Libri / Hotel Oasis

LIBRI
HOTEL OASIS
Chez les éditions Biliki vient de sortir la traduction française de "Hôtel Oasis"
Ecrit par Gianni De Martino – Traduit de l’italien par Christian Pirlet
Roman précédé de Écrire l’amour d’homme à homme d’Alberto Moravia.
 
Publié en 1988 en Italie, Hôtel Oasis raconte ce qu’au cinéma, on appellerait un flash back, autrement dit un souvenir. Le souvenir d’un lieu, Kebira, et d’un garçon, Aliwa. Et il raconte aussi «la tentative d’enracinement dans une société différente à travers l’étude du langage érotique et du comportement sexuel de la civilisation arabo-musulmane».
 
Traduction de l’italien : Christian Pirlet
Editions Biliki
CM International asbl
44 Rue des Palais, bt 70
1030 Bruxelles
www.biliki.com
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È imbarazzante, per me  – dopo tanti anni – reimmergersi nell’universo testuale del vecchio Hotel Oasis…
 
Non so perchè oggi abbiano voluto tradurlo in francese. Forse perché – come aveva già notato a suo tempo la buonanima di Pier Vittorio Tondelli, che nel 1988 lo scelse per la sua collana mondadoriana "Mouse to mouse"  – oltre al punto di vista etnologico e alla "continua volontà di mettersi in discussione", c’era "un’impalcatura ideologica e teorica talmente precisa che si riferiva ai francesi, a Foucault o a Genet e a Duvert, rappresentanti di una certa cultura europea che andava in Nordafrica…"
In ogni caso, non è facile – a sessant’anni suonati, quando invece di giocare con la lingua, combattere con le parole, e lasciare macchie in giro, dovrei allenarmi a scomparire – rifare il viaggio attraverso la gioventù, muoversi fra i dolori e le gioie di quegli anni…
 Il marchio della collana disegnato da Luis Frangella
La ricerca di una fraternità perduta e l’atmosfera cosmopolita, desiderante e gioiosa di quel breve decennio fiorito  tra il 1966 e il 1977, è molto ben rappresentata, mi pare, oltre che dagli hippies e dagli amici del Living Theatre – conosciuti a Essaouira nel 1975, prima che il gruppo si dividesse – dall’arte di Béjart e la sua vastissima produzione in cui spiccano l’erotismo cosmogonico ed estremo del Sacre du Printemps e del Bolero, tappe fondamentali di uno dei coreografi più popolari del Novecento *.
Ecco – dico a me stesso – intere giovani vite di energia fluire in pochi istanti – un attimo prima dell’avvento degli stupidi anni Ottanta e dell’Aids, che avvelenava i  piaceri dell’amore e si portava via, uno a uno, amici, compagni e conoscenti… Se riguardo l’agenda di quegli anni la trovo piena di croci, ho un taccuino che somiglia a un cimitero. E però anche non pochi bei ricordi. Era quando eravamo tutti belli come Jorge Donn, fieri e dritti come lance. E, pieni di fiducia, di entusiasmo, pensavamo – tra molta arroganza e sacchi a pelo – di essere la prima generazione civilizzata del pianeta; e che le utopie si realizzassero, prendendo per  realtà le scintille dei nostri desideri e credendo di poter superare per magia i limiti delle regole, le barriere delle razze, delle classi, dei linguaggi, insomma i muri della follia della normalità e le fortezze di Babele **
 
*  " Béjart ha celebrato, attraverso la danza, lo sconfinamento della percezione mediale e la liberazione da stili di vita omologanti imposti dalle maggioranze costituite. È stato il perseguimento di un sovraccarico percettivo, esperibile attraverso un modo di vivere più intenso, ma sussunto nella concretezza del corpo, ad animare la ribellione giovanile degli anni Sessanta e Settanta, promossa da una generazione nata immersa nella cultura televisiva, la cui coscienza sociale era in parte una coscienza mediata ( Cfr. Joshua Meyrowitz, No Sense of Place. The Impact of Electronic Media Behavior, 1985,   trad. it. di Nadia Gabi,  Oltre il senso del luogo, Baskerville, Bologna, 1995, p. 217). 

