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Vanitas
VANITAS
La Vanité di Philippe de Champaigne (1602-1674) – Le Mans, Musée de Tessé
Memento mori. Un link alla scena del film “Non ci resta che piangere”,
in cui un monaco spaventa Troisi 🙂
Colonna sonora:
dies irae dal requiem di mozart
La morte moderna
LA MORTE MODERNA
di Sherwin Nuland
… La morte moderna avviene in un ospedale moderno, dove può essere occultata, depurata dalla decomposizione della materia organica e infine confezionata per il funerale moderno. Siamo ora in grado di negare il potere non solo della morte, ma anche della stessa natura. Ci copriamo gli occhi per non vederla in volto e, nel contempo, apriamo leggermente le dita perché qualcosa in noi ci spinge irresistibilmente a guardare di sfuggita.
[… ] la fede nella probabilità di una « morte dignitosa » è il tentativo sia da parte nostra, sia da parte della società, di far fronte a una realtà che troppo frequentemente è costellata di eventi devastanti, i quali, per la loro natura, implicano la distruzione dell’umanità del morente. Personalmente non ho visto, in genere, molta dignità nel modo in cui si muore.
[… ] Non è la morte il vero nemico, ma la malattia: essa è la forza maligna con la quale dobbiamo confrontarci. La morte è la resa finale, che avviene quando ormai la battaglia estenuante è stata persa. Persino il confronto con la malattia dovrebbe essere considerato alla luce del fatto che numerosi mali che colpiscono la nostra specie sono semplici mezzi per compiere quel viaggio inesorabile mediante il quale ogni uomo ritorna allo stato fisico, e forse spirituale, di non esistenza in cui si trovava prima del concepimento. Qualsiasi trionfo su una patologia grave, anche se assoluto, non è altro che un rinvio dell’inevitabile sentenza.
La scienza medica ha dato all’umanità la preziosissima possibilità di distinguere i processi patologici reversibili da quelli irreversibili, facendo in modo, tra l’altro, che l’ago della bilancia si sposti sempre più verso il prolungamento della vita. La biomedicina moderna ha però contribuito anche ad alimentare fantasie fuorvianti che ciascuno di noi impiega per negare il concretizzarsi definitivo della nostra condizione di mortali.
Nonostante quanto sostengono molti medici, convinti assertori della scientificità della medicina, questa rimarrà sempre, come già sostenuto dagli antichi Greci, un’ arte. Uno dei compiti più impegnativi che la natura «artistica» di tale disciplina impone al medico è proprio l’acquisizione di una certa familiarità con quel campo scarsamente definito che è la terapia, il cui successo può essere certo, probabile, possibile o inconcepibile.
Gli spazi insondabili fra il probabile e tutto ciò che sta al di là di esso rappresentano in effetti il territorio che un medico serio è frequentemente costretto a percorrere, dotato unicamente della sua capacità di discernimento, dettata dall’esperienza, per poter fare ogni scelta con saggezza e condividerla con i malati.
Da "Come moriamo" di Sherwin Nuland, Mondadori, 1997
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Immagini
In alto, Il medico di Sir Luke Fildes (1891)
In basso, Difterite di Goya ( 1802)
eutanasia all'italiana
A margine dell’eutanasia all’italiana
DANZA MACABRA
“The Dance of Death” (1493) di Michael Wolgemut,
dal Liber chronicarum di Hartmann Schedel
Al seguito della parola di morte della Cassazione che respingendo, “per difetto di legittimazione all’impugnazione” , il ricorso della procura di Milano ha dato il via libera alla procedura per il distacco del sondino che alimenta Eluana Englaro, in stato vegetativo dal 1992, la giovane – finora amorevolmente accudita dalle suore in una clinica di Lecco – morirà di fame e di sete. Impiegherà «grossomodo 15-20 giorni […] anche se non è possibile stabilire esattamente il tempo»: ce lo ha spiegato “ un attimino” Mario Riccio, il medico che ha sospeso la ventilazione a Piergiorgio Welby e che giudica positivamente la conclusione della tragica e triste vicenda.
