LETTURE
CAMUS : da LA PESTE
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… La città in sé stessa, bisogna riconoscerlo, è brutta.
Di aspetto tranquillo, occorre qualche tempo per accorgersi di quello che la fa diversa da tante altre città mercantili, sotto tutte le latitudini.
(…) I nostri concittadini lavorano molto, sempre per arricchire; s’interessano soprattutto del commercio e in primo luogo si preoccupano, com’essi dicono, di concludere affari.
Naturalmente, hanno anche il gusto delle cose semplici, amano le donne, il cinematografo e i bagni di mare; ma, assai ragionevolmente, riserbano i piaceri per il sabato sera e la domenica, cercando, negli altri giorni della settimana, di guadagnare molti soldi. (…)
Di più originale, nella nostra città, vi è la difficoltà che si può trovarvi a morire; difficoltà d’altronde, non è la parola giusta e sarebbe più preciso parlare di scomodità.
Non è mai piacevole essere ammalati, ma ci sono città e paesi che ti sostengono nella malattia, in cui si può, in qualche maniera, lasciarsi andare. Un malato ha bisogno di tenerezza, gli piace appoggiarsi su qualcosa, è naturalissimo. Ma qui gli eccessi del clima, l’importanza degli affari che vi si trattano, il poco rilievo dell’ambiente, la rapidità del crepuscolo e il genere dei piaceri, tutto richiede la buona salute.
Un malato vi si trova proprio solo.
(…) Queste poche indicazioni danno forse un’idea sufficiente della nostra città; del resto non si deve esagerare nulla. Bisognava solo insistere sull’aspetto comune della città e della vita.
Ma si passano le giornate agevolmente, non appena si hanno delle abitudini e, dal momento che proprio la nostra città favorisce le abitudini, si può dire che tutto va per il meglio. Da questa visuale, certo che la vita non è molto appassionante; da noi, almeno, non si conosce il disordine.
Questa città senza pittoresco, senza vegetazione e senz’anima, finisce col sembrare riposante, e vi ci si addormenta.
Lo sto leggendo. Bello.