UN NUOVO ESEMPIO DI TAQIYA
Simulare quelle cose che non esistono e dissimulare quelle che esistono è una pratica prescritta esplicitamente dall’islam , specialmente dall’islam shiita . D’altra parte, dove, nell’islam, non esistono veli, nascondigli e vicoli tortuosi? Il termine giuridico per “dissimulazione” è tukya , taqiya o taqiyyah o anche taqiyah, a seconda della pronuncia locale, ed è collegato ai termini takwa e taqi, con il significato di “custodire” qualcosa nascondendolo o dissimulandolo. Tukya rileva della sfera della “mentalità”, degli “affetti politici” e della custodia del proprio di ciò che si è, spesso spostato e deviato dalle sue vere ragioni.
L’autorizzazione alla tukya è data dagli imam e dagli sceicchi in accordo con la tradizione ( sunna) e in conformità con la shari’a, la legge islamica, quando palesare osservanza alla Legge del dio Allah variamente interpretata ( non esistendo nell’islam un’autorità unanimente riconosciuta ) potrebbe essere lesivo dell’incolumità personale o della propria libertà d’azione. Simulare, dissimulare, mentire, ingannare e tradire significa, nel caso, custodire una fede che nell’islam non è generalmente un fatto spirituale o privato, ma una credenza di gruppo basata sulla visibilità e l’ostentazione pubblica dell’alal ( il lecito) e l’invisibilità , il nascondimento e – come in numerosi casi, ad esempio nel caso delle squadre di Hamas contro " malcostume", la persecuzione dell’haram ( l’illecito, l’impuro come l’alcol, il porco, la mostrazione della donna e, in una certa misura, il non-musulmano). La dissimulazione – come nota Giovanni Cantoni ( in : Aspetti in ombra della legge sociale dell’islam), si affianca alla possibilità, in caso di necessità, di stringere amicizia con infedeli ( i kuffar, letteralmente “ingrati verso Allah”, come si dice abitualmente con termine polemico), di fare intese con loro — «I fedeli non si alleino con i miscredenti, preferendoli ai fedeli. Chi fa ciò contraddice la religione di Allah, a meno che temiate qualche male da parte loro» (Corano, sura III, «Âl-‘Imrân» [La famiglia di Imran], 28).
Celare le proprie vere intenzioni è oggi una pratica abituale ai regimi islamici come l’Iran ( che prepara armi atomiche e lo nega) e ai gruppi come i Fratelli musulmani che della taqiya hanno fatto una pratica specializzata ( cfr. L’islam di Piccardo – Il Foglio). Un vero e proprio caso di dissimulazione e di applicazione pratica della taqiya da parte dei Fratelli Musulmani è la recente tournèe italiana di Wagdy Ghoneim, noto telepredicatore del jihad e del terrorismo suicida, invitato in Italia dall’Ucoii ( Unione comunità islamiche italiane) nell’ambito di raduni proclamati a gran voce “contro il terrorismo” e definiti Feste della solidarietà. “Come è possibile – osserva Magdi Allam – che l’Ucoii annunci pubblicamente a luglio la sua condanna del terrorismo, per poi ad agosto sponsorizzare un apologeta del terrorismo e, infine, indire a settembre una manifestazione nazionale contro il terrorismo? Eppure, è possibile. Semplicemente ricorrendo all’arte della taqiya*, della dissimulazione, un precetto sciita** fatto proprio dai Fratelli Musulmani a cui fanno riferimento sia l’Ucoii sia il loro mentore Ghoneim. Questa dissimulazione ideologico- religiosa è stata impiegata recentemente dall’Ucoii per occultare la loro legittimazione del jihad, inteso come guerra santa, e per relativizzare il concetto e la condanna del terrorismo. Nella versione integrale della fatwa, responso giuridico islamico, emessa all’indomani delle stragi di Londra e Sharm el Sheikh, l’Ucoii affermò la legittimità del «Jihad fi sabilillah, sforzo sulla via di Dio, inteso anche come fisico, vuoi militare». Ebbene proprio la denuncia del Corriere indusse l’Ucoii a togliere i due paragrafi legittimanti il jihad dal testo consegnato alla stampa il 31 luglio scorso. L’altro esempio di taqiya è nel paragrafo della fatwa relativo al terrorismo che viene condannato in quanto fitna, intesa come «eversione malefica», e quindi accomunato a «ogni forma di terrorismo, guerra civile e aggressione contro le creature innocenti». E’ così che l’Ucoii, da un lato, mette sullo stesso piano gli attentati terroristici suicidi di Londra, le rappresaglie israeliane e le incursioni americane contro le basi di Al Qaeda, dall’altro considera legittima resistenza gli attentati suicidi che massacrano gli israeliani o gli occidentali in Iraq. Una dissimulazione che sottintende il doppio binario etico nella valutazione dello stesso terrorismo islamico a secondo dell’identità delle vittime. Tutto ciò avviene in Italia. Alla luce del sole. Ma i più non vedono, non sentono, non parlano. E quando vedono, sentono, parlano finiscono per schierarsi dalla parte degli apologeti del jihad e dei praticanti della taqiya” ( cfr. Magdi Allam, Corriere della Sera – Guerra santa: il tour italiano ).
