MORSI E SCRITTURA: I DUE PUNTI DI DRACULA
Nel film “Dracula di Bram Stoker” (1992), il dottor Jack Seward è disperato: la sua Lucy sta morendo di una malattia incurabile di origini sovrannaturali, cosi è il momento di far intervenire il professor Abraham Van Helsing (Anthony Hopkins), eccentrico docente universitario olandese che conosce molto bene, perlomeno così crede lui, la natura del vampirismo.
L’incontro di Dracula con il corpo di Lucy ha lasciato due piccole tracce che diventano oggetto di una serie di letture da parte di parenti, conoscenti e amici della vittima. Nel film, come nel romanzo ( 1897), vengono più volte descritti in dettaglio i buchini lasciati nella carne. Inizialmente, i due puntini rossi sembrano quasi insignificanti. Quando Mina Murray li scopre sul collo della sua amica Lucy Westenra crede di essere stata lei stessa a provocarli: per distrazione, “con una spilla da balia”. E’ solo quando le due piccole piaghe non solo non guariscono, ma si allargano, mostrando bordi bianchicci e malsani, che ci si rende conto della gravità del caso.
Il primo piano letterario anticipa quello cinematografico. Il lettore-spettatore è invitato a venire a vedere: occorre sporgersi ai bordi di due piaghe con orli che si allargano a tutto lo schermo. Nel primo piano dei buchini slabbrati si trova un messaggio che dice: Dracula è sbarcato sull’isola, ha penetrato le vie affollate di Londra, è venuto dentro la nostra casa e ha addentato la piccola Lucy, penetrandola con le sue grosse zanne infette. Le due piaghe sembrano costituire una nuova forma di scrittura: la scrittura di un forestiero che ha un’altra lingua, un altro corpo e due dentoni grossi così. Insomma, i due punti incisi nel vivo sono la scrittura di Dracula.
Si tratta di un morso sulla giugulare che – come si vede nella scena feticcio del romanzo di Stoker riprodotta in maniera quasi caricaturale da Christopher Lee e Barbara Shelley nel film Dracula, Prince of Darkness, di Terence Fisher (1966) – segna con un marchio indelebile il momento dell’estasi, l’istante di un’intrusione nel corpo che ne modifica la grammatica: il desiderio si libera dalle costrizioni borghesi che lo limitano e la vittima diventa, a sua volta, un vampiro furbo e crudele.
I due punti, che segnano nella frase un tempo di pausa per un cambiamento di direzione, hanno aperto il corpo del vampirizzato ( e quello dell’incauto spettatore-lettore) verso altri spazi: quelli della notte; anzi di molte notti abitate da una Lucy diventata euforica, trasformata in una fiera seduttrice, lubricamente proiettata verso altri desideri, scambi scellerati e attività sotterranee che resistono alla legge. Dracula è la droga delle sue vittime. Il suo morso è un’ouverture ( ouverture in musica e apertura nella carne). E’ quel che accade alla povera Lucy, che dopo la puntura di Dracula si sottrae alla società puritana dell’Inghilterra vittoriana che la destina al matrimonio e alla fedeltà, e diventa una specie di umbratile punk ante-litteram e orrenda graffitara antagonista.
Il primo morso non si scorda più; e il piacere si disegna dal profondo del sangue: sempre sul punto di cominciare e mai di finire. Morso dopo morso, in un vero e proprio delirio di filiazione negativa, i vampiri si generano indefinitivamente… Così come anche i più di mille film e i numerosi rifacimenti delle storie di vampiri. Per non dire dell’espansione dei media e dei blog, di cui Dracula rappresenta la figura: un’espansione indefinita che confonde i sistemi chiusi, le ortodossie di ogni genere – mentre per noia o sazietà, la classe letterata europea si lascia sedurre dalla barbarie e si apre ai multiculturalismi e alla bontà dei meticciati e delle contaminazioni di ogni genere. Forse è solo la ricchezza corrosiva della vita, non il nostro benessere da difendere da ogni minima minaccia, tutta questa ricchezza “ sotto cui – come teme l’amico Vincenzo Consolo, mangiando una razione di piccantissimo zichinì – “finiremo schiacciati, sepolti, bianchi e immobili per sempre” (cfr. “Porta orientale”, in AA.VV., Milano per le strade, Azimut, Roma 2009 – libro pervenutomi grazie alla gentilezza di Mariano Bargellini, autore del racconto, landolfiano e di ascendenze metafisiche, intitolato “L’indossatore morto di freddo”). Ma non è di noi vecchi Europei esangui ed evanescenti che volevo parlare… e neanche della pasta alle sarde, del miele iblèo o della dolcissima cassata …ODDIOOO, nello scrivere, o meglio, nel digitare ti ha forse morso qualche zanzaraaa…? Scusate: il Vampiro non ha solo “scongelato”, per così dire, il corpo e l’anima di Lucy, ma ha anche introdotto un desiderio di far durare la frase, di accumulare, di viaggiare e deviare, di aggiungere proposizioni subordinate: e di dirlo per inciso, grazie ai suoi perversi incisivi.