 
**  "La beat generation, attraversata da rimbalzi  tattili, sensibilizzata da carezze elettroniche, scossa da ‘fremiti fermi’” ( Cfr. Gabriele Frasca, La scimmia di Dio, Costa & Nolan, Genova,  p. 161 ). "Reinterpretando in chiave pacifista Roméo et Juliette, del 1966, o offrendo una versione ispirata all’ideologia guevarista dell’ Oiseau de feu, del 1970, i protagonisti béjartiani, rapiti dalle emozioni, in un gioco di tensioni e sospensioni, costituivano i doppi danzanti dei rivoluzionari sessantottini e riflettevano il desiderio di libertà di corpi che, ricondotti al centro della propria esperienza, non tolleravano più gli irrigidimenti provocati dalle consuetudini convenzionali. I ballerini si allontanavano dall’apollinea classicità per spingersi sul terreno dell’estasi dionisiaca, mentre abbandonavano gli spazi teatrali e trovavano collocazione nelle piazze, nei tendoni da circo, negli stadi, riconoscendo il territorio su cui esercitare la propria fascinazione e trasformando fenomeni artistici aristocratici in coinvolgenti spettacoli di massa ( Da: Maurice Béjart: pensiero e carne nell‘arte di Linda De Feo > http://quadernisf.altervista.org/numero12/02bussole/q12_linda_bejart_01.htm ).
 
 
 
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QUARANT’ANNI DOPO ( occorre molto tempo per diventare giovani…). Da destra: Matteo Guarnaccia, Italo Bertolasi, il prof Claudio Visentin, Gianni De Martino, Oliviero Toscani ( e alla fine, tutti lasciamo una macchia…)
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                                                                              On the Road again…
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Quando eravamo capelloni. Nuovo libro in preparazione
In copertina: “ Sulle scale di Trinità dei Monti, Roma 1966” ( foto di Vittorio Pescatori)
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Chiacchiere, distintivi e mutande arcobaleno

CHIACCHIERE, DISTINTIVO E MUTANDE  ARCOBALENO
di Valter Binaghi
 
  Non ho votato, per la prima volta in trent’anni, e dunque proprio non spetterebbe a me commentare il risultato elettorale, e infatti mi ero ripromesso di non farlo, ma una cosa la dico. Ho fatto un giro sui blog che dettano la linea in rete (non li nomino, tanto ci scrive più o meno la stessa gente) ed è tutto un piagnisteo per il mancato ingresso della Sinistra Arcobaleno in Parlamento.
I toni sono quelli della cattività babilonese: alti lai, accuse al popolo bue, e ridicoli richiami all’antifascismo militante. Per la debauche di una sinistra che si è ridotta a chiacchiere e distintivo di una manciata di scribi (per lo più ultrapotenti nell’editoria e in rete, ma che si piangono emarginati), animatori di grandi battaglie civili come i matrimoni omosessuali, l’altolà agli inceneritori e alle grandi opere, canna libera in libero Stato, l’ateismo come unica professione di fede intellettualmente corretta, giustamente snobbati dal popolino che invece vuole valori praticabili, lavoro e sicurezza.
A nessuno viene in mente che quando una forza politica si è ridotta al lumicino è perchè ha perso i contatti con il sentire comune e non rappresenta più nessuno. Con quel misto di superbia intellettuale e di stolida servitù all’ideologia, preferiscono denigrare il popolo votante, reo di avergli voltato le spalle.
Bene, non sarò certo io a rallegrarmi di altri cinque anni di governo Berlusconi (un gaglioffo), la cui unica opposizione credibile è rappresentata dai furbetti del quartierino, ma almeno la disfatta delle mutande arcobaleno è da celebrare. Con tutto che là dentro ho molti amici (ex, probabilmente, dopo questo sfogo), ai quali dico da tempo: cari miei, quando i tempi si fanno oscuri, la gente semplice che ha figli da crescere non capisce più il nichilismo gaio della rivoluzione permanente. Urge convertirsi al dato di realtà, imparare a parlare a lavoratori e famiglie, o tornare a giocare con le figurine dei surrealisti e lasciar fare agli adulti.
 
Glossa ( di G.d.M.) . “ Urge convertirsi al dato di realtà, imparare a parlare a lavoratori e famiglie, o tornare a giocare con le figurine dei surrealisti e lasciar fare agli adulti.”
Infatti, come scrive egregiamente Giampaolo Rossi : “ Utopia ci distanzia dall’altro, ci infila dentro un simbolico non appartenere a questo mondo. Irrealtà allo stato puro, Utopia libera l’irrazionalità e nega la politica, la proietta fuori dalla storia, fuori dai confini della consuetudine, delle istituzioni. (…). Quando la dimensione letteraria si fa evocazione politica naufraga inevitabilmente, perché il "luogo che non c’è" può essere abitato solo "dall’uomo che non c’è". Utopia diventa quindi un progetto drammaticamente anti-umano. Non a caso il ‘900 è stato il tempo delle utopie realizzate nelle ideologie che hanno reso macabra la storia dell’Occidente. Chi oggi fa lezioni di politica, spiegando la necessità del dialogo e del recupero di una dimensione razionale non dovrebbe richiamarsi a Utopia.” ( via Martin Venator ,  su > http://blogdellanarca.blogspot.com/2008/02/debellare-utopia-dalla-nuova-politica.html )
 
