, il Papa – ha comunicato il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls – celebrerà la Santa Messa nella sua cappella privata per tutte le vittime del maremoto nel sud-est asiatico. Il Papa ricorderà anche le famiglie delle vittime e quanti soffrono in questi giorni per le conseguenze di quel disastro, così come anche quanti si adoperano per alleviare le immani sofferenze delle popolazioni colpite”.
Altre notizie le potete seguire dal sito di Asia News:
http://www.asianews.it/main.php?l=it
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Aggiornamento
In rete
Per una cultura della vita ( e alla faccia di uno tsunami maledetto e di una natura bella, terribile e semplicemente indifferente al vivo verde, ai fiori e al dolore e alla fragile felicità delle creature e dei figli di un Dio che è oltre ogni nome e idea di debolezza o forza, di sconfitta o di vittoria, e che ci vuole intrepidi, sensibili e riflessivi, e ci lascia per sfortuna o sventura liberi ) ecco un estratto dal forum Noi e gli altri dell’ottimo Magdi Allam, nel segno della condivisione di un augurio di ogni bene che non possiamo che ricambiare e fare anche nostro:
“ (…) Il mio auspicio è che dalle fosse comuni e dalle distruzioni causate dallo tsunami si erga una coalizione internazionale che ridia speranza ai sopravvissuti e ricostruisca sulle ceneri delle rovine. Che si accrediti una nuova etica nelle relazioni internazionali che faccia propri i valori della solidarietà e della giustizia. Noi parliamo già di globalizzazione dei mercati, delle finanze, dell’informazione, dell’emigrazione e del terrorismo. Ebbene la mia speranza è che si colga questa occasione storica per affermare anche la globalizzazione dei valori.
Per un altro verso le prossime elezioni politiche nei territori palestinesi (il 9 gennaio) e in Iraq (il 30 gennaio) rappresentano un’opportunità eccezionale per favorire un futuro di pace, libertà e prosperità in Medio Oriente, finora l’area più instabile e destabilizzante del pianeta. Io non ho dubbi sul fatto che prevarrà il buon senso della maggioranza delle popolazioni che amano la vita e aspirano alla pace. Anche in quest’ambito è auspicabile la globalizzazione della lotta al terrorismo di matrice islamica fautore della cultura della morte e promotore di una realtà di costante violenza. Ci vorrà del tempo ma alla fine il Medio Oriente godrà della cultura della vita e farà parte a pieno titolo del mondo libero e democratico.
Così come la stessa vita ha portato alla globalizzazione, spetta a noi uomini assicurare che la globalizzazione tuteli la vita. La vita di tutti. Che si affermi ovunque il valore della sacralità della vita della persona indipendentemente dal sesso, genere, etnia, nazionalità, cittadinanza, religione, fede, ideologia, cultura ( …).
Gesù è un avatar, un sostituto virtuale. Come i Beatles, Hitler, la Gioconda e la Torre di Pisa, è diventato patrimonio dell’UNESCO.
L’immaginario collettivo tende a costruirsi un Gesù a immagine e somiglianza delle ideologie che intende di volta in volta giustificare. Troviamo un Gesù per ogni gruppo d’opinione, un vessillo per ogni minoranza oppressa: abbiamo visto un Gesù ariano, un Gesù nero, un Gesù palestinese, un Gesù gay. Usato nelle conversazioni per pietrificare la propria lapidarietà con i detti che la tradizione gli attribuì, è un frame, un logo vincente grazie al quale si sono vendute filosofie, religioni, libri, jeans e spazzolini da denti. Ha prodotto posti di lavoro per docenti, editori, artigiani e il relativo indotto: fabbriche di chiodini per crocefissi, di cera per candele, legni per confessionali, mattoni per le chiese, tessuti per gli abitini da prima comunione. Il nome, usato nei millenni per pacificare territori, sanare conflitti, convertire genti, fondare istituti di beneficenza, fu anche motivo di guerre sanguinose e di persecuzioni da parte di chi si considerava depositario del messaggio nei confronti di chi sosteneva differenti opinioni, e divenne causa scatenante per le rappresaglie nei confronti del popolo Ebraico, al quale appartenne per iscrizione all’anagrafe.
Ho letto L’uomo che Gesù amava. Ti ringrazio per la visione illuminata che condivido e apprezzo di Yeoshua, la cui realtà non può essere ridotta dalla curiosità morbosa e dagli interessi della propaganda di parte alla questione del suo genere sessuale, sia etero, gay o lesbico. Egli non si è mai occupato di problemi ginecologici, ma delle cose del Padre suo, che sta nei Cieli.
Non di meno è risorto e ha annunciato la presenza reale nel Regno. Ciò nonostante, molti nel mondo continuano ad abusare del suo nome come se non ci fosse e non vedesse. Per i mass media è una sfocatura, un effetto pixel, un fuori registro: è una notizia fuori formato. Continuano a crocifiggere l’Uomo sopra il letto e nelle aule scolastiche, senza avvedersi che è nudo.
Con stima
Maurizio Turchet