Lo Straniero di Albert Camus

LETTURE
LO STRANIERO DI ALBERT CAMUS
   … Poi i lampioni della strada si sono illuminati d’improvviso e hanno fatto impallidire le prime stelle che sorgevano nella notte. Ho sentito i miei occhi affaticarsi a guardare i marciapiedi con il loro carico di uomini e di luci. I lampioni facevano luccicare il lastricato umido, e i tram, a intervalli regolari, illuminavano dei capelli lucidi, un sorriso o un braccialetto d’argento.
Poco dopo, i tram divenuti più rari e la notte divenuta già nera sopra i lampioni e le piante, il sobborgo si è svuotato a poco a poco, fino a che il primo gatto traversò lentamente la strada ritornata deserta. Ho pensato che bisognava cenare. Mi faceva un po’ male il collo a essere appoggiato tanto tempo sulla spalliera della sedia. Sono andato giù a prendere del pane e della pasta, mi sono fatto da mangiare e ho cenato in piedi. Ancora ho voluto fumare una sigaretta alla finestra; ma l’aria si era rinfrescata e ho sentito un po’ freddo. Ho chiuso i vetri e rientrando ho visto riflesso nello specchio un angolo della tavola con il fornello a spirito, accanto a dei pezzi di pane. Ho pensato che era sempre un’altra domenica passata, che adesso la mamma era seppellita, che avrei ripreso il lavoro; e tutto sommato non era cambiato nulla”. ( Albert Camus, Lo Straniero, 1942 ).
“Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so”. Così comincia Lo Straniero, con parole che trasmettono una sorta di stupidità che accompagnerà ogni pagina del libro. Questo il riassunto. Siamo nel 1936 ad Algeri, Meursault è un modesto impiegato francese. Riceve la notizia della morte di sua madre, ricoverata in un ospizio, e con indifferenza si reca a vegliare la salma. Al ritorno, dopo i funerali, incontra Marie , un’ex collega di lavoro, e senza vero desiderio inizia una “relazione” con lei ( “Mi ami?”, chiede Marie. “Che importa?” ). Fa anche amicizia per modo di dire con un suo vicino di casa, Raymond, un magnaccia dalla cui stanza una sera sentono le grida di una donna che l’uomo sta picchiando: è la ragazza araba di Raymond che grida, ma a Meursault non importa niente e con indifferenza testimonia a favore del vicino di casa, e la cosa viene messa a tacere (“ Sei veramente un amico”, gli dice Raymond) .
Una domenica si recano tutti al mare, alcuni amici arabi della donna picchiata li seguono e per vendicarsi aggrediscono Raymond, ferendolo. Questi ha una pistola, per evitare il peggio Mersault gliela sottrae, ma poi, alla vista del baluginare di un coltello, come spinto dal calore, dal sole abbagliante, spara. Arrestato e processato non tanto per il delitto ma per la sua indifferenza e insensibilità verso la madre, lamenta l’assurdità degli eventi e si prepara alla condanna a morte.
Niente. Il mondo di Meursault è fatto di sensazioni del presente, più che di sentimenti o di pensieri (j’avais une nature telle que mes besoins physiques dérangeaient souvent mes sentiments – avevo una tale natura che i miei bisogni fisici disturbavano spesso i miei sentimenti ). La frase più frequente nel romanzo è proprio questa: ça m’était égal – per me era lo stesso.
Superficialità anche dinanzi alla morte e “sfogo” finale contro il sacerdote venuto a raccogliere la sua confessione ( Era come se avessi atteso sempre quel minuto…e quell’alba in cui sarei stato giustiziato. Nulla, nulla aveva importanza e sapevo bene il perché. (…). Anche gli altri saranno condannati un giorno. Anche lui sarà condannato. Che importa se un uomo accusato di assassinio è condannato a morte per non aver pianto ai funerali di sua madre? ). Attento ai cambiamenti del clima, ma per niente presente a se stesso e agli altri, Meursault si preoccupa solo dei propri bisogni e lamenta un po’ di male al collo. Al collo ? Non a caso, alla fine del romanzo, per non essersi ribellato  agli assurdi "modi" con cui l’uomo struttura negativamente il proprio esistere e il proprio convivere, muore ghigliottinato.
L’attonito Meursault rappresenta ancora il soggetto di un’era di “piccoli omicidi” e d’indifferenza per la vita nostra e degli altri. Lo Straniero annuncia un mondo dove sono mescolate rivoluzioni fallite, una tecnologia impazzita, divinità morte e ideologie consunte”. Mentre la veglia della Ragione genera i mostri della perfezione tecnica e della gestione ottimale dei bisogni, il sonno delle emozioni, della compassione e del pensare, non cessa di generare sempre nuovi indifferenti, ciechi e sordi del sentire. Segnato dall’assurdità della vita e da una specie di superficialità congenita, Meursault è il nonno di quei killer tipo Erika, Omar , Amanda Knox, adolescenti che uccidono “un attimino”, senza essere neanche “esistenzialisti” o interrogarsi sul nichilismo. Niente riflessioni, pensieri, sentimenti, neanche disperazione, solo sorda indifferenza per la propria e l’altrui vita.E’ una verità ancora negativa", ebbe a scrivere Camus nella prefazione per un’edizione americana dello Straniero, "senza la quale però nessuna conquista di sé e del mondo sarà mai possibile".
 P.s. Lo Straniero è vecchio libro duro e triste, ancora necessario. Sembra una sconcertante ”tabula rasa” dei valori dell’occidente e delle virtù comuni. Appare alle soglie di quello che Umberto Galimberti, che ha consegnato alle stampe il suo recente libro (L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani), direbbe “ un’enorme trasformazione antropologica”. Nel tentativo di circoscriverne la minaccia ubiquitaria e diffusa,  il buon Umberto Galimberti la dice “ determinata dalla combinazione tra cinquant’anni di televisione, dieci di Internet e quella logica del mercato che governa il mondo occidentale”. Ci sono filosofi che si tranquillizzano ripetendo che la “colpa” della minaccia nichilista è della televisione, di internet e del mondo occidentale. Come dire: dacci oggi il nostro “occidente” quotidiano, sul quale autoinfliggerci salutifere bastonate… Suona come un diversivo ideologico e forse è un modo per darsi la zappa sui piedi e – fra tante stelline e arcobaleni – non voler vedere troppo da vicino quel nucleo di orrore originario che, simile a un assurdo magma distruttore (cannibalismo, sessualità selvaggia, assassinio), pulsa oscuramente al centro dell’umano in oriente e in occidente – producendo a ripetizione nuovi giardini d’infanzia popolati da sempre nuovi stranieri, vittime e carnefici.  
 
Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | 2 commenti

Il vento, adesso

LETTURE
IL VENTO, ADESSO
di Clarice Lispector
 
… Il vento, adesso, la lambiva duramente. Pallida e fragile, respirando leggera, lei lo sentiva, salato, allegro, che le correva sul corpo, dentro al corpo, e la rinvigoriva. Socchiuse gli occhi. Il mare brillava laggiù, fra le onde stagnanti, si distendeva profondo, spesso, sereno. Arrivava corposo e increspato, attorcendosi su se stesso. Poi, sulla sabbia silenziosa, si allungava… si allungava come un corpo vivo. Al di là di quelle piccole onde c’era il mare – il mare. Il mare – disse pian piano, la voce roca.
 
Scese giù dalle rocce, camminò serenamente sulla spiaggia solitaria fino a ricevere l’acqua sui piedi. Accoccolata, le gambe tremanti, bevve un po’ di mare. Se ne rimase così a riposare. Ogni tanto stringeva gli occhi, fissava la superficie del mare e vacillava, tanto era acuta la visione – solo quella lunga linea verde che univa i suoi occhi e l’acqua all’infinito. Il sole squarciò le nuvole e i piccoli bagliori che scintillavano sull’acqua erano fuocherelli che si accendevano e spegnevano. Il mare, al di là delle onde, stava a guardare da lontano, silenzioso, senza piangere, senza seni. Grande, grande. Grande, sorrise lei. E d’improvviso, così, inattesa, sentì dentro una cosa forte, una cosa divertente che la faceva un po’ tremare. Ma non era freddo, né era triste, era una cosa grande che veniva dal mare, che veniva dal gusto di sale in bocca, e da lei, da lei stessa. Non era tristezza, un’allegria quasi terribile…   
Ogni volta che si soffermava sul mare e sul riverbero tranquillo del mare, sentiva quella contrazione e poi quel rilassamento nel corpo, alla vita, in petto. Non sapeva neppure se ridere, perché non c’era niente di tanto divertente. Anzi, oh, anzi, là dietro c’era quello che era successo ieri. Si coprì il viso con le mani aspettando quasi con vergogna, sentì il calore del suo sorriso e del suo respiro che a poco a poco veniva assorbito. Ora l’acqua le scorreva sui piedi scalzi, gorgogliandole fra le dita, scivolando via chiara chiara come un animale trasparente. Trasparente e vivo… Aveva voglia di berlo, di morderlo pian piano. Lo prese con le mani a conca. Quel piccolo lago tranquillo scintillava serenamente sotto il sole, s’intiepidiva, scivolava, sfuggiva. La sabbia lo risucchiava in tutta fretta e se ne rimaneva lì come se non avesse mai conosciuto quell’acquolina. Lei ci si bagnò il viso, passò la lingua sul palmo della mano vuota e salata. Il sale e il sole erano piccole frecce brillanti che nascevano qua e là, pungendola, distendendole la pelle del viso bagnato. La sua felicità aumentò, le si raccolse in gola come una sacca d’aria. Ma adesso era un’allegria seria, senza voglia di ridere. Era un’allegria quasi da piangere, mio Dio. Pian piano era arrivato il pensiero. Senza paura, non grigio e piagnucoloso come era arrivato fino ad allora, ma nudo e taciturno sotto il sole come la sabbia bianca. Papà è morto. Papà è morto. Respirò lentamente. Papà è morto. Adesso sapeva davvero che suo padre era morto. Adesso, vicino al mare, dove il luccichio era una pioggia di pesci d’acqua. Il padre era morto come il mare era profondo! Capì all’improvviso. Il padre era morto come non si vede il fondo del mare, sentì.
 
