PENSARE LA MORTE ?
Nell’atto creativo, mentre dipinge, il pittore porge orecchio al suono del violino della morte. Arnold Böcklin (1827 – 1901): Selbstporträt mit fiedelndem Tod, 1872 – Nationalgalerie Berlin
Zio William Burroughs diceva che uno scrittore si distingue dagli altri in quanto non ha paura della parola “morte”. La morte tuttavia è difficile da pensare con la scrittura, se non impossibile, perché introduce nel vivente un’alterità irriducibile.
Non è il bianco di questa tela o lenzuolo troppo bianco. E neanche il suono di una campana o il latrato di un cane dopo che campane e cani sono scomparsi…
Non io. E’ la città che scompare. Io resto nelle parole e la follia delle parole che dicono: Et expecto resurrectionem mortuorum, et vitam venturi seculi.
…un “non so che”, una “cosa mentale” e un limite
… intollerabile barriera dell’Ubermascher…
… al limite… dove non c’è dove e la voce cade… il “quasi nulla” della grazia – margine.
Nel punto esatto della fenditura di un soggetto che magari si chiede se ci sarà ancora un Tu alla fine…
Scrivendo non si sa. Si va. E per approssimare la morte un po’ più da vicino, è necessario fare tabula rasa di tutto quello che ci si immagina della morte e di tutto quello che si crede di saperne.
La prossimità della morte ci viene allora data, in maniera indiretta, dalla musica.
Capita quando la morte sembra passare per il linguaggio come un’eco…eco del punto, intenso e feroce, in cui la vita va al di là… la traccia – dopo il lampo – di un suono che scompare: un’intensità muta della quale chi scrive, o ascolta, non è il creatore o l’autore.
Grazie a >
– http://himmelweg.wordpress.com/2007/08/21/lamour-et-la-mort/
Author: Alain Henri Gangneux Bourgoin
e a >
– http://www.innernet.it/e%e2%80%99-possibile-che-io-muoia/
Author: Giusy Figliolini
Musica consigliata
Gregorian Chant , et lux in tenebris…
( Se non per gli occhi o per il naso, chissà che non ci si possa fare sapienti per le orecchie…) 🙂
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e Claude Debussy, Rêverie
"la musica inizia là dove la parola è incapace di esprimere, la musica è destinata all’inesprimibile; vorrei che uscisse dall’ombra e che, in certi momenti, vi rientrasse, che fosse sempre discreta". Claude Debussy, in: E. Lockspeiser, Debussy His life and mind ; ed.it. Debussy La vita e l’opera, trad. di Domenico de’ Paoli, Rusconi, Milano 1983 .
"La musica testimonia il fatto che l’essenziale in tutte le cose è un NON SO CHE d’inafferrabile e d’ineffabile; essa rafforza in noi la convinzione che, ecco, la cosa più importante del mondo è proprio quella che non si può dire", V. Jankélévitch e Berlowitz, Quelque part dans l’inachevé, Gallimard, Paris 1978. p. 247 .
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P.s. Vladimir Jankélévitch ( in Pensare la morte?, Raffaello Cortina, Milano, 1995), scrive che "per il medico, la morte diventa molto rapidamente qualcosa di banale. Un morto è presto sostituito: la vita man mano richiude i vuoti. Tutti sono sostituibili: qualcuno scompare, un altro occupa il suo posto". Aggiungerei che anche la scrittura fa come fa la morte: riempie i buchi, richiude i vuoti.