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Diritti civili / Le foto del massacro in Tibet
LE FOTO DEL MASSACRO IN TIBET
Il corpo del giovane tibetano Thawa Ghongma Tashi deposto su un cartone vicino ad una lampada al burro. Tashi era fra gli otto tibetani sparati a vista dalla polizia cinese il 16 marzo 2008, quando alcune migliaia di monaci del monastero di Ngaba Kirti hanno condotto una manifestazione alla quale si era unita la gente del posto.
Fonte > http://www.phayul.com/index.aspx
Su AsiaNews altre immagini testimoniano la violenza del regime cinese contro i manifestanti che, in questi ultimi giorni, hanno chiesto a Pechino più libertà (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8).
Nonostante la censura imposta dal regime, tristi foto, tristi immagini arrivano dal “fuori scena” del mondo “globalizzato”. Il regime capitalista-comunista cinese in quasi cinquant’anni di occupazione non ha mai dato speranza alla mite, religiosa e pacifica popolazione del Tibet, ampliando invece nel nome del Progresso e del Paradiso comunista in terra il controllo, la paura e il genocidio – nell’imbarazzo, l’ipocrisia e il silenzio prudente ed informato delle cancellerie d’Oriente e d’Occidente.
– Link al sito > Freetibet.org
– Photographic evidence of the bloody crackdown on peaceful protesting Tibetan at Ngaba County, Sichuan Province, on 16 March 2008 – Fonte: Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (Tchrd)
Morte in Tibet / Sanguinosa repressione cinese
SANGUINOSA REPRESSIONE CINESE IN TIBET
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Sono almeno due i tibetani uccisi stamane dalla polizia comunista cinese. Decine i feriti alcuni dei quali versano in gravi condizioni.
Molti hanno preferito non farsi curare per non finire nelle mani della polizia politica che ha avuto l’ordine di giustiziare sul posto i presunti capi della rivolta.
In queste ore gli agenti stanno perquisendo tutto il centro storico alla ricerca di manifestanti , laici e religiosi, che per sfuggire all’arresto hanno trovato rifugio nelle case dei tibetani.
Da altre aree del Paese giungono notizie di manifestazioni e proteste che si stanno estendendo a tutte le regioni.
Stamane a Sangchu 5000 manifestanti guidati dai religiosi , che sventolavano bandiere tibetane ed inneggiavano all’indipendenza del Tibet,hanno cercato di assaltare la sede della polizia.
In molte località minori si registrano episodi di aperta ribellione nei confronti dell’occupazione coloniale cinese.
Le comunicazioni si fanno sempre più difficili e non sono in grado di inviarvi altri rapporti per le prossime ore.
dal nostro corrispondente
Mila
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Lhasa è in fiamme. La polizia militare, intervenuta in forze per mettere a tacere le proteste ha sparato sui manifestanti, monaci e laici tibetani, ferendone un numero imprecisato. Secondo l’emittente Radio Free Asia almeno due persone" (una ragazza di 16 anni e un monaco) sono rimaste uccise. Testimoni hanno detto all’Ansa di aver visto persone in borghese su delle automobili sparare sulla folla, e hanno descritto strade "piene di sangue". > CINA; TIBET; A LHASA NUOVI INCIDENTI, MERCATO IN FIAMME – Beniamino Natale all’ ANSA
>Le Olimpiadi sono già sporche di sangue
Le cronache da Lhasa sono tremende e, di ora in ora, il bilancio degli scontri diventa spaventoso. Il Tibet si ribella all’oppressione del regime comunista cinese che risponde massacrando i tibetani, assaltando i monasteri, sparando sui monaci, arrestando i manifestanti che chiedono libertà, chiudendo al mondo la capitale del Dalai Lama. – Il Giorno
Le cronache da Lhasa sono tremende e, di ora in ora, il bilancio degli scontri diventa spaventoso. Il Tibet si ribella all’oppressione del regime comunista cinese che risponde massacrando i tibetani, assaltando i monasteri, sparando sui monaci, arrestando i manifestanti che chiedono libertà, chiudendo al mondo la capitale del Dalai Lama. – Il Giorno
L’APPELLO DEL DALAI LAMA
In una dichiarazione rilasciata a Dharamsala, il Dalai Lama ha chiesto alla Cina di rinunciare all’uso brutale della forza.