Impiegherà « grossomodo » quindici-venti giorni a morire ? Allora vuol dire che è viva ? ”Auspico una maggiore saggezza nella parola degli uomini di Chiesa. Come si può tenere per certo che l’alimentazione tramite sondino non sia una terapia se gran parte della scienza medica la considera tale? E perché definire eutanasia qualcosa che formalmente non lo è?”, osserva con sussiego il teologo scientista Vito Mancuso che insegna all’università San Raffaele di Milano.
Viene in mente la terribile storia della bella Bambina dai capelli turchini quando chiama tre medici per sapere se il povero burattino sia vivo o morto.
— … Vedi tu quel burattino attaccato penzoloni a un ramo della Quercia grande?
— Lo vedo.
— Orbene: vola subito laggiú; rompi col tuo fortissimo becco il nodo che lo tiene sospeso in aria, e posalo delicatamente sdraiato sull’erba, a piè della Quercia. —
Il Falco volò via e dopo due minuti tornò, dicendo:
— Quel che mi avete comandato, è fatto.
— E come l’hai trovato? Vivo o morto?
— A vederlo pareva morto, ma non dev’essere ancora morto perbene, perché appena gli ho sciolto il nodo scorsoio che lo stringeva intorno alla gola, ha lasciato andare un sospiro, balbettando a mezza voce: «Ora mi sento meglio!…» —
Allora la Fata, battendo le mani insieme, fece due piccoli colpi, e apparve un magnifico Can-barbone, che camminava ritto sulle gambe di dietro, tale e quale come se fosse un uomo.
…
— Su da bravo, Medoro! — disse la Fata al Can-barbone. — Fa’ subito attaccare la piú bella carrozza della mia scuderia e prendi la via del bosco. Arrivato che sarai sotto la Quercia grande, troverai disteso sull’erba un povero burattino mezzo morto. Raccoglilo con garbo, posalo pari pari su i cuscini della carrozza e portamelo qui. Hai capito? —
Il Can-barbone, per fare intendere che aveva capito, dimenò tre o quattro volte la fodera di raso turchino, che aveva dietro, e partí come un barbero.
Di lí a poco, si vide uscire dalla scuderia una bella carrozzina color dell’aria, tutta imbottita di penne di canarino e foderata nell’interno di panna montata e di crema coi savoiardi. La carrozzina era tirata da cento pariglie di topini bianchi, e il Can-barbone, seduto a cassetta, schioccava la frusta a destra e a sinistra, come un vetturino quand’ha paura di aver fatto tardi.
Non era ancora passato un quarto d’ora, che la carrozzina tornò e la Fata, che stava aspettando sull’uscio di casa, prese in collo il povero burattino, e portatolo in una cameretta che aveva le pareti di madreperla, mandò subito a chiamare i medici piú famosi del vicinato.
E i medici arrivarono subito uno dopo l’altro: arrivò, cioè, un Corvo, una Civetta e un Grillo-parlante.
— Vorrei sapere da lor signori — disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio — vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burattino sia vivo o morto!… —
A quest’invito, il Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio, poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi: e quand’ebbe tastato ben bene, pronunziò solennemente queste parole:
— A mio credere il burattino è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!
— Mi dispiace — disse la Civetta — di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero.
— E lei non dice nulla? — domandò la Fata al Grillo-parlante.
— Io dico che il medico prudente, quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto. Del resto quel burattino lí, non m’è fisionomia nuova: io lo conosco da un pezzo! —
Pinocchio, che fin allora era stato immobile come un vero pezzo di legno, ebbe una specie di fremito convulso, che fece scuotere tutto il letto.
— Quel burattino lí — seguitò a dire il Grillo-parlante — è una birba matricolata… —
Pinocchio aprí gli occhi e li richiuse subito.
— È un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo… —
Pinocchio si nascose la faccia sotto i lenzuoli.