La dissimulazione non è un fenomeno unico nella storia. Molti strateghi provenienti dagli ambiti più diversi se ne sono serviti per conquistare il potere o per sovvertirlo . L’unicità dell’ attuale dissimulazione ( taqiya) praticata dagli islamisti è tuttavia quello di essere un lavoro articolato, specializzato e ben finanziato, con il conseguente successo che ottiene presso le società democratiche avanzate popolate da poveri Europei sempre in partenza, diventati – come per improvvisa amnesia – erranti e disponibili.
note
* Note sulla pratica della taqiya
** Comparative Index to Islam : TAQIYA; TAQIYYA ( Dissimulazione)
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SIMULAZIONE E DISSIMULAZIONE
La dissimulazione, volendo generalizzare, non è solo una prerogativa dell’islam e dell’uomo cosiddetto civilizzato, dal momento che si riscontra anche nel mondo animale ( camaleonte, vipera cornuta, ecc.) e in quello vegetale ( piante carnivore).
Francobollo somalo raffigurante una pianta carnivora, Dionaea muscipula, nota anche come Venus acchiappamosche. Si tratta di un organismo vegetale che ha fame di cibo animale e simula l’apparenza d’insetto disposto all’amore, trasformandosi in una trappola. Allo stesso modo del ragno, che avverte il momento in cui la vittima sfiora la trappola, le invitanti valve della pianta carnivora immediatamente si chiudono per afferrare la preda, e la simulatrice la mangia, la digerisce e si pone in attesa di altre vittime, dissimulando la sua vera "intenzione" e la propria natura.
SIMULAZIONE. Dal latino simulatio, col significato di "finzione", "inganno". Alla stessa area semantica appartiene la dissimulazione, da dissimulatio. La differenza fra simulazione e dissimulazione si trova efficacemente enunciata in Polyanthea, alla voce Simulatio: "Simulo et dissimulo ita differunt: simulamus enim esse ea quae non sunt, dissimulamus ea non esse quae sunt " ("Simulare e dissimulare in questo differiscono: simuliamo infatti quelle cose che non esistono, dissimuliamo quelle cose che esistono"). Tutt’e due comportamenti negativi in ogni vita umana, secondo Cicerone: "ex omni vita simulatio dissimulatioque tollenda est " (Cicerone, De officiis, III 15: "si devono bandire in ogni caso della vita la simulazione e la dissimulazione"). Nel mondo classico la simulazione è in netta antitesi all’amicizia e alla virtù: "in amicitia autem nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium" (Cicerone, Laelius de amicitia, 8: "nell’amicizia niente è finto, niente è simulato e tutto ciò che vi è, è vero e spontaneo"); "Quam non est facilis virtus! Quam vero difficili eius diuturna simulatio!" (Cicerone, Epistulae ad Atticum, VII 6; "quanto non è facile la virtù! ma anche la continuata simulazione di essa quanto riesce difficile!").