”Sono profondamente preoccupato della situazione che si sta verificando in Tibet a seguito delle proteste pacifiche degli ultimi giorni in molte aree, inclusa Lhasa. Queste proteste sono la manifestazione del profondo risentimento della gente del Tibet sotto l’attuale governo.
Come io ho sempre detto, l’unità e la stabilità sotto la violenza bruta costituiscono al massimo una soluzione temporanea. E’ irrealistico aspettarsi unità e stabilità sotto un simile governo e questo non contribuirà a trovare una soluzione pacifica e durevole.
Dunque io faccio appello alle autorità cinesi, affinché smettano di usare la forza e indirizzino il risentimento covato a lungo dal popolo tibetano verso il dialogo col popolo tibetano stesso. Allo stesso tempo esorto i miei compagni tibetani a non fare ricorso alla violenza”.
Anche dalla comunità internazionale arrivano appelli per la cessazione delle violenze. Condanne da Usa e Europa. "Rispettare i diritti del Tibet".
Repressione cinese in Tibet
REPRESSIONE CINESE IN TIBET
Mentre centinaia di giovani tibetani in esilio si preparano a compiere una marcia dall’India al Tibet, per giungervi l’8 agosto, giorno dell’apertura dei Giochi olimpici di Pechino, cinquanta monaci buddhisti sono stati arrestati oggi a Lhasa, secondo Radio Free Asia, durante una manifestazione di protesta nel 49esimo anniversario della fallita insurrezione anticinese. Testimoni oculari hanno riferito di veicoli militari che bloccavano alcune strade nei pressi del monastero di Drepung a Lhasa, uno dei più importanti centri religiosi del Tibet. In corso dimostrazioni anche a Nuova Delhi, Katmandu e Nepal, dove decine di manifestanti sono stati arrestati in seguito a scontri con la polizia.
Il Tibet fu occupato nel 1951 dal cosiddetto Esercito Popolare di Liberazione, e da allora vive nella paura, la repressione e – come ha denunciato il Dalai Lama, capo spirituale dei buddhisti tibetani – “inimmaginabili violazioni dei diritti umani”.
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– Miglialia di tibetani sono tuttora imprigionati, torturati e condannati senza processo.
– Le donne tibetane sono costrette a subire involontariamente la sterilizzazione e l’aborto.
– I tibetani sono perseguitati per il loro credo religioso.
– Monaci e monache sono costretti a sottostare a sessioni di rieducazione patriottica, a denunciare il Dalai Lama e a dichiarare obbedienza al Partito comunista.
da "Diritti umani nel Tibet", su >
– Le donne tibetane sono costrette a subire involontariamente la sterilizzazione e l’aborto.
– I tibetani sono perseguitati per il loro credo religioso.
– Monaci e monache sono costretti a sottostare a sessioni di rieducazione patriottica, a denunciare il Dalai Lama e a dichiarare obbedienza al Partito comunista.
da "Diritti umani nel Tibet", su >
Da decenni Pechino sta attuando una politica di genocidio culturale e religioso verso i tibetani, colonizzando l’area con l’emigrazione di cinesi per sfruttare le risorse turistiche e minerarie della regione.
Fonte dell’illustrazione:
Terrorismo palestinese / Sangue a Gerusalemme
SANGUE A GERUSALEMME
Otto studenti israeliani tra i 15 e i 26 anni muoiono vittime dell’attacco terroristico contro la pace effettuato in una scuola rabbinica di Merkaz Harav Yeshiva a Kyriat Moshe alle porte di Gerusalemme. Numerosi i feriti. Dalla Striscia di Gaza, i lugubri martiropatici di Hamas hanno festeggiato e definito la barbara strage nel collegio un gesto “eroico, benedetto da Allah ”.