Non era avvilita al punto di piangere. Capiva che il padre se n’era andato. Questo solo. E la sua tristezza era una stanchezza grande, pesante, senza rabbia. Ci camminò insieme sulla spiaggia immensa. Si guardava i piedi scuri e sottili come ramoscelli appaiati sul candore sereno dove affondavano e da dove si sollevavano ritmicamente, come in una respirazione. Camminò, camminò, e non c’era niente da fare: suo padre era morto.
 
Clarice Lispector, Perto do Coração Selvagem  [1944],
Vicino al cuore selvaggio, trad. it. Rita Desti ,
Milano, Adelphi, 2003 [1987], p. 38

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

All'ombra di Thomas Mann

LETTURE
ALL’OMBRA DI THOMAS MANN
 
(Lubecca, 6 giugno 1875 – Zurigo, 12 agosto 1955)
«Io amo la vita… e mai e poi mai potrò concepire che lo straordinario, il demoniaco vengano onorati come ideale. No, la “vita”, intesa quale eterno contrapposto allo spirito e all’arte, non si presenta a noi anomali come anomalia, come una visione di sanguinosa grandezza o di bellezza selvaggia, no, il regno delle nostre aspirazioni è proprio la normalità, la decenza, l’amabilità, insomma la vita nella sua banalità seducente. [… ] ».
«Mio padre, sapete, era un temperamento nordico; riflessivo, scrupoloso, puritanescamente diritto e incline alla malinconia; mia madre, invece, l’indefinito sangue esotico, bella, sensuale, spontanea, a un tempo indolente e appassionata, spensieratamente impulsiva. Senza alcun dubbio era questa una mescolanza che racchiudeva in sé straordinarie possibilità e straordinari pericoli. Ed ecco che cosa ne risultò: un borghese sviatosi nell’arte, un bohemien pieno di nostalgie per la buona educazione, un artista con rimorsi di coscienza. Perché appunto la mia coscienza borghese è quella che in tutto ciò che è arte, genio ed eccezione mi fa scorgere alcunché di profondamente ambiguo, profondamente dubbio, profondamente sospetto, è essa che mi riempie di quell’amorosa debolezza per il semplice, per il candido, per il piacevolmente normale, insomma per l’antigenialità e la costumatezza». ( Thomas Mann, Tonio Kröger).
Tentati di sciogliersi dall’abbraccio convenzionale delle virtù comuni e di andare sui limiti della follia della normalità, gli anomali del Novecento sono stati, nella maggior parte dei casi, estremisti in arte e moderati nella vita, oscillando come Thomas Mann tra forma e vita, tra rivolta e obbedienza.
Se certi "classici del moderno" ( come Proust o Joyce, Kafka o Svevo, e una certa misura Thomas Mann ) si contraddicono, è perché sono vivi e sembrano far parte direttamente del destino dei loro lettori.  
Colonna sonora su YouTube
Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

Capelloni e ninfette, un tentativo di amore

LIBRI
CAPELLONI & NINFETTE, UN TENTATIVO DI AMORE
IN TENDA E SACCHI A PELO
.
 