UN LIBRO DA LEGGERE. Dopo il precedente I tre giorni all´inferno di Enrico Bonetti cronista padano (Sironi, 2006), esce in questi giorni in libreria Devoti a Babele, il nuovo romanzo di Valter Binaghi. Definito da Giampaolo Serino “ un crudele e spietato ritratto di una generazione” (La Repubblica Milano, 6 aprile 2008 ), è pubblicato da Perdisa editore ed è lo scritto più testimoniale che  allegorico di uno dei pochi narratori veri. Da non perdere.
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Intervista con Vladimir Bukovskij

INTERVISTA CON VLADIMIR BUKOVSKIJ
 
LA MENTALITA’ COMUNISTA
 
"i responsabili degli orrori di Auschwitz e Kolyma non erano marziani, e molti di loro erano convinti di agire per il bene dell’intero genere umano"
 
Articolo di Gianni De Martino apparso con il titolo "L’inferno del gulag non si dimentica" nel “Quotidiano di Lecce”, 18 giugno 1994.
 
 Milano. E’ cominciato sabato il viaggio in Italia dello scrittore e politologo russo Vladimir Bukovskij, il mitico dissidente "scambiato" nel 1977 con il comunista Luis Corvalan da Breznev, autore con Semen Gluzman della celebre Guida psichiatrica per dissidenti ( uscita da noi nel 1979, per l’Erba Voglio di Elvio Fachinelli) e di Il vento va, poi ritorna ( Feltrinelli, 1978), libri emblematici della dissidenza russa al regime comunista negli anni Settanta e dello smisurato arbitrio dei lager sovietici.
 
Arrestato nel 1963 e detenuto per circa un anno in una psikhushka ( l’ospedale psichiatrico istituito dal governo per i dissidenti) per aver organizzato incontri di poesia nel centro di Mosca presso il monumento a Vladimir Majakovskij, nel gennaio 1967 fu di nuovo arrestato per aver organizzato dimostrazioni in difesa di Aleksandr Ginzburg, Jurij Galanskov ed altri dissidenti.
                                    
Dopo il quarto arresto  nella primavera del ’71,  sommariamente processato, fu condannato a sette anni di prigione e di lavori forzati, con l’accusa di aver pubblicato all’estero un libro che dava notizie sui dissidenti intitolato Una nuova malattia mentale in Urss: l’opposizione. Per la prima volta nella storia dell’Urss si formava un movimento di dissenso unificato, capace di far giungere la propria voce in Occidente. Nella circostanza del processo, insorgendo contro l’opprimente piattezza delle "verità" ufficiali, Bukovskij disse ai suoi giudici:" La nostra società è malata di paura, sopravvivenza dell’era staliniana. Ma il processo di guarigione spirituale è già cominciato e non può essere interrotto."
 
Espulso dall’Unione Sovietica come "pazzo criminale e agente della sovversione", nel 1991 fece il suo primo viaggio in Russia su invito ufficiale di Boris Eltsin. Attualmente vive in Inghilterra, da dove – ancora sardonico e irriducibilmente contro – dice di osservare con "ironia intollerabile" l’Europa fra America e Russia. Lo incontriamo a Milano per l’uscita del recente libro Il convoglio d’oro ( edito da Spirali/Vel), un romanzo ironico sulla Russia di oggi, scritto a dieci mani, con altri quattro intellettuali russi: Igor Gerascenko, Michael Ledin, Irina Ratusinskaja e Viktor Suvorov.
 
– Professor Bukovskij, in questi giorni c’è un altro convoglio d’oro: i due vagoni speciali su cui viaggia, lungo il percorso della Transiberiana, Aleksandr Solgenitsin. Il suo ritorno sulle rive della Moscova è stato paragonato da qualcuno al primo atto dell’ "Ispettore" o "Revisore" di Gogol. Perché tanto nervosismo all’apparire di quell’uomo dalla barba al vento? Chi ha paura di Aleksandr Isaevic ?
 
 " I truffatori, tutte le autorità, cioè tutti coloro che hanno rapinato la liberazione e si sono proclamati democratici dicendo di non avere niente a che fare con il passato, di essere puliti. I comunisti travestiti da democratici hanno la coscienza sporca e i gruppi di potere della Russia di oggi non sopportano gente pulita, preferiscono i Zhirinovski e i Rutskoi, che sono stati allevati dal vecchio sistema."
 
– E di Bukovskij, chi ha paura ?
 
 " Solo adesso Solgenitsyn è arrivato a questa conclusione. Il mio è un caso differente, perché sono stato in Russia nel ’91, c’era ancora il regime comunista e non era ancora iniziato il confronto che c’è oggi. Si figuri che avevo il visto solo per cinque giorni e fu un vero miracolo averlo potuto avere. Ero ancora nella lista nera del KGB."
 