A rendere la perfida strage di studenti ancora più atroce è il fatto che il martire-killer, il venticinquenne arabo israeliano Ala Abu Dhein, che armato di Kalachnikov ha trovato le porte aperte, fosse stato in passato l’autista della scuola e che quindi conoscesse le sue vittime.
> Strage del terrorismo palestinese in una scuola rabbinica di Gerusalemme
la cronaca di Davide Frattini , Corriere della Sera, 7 marzo 2008
la cronaca di Davide Frattini , Corriere della Sera, 7 marzo 2008
via Informazione Corretta
“… Quella scuola è un misto di orgoglio e pietas, Scrittura e coraggio, purezza e ardore. Quegli studenti erano gli eredi di Rabbi Akivà, il giovane pastore che divenne il più grande rabbino del suo tempo (…). La sala dove il terrorista ha spezzato le vite di quegli ebrei era sempre piena, notte e giorno, di studenti e studiosi. Mercaz Harav è uno dei cuori più vitali di Israele e lo dimostra l’età delle vittime. Pniel e Neria erano i più piccoli, 15 anni, Doron era il più grande, 26, aveva combattuto in Libano contro gli ascari di Hezbollah. Dal Libano non è mai tornato uno dei migliori studenti della yeshiva, Amihai Merhavia, che voleva servire nell’esercito per “difendere Israele”. In quella yeshiva faceva base anche Avital Sharansky, la moglie di Nathan che si è battuta per la liberazione del marito e la libertà degli ebrei sovietici.
Yehuda Meshi Zahav, capo dello Zaka, gli ebrei timorati che dopo ogni attentato si occupano di recuperare brandelli di ogni corpo, “perché Dio possa tornare a sorridere”, ha raccontato la scena: “Tutto assomigliava a un mattatoio, il pavimento era tutto coperto di sangue, i libri sacri erano inzuppati di sangue”.
La mamma di Avraham ha detto al funerale che “Dio ha scelto i fiori più belli per il suo giardino. Dio vedeva Avraham come un angelo e dobbiamo ringraziarlo per il privilegio di averlo cresciuto per sedici anni. Sedici anni di purezza e dolcezza”. Rav Kook ripeteva sempre che “una piccola luce disperde le tenebre”.
Il terrorismo ha spezzato otto giovani luci, ma non lo spirito che vive a Mercaz Harav. “Questa sera i terroristi hanno interrotto la nostra gioia” ha detto uno studente. ‘Ma non riusciranno a distruggere ciò in cui crediamo’ ”. Giulio Meotti dal Foglio," Colpire a Merkaz Harav è come voler uccidere il Talmud ".
Nell’immagine più sopra, il libro che uno studente vittima stava leggendo e studiando nella biblioteca di Merkaz HaRav, 06Mar08 – GPO – Fonte: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/125487
Questi sono i nomi degli otto studenti uccisi a Gerusalemme nella yeshivà Merkaz HaRav: Yochai Lipshitz HYD, 18 anni, di Gerusalemme; Neria Cohen HYD, 15 anni di Gerusalemme; Yonosan Ytzchak Eldar HYD, 16 anni di Shilo; Yonadav Chaim Hirschfeld HYD, 19 anni di Kochav Hashachar; Roie Roth HYD , 18 anni di Elkana; Segev Peniel Avichayil HYD, 15 anni di Neve Daniel; Avraham Dovid Moses HYD, 16 anni di Efrat; Doron Tronoch HYD, 26 anni di Ashdod.