Le voci istruttive esiliate… L’ingenuità fisica amaramente sedata. Adagio. Ah! L’egoismo infinito dell’adolescenza, l’ottimismo studioso: com’era pieno di fiori il mondo, quell’estate!
(RIMBAUD, da Opere, a cura di Ivos Margoni,
Milano, Feltrinelli, 1964)
.
 Capelloni-e-Ninfette-di-gianni-de-martino 2
“Aria di ’68” nelle pagine di una rivista. Pubblicata a Milano tra il 1966 e il 1967, la rivista “Mondo Beat”, tra i primi esempi di stampa autogestita nel nostro Paese, rivive nelle pagine del libro Capelloni & Ninfette a cura di Gianni De Martino, prefazione di Matteo Guarnaccia, introduzione di Marco Grispigni, Milano, Costa & Nolan, coll. Riscontri, 2008.
(In copertina: Roma 1966, capelloni e soldati sulle scale di Trinità dei Monti, da una foto di Vittorio Pescatori)
Il beat è una breve meteora che appare anche nelle strade milanesi verso la metà degli anni Sessanta per scomparire, poi, sommerso dall’ondata del Sessantotto; in questo piccolo universo si svolge la vicenda del gruppo che darà vita alla rivista “Mondo Beat” e all’esperimento milanese del campeggio di via Ripamonti: “New Barbonia”, come la definì il “Corriere della Sera”. Il libro vuole essere un contributo allo studio della storia dei giovani in Italia, offrendo una possibile fonte di difficile reperibilità. In questo senso vanno visti anche gli altri strumenti presenti (cronologia, bibliografia, le testimonianze dei protagonosti di allora, le numerose foto). Il volume offre uno spunto per una riflessione che, muovendo da un osservatorio particolare ed eccentrico, quello di una subcultura giovanile, tenti di leggere le dinamiche sociali e culturali prodotte come reazione all’emergenza di un “desiderio dissidente” e ai comportamenti “devianti” dei beat.
Colonna sonora su YouTube

> The Rokes “E’ la pioggia che va” 1966

> Patty Pravo “Ragazzo Triste” 1966

> Luigi Tenco “Ciao amore ciao” 1967 (RAI)

> I Ribelli “Pugni Chiusi /La follia” 1967

AREA “Arbeit Macht Frei” 1975

> Area (Demetrio Stratos) “Gioia e Rivoluzione” 1975

Il libro
Capelloni & Ninfette.”Mondo Beat” 1966-1967. Storia, immagini, documenti, a cura di Gianni De Martino, prefazione di Matteo Guarnaccia, introduzione di Marco Grispigni, Milano, Costa & Nolan, coll. Riscontri, 2008.
.
Link
> recensione del libro su Cosmotaxi
 
 
Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | 2 commenti

La grande mescolanza

CUT- UP
LA GRANDE MESCOLANZA
  « Siamo un GRANDE partito aperto e plurale, di protesta e di proposta  – ha sostenuto il leader Pd Veltroni – dobbiamo quindi imparare a considerare una ricchezza l’inevitabile articolazione interna, farne una risorsa per il partito, sul piano delle idee, delle proposte, delle risorse umane » .
« Perché ciò accada  è importante promuovere la MESCOLANZA tra le culture, le ispirazioni, le provenienze: dai fratelli Rosselli alla Coca Cola, passando per l’Africa mon amour, Clinton & Obama, Ombre rosse  e un po’ di riformismi europei… E’ importante che le aggregazioni culturali & politiche non riproducano i confini delle vecchie appartenenze di partito o peggio ancora delle vecchie correnti & spartizioni dei vecchi partiti, ma si ritrovino sulla base di nuove sensibilità anche arcobaleno e variegati orientamenti politici e programmatici che tutti insieme attraversino i vecchi confini in allegria » .
Ci vorrà del tempo – ha concluso abbandonando il telaio e indicando la nuova frontiera di un autunno a un tempo caldo & buonista – ma ogni giorno che passa fa sì che venga maturando una IDENTITA’ UNITARIA sulla base rinnovata di un vecchio antiberlusconismo tossico,  però soft  e senza  farsi prendere dalla “sindrome della spallata”, che culminerà con una GRANDE manifestazione antigovernativa di protesta & di proposta, con nuovi  girotondi. E comunque questo è il mio sforzo: edificare nella grande mescolanza il partito del nuovo millennio per un meraviglioso viaggio collettivo. » ( Per copia conforme – P.c.c. ).
Colonna sonora
Mi fido di te. La lagna di Jovanotti
 