 – Con l’Arcipelago Gulag, Solgenytsyn ha aperto gli occhi a molti intellettuali russi, e tuttavia sulla "Nezavisimaya Gazeta" dei giorni scorsi, una delle riviste più colte e sofisticate della capitale, si legge un curioso attacco al premio Nobel Solgenitsyn, definito " monumento spirituale", "appendiabiti pieno di vecchi cappotti", per cui si conclude che è meglio metterlo in naftalina…
 
 "Sì, ho risposto con un mio intervento sulle "Isvestie" ed è nato un dibattito perché ho detto che si tratta di un articolo, peraltro non firmato, che segue le vecchie orme della propaganda russa. La società oggi ha una cattiva coscienza, soffre di sensi di colpa e non sopporta chi in passato è stato contro. La sensazione che ho avuto io quando sono andato in Russia è che le nuove élites siano sì molto cortesi ma preferirebbero non averci tra i piedi. Perché noi li conosciamo, sappiamo com’erano fino a pochi anni fa. E oggi trovano delle scusanti, non hanno l’onestà di riconoscere i propri errori. Continuano a mentire fino alla fine e io non ho fiducia nella classe intellettuale, è la parte più opportunista della società. Quale sarà invece la risposta delle persone semplici, non so."
 
 – Ma allora chi sono, oggi, i nuovi russi?
 
 "I bambini, le nuove generazioni. Le vecchie generazioni sono irrimediabilmente compromesse e non fanno altro che scaricare le loro responsabilità ora sugli ebrei, ora sulla CIA, senza mai riconoscere i loro stessi errori. Quella di Solgenitsyn è una missione spirituale, lui – a differenza di me – è un uomo religioso e ha il compito di svegliare le coscienze e farle pentire. Non so se ci riuscirà, mi chiedo se potrà avere successo."
 
 Una sua opinione sull’Italia, sulla imprevista vittoria del nuovo partito di Berlusconi delle ultime elezioni.
 
 E’ quanto di più interessante sia successo in Europa negli ultimi cinque anni. I comunisti, tramite la magistratura che in Italia ha un orientamento politicizzato, di sinistra, hanno messo fuori gioco il centro ed erano sicuri di vincere le elezioni, ma per fortuna non ci sono riusciti com’è invece accaduto – tra l’indifferenza dell’America e dell’Europa – in Ungheria, in Polonia, in Ucraina, in Lituania e anche in Russia dove le posso assicurare che il 90% dell’élite oggi al potere è ancora comunista e i giudici che mi hanno condannato al Gulag sono ancora in libertà. Non le sembra curioso che la Cnn lanci accuse contro il presunto neofascismo al potere in Italia e che taccia assolutamente sui pericoli insiti nel recente successo dei comunisti in Ungheria? Temo che il comunismo non sia ancora stato sconfitto e che noi non abbiamo finito il nostro lavoro. "
 
– Sì, ma nell’Occidente democratico i comunisti italiani, pur fra tante pecche e miserie, non sono mai stati così subdoli e feroci come i comunisti che lei ha conosciuto in Unione Sovietica pagando la sua dissidenza con il Gulag …
 
" Non mi dica che non sono più comunisti… I comunisti italiani sono compromessi fino al collo con il regime sovietico. Nel 1992 ho visto i documenti dei soldi mandati ai comunisti italiani, un’enorme quantità di soldi dati ai dirigenti del PCI anche nel 1984, per esempio. La documentazione è stata inviata a Luciano Lama, che ne è quindi a conoscenza ma non la tira fuori perché questo fornirebbe un’arma troppo forte alle destre. Una parte dei finanziamenti proveniva da una sezione speciale del KGB, che provvedeva anche a formare dieci o quindici attivisti all’anno. I vostri comunisti italiani sapevano perfettamente di schierarsi dalla parte dei nostri comunisti che erano dei perfetti nazisti, per i quali però non c’è ancora stato un processo come quello di Norimberga. Abbiamo avuto persone in galera, gente ammazzata per questo. Allora l’Italia era parte della Nato e i missili sovietici erano puntati contro l’Italia. Gli italiani che arrivavano a collaborare con il KGB è come se avessero collaborato con il nemico, dal quale ricevevano soldi e una formazione speciale per confezionare bombe, preparare attentati, alimentare il terrorismo, falsificare i documenti, modificare i tratti del volto, eccetera. Io voglio che vadano in prigione, o che perlomeno compaiano davanti a un giudice che possa decidere. Quindi, anche se hanno cambiato il nome, i comunisti italiani sono ancora comunisti. Lo sono perché non hanno il coraggio di parlare. Per essere credibili devono diventare puliti, devono dimostrare di avere veramente rotto con i vecchi metodi stalinisti, invece di cercare di coprire i soldi che hanno ricevuto e fingere di essere gli unici ad avere le mani pulite.
 
– Lei chiede un processo al comunismo e trova sospetto il fatto che le inchieste di “mani pulite” non coinvolgano più di tanto il Pci, o quello che ne resta. Insomma, vorrebbe che i comunisti italiani dicessero la verità. Ma " la verità che sublima e libera", come dice Dante, non è proprio il linguaggio della nostra politica …
 
" Sì, devono dire la verità e assumersi le loro responsabilità . Non possiamo avere fiducia nei comunisti italiani finché non si libereranno dalla menzogna."
 
 
Nota. Auguriamoci che soffi il vento. L’intervista al professor Vladimir Bukovskij  mi fu inizialmente richiesta dal quotidiano Il Mattino di Napoli e poi rifiutata dal capo-redattore delle pagine culturali. Durante il terremoto provocato dalle inchieste giudiziarie, gli arresti, le fughe e i suicidi di “mani pulite”, la Democrazia cristiana era allo sbando, il partito socialista era stato fatto fuori con particolare accanimento e il centro-destra di Berlusconi aveva appena vinto le elezioni.
 
Insomma, il clima politico di quella primavera del 1994 era particolarmente agitato, e non sapevo che il mio caporedattore, F.D. , si era presentato proprio in quei giorni nelle liste comuniste. ‘Gianni – gridava – ma come hai potuto dare spazio, senza contrastarlo, a quel pazzo provocatore di Bukovskij !’.
 
Nell’accusa di aver dato spazio a un “pazzo provocatore” mi pareva di sentir reicheggiare gli stessi termini della propaganda sovietica ( e, oggi, di quella cinese che definisce il Dalai Lama "un lupo sotto le spoglie di un monaco"). Era la tipica espressione di una mentalità e di una prassi comuniste molto diffuse anche nel mondo letterato italiano. Ancora oggi i vecchi comunisti non ancora in pensione e spesso sedotti dalla barbarie palestinese o di quella di Nasrallah, si credono talmente “moralmente superiori” da tacciare di “xenofobia”, con termine pseudoscientifico, le persone semplici che hanno votato per la Lega. Quello per la Lega, se non per Fini o per Berlusconi, sarebbe, secondo i sinistrati, “il voto della classe medio-bassa”, “il voto dei delusi”. Mah! Non saprei cosa pensare di questi guardiani dei cosiddetti “bisogni della gente”, che riducono  tutto a sociologia! Compreso il desiderio, ridotto a gestione ottimale dei bisogni.
 
Tornando a quell’articolo, ricordo che allora passai l’intervista a Bukovskji a Massimo Melillo del Quotidiano di Lecce, e che fui praticamente costretto a diradare e poi mettere fine alla collaborazione quasi decennale che avevo con la testata napoletana, che in quel periodo sembrava una copia di quotidiani comunisti come Il Manifesto o Liberazione.
 
Me ne sono ricordato in questi giorni, dopo il ritorno di quel diavolo di Berlusconi. Mi si chiede se “esultare”. Certo, in Italia non esiste più il sole che ride, la falce & martello sente la ruggine e l’area di sinistra che un tempo, splendidamente decomposta, si aggrappava all’arcobaleno, dà luogo a manifestazioni frammentarie, polverulente, per non dire polverose. Di esultare dopo un tale terremoto non saprei. Però, sperare in un’amministrazione della cosa pubblica con meno ideologia e demagogia, forse… si può fare. In ogni caso, la gente, l ‘”orribile gente”, sembra essersi accorta che il muro di Berlino è crollato, vent’anni fa, e ora, sia pure con un po’ di ritardo, stanno crollando pure i pavimenti del centralismo burocratico. Auguriamoci che soffi il vento.
 
 Vladimir Konstantinovič Bukovskij, nato a Belebej (URSS) nel 1942, conobbe giovanissimo la prigione, la psikhushka ( l’ospedale psichiatrico istituito dal governo per i dissidenti) e i lager sovietici per la sua costante, ostinata opposizione al regime. Scambiato nel 1976 con il comunista cileno Luis Corvalan, è un nome molto importante nella storia e nell’esperienza della dissidenza antisovietica, che ha continuato a combattere con tenacia la sua battaglia civile, denunciando gli intrighi di Mosca e le complicità dell’Occidente. Vive e lavora a Cambridge.
 
Libri
Di Vladimir Bukovskij sono stati pubblicati in Italia: Il vento va e poi ritorna (Feltrinelli, 1978); Guida psichiatrica per dissidenti (L’erba voglio, 1979) scritto con Semen Gluzman; e , tra gli altri, per Spirali edizioni : Urss. Dall’utopia al disastro, Il convoglio d’oro, Gli archivi segreti di Mosca, La mentalità comunista, EURSS. Unione europea delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
 
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Terza Repubblica / Vince Berlusconi

IL RITORNO DI QUEL DIAVOLO DI BERLUSCONI
L’Italia sceglie il Cavaliere, che promette di governare cinque anni.
Anche grazie ai voti dei sinistrati confluiti nel Pd, silurati i bertinotti, i caruso, i luxuria, i diliberto, i pecoraroscanio, che o usciranno finalmente di scena come i boselli o diventeranno extraparlamentari, se non sbandati.  Spariscono anche i fascisti ex e post, insieme ad altre cose vecchie, in agonia o già in putrefazione, aureolate da qualche iridiscenza o spettrale arcobaleno.  
Tra i nanetti entra in Parlamento, con buona pace di Biancaneve & Biancofiore,  solo l’Udc di Casini, ridotta ai minimi termini, con il 5,6%.
 Grande successo della Lega al Nord. Alla Camera, Pdl, Lega e Mpa ottengono insieme il 46,7% (con la Lega oltre l’8%) contro il 37,6% di Pd e Italia dei valori. Al Senato Pdl, Lega e Mpa dovrebbero avere circa 30 seggi di maggioranza.
 
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Musica e stati modificati di coscienza

MUSICA E STATI MODIFICATI DI COSCIENZA
 

                                                                                                          Satiro danzante, Prassitele
 "la transe non è una semplice curiosità etnologica, un fenomeno marginale sopravvissuto in qualche società del terzo mondo, la transe è un modo di essere nel corpo"  (Georges Lapassade, Dallo sciamano al raver, Milano, Apogeo – Urra, 2008)
Il Dio dell’ebbrezza.Antologia dei moderni dionisiaci di Elémire Zolla ( Einaudi, 1998)
e Fabrizio Speziale, L’etnologia e lo studio transculturale degli stati di coscienza, in "Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria", n° 21, gennaio aprile 1994, pagg. 13-20 su >
 
                                                 Baccanti
Zikr sufi al mausoleo di abd-al-Khadar-al-Jilali . Baghdad, Irak
( Foto di Nicolas Nilsson)  Fonte: http://nnilsson.com/index.htm

 Beautiful agony. Orgasmo, transe erotica o “piccola morte”, nell’espressione di una protagonista del sito Beautiful Agony

“ … l’obscénité est cet animalité naturelle dont l’horreur nous fonde humainement "
( Georges Bataille, Oeuvres Complètes, tome VIII, éditions Gallimard, Paris, 1972, pag. 129 )

Cerimonia Vodu a Port au Prince, Haiti ( dalla copertina di Saggio sulla transe, 1980)

 
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Dallo sciamano al raver

LIBRI

DALLO SCIAMANO AL RAVER
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Ritorna in libreria il “Saggio sulla transe” di Georges Lapassade, un punto di riferimento in antropologia culturale e stati modificati di coscienza
DESCRIZIONE. Sciamani e ossessi; Dioniso, il dio della danza; il sabba; i nuovi gruppi di transe; gli stati modificati di coscienza; la transe erotica; teatro e possessione; stati sconosciuti della vita quotidiana.
L’autore descrive le procedure attraverso cui alcune società selezionano il potenziale estatico umano, trasformandolo e integrandolo nei rituali secondo le culture, i gruppi sociali e le situazioni locali.

Recensione

Al rave degli sciamani . Essere fuori di sé, abbandonare la soglia razionale per uno stato di coscienza superiore, dove il corpo raggiunge la sua vera comunione con il mondo. Ecco una definizione essenziale della transe, così come ce la suggerisce la lettura di questo saggio di George Lapassade.
Lapassade distingue tra uno stato di transe di “possessione”; (elaborato culturalmente e strettamente collegato a rituali religiosi o di iniziazione sociale), e una transe come “stato modificato di coscienza” indotto da sostanze psicoattive, funghi allucinogeni o ecstasy che siano. Nel primo caso ci sarebbe un compromesso tra il desiderio di estasi, presente in ogni essere umano, e l’istituzione che controlla e gestisce l’organizzazione sociale: qui, scrive Lapassade, “la transe viene generalmente considerata una risorsa, ovvero una disponibilità cui si può ricorrere in caso di bisogno”; nel secondo, al contrario, la transe viene comunemente giudicata come una devianza, socialmente pericolosa. Questo saggio ripropone l’analisi sulla transe realizzata da Lapassade nel 1978, arricchita dall’intervista all’autore di Gianni De Martino pubblicata nel 1980 dalla rivista “Rolling Stones”.
Dallo sciamano al raver ha il pregio di condensare in poche pagine tutto ciò che si sa della transe in ambito antropologico e storico. Secondo Lapassade, come nota De Martino, “tali stati prefigurano una gioia profondamente sepolta nel sistema nervoso, che sembra anteriore alla divisione originaria del soggetto (così com’è sostenuta dalla psicoanalisi), ed è in rapporto di consonanza,  non di casualità stretta, con l’estasi sessuale”.
La novità introdotta in questa edizione del saggio sulla transe è contenuta nella postfazione, scritta dall’autore nel marzo di quest’anno. Qui Lapassade accenna all’ultima figura della transe apparsa nel mondo occidentale: la “techno-transe”t;, ovvero quella transe metropolitana che si realizza in luoghi dedicati al ballo e all’ascolto della musica, le discoteche e le arene per i concerti rock. Una ricerca che, avverte lo stesso Lapassade, è appena agli inizi. I concetti elaborati dall’antropologia sulla base dello studio delle transe tradizionali non possono essere piegati a questo scopo, ma senza la conoscenza delle forme di transe, a partire dallo sciamanismo, non si coglierà mai l’essenza di un rave. ( Dalla recensione di Carlo Moretti , Musica – supplemento a Repubblica – 19 Novembre 97 )
IL LIBRO
Georges Lapassade, Dallo sciamano al raver. Saggio sulla transe, nuova edizione,  traduzione dal francese e a cura di Gianni De Martino, Prefazione di Gilberto Camilla, Milano, coll. Urra,  Apogeo,  2008; Mimesis-Jouvence , 2020
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Il calvario del Tibet

IL CALVARIO DEL TIBET
Tibet
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Cineserie

MENZOGNE CINESI & CARITÀ COMUNISTA
«Kamikaze per il Tibet»: l’assurda insinuazione della Cina
Mentre in Tibet si allarga la protesta, secondo la Cina il Dalai Lama  prepara “ipocritamente” dei kamikaze “per distruggere l’armonia sociale nel nostro Paese” * .
Questa disinformazione ed altre “notizie” dal socialismo reale, se non surreale, riguardanti il Tibet, le altre “nazionalità” della Cina e l’”armonia” che regnerebbe in Cina sul sito della Radio governativa cinese: http://italian.cri.cn/.
“E’ assurdo dire che ci sono ‘squadre tibetane suicide’ pronte a fare attentati contro le Olimpiadi. E’ un altro tentativo della Cina di farci passare per estremisti e terroristi” e giustificare una repressione violenta. Tsering Choedup, coordinatore per l’Asia del sud di International Tibet Support Network, parla ad AsiaNews delle molte menzogne antitibetane che la propaganda cinese imbandisce per il mondo.
 “Queste affermazioni sono pura propaganda dato che per noi buddhisti il suicidio è il peggiore dei crimini – ha dichiarato inoltre Thubten Samphel, portavoce del governo tibetano in esilio che ha sede a Dharamsala, nel nord dell’India. – La nostra lotta è non violenta e gli attentati suicidi sono contrari al buddhismo. Questo tipo di insinuazioni non danno vantaggi nè ai cinesi nè ai tibetani”.
* LETTURA CONSIGLIATA
A proposito di “armonia sociale” e carità comunista, è consigliabile la lettura del recente libro-inchiesta Cina. Traffici di morte a cura della Laogai Research Foundation uscito in Italia presso Guerini editore. V. l’articolo “Fucilati ed espiantati”
Si tratta della traduzione curata dalla Fondazione Laogai Italiana di un rapporto-denuncia (col titolo originale "Communist Charity") riguardo le esecuzioni capitali e il traffico degli organi umani espiantati dai condannati a morte, pubblicato dalla Laogai Research Foundation di Washington nel Maggio del 2001.
Il curatore Toni Brandi della Laogai Foundation Italiana riferisce che attualmente “in Tibet vi sono almeno 24 Laogai , campi di concentramento, dove spesso i Tibetani vengono uccisi ed i loro organi venduti sul mercato nazionale ed internazionale degli organi umani”.
Su quattro di questi 24 laogai si conosce la vera identità:
“ l’industria Carpet Factory produce tappeti destinati all’esportazione e si trova nel carcere Drapchi (il 12% dei detenuti sono imprigionati perché dissidenti), la Bomi Prison e la Powo Tramo Prison, dove sono stati trasferiti i tibetani condannati per ‘reati politici’; infine il laogai Nitang Brickyard, nella prigione Chushur. Questo carcere è stato visitato nel dicembre 2005 da Manfred Nowak, rappresentante della Commissione contro la tortura, che ha confermato, in un rapporto del 2006, l’uso diffuso della tortura nelle carceri cinesi. Non è la prima volta che denunce sulle violenze in Tibet, commesse dai ‘colonizzatori’ cinesi, vengono denunciate da dissidenti, giornalisti e religiosi. Ormai vi è un’ampia letteratura sui massacri, le torture, le persecuzioni di suore e monaci.” Fonte: http://www.liberal.it/dettaglio.asp?id=230
 
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S. Pasqua / Resurrezione di Cristo

RESURREZIONE DI CRISTO
    Non c’è niente da fare; devo passare attraverso l’immagine.  
   