Come il lancio “insensato” (così lo ha definito il ministro D’Alema) di migliaia di razzi sulla popolazione civile di Sderot e Ashkelon, il barbaro attentato in Biblioteca non è una forma di lotta politica e militare, ma una tragedia che come un acido dissolve ogni residua illusione sulla realtà dello scontro mediorientale. E’ la rivelazione della sgradevole verità che Hamas, Hezbollah e l’Iran di Ahmadinejad pongono al mondo: la volontà apocalittica di sterminare gli ebrei, i musulmani “tiepidi”, i non-musulmani in genere e chiunque si opponga alla guerra o jihad che una branca fanatica dell’Islam radicale, abusando di una terminologia religiosa, ha dichiarato contro un generico Occidente – individuando in Israele il “piccolo Satana” e negli Stati Uniti” il “grande Satana” da distruggere.
Di questo movimento martiropatico e genocidario, che si trama oggi con effetti devastanti all’interno dell’islam radicale e del jihad globale, ai danni non solo degli ebrei, ma dei musulmani e dei non-musulmani, rende conto questo lungometraggio rinvenibile in rete:
E’ un film (vedere il sito ufficiale) certamente discutibile, ma che contiene alcune informazioni per comprendere il grave e serio pericolo posto dall’islamismo anche a chi vorrebbe essere lasciato in pace. Si tratta di una vera e propria “disperazione di massa” , di un movimento planetario, ubiquitario e diffuso nei paesi arabi e anche in Occidente, che lega l’Avvento allucinato del Giudizio Finale alla condizione dell’”uccisione degli ebrei”, alla ripulitura dell’aria di ogni forma di vita “impura”, non-musulmana, e agisce in questa direzione con la perfidia e il fanatismo del paranoico. Lo si legge nell’articolo 20 dello Statuto di Hamas : “L’ultimo giorno non verrà fino a quando i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno e fino a quando gli ebrei non si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra e l’albero diranno: ‘O musulmano, o servo di Dio, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni e uccidilo!’ Ma l’albero di Gharquad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei”.
Non si tratta, come nel nazismo, che godeva solo nel dominare e tormentare, di imporre alla società occidentale, definita giudeo-cristiana, il proprio stampo criminale, bensì di distruggere totalmente l’oggetto della propria invidia, e se stessi, in un’unica condensazione.
Da un punto di vista psicoanalitico, il fondamentalismo islamico potrebbe rappresentare una fase di organizzazione passionale e libidica sadico-orale molto più regressiva di quella articolata dal nazismo, e quindi ancora più distruttiva di ciò che è centrale nella civilizzazione, il rispetto della vita umana. A cominciare dal rispetto della propria vita, oltre che di quella dei vicini. ( Non c’è, per i Palestinesi, festa senza sangue ? Oltre a usare la propria popolazione come scudi umani circondandosi di bambini al momento del lancio dei razzi, e a festeggiare la strage in Biblioteca – come se non fosse possibile altra festa che quella di fare la festa ai vicini – questa per esempio era la sorte riservata a quei palestinesi che si permettevano di dissentire dalle scelte criminali dei propri dirigenti).
Con buona pace degli “equidistanti”, occorre esprimere chiaramente ferma e decisa solidarietà alla popolazione israeliana, vittima, ancora una volta, del terrorismo maligno palestinese e di quello islamista globalmente diffuso, che tenta invano di ridurla alla disperazione, di rendere ardua e infelice la purtroppo necessaria difesa armata – che non è affatto “sproporzionata” – e di impedire ogni possibile accordo di pace con i vicini palestinesi – vittime, a loro volta, di Hamas e del vittimismo organizzato.