 
P.s.
 TIRO AL PICCIONE
 
 Parisi e la crisi del Pd: «Bisogna cambiare leader»
Arturo Parisi al Corriere : «Veltroni sembra Totò quando lo schiaffeggiano: pensa che le sberle degli elettori siano per Prodi. »
 
 Immagine
yes, I can.  Ualter Volproni visto da SenzaQualità
Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | 1 commento

Poesia e spiritualità

 
POESIA E SPIRITUALITA’
 
 
.
“Dopo anni di pensiero così detto debole, di nichilismo, di sperimentalismo sterile e vuoto di significati, e di idelogie materialistiche, vogliamo riaffermare la necessità per la Poesia – ma non solo per la poesia – di un pensiero forte e riallacciarci a un’antica tradizione sapienziale che percorre, nel nostro Occidente quanto in Oriente, tutto il cammino dell’umanità, giungendo, per varie strade e in vari modi a esperienze e conclusioni sostanzialmente equivalenti, e cercare se sia possibile declinarla in un linguaggio nuovo, che esprima le ansie e le speranze del nostro tempo.”
 
E’ con queste parole che Donatella Bisutti, autrice fra l’altro del saggio La Poesia salva la vita, presenta il primo numero del semestrale di ricerca transdisciplinare “Poesia e spiritualità”, edito ad Ancona dalla casa editrice Cattedrale.
 
La rivista, nel cui comitato di  direzione figurano Francesco Benozzo, l’amica Luisella Carretta, Marco Guzzi, Paolo Lagazzi, Giuseppe Limone, Maurizio Marota, Giancarlo Pontiggia, Giovanni Zamponi,  è animata da un folto gruppo di altri poeti, filosofi, psicoanalisti come Cesare Viviani, antropologi, artisti, esponenti di diverse esperienze religiose o di quella spiritualità laica o addirittura “atea”, secondo la definizione del filosofo francese André Compte-Sponville ( secondo il quale la spiritualità , in quanto “rapporto finito con l’infinito o l’immensità”, non appartiene solo ai credenti: “anche quelli che non hanno la fede possono conoscerne la dimensione e assaporarne il sentimento”).
C’è lo spirito del “Grand Jeu” ( 1928-1932) e di alcune altre riviste storiche del Novecento, quale “Hermés” fondata da Henri Michaux ( 1899 – 1984), dell’esperienza dell’oltrepassamento dei limiti e della volontà deliberata di cambiare il piano e l’asse delle percezioni, delle emozioni e delle cognizioni ordinarie.
Insomma, una rivista che nell’epoca dell’organizzazione tecnologica iperindustriale , tramite immagini e suoni, della cecità e della sordità collettive, “esprima le ansie e le speranze del nostro tempo" ? 
Siamo come al centro di un “grido” che sembra affacciarsi, ancora una volta, sulla catastrofe del tempo: un tempo che si dice “post-umano” e post-tutto in cui non c’è più tempo di “giocare con le parole”, dicendo che gli antichi raggi mistici non sono “altro che modeste anticipazioni dei raggi tecnologici” e che il Fuoco della parola “non è niente altro che linguaggio”, con il rischio di morire di freddo.
Link
 
in La poesia e lo spirito
Formato file: PDF/Adobe Acrobat
intervista a André Comte-Sponville a cura di Paola Spranghetti
in “Avvenire” del 22 gennaio 2008

Leggi anche :

Recensione di Luigi Preziosi

Formato file: PDF/Adobe Acrobat

di Antonio Spadaro. (relazione al Convegno “La poesia. Vivere nella possibilità”, Reggio Calabria, 3 aprile 2008).
Immagine
Giotto, Pentecoste, cappella degli Scrovegni, Padova
Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