Il cerchio della sinistra congrega dei nosferatu non cessa di allargarsi. Occorre mettere fine a tutto questo, cioè al vampirismo. E’ quel che raccomanda anche Van Helsing a Jonathan Harker (Keanu Reeves) e alla sua fidanzata Mina (Winona Ryder), descrivendo con fanatismo tranquillo la decapitazione di Lucy. Sono tutti e tre a tavola, Mina lo guarda esterefatta e Jonhatan Harker ha appena fatto la spia, rivelando dove si trova il conte Dracula. Ingurgitato in fretta e furia un bicchiere di vino, Helsing improvvisamente si anima e si rivolge alla giovane coppia per una veloce lezione sul vampiro e le sue abitudini : “ Il vampiro esiste ed è questo che combattiamo, questo affrontiamo. Egli ha la forza di venti e più persone, e voi lo potete testimoniare signor Harker, costui esercita il suo potere anche sugli esseri più infimi, il pipistrello il ratto, il lupo, può apparire sottoforma di bruma, vapore o nebbia e dileguarsi quando vuole. Ora…Dracula puo fare tutto ciò, ma non è libero, per accumulare tutta questa forza malefica deve riposare nella terra del suo paese natio, è li che lo troveremo e lo annienteremo definitivamente”.
Nella lotta contro Dracula occorre opporre una chiusura a sempre nuove aperture, doppi e multipli. E’ difficile contrastare il potere dei vampiri, capaci di metamorfosi, replicazioni, teletrasporti, allenamenti agli ultrasuoni ( come i pipistrelli ), comunicazioni telepatiche. Difficile, ma non impossibile: la forza malefica di Dracula può essere annientata con un punto; non il punto e virgola, punto con una piccola colata di sangue, ma un punto fermo e definitivo. Perlomeno così pare. Ad ogni modo, la scrittura di Van Helsing sarà il punto lasciato dall’ago nel braccio di Lucy nel corso delle numerose trasfusioni da lui effettuate per sostituire il sangue contaminato da Dracula con quello dei suoi familiari. A differenza di Frankenstein, inquieto e disperato, in lotta con se stesso ( come ogni buon eroe romantico), il professor Van Helsing – l’ayatollah dei cacciatori di vampiri – appare come uno stupido vittoriano. Come anche Jonhatan ( impiegato di uno studio legale) e sua moglie Mina, egli è convinto di rappresentare il Bene, e ne è soddisfatto. Lo testimonia il paletto – segno dell’autorità dell’uno – conficcato nel cuore del Vampiro.
Tecnica patetica dei cacciatori di vampiri. Li si può vedere ogni giorno sfrecciare in automobile o marciare con il cuore in mano alla luce del sole, del grande sole mentitore. Non dormono nella bara, ma quando non organizzano le ronde si rigirano nei loro letti, anche matrimoniali, minimizzando i buchini che si aprono nelle calze, nelle lenzuola e nel corpo. Oh, dicono, non sono altro che buchini quasi insignificanti, piccole ferite, anche narcisistiche, volendo. Eppure vi soffia dentro un vento terribile, sentimentale, che li spinge a correre dove porta il cuore, il più delle volte a rottadicollo. Neanche il loro accumulo, l’accumulo di tante piccole ferite e rotture permanenti della spina dorsale, potrebbe convincerli di una gravità. Loro, i cacciatori di vampiri, rappresentano il Bene tranquillo, e ne sono soddisfatti.
I veri vampiri sono quei “virtuosi” masochisti che chiudono un occhio e gli occhi sui bordi slabbrati, si tappano il naso, la bocca, le orecchie e l’uretra, per non dire dell’ano, ben stretto, o dei seni rifatti – in modo che tutto sia ben chiuso e sigillato dall’uno. Insomma, i veri vampiri non cessano di riempire e chiudere i buchi, proprio come fa la morte… La morte: ? Se il Vampiro, sia pure mor(d)endo qua e là, potesse parlare, forse direbbe: “Contro le sofferenze dell’amore, il più sicuro rimedio è il disprezzo: quando non c’è più confidenza né stima, la piaga del paletto di quello sciocco professore olandese si cicatrizza subito”. Per fortuna o sventura, con quel bugiardo di Dracula c’è sempre un seguito. Punto. Anzi, due punti :
BIBLIOGRAFIA
– Gilles Deleuze e Felix Guattari, Mille Plateaux. Capitalisme et schizophrénie, Minuit, Paris 1980; tr. it. G. Passerone, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1987;
– Gianni De Martino, L’ultima lettera di Vlad il Vampiro, con quattro tavole di Giorgio Bertelli, coll. “Chirografie” , edizioni di Barbablù, Siena, 1993;
– Sara Thornton, Écriture et morsure : l’extase de la ponctuation dans Dracula de Bram Stoker, in “Savoirs et clinique. Revue de psychanalyse”, n.8, Éditions Ér Ramonville-Saint-Agne. 2007.
Scars of Dracula, di Roy Ward Baker ( 1970)
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