Letture / Pasolini e Israele
PASOLINI E ISRAELE
Pier Paolo Pasolini nell’aprile del 1967, sulla rivista “Nuovi Argomenti” diretta da Alberto Moravia, accusa la sinistra italiana di essere autolesionista e prende le difese di Israele minacciato da alcuni paesi arabi. Un testo profetico, o perlomeno che ancora risuona purtroppo attuale, scritto nell’imminenza della guerra dei sei giorni – che ebbe inizio il 5 giugno 1967 e si annovera nella storia del conflitto arabo-israeliano come il terzo scontro militare a cui, ancora oggi, è costretta la piccola e coraggiosa democrazia israeliana per proteggersi dall’aggressività * prima delle lugubri dittature arabe e poi del maligno terrorismo islamista .
Perché pubblico questi versi esclusi dalla sezione Israele, in Poesia in forma di rosa (1964)? Li pubblico perché non si dica che, adesso, ho facilmente ragione di pensarla in un certo modo. E inoltre, poiché il lettore è giustamente pigro, alla pubblicazione di questi inediti rifiutati per ragioni puramente letterarie, aggiungo la citazione di altri versi di quel capitolo, che non pretendo che il lettore vada a rileggersi da solo (…).
Giuro sul Corano che io amo gli arabi quasi come mia madre. Sono in trattative per comprare una casa in Marocco e andarmene là. Nessuno dei miei amici comunisti lo farebbe, per un vecchio, ormai tradizionale e mai ammesso odio contro i sottoproletariati e le popolazioni povere. Inoltre forse tutti i letterati italiani possono essere accusati di scarso interesse intellettuale per il Terzo Mondo: non io. Infine, in questi versi, scritti nel ’63, come è fin troppo facile vedere, sono concentrati tutti i motivi di critica a Israele di cui è ora piena la stampa comunista.
Ho vissuto dunque, nel ’63, la situazione ebraica e quella giordana di qua e di là del confine. Nel Lago di Tiberiade e sulle rive del Mar Morto ho passato ore simili soltanto a quelle del ’43, ’44: ho capito, per mimesi, cos’è il terrore dell’essere massacrati in massa. Così da dover ricacciare le lacrime in fondo al mio cuore troppo tenero, alla vista di tanta gioventú, il cui destino appariva essere appunto solo il genocidio.
Ma ho capito anche, dopo qualche giorno ch’ero là, che gli israeliani non si erano affatto arresi a tale destino. (E così, oltre ai miei vecchi versi, chiamo ora a testimone anche Carlo Levi, a cui la notte seguente l’inizio delle ostilità, ho detto che non c’era da temere per Israele, e che gli israeliani entro quindici venti giorni sarebbero stati al Cairo.) È dunque da un misto di pietà e di disapprovazione, di identificazione, e di dubbio, che sono nati quei versi del mio diario israeliano.
Ora, in questi giorni, leggendo l’«Unità» ho provato lo stesso dolore che si prova leggendo il più bugiardo giornale borghese. Possibile che i comunisti abbiano potuto fare una scelta così netta? Non era questa finalmente, l’occasione giusta per loro di «scegliere con dubbio» che è la sola umana di tutte le scelte? Il lettore dell’«Unità» non ne sarebbe cresciuto? Non avrebbe finalmente pensato – ed è il minimo che potesse fare – che nulla al mondo si può dividere in due? E che egli stesso è chiamato a decidere sulla propria opinione? E perché invece l’«Unità» ha condotto una vera e propria campagna per «creare» un’opinione? Forse perché Israele è uno Stato nato male?
Ma quale Stato, ora libero e sovrano, non è nato male? E chi di noi, inoltre, potrebbe garantire agli Ebrei che in Occidente non ci sarà più alcun Hitler o che in America non ci saranno nuovi campi di concentramento per drogati, omosessuali e… ebrei? 0 che gli ebrei potranno continuare a vivere in pace nei paesi arabi? Forse possono garantire questo il direttore dell’«Unità», o Antonello Trombadori o qualsiasi altro intellettuale comunista? E non e logico che, chi non può garantire questo, accetti, almeno in cuor suo, l’esperimento dello Stato d’Israele, riconoscendone la sovranità e la libertà?