Libri / Saggio sulla transe

LIBRI
DALLO SCIAMANO AL RAVER

di Armando Adolgiso
 
Il filosofo e sociologo Georges Lapassade è, con René Lourau, il fondatore dell’“analisi istituzionale”; nella sua lunga carriera, – è nato nel 1924, insegna all’Université Paris VIII, Saint Denis – si è occupato delle culture nordafricane e afroamericane, con particolare interesse per i temi della ‘transe’.
E’ fra quegli studiosi che non s’è limitato allo studio librario, ma durante lunghi viaggi ha fatto esperienze dirette con droghe, riti, incontri.
A lungo ha frequentato il Living Theatre, in Brasile avvenne una rottura fra il gruppo americano e lui, la pace avverrà anni più tardi.
Ha scritto testi teorici di psico ed etno-sociologia, riflettendo sulle modalità dell’inchiesta sul campo; ha indagato fenomeni di comunicazione e aggregazione, come l’hip hop, il rap, le technotranse.
Ora le Edizioni Urra-Apogeo ripubblicano un suo fondamentale testo che vide la luce presso Feltrinelli nel 1980: Dallo sciamano al raver
Traduzione e cura del testo – prefazione di
Gilberto Camilla – sono di Gianni De Martino che di Lapassade è fra i maggiori studiosi italiani; agisce in Rete un sito web dove ne troverete la biobibliografia.
Tempo fa mi occupai di un suo singolare libro
Odori, ed ora segnalo la prossima uscita di “Capelloni & Ninfette” (Costa & Nolan), mentre è nelle librerie in Francia la traduzione, a cura di Christian Pirlet presso le edizioni Biliki, di Hotel Oasis che fu pubblicato nel 1988 da Mondadori con una prefazione d’Alberto Moravia.
A Gianni De Martino ho chiesto: quali sono le caratteristiche principali del procedere di Lapassade?

L’implicazione personale nei gruppi, le organizzazioni e le istituzioni, che egli “misura” come l’agrimensore di cui parla Kafka nel ‘Castello’, per farne emergere la verità e i segreti (in genere legati, freudianamente, ai soldi e al sesso). E l’idea che l’educazione si radichi nel corpo, nella sensibilità, nell’immaginario, oltre che nell’intelletto, per affrontare la comprensione scientifica di una complessità in movimento.
E’ un procedere che si richiama all’analisi istituzionale (il movimento della psicosociologia francese nato all’Università di Parigi-Vincennes), allo studio degli etnometodi di
Harold Garfinkel
e alla lotta politica per  una burocrazia aperta e un reale più largo.Questo procedere ha origine nel suo primo libro L’Entrée dans la vie, saggio sull’incompiutezza dell’uomo apparso nel 1963, tradotto in Italia nel 1971 da Sergio de La Pierre per Guaraldi con il titolo Il mito dell’adulto. In questo senso va compreso l’interesse di Lapassade per fenomeni di passaggio e apparentemente marginali come la transe, la “dissociazione adolescente”, la cosiddetta devianza e le sottoculture giovanili

C’è in Lapassade l’ipotizzare, nell’area della transe, una continuità tra le esperienze psichedeliche d’anni fa e il rave dei nostri giorni.
Non tutti gli antropologi e sociologi sono d’accordo e anche Camilla nell’introduzione manifesta qualche perplessità.
Tu come la pensi? E, se differenze ci sono fra i due momenti storici, in che cosa le ravvisi?

La transe – ovvero questa disponibilità alla dissociazione radicata in un corpo più arcaico, prima dell’individualità già costituita, legata alla neotenia della specie umana e in connessione estatica con il mondo, ‘in statu nascendi’ – è un’entità assai difficile da circoscrivere, così come i problemi posti dalla possibilità di accedere a stati modificati di coscienza (Altered States of Consciousness), altri dalla percezione ordinaria e talvolta apportatori di una visione più lucida e più diabolica, come testimonia, per esempio, l’esperienza poetica, o quell’uso accresciuto del corpo che sembrava costituire l’obiettivo degli hippies e di quei “gruppi di transe” derivati dal cosiddetto “movimento del potenziale umano”, californiano, e in particolare dall’analisi bioenergetica.
Le esperienze psichedeliche erano legate a sostanze enteogeniche come l’hashish, il peyote e l’Lsd, nel tentativo di agire chimicamente su “punti di incrinatura”, che potevano essere di esplorazione o anche molto distruttivi, e aprire “le porte della percezione” a fini conoscitivi o spirituali
.

E Il fenomeno dei rave?
Questo investe la generazione techno che sembra invece “proiettata”, come osserva Camilla, “verso una edonistica ricerca di ‘inconsapevolezza’: non a caso la sua sostanza-bandiera è l’Ecstasy, una droga che, almeno nel contesto in cui viene utilizzata, è tutto meno che un contributo ad una nuova e più profonda consapevolezza”.
Una cosa è “accendersi” o essere “high mind”, “I got hig”, “volare alto” come tra illuminazione e abbaglio si diceva nel gergo hippie, altra cosa è “sballare” o “calarsi”.
A parte le differenze fra i due momenti storici, rivelate anche dal linguaggio delle diverse esperienze, in entrambi i casi si tratta di un uso radicale ed eccessivo del corpo, dagli esiti incerti e certamente – in mancanza di una cultura del buon uso della transe e di rituali di avvicinamento in ambiti appropriati e circoscritti – pericoloso dal punto di vista dell’affermazione di un io personale, ben individualizzato.
Ma, d’altra parte, la “maturità”, l’essere adulti, non è forse, come sostiene Lapassade, un apprendimento, una maschera , una menzogna apollinea necessaria per dare una parvenza di stabilità e di ordine al caos del mondo ?  
Il difficile viene dopo, quando ci si toglie la maschera
.
 
