SANGUE A GERUSALEMME
Otto studenti israeliani tra i 15 e i 26 anni muoiono vittime dell’attacco terroristico contro la pace effettuato in una scuola rabbinica di Merkaz Harav Yeshiva a Kyriat Moshe alle porte di Gerusalemme. Numerosi i feriti. Dalla Striscia di Gaza, i lugubri martiropatici di Hamas hanno festeggiato e definito la barbara strage nel collegio un gesto “eroico, benedetto da Allah ”.
A rendere la perfida strage di studenti ancora più atroce è il fatto che il martire-killer, il venticinquenne arabo israeliano Ala Abu Dhein, che armato di Kalachnikov ha trovato le porte aperte, fosse stato in passato l’autista della scuola e che quindi conoscesse le sue vittime.
> Strage del terrorismo palestinese in una scuola rabbinica di Gerusalemme
la cronaca di Davide Frattini , Corriere della Sera, 7 marzo 2008
la cronaca di Davide Frattini , Corriere della Sera, 7 marzo 2008
via Informazione Corretta
“… Quella scuola è un misto di orgoglio e pietas, Scrittura e coraggio, purezza e ardore. Quegli studenti erano gli eredi di Rabbi Akivà, il giovane pastore che divenne il più grande rabbino del suo tempo (…). La sala dove il terrorista ha spezzato le vite di quegli ebrei era sempre piena, notte e giorno, di studenti e studiosi. Mercaz Harav è uno dei cuori più vitali di Israele e lo dimostra l’età delle vittime. Pniel e Neria erano i più piccoli, 15 anni, Doron era il più grande, 26, aveva combattuto in Libano contro gli ascari di Hezbollah. Dal Libano non è mai tornato uno dei migliori studenti della yeshiva, Amihai Merhavia, che voleva servire nell’esercito per “difendere Israele”. In quella yeshiva faceva base anche Avital Sharansky, la moglie di Nathan che si è battuta per la liberazione del marito e la libertà degli ebrei sovietici.
Yehuda Meshi Zahav, capo dello Zaka, gli ebrei timorati che dopo ogni attentato si occupano di recuperare brandelli di ogni corpo, “perché Dio possa tornare a sorridere”, ha raccontato la scena: “Tutto assomigliava a un mattatoio, il pavimento era tutto coperto di sangue, i libri sacri erano inzuppati di sangue”.
La mamma di Avraham ha detto al funerale che “Dio ha scelto i fiori più belli per il suo giardino. Dio vedeva Avraham come un angelo e dobbiamo ringraziarlo per il privilegio di averlo cresciuto per sedici anni. Sedici anni di purezza e dolcezza”. Rav Kook ripeteva sempre che “una piccola luce disperde le tenebre”.
Il terrorismo ha spezzato otto giovani luci, ma non lo spirito che vive a Mercaz Harav. “Questa sera i terroristi hanno interrotto la nostra gioia” ha detto uno studente. ‘Ma non riusciranno a distruggere ciò in cui crediamo’ ”. Giulio Meotti dal Foglio," Colpire a Merkaz Harav è come voler uccidere il Talmud ".
Nell’immagine più sopra, il libro che uno studente vittima stava leggendo e studiando nella biblioteca di Merkaz HaRav, 06Mar08 – GPO – Fonte: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/125487
Questi sono i nomi degli otto studenti uccisi a Gerusalemme nella yeshivà Merkaz HaRav: Yochai Lipshitz HYD, 18 anni, di Gerusalemme; Neria Cohen HYD, 15 anni di Gerusalemme; Yonosan Ytzchak Eldar HYD, 16 anni di Shilo; Yonadav Chaim Hirschfeld HYD, 19 anni di Kochav Hashachar; Roie Roth HYD , 18 anni di Elkana; Segev Peniel Avichayil HYD, 15 anni di Neve Daniel; Avraham Dovid Moses HYD, 16 anni di Efrat; Doron Tronoch HYD, 26 anni di Ashdod.
Come il lancio “insensato” (così lo ha definito il ministro D’Alema) di migliaia di razzi sulla popolazione civile di Sderot e Ashkelon, il barbaro attentato in Biblioteca non è una forma di lotta politica e militare, ma una tragedia che come un acido dissolve ogni residua illusione sulla realtà dello scontro mediorientale. E’ la rivelazione della sgradevole verità che Hamas, Hezbollah e l’Iran di Ahmadinejad pongono al mondo: la volontà apocalittica di sterminare gli ebrei, i musulmani “tiepidi”, i non-musulmani in genere e chiunque si opponga alla guerra o jihad che una branca fanatica dell’Islam radicale, abusando di una terminologia religiosa, ha dichiarato contro un generico Occidente – individuando in Israele il “piccolo Satana” e negli Stati Uniti” il “grande Satana” da distruggere.
Di questo movimento martiropatico e genocidario, che si trama oggi con effetti devastanti all’interno dell’islam radicale e del jihad globale, ai danni non solo degli ebrei, ma dei musulmani e dei non-musulmani, rende conto questo lungometraggio rinvenibile in rete:
E’ un film (vedere il sito ufficiale) certamente discutibile, ma che contiene alcune informazioni per comprendere il grave e serio pericolo posto dall’islamismo anche a chi vorrebbe essere lasciato in pace. Si tratta di una vera e propria “disperazione di massa” , di un movimento planetario, ubiquitario e diffuso nei paesi arabi e anche in Occidente, che lega l’Avvento allucinato del Giudizio Finale alla condizione dell’”uccisione degli ebrei”, alla ripulitura dell’aria di ogni forma di vita “impura”, non-musulmana, e agisce in questa direzione con la perfidia e il fanatismo del paranoico. Lo si legge nell’articolo 20 dello Statuto di Hamas : “L’ultimo giorno non verrà fino a quando i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno e fino a quando gli ebrei non si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra e l’albero diranno: ‘O musulmano, o servo di Dio, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni e uccidilo!’ Ma l’albero di Gharquad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei”.
Non si tratta, come nel nazismo, che godeva solo nel dominare e tormentare, di imporre alla società occidentale, definita giudeo-cristiana, il proprio stampo criminale, bensì di distruggere totalmente l’oggetto della propria invidia, e se stessi, in un’unica condensazione.
Da un punto di vista psicoanalitico, il fondamentalismo islamico potrebbe rappresentare una fase di organizzazione passionale e libidica sadico-orale molto più regressiva di quella articolata dal nazismo, e quindi ancora più distruttiva di ciò che è centrale nella civilizzazione, il rispetto della vita umana. A cominciare dal rispetto della propria vita, oltre che di quella dei vicini. ( Non c’è, per i Palestinesi, festa senza sangue ? Oltre a usare la propria popolazione come scudi umani circondandosi di bambini al momento del lancio dei razzi, e a festeggiare la strage in Biblioteca – come se non fosse possibile altra festa che quella di fare la festa ai vicini – questa per esempio era la sorte riservata a quei palestinesi che si permettevano di dissentire dalle scelte criminali dei propri dirigenti).
Con buona pace degli “equidistanti”, occorre esprimere chiaramente ferma e decisa solidarietà alla popolazione israeliana, vittima, ancora una volta, del terrorismo maligno palestinese e di quello islamista globalmente diffuso, che tenta invano di ridurla alla disperazione, di rendere ardua e infelice la purtroppo necessaria difesa armata – che non è affatto “sproporzionata” – e di impedire ogni possibile accordo di pace con i vicini palestinesi – vittime, a loro volta, di Hamas e del vittimismo organizzato.