E che aiuto si dà al mondo arabo fingendo di ignorare la sua volontà di distruggere Israele? Cioè fingendo di ignorare la sua realtà? Non sanno tutti che la realtà del mondo arabo, come la realtà della gran parte dei paesi in via di sviluppo – compresa in parte l’Italia – ha classi dirigenti, polizie, magistrature, indegne? E non sanno tutti che, come bisogna distinguere la nazione israeliana dalla stupidità del sionismo, così bisogna distinguere i popoli arabi dall’irresponsabilità del loro fanatico nazionalismo? L’unico modo per essere veramente amici dei popoli arabi in questo momento, non è forse aiutarli a capire la politica folle di Nasser, che non dico la storia,ma il più elementare senso comune ha già giudicato e condannato?
0 quella dei comunisti è una sete insaziabile di autolesionismo? Un bisogno invincibile di perdersi, imboccando sempre la strada più ovvia e piú disperata? …
da Nuovi Argomenti n. 6, aprile-giugno 1967
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* Un filmato sui 60 anni dello Stato di Israele > http://www.walkthel and.org/israel_ video
Con le parole di Freud, in nota a Il disagio della civiltà : “Che immane ostacolo alla civiltà dev’essere la tendenza aggressiva, se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!”. Freud lo ha scritto nel 1929, durante l’ ascesa sfolgorante dell’aggressiva barbarie nazista. Quella di Freud è un’annotazione a proposito del precetto “ama il prossimo come te stesso”. Dopo aver riconosciuto la funzione civilizzatrice di tale precetto, osserva : “ Eppure, chi nella presente civiltà s’attiene a tale precetto si mette solo in svantaggio rispetto a chi non se ne cura. Che immane ostacolo alla civiltà dev’essere la tendenza aggressiva, se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!”.
Libri / Ibn 'Arabi
L’INTERPRETE DELLE PASSIONI
Ibn’ Arabi, L’interprete delle passioni, trad. it. di Roberto Rossi Testa, Urra-Apogeo, Milano, 2008
RECENSIONE DI VALTER BINAGHI > qui, su “La poesia e lo Spirito”
Ricorrenze / Entrare in Quaresima
ENTRARE IN QUARESIMA
Satan, Sin and Death, di William Blake.
Il periodo di digiuno e preghiera che va dal ‘mercoledì delle ceneri’ alla Pasqua è, secondo Benedetto XVI, "un tempo di particolare impegno nel combattimento spirituale che ci oppone al male presente nel mondo, in ognuno di noi e intorno a noi". Ciò significa "guardare il male in faccia e disporsi a lottare contro i suoi effetti, soprattutto contro le sue cause, fino alla causa ultima, che è Satana".
"Significa – ha proseguito Benedetto XVI – non scaricare il problema del male sugli altri, sulla società o su Dio, ma riconoscere le proprie responsabilità e farsene carico consapevolmente".
Entrare in Quaresima, nelle parole del papa significa pertanto “rinnovare la decisione personale e comunitaria di affrontare il male insieme con Cristo. La via della croce è infatti l’unica che conduce alla vittoria dell’amore sull’odio, della condivisione sull’egoismo, della pace sulla violenza”.
Insomma, un invito a combattere l’odio con l’amore e ad accogliere l’inaudito, come “l’invito di Maria che fa eco a quello di Cristo”. Occorre chiedere a Maria di ottenerci di ‘entrare’ con fede nella Quaresima, per vivere questo tempo di grazia con gioia interiore e generoso impegno”.
Se l’accoglienza di tali figure religiose, figure con un “cuore”, può essere utile a crescere in umanità e a sperare ancora, nonostante tutto, che non sia la morte ad avere l’ultima parola, perché no ?
Il buddha tentato dal dèmone Mara, dipinto popolare su cotone, India, s.d.