Per una scheda sul libro di Lapassade: QUI.
Georges Lapassade
Dallo sciamano al raver
Traduzione e cura di Gianni de Martino
Prefazione di Gilberto Camilla
Pagine 300, Euro 15:00
Edizioni Urra – Apogeo
Su: : www.nybramedia.it Sez. Cosmotaxi ( con qualche variante)
Pubblicato in Varie | Contrassegnato | 1 commento

La tentazione di sant'Antonio

SURREALISMO RAZIOCINANTE
LA TENTAZIONE DI SANT’ANTONIO
 
.
Queste  bestie con lunghissime zampe di ragno, la posizione di un sant’Antonio magro e allupato, in bilico nel respingere brandendo il segno della croce l’incombenza  di dolci sogni e chimere mostruose… forse l’attrazione torbida della dissipazione …
 
" Dissolution ! Dissolution à toute vitesse ! Voilà où j’en suis dans cette transe d’où je ne sors pas, exultation par désorganisation générale. La tentation de saint Antoine, je le sais maintenant, c’est la tentation de la dissolution de la volonté et du maintien.” ( Henri Michaux, in L’Infini Turbulent, poésie , Gallimard, p.100). – “ Dissoluzione! Dissoluzione a tutta velocità. Ecco dove mi trovo in questa transe da cui non esco più, esultanza per disorganizzazione generalizzata. La tentazione di sant’Antonio, adesso lo so, è la tentazione della dissoluzione della volontà e del contegno.” 
 
D’altra parte è anche vero che in questo cinema che si sta facendo c’è qualcosa di integro in sant’Antonio, o perlomeno così pare. Nel suo caso, l’integrità potrebbe essere rappresentata dal segno della croce, simbolo di grazia e anche di totalità legata all’orientamento nello spazio. Anche san Francesco d’Assisi, celebre per la sua affettuosa connessione con tutte le creature, come si racconta nella leggenda del “Lupo di Gubbio”, fece il segno di croce davanti al terribile Lupo e lo rese calmo, ottenendo la Pace.
 
Con le parole, ancora una volta di Henri Michaux – autore, fra l’altro, di “prove” ed “esorcismi”, che diceva di scrivere “per percorrersi” e creare “qualche corto circuito” : “Tu peux être tranquille. Il reste du limpide en toi. En une seule vie tu n’as pas pu tout souiller.” Come dire: “ Puoi tranquillizzarti. Resta del limpido in te. In una sola vita non hai potuto sporcare tutto.”
 
Occorre essere intrepidi davanti all’attrazione torbida dell’insufficienza e di quello che potremmo chiamare “fantasmi” ( in gergo psicoanalitico i demoni vengono chiamati fantasmi, per tranqullità). Del resto, come forse sapranno tutti gli scouts , proprio la leggenda del “Lupo di Gubbio” pare abbia dato il nome ai famosi e intrepidi Lupetti. E se vi sembra una follia, ne ho un’altra, sempre di Michaux ( “non si è mai soli nella propria pelle”), ecco: “chi nasconde il proprio folle muore senza voce. ”
 
Scrivere, allora, ma respingendo l’attrazione torbida dell’insufficienza e di altre seducenti catastrofi:  scrivere contro la propria dissipazione ( dissipazione, che terribile espressione ! ).
 
Immagine:
Salvador Dali, "La Tentazione di Sant ‘Antonio" (1946)
 
Link:
Henri Michaux (1899-1984)
( Henri Michaux was born in Namur as the son of a catholic lawyer. He was educated at Putte-Grasheide and at a Jesuit school in Brussels.)
.

P.s. Quale devoto osservatore delle coincidenze, noto che scrivo di un autore Belga, Michaux appunto, mentre sto per  partire per il Belgio,  dove a Bruxelles  si svolge il Salone del libro indipendente Joli Mai 2008  dal Sabato 31 Maggio 2008 alla Domenica 1 Giugno 2008.
Samedi 31 Mai h15:00 – Halles Schaerbeek di  Bruxelles –  Biliki Mezzanine
 Présentation du livre  Hôtel Oasis  en présence de l’auteur (qui viendra spécialement de Milan) et du traducteur Christian Pirlet.
 