Roland Barthes, L’ image, in Le bruissement de la langue.
 
Mathias Grünenwald, Resurrezione di Cristo, seconda "visuale", ala sinistra, della pala centrale della Crocifissione del polittico dell’altare di Isenheim, conservato nel museo Unterlinden di Colmar in Alsazia ( circa 1511-1515)
Se Dio risorge con un corpo altrimenti "destinato" alla solita putrefazione e, nonostante tutto, si trova bene nella sua pelle umana, anche noi, invece di passare accanto alla vita, forse possiamo risorgere con il Crocifisso-Glorificato e giungere sani e salvi in uno spazio di non-morte.
E’ una speranza folle, luminosa, afflitta dai lampi   come i sogni degli innamorati e tenace come le erbacce dei cimiteri e dei campi di sterminio. Del resto, perché dovrebbere essere la morte a fare la guerra, a riempire i buchi e ad avere sempre l’ultima parola?
In questo buco di tempo non sembra ancora veramente domenica, la domenica della vita. Sembra un lungo sabato. E tra culla e bara, tra due pulsioni, è l’attesa – senza aspettare e non inerte – sull’orlo della tomba vuota.
"Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Giovanni 20,29). Sembrerà inaudito, eppure qui dove non c’è dove e, avendo attraversato l’immagine,  non si vede niente ( nihil videbat) , si fa strada una gioia, una gioia eccessiva, ancora più profonda della morte.
La Terra risorge invisibilmente nel cuore degli innamorati, con più forza, durata e splendore di ciò che banalmente accade e presto si consuma nell’indifferenza, l’inerzia, il cinismo che talvolta s’annida nella speranza, l’abitudine, la disperazione e il lutto.
Auguri sinceri di una Pasqua buona e bella, dissolvendo cupezze, devolvendo serenità, malgrado tutto.
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Venerdì santo / Passione e morte di Gesù

PASSIONE E MORTE DI GESU’
Christ of St. John of the Cross di Salvador Dali
Per l’antropologo René Girard " lo scandalo di Cristo [..] è inscritto nella natura della Passione. Nella sua nuda, intollerabile crudezza […] ". Lo sguardo delle altre fedi sul cristianesimo ( specialmente dell’islam che non ha una teologia della sconfitta ) è dominato dalla convinzione che un credo in cui Dio diventi uomo manchi di rispetto per Dio. "Sono invece certo – dice Girard – che proprio in questo nucleo scandaloso sia racchiusa la grande forza del cristianesimo, che sa dirci tanto, o tutto, sull’essenza dell’uomo e sul suo rapporto con la violenza". Sacralità e violenza sono infatti temi centrali in Girard. "C’è chi ha soppresso del tutto la Passione, o chi, come gli ariani ha detto che Cristo non era Dio. Quella che viene chiamata gnosi cerca sempre di sfuggire allo scandalo di Dio fatto uomo, e come tale pronto a soffrire".
  La crocifissione è il grado più basso della “discesa” del Verbo incarnato. Per quanto possa sembrare misterioso e dicibile forse solo per ellissi , il Dio incarnato dona tutto se stesso per amore e trasfigura il mondo nell’ora della nera putredine. E Giovanni, per designare questo aspetto paradossale della rivelazione del volto di Dio, dice “ innalzamento”.
 Per poco che si creda, ogni caduta non è cascare nella dissipazione nostra e della natura, ma “caduta” in Cristo, che – osando scandalosamente "innalzarsi" sulla croce – “chiama a una pienezza di vita che va ben oltre l’esistenza terrena , poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio” ( Evangelium Vitae ).
 Il mistero della croce è manifestazione della gloria stessa di Dio incarnato, trasfigurazione nell’abisso. In ogni caso, è dalla fede cristiana che  l’uomo cosiddetto civilizzato riceve la spinta a superare lo stadio di  "bestione" ( come direbbe Gianbattista Vico ) e si apre a un reale più largo, aperto – a differenza del mito o della sola sottomissione alla legge – alla novità dello spirito e alla pietà per la vittima innocente.
                 
                Andrea Mantegna, Cristo morto, Pinacoteca di Brera, Milano

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