— Quel burattino lí è un figliuolo disubbidiente, che farà morire di crepacuore il suo povero babbo!… —
A questo punto si sentí nella camera un suono soffocato di pianti e di singhiozzi. Figuratevi come rimasero tutti, allorché, sollevati un poco i lenzuoli, si accòrsero che quello che piangeva e singhiozzava era Pinocchio.
— Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione — disse solennemente il Corvo.
— Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega — soggiunse la Civetta — ma per me quando il morto piange, è segno che gli dispiace a morire. —
( da Carlo Lorenzini, Le avventure di Pinocchio, Cap. XVI)
DETTAGLIO AGGIUNTIVO
Una parola di vita. “L’amore e la dedizione per Eluana e per tutti coloro che si affidano alle nostre cure ci portano ad invocare il Signore Gesù affinché la speranza prevalga anche in questa ora difficile, in cui sperare sembra impossibile”. È quanto scrivono, in una nota diffusa oggi, le suore della clinica “Beato Luigi Talamoni” di Lecco dove Eluana Englaro è ricoverata in stato vegetativo. All’indomani della sentenza della Corte di Cassazione, le suore affermano: “La nostra speranza – e di tanti con noi – è che non si procuri la morte per fame e sete a Eluana e a chi è nelle sue condizioni”. Per questo, “ancora una volta, affermiamo la nostra disponibilità a continuare a servire, oggi e in futuro, Eluana. Se c’è chi la considera morta, lasci che Eluana rimanga con noi che la sentiamo viva. Non chiediamo nulla in cambio, se non il silenzio e la libertà di amare e donarci a chi è debole, piccolo e povero”.
Addio a Don Sandro Maggiolini
ADDIO A DON SANDRO
Monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo emerito di Como, è morto nella sera dell’ 11 novembre 2008 all’ospedale Valduce della cittadina lariana. Se lo ricordo come Don Sandro è perché fu , tra il molto altro, il mio professore di Morale alla Cattolica di Milano nelle seconda metà degli anni Settanta. Nel Novembre del ’74 era uscito il suo libro Verifica della fede (editrice Àncora) da portare agli esami del corso universitario. Quando a una sua domanda risposi che « la decisione di credere risiede nell’amore », si accorse subito che non avevo letto a fondo il libro, peraltro tormentosissimo (« …Ciò che intendevo stendere non era un " trattato" De Fide in più. Era qualcosa di mezzo fra un organico studio teologico e un " soliloquio" – o un confronto religioso : non so – dove vi fosse , in sintesi e sullo sfondo, un qualche impianto logicamente strutturato, ma dove pure la persona non fosse estranea : la persona con tutte le sue contorsioni, la sua sciatteria, qualche raro lampo intuitivo e le sue resistenze e le sue aspirazioni insopprimibili… »).
« L’avrai letto… c-a-n-c-u-r-e-g-g-i-a-n-d-o… » , osservò ironicamente. « Sì », confessai, « l’ho letto qua e là… a- macchia- di- leopardo ». Sorrise e però mi diede un voto talmente basso che, per dispetto, decisi di non continuare più gli studi di Pedagogia alla Cattolica. Erano i tempi della « contestazione », lui era preoccupato del declino del cattolicesimo e dei seminari vuoti «nei cui corridoi – diceva – si va ormai in monopattino » , e non fu un incontro interpersonale agevole.
Ma talvolta – come insegnava Don Sandro, mettendo l’accento non solo sulla dolcezza , la leggerezza e l’entusiasmo degli incontri, ma anche sulle loro reali difficoltà, in modo da non gettare subito falsi ponti – « bisogna giungere a perdonare all’altro ciò che è, ancor prima di perdonargli ciò che fa o che pensa o che dice o che scrive… ». Adesso, nel ricordare quegli esami e la figura di quel professore a un tempo « monologante » e « dialogante », mi riprometto di rileggerlo tutto, a distanza di tanti anni, da cima a fondo. Ciao e grazie, Don Sandro.
Carla Bruni: I Francesi sono squallidi
SUBLIMINALE
CARLA BRUNI: “ I FRANCESI SONO SQUALLIDI ”
Lo affermava l’ormai neo-francese Carla Bruni lanciandosi in una intervista riportata dal quotidiano britannico Daily Mail , poco prima dell’inizio della sua liaison con Nicolas Sarkozy, paragonato, nella stessa intervista, a Napoleone, perché corto ( pardon: metricamente svantaggiato). Quando il giornalista le chiedeva se, secondo lei, gli uomini di petite taille fossero tuttavia prestanti, cinguettava dei nomi: "Oui, il y a quelque chose de cela. Napoléon, Sarkozy…".
E i Francesi in generale ?" Ils sont minables ! Toujours de mauvaise humeur. Tout le contraire des Italiens !"
Sono squallidi ! Sempre di cattivo umore. Tutto il contrario degli Italiani !
Il resto, con lievi accenti similmente francofobi. "Je ne suis pas du tout Française" , insisteva la cantante-top model con il culetto ancora fresco di calendario. "Je n’ai pas de passeport français, j’ai un passeport italien. J’aime le tempérament des Italiens et la gastronomie italienne."
Io non sono per niente Francese, ho un passaporto italiano
Oggi, convertita sulla strada di Obama, l’ex-mannequin afferma di essersi redenta. Ormai lo sanno tutti: è felice di essere diventata Francese ! Cioè, stando alle sue affermazioni di qualche mese fa: minable ( in italiano: miserabile; pietosa; mediocre; squallida; insomma una balorda, una poveraccia). Piena di attesa della palingenesi obamiana, rimprovera al capo del governo italiano Silvio Berlusconi di prendere “l’avvenimento dell’arrivo di Obama alla leggera”, e si esibisce in una lezioncina ( o leccatina, come ha detto qualcuno) di politically correct.
“Vedere arrivare Obama è una gioia immensa. Per me, per chi ama l’America, per tutti i Francesi, in particolare per uno che conosco assai bene [ Nicolas Sarkozy]. Io so fino a che punto noi tutti siamo pieni di speranza, pieni di attesa. Per contrasto, quando sento Silvio Berlusconi prendere l’avvenimento alla leggera, scherzare sul fatto che Obama sia “sempre abbronzato”, mi fa una strana sensazione. Certo, si dirà che era una battuta, un motto di spirito. Ma spesso ormai sono felice di essere diventata Francese!” ha miagolato Carlà in un’ intervista apparsa domenica su Le Journal du Dimanche.
Meglio essere Francesi ? «Anche noi italiani siamo ben lieti che Carla Brunì non sia più italiana, anzi siamo addirittura felici. Chissà che un giorno Carla Brunì non sia costretta dalla sua burrascosa vita a richiedere la cittadinanza italiana», l’ha sculacciata il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga.
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Very cool ! Che dire ? Oltre alla fuga dei cervelli, ci mancava pure la fuga di quel bel pezzo di bella topolona ( pardon : di frittola).
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by Christo Komarnitski
Abbronzatissimi
A MARGINE DEL POLITICALLY CORRECT
ABBRONZATISSIMI
L’anziano ( pardon : cronologicamente svantaggiato ) scrittore Raymond Queneau sorride del più giovane regista e pittore Max Morise che mostra la sua abbronzatura carica di pericolose ambiguità
La lingua, per sua stessa costituzione, non è mai diretta, sincera, trasparente e stabile. Chi intende imbrigliare completamente una lingua (o una cultura) nelle maglie del non offending o, per dirla con una felice espressione dello studioso del razzismo Pierre-André Taguieff, dell’ eugenetica lessicale negativa, priva la lingua di ogni forma di vitalità, di sale e di felicità espressiva.
Non usare espressioni offensive per degradare l’Altro, senza però fare dell’altrismo* , va bene, è segno di gentilezza d’animo e di civiltà, ma credersi il padrone della lingua è segno di tartufesco, uggioso ed ideologico puritanesimo linguistico, se non di una nuova inquisizione la cui parola d’ordine sarebbe: uniformare.
Insomma, usare il politically correct ad oltranza e senza un grano di sale crea un ambiente, linguisticamente parlando, scipito come un Franceschini e asfittico come una sezione del Pd.
D’altra parte, se qualcosa la opprime, la lingua si ribella. Va quindi da sé dire che chi crede di poter governare ideologicamente e a sproposito la lingua degli altri fa figura di Grande Fratello moralmente superiore, se non di coglione diplomato (pardon: diversamente stupido),.
Immagine
Raymond Queneau et Max Morise in vacanza al Canadel nel 1931
* ALTRISMO
“ Ualter Veltroni ha detto ai leaders del PD che Obama è uno di noi”
Colonna sonora
P.s. Dispiace essere così didascalici. Ma occorreva pur dire che se un giovane americano apre la finestra vede le Montagne Rocciose e respira in un reale più largo, mentre qui da noi un giovane italiano è costretto a vedere tra i vicini di condominio Franceschini & C. fare sinistri piagnistei giù in cortile.
Walt Whitman, American Memory
AMERICAN MEMORY
DI SERA SULLA SPIAGGIA, SOLO
di Walt Whitman
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« Io canto l’individuo, la singola persona / al tempo stesso canto la Democrazia, la massa »
Di sera sulla spiaggia, solo
Mentre la vecchia madre, i flutti ondeggiando, intona roca il suo canto,
E osservo le sfavillanti stelle, formo un pensiero sulla chiave degli universi e del futuro.
Una vasta similitudine incastra tutto, tutte le sfere, cresciute e non cresciute,
piccole, grosse, soli, lune, pianeti,
Tutte le distanze dello spazio, per quanto vaste,
Tutte le distanze del tempo, tutte le forme inanimate,
Tutte le anime, tutti i corpi viventi per quanto diversi essi siano,
o in mondi diversi essi vivano,
Tutti i processi dei gas, dell’acqua , dei vegetali, dei minerali, i pesci, le bestie,
Tutte le nazioni, colori, barbarie, civiltà, lingue,
Tutte le somiglianze che siano esistite o possano esistere
su questo mondo o in un mondo qualsiasi,
Tutte le vite e le morti, in passato, presente, futuro,
Questa ampia similitudine tutte le abbraccia, e sempre le ha abbracciate,
E per sempre le abbraccerà, mantenendole compatte, circonfondendole tutte.
La Tovaglia
LA TOVAGLIA
di Giovanni Pascoli
Le dicevano: – Bambina!
che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l’hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch’è terminata la cena!
che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l’hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch’è terminata la cena!
Bada, che vengono i morti!
i tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
i tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. –
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. –
E` già grande la bambina:
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d’allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d’allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
Oh! la notte nera nera,
di vento, d’acqua, di neve,
lascia ch’entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
di vento, d’acqua, di neve,
lascia ch’entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!
– Pane, sì… pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?… E` tela, a dama:
ce n’era tanta: ricordi?…
i cari, i cari suoi morti!
– Pane, sì… pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?… E` tela, a dama:
ce n’era tanta: ricordi?…
Queste?… Queste sono due,
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare! –
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare! –
Immagine
Il Giorno dei Morti di William Bouguereau (1825 – 1905)
Fotografia di Goupil & Cie
Fotografia di Goupil & Cie
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P.s. Se avete resistito alla lettura di Pascoli, specialmente al Liceo, da giovani, significa che amate veramente la letteratura.
Gesù che insegna al cuore
EMBLEMATA
GESU’ CHE INSEGNA AL CUORE
Incisione in rame dal “Cor Iesv amanti sacrvm”, 1585-86.
Statens Museum for Kunst, København, Kobberstiksamlingen
In preghiera
IN PREGHIERA
La foto trovata in Rete mi ha fatto sorridere. Un raggio di sole in una giornata piuttosto fredda.