 
 

 
Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

La musica e l'ineffabile

 CONFINI
 
LA MUSICA E L’INEFFABILE
 
 
 
"In Debussy la musica sorge dal silenzio, come a volerlo provvisoriamente interrompere o sospendere. L’Isola gioiosa, in quanto isola sonora su un mare di silenzio, isola di canti e risa e cimbali risonanti, non poteva essere che una chimera debussyana perché per Debussy appunto il giubilo costituisce un innesto in pieno non-essere, una parentesi del nulla."
 
 Vladimir Jankélévitch, La Musique et l’Ineffable ; ed. it. La musica e l’ineffabile a cura di E. Lisciani-Petrini, Bompiani, Milano 1998, p. 113 .
 
Claude Debussy, L’isola gioiosa
 
Claude Debussy, La Mer ( Dialogue du vent et de la mer – Abbado )
 
Immagine:
Hokusai, Katsushika. The Great Wave Off Kanagawa.
Hakone Museum, Japan.
 
 
Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

Pensare la morte ?

PENSARE LA MORTE ?
Nell’atto creativo, mentre dipinge, il pittore porge orecchio al suono del violino della morte. Arnold Böcklin (1827 – 1901): Selbstporträt mit fiedelndem Tod, 1872 – Nationalgalerie Berlin
Zio William Burroughs diceva che uno scrittore si distingue dagli altri in quanto non ha paura della parola “morte”. La morte tuttavia è difficile da pensare con la scrittura, se non impossibile, perché introduce nel vivente un’alterità irriducibile.
Non è il bianco di questa tela o lenzuolo troppo bianco. E neanche il suono di una campana o il latrato di un cane dopo che campane e cani sono scomparsi… 
Non io. E’ la città che scompare. Io resto nelle parole e la follia delle parole che dicono: Et expecto resurrectionem mortuorum, et vitam venturi seculi.
…un “non so che”, una “cosa mentale” e un limite
intollerabile barriera dell’Ubermascher…
… al limite… dove non c’è dove e la voce cade… il “quasi nulla” della grazia – margine.
Nel punto esatto della fenditura di un soggetto che magari si chiede se ci sarà ancora un Tu alla fine…
Scrivendo non si sa. Si va. E per approssimare la morte un po’ più da vicino, è necessario fare tabula rasa di tutto quello che ci si immagina della morte e di tutto quello che si crede di saperne.
La prossimità della morte ci viene allora data, in maniera indiretta, dalla musica.
Capita quando la morte sembra passare per il linguaggio come un’eco…eco del punto, intenso e feroce, in cui la vita va al di là… la traccia – dopo il lampo – di un suono che scompare: un’intensità muta della quale chi scrive, o ascolta, non è il creatore o l’autore.
Grazie a >
Author: Alain Henri Gangneux Bourgoin
 
e a >
Author: Giusy Figliolini
 
 
Musica consigliata
Gregorian Chant , et lux in tenebris…
( Se non per gli occhi o per il naso, chissà che non ci si possa fare sapienti per le orecchie…) 🙂 
.
e    Claude Debussy, Rêverie
 "la musica inizia là dove la parola è incapace di esprimere, la musica è destinata all’inesprimibile; vorrei che uscisse dall’ombra e che, in certi momenti, vi rientrasse, che fosse sempre discreta". Claude Debussy, in: E. Lockspeiser, Debussy His life and mind ; ed.it. Debussy La vita e l’opera, trad. di Domenico de’ Paoli, Rusconi, Milano 1983 .
"La musica testimonia il fatto che l’essenziale in tutte le cose è un NON SO CHE d’inafferrabile e d’ineffabile; essa rafforza in noi la convinzione che, ecco, la cosa più importante del mondo è proprio quella che non si può dire", V. Jankélévitch e Berlowitz, Quelque part dans l’inachevé, Gallimard, Paris 1978. p. 247 .
.
P.s.  Vladimir Jankélévitch ( in Pensare la morte?, Raffaello Cortina, Milano, 1995), scrive che "per il medico, la morte diventa molto rapidamente qualcosa di banale. Un morto è presto sostituito: la vita man mano richiude i vuoti. Tutti sono sostituibili: qualcuno scompare, un altro occupa il suo posto". Aggiungerei che anche la scrittura fa come fa la morte: riempie i buchi, richiude i vuoti.
 
Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento