CIRCUS ISLAMICUS
‘L’Express’ censurato IN MAROCCO
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Questa è la copertina del numero 2991 del settimanale francese ‘L’Express International’ datato 30 ottobre-5 novembre 2008. La rivista presenta un dossier di una dozzina di pagine che confronta cristianesimo ed islam, con le immagini dei fondatori del cristianesimo e della religione musulmana, per "aiutare il dialogo" tra le due religioni. Per rispetto della fede musulmana, la copertina riporta la silhouette di un Maometto senza volto, in conformità all’uso islamico, tratta da un manoscritto ottomano del XVI secolo.
Purtroppo, nel timore del possibile circus islamicus che gli islamisti avrebbero potuto mobilitare( come accaduto pretestuosamente due anni fa per la questione delle vignette su Maometto) le autorità marocchine hanno vietato comunque la diffusione della rivista, in applicazione dell’articolo 29 del codice della stampa che le autorizza a sospendere le pubblicazioni quando esse "portano attentato alla religione, alla monarchia, all’integrità territoriale, al rispetto del re o dell’ordine pubblico". Secondo l’agenzia Associated Press, le autorità algerine e tunisine, evidentemente anch’esse male installate al potere e paurose di tutto, specialmente della prepotenza degli imam islamisti, hanno deciso subito dopo di censurare anch’esse l’edizione in questione di ‘L’Express’.
E’ un po’ come accade nei territori controllati dalla mafia: per “evitare problemi” ci si autocensura e si diventa omertosi, gettando ombra su tutti gli aspetti della vita dei cittadini, compreso il diritto alla cultura e alla libertà di parola. Il terrore diffuso dagli islamisti più radicali rappresenta, come ogni mafia, un pericolo a carattere totalitario.
Eppure insieme all’avanzata dell’islamismo dei barbuti e del terrore jihadista che oggi devasta il mondo e occupa la scena, esistono molti islàm con forme, culture e contenuti diversi gli uni dagli altri e in millenario conflitto tra loro. Fra questi, vi è un islàm desiderante e amoroso, certo minoritario, che si esprime nella memoria collettiva dei popoli quando questi sfuggono al discorso sacrale del potere, nelle timide speranze in una vita più libera e felice di una gioventù arabo-islamica in piena effervescenza, nelle espressioni artistiche e popolari di natura corporea come la danza e la musica, oltre che in opere come “Le mille e una notte” ( peraltro vietate in Egitto) , i sublimi trattati di mistici come Ibn Arabi, al- Hallaj o Sorawardi, le poesie di Rumi, di Abu Nuwas, di Hafiz o di Omar Kayyam, per non citare che gli autori più celebri. Celebri soprattutto da noi. Si tratta infatti di opere che circolano sempre meno nel mondo musulmano, dove fino a ieri si trovavano in edizioni a buon mercato davanti alle moschee del Cairo, di Tunisi e di Baghdad, accanto alle prime manifestazioni integraliste, nemiche della stessa cultura islamica. Per questa ragione, come osserva lo scrittore tunisino Abdelwahab Meddeb, prima di essere un pericolo per la stabilità del mondo, l’integralismo è una minaccia per l’islam stesso. L’irruzione della politica e della violenza nel religioso sta distruggendo l’islam come religione e come civiltà.
Contro questa minaccia occorrono “virtù eroiche”, che non tutti posseggono, specialmente in Paesi dove non esiste, o non ancora, una vera e propria società civile. Sono paesi in cui fin da piccoli si è abituati ad avere paura del linguaggio sacrale del potere, ma molto può essere fatto, se solo ci si potesse ricordare delle “virtù quotidiane” che sono l’ossatura di ogni resistenza civile alla barbarie incombente e all’oscurantismo diffuso. Le donne, innanzitutto, e i giovani, ne sono spesso i portatori.