Mi viene in mente che anche nel buddhismo esiste una specie di Satana, si chiama “mara” e forse rappresenta l’ostacolo, tutto ciò che impedisce la crescita umana e lo sviluppo spirituale in uno spazio di non-morte.
Insomma, finito il carnevale, ci viene opportunamente ricordato che il male esiste. E che purtroppo l’inferno non è "vuoto".
L’inferno esiste ed è come morire da lontano, davanti a tante porte chiuse.
Il continuo venire all’esistenza condizionata ( samsara), da una Thangka tibetana.
Non vorrei suggerire al diavolo come dovrebbero essere fatte le cose all’inferno, ma suppongo debba trattarsi di una situazione piuttosto claustrofobica. All’inferno i dannati non smettono “mai” di darsi tanti pugni in testa gli uni con gli altri e di gridare, a gran voce, il loro odio, la loro disperazione – senza possibilità di ripresa, di pentimento e di accoglienza, come “presi” continuamente, vale a dire senza misericordia, in un giro ripetitivo e senza fine di travestimenti multipli.
Libri / L'interprete delle passioni
L’INTERPRETE DELLE PASSIONI
Il filosofo e mistico musulmano Abū abd-Allah Muhammad ibn-Ali ibn Muhammad ibn al-’ Arabî al-Hatimi al-TTaa’i (in arabo: أبوعبداللهمحمدبنعليبنمحمدبنالعربيالحاتميالطائي ), più noto come Ibn ‘Arabî (أبن عربي) e con gli epiteti di Muhyi id-Din (محييالدين/ "Vivificatore della religione") e al-Shaykh al-Akbar (الشيخالأكبر / "Doctor Maximus”) nacque a Murcia, in Andalusia, nel 1165 e morì nel 1240 a Damasco.
"L’interprete delle Passioni" (Tarjumân al-Ashwâq) tradotto in inglese da Reynold A. Nicholson e reso per la prima volta in italiano dal poeta Roberto Rossi Testa ( Urra – Apogeo, Milano, 2008 > www.urraonline.com ), è un canzoniere esoterico in cui con gli accenti dell’ardente desiderio suscitato dalla bellezza femminile si canta l’amore per Dio.
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Dalla Prefazione all’edizione inglese di Reynold A. Nicholson
Comunque si vogliano considerare i rispettivi meriti della poesia araba e persiana, penso che sia universalmente accettato da coloro che hanno consuetudine con la letteratura mistica di entrambi i popoli che gli arabi eccellono nella prosa piuttosto che nei versi, mentre i prosatori persiani in questo campo non sono sullo stesso livello dei poeti. `Attâr, Rûmî, Hâfiz e Jâmi – per citare soltanto alcuni dei grandi poeti persiani le cui opere, tradotte in varie lingue, hanno rapidamente immesso la filosofia religiosa del sufismo in un vasto circuito della cultura europea – sono tanto superiori ai loro rivali arabi, compreso il mirabile Ibn al-Fârid , quanto le Futûhât al-Makkiyya e le Fusûs al-Hikam sono superiori a trattati analoghi in persiano.
L’Interprete delle Passioni (Tarjumân al-Ashwâq) non fa eccezione a questa regola. L’oscurità del suo stile e la stravaganza del suo immaginario daranno soddisfazione a quegli spiriti austeri per i quali la letteratura consiste in una forma ardua e raffinata di esercizio intellettuale, ma la sfera in cui l’autore si muove è troppo astratta e remota dall’esperienza comune per dare piacere a quanti non condividano il suo temperamento visionario o non abbiano essi stessi tratto ispirazione da un simile ordine di idee. Nondimeno, i lavori di un genio tanto audace e sottile meritano comunque di essere studiati, e chi vi si applica vi troverà, a compenso dei suoi sforzi, numerosi concetti elevati e capaci di colpire nel segno, nonché parecchi passi di reale bellezza.
Si può ardere senza bruciare ?
Trasfigurazione,metamorfosi dei sensi, non un loro oltrepassamento, trasumanar dantesco sono i termini che esprimono l’influsso dell’opera e della figura di Ibn ‘Arabî su non poche teste acide ed entronauti nella seconda metà degli anni sessanta.
Trasfigurazione – in un’epoca di rivolgimenti epocali e in un contesto passionale – dei dati della percezione sensibile portati allo “stato diafano”, fino all’incandescenza e all’apparizione dell’Angelo. Apparizione cioè di una bella fanciulla, di un verdeggiante adolescente e della Terra su cui camminiamo, “visti” con gli occhi dell’anima come se fossero terre celesti, spazi più azzurri che in un sogno e angeli aureolati di maestà e di gloria: corpi risorti con più forza, dignità e splendore di ciò che banalmente accade e presto si consuma.
Insomma, la visione, al culmine del suo svanire, di un reale più largo, simile all’amore, al ‘ 68 ( questa specie di fungo!) , alla poesia, all’attraversamento di un velo di luce o a un racconto di fate…
O meraviglia! Un bosco in mezzo al fuoco!
13) Si è fatto, ormai, il mio cuore
capace di ogni forma:
per le gazzelle è un pascolo,
ed è convento ai monaci cristiani;
14) Si fa tempio per gli idoli,
e Ka`ba ai pellegrini;
tavola di Torà,
e libro del Corano.
15) Seguo la religione dell’amore:
in qualunque regione mi conducano
i cammelli d’amore, là si trovano
la mia credenza e la mia religione.
16) Nostri modelli sono nella storia
di Bishr, che amava Hind,
ed in un’altra simile;
e nella storia di Qays e di Laila,
di Mayy e di Jaylân.
—
La salamandra che si nutre del suo fuoco ( emblema alchemico, Francoforte 1687)
Ut salamandra vivit igne sic lapis
Si è fatto, ormai, il mio cuore capace di ogni forma
( Ibn ‘ Arabi )
Shoah / Noi veniamo dopo
LO STERMINIO E LA SHOAH
di George Steiner
Anselm KIEFER, Twilight of the West [Abendland] 1989
"Noi veniamo dopo. Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz. Dire che egli ha letto questi autori senza comprenderli o che il suo orecchio è rozzo, è un discorso banale e ipocrita.
In che modo questa conoscenza pesa sulla letteratura e la società, sulla speranza, divenuta quasi assiomatica dai tempi di Platone a quelli di Matthew Arnold, che la cultura sia una forza umanizzatrice, che le energie dello spirito siano trasferibili a quelle del comportamento?
Per giunta, non si tratta soltanto del fatto che gli strumenti tradizionali della civiltà – le università, le arti, il mondo librario – non sono riusciti a opporre una resistenza adeguata alla bestialità politica: spesso anzi essi si levarono ad accoglierla, a celebrarla, a difenderla. Perché? Quali sono i legami, per ora assai poco compresi, tra gli schemi mentali e psicologici della cultura superiore e le tentazioni del disumano?
Matura forse nella civiltà letterata un gran senso di noia e di sazietà che la predispone allo sfogo della barbarie?" (George Steiner, dalla Prefazione a «Linguaggio e silenzio», Garzanti, Saggi blu , traduzione di Ruggero Bianchi, 1967).
Il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, si celebra il Giorno della Memoria, per ricordare e mai più dimenticare la Shoah (sterminio) degli ebrei dell’Europa, e delle centinaia di migliaia di omosessuali, rom, disabili e deportati militari e politici italiani nei lager nazisti, dove s’inaugura la nuova industria del ventesimo secolo: la distruzione di massa dei corpi umani definiti “pezzi”. I campi di sterminio dell’Europa hanno aperto un’era in cui – con la morte di Dio e il “buco” da riempire anche industrialmente con nuovi dèi titanici o qualche dio oscuro – tutto è possibile.
in rete
Ø http://www.binario21.org/stermishoah.htm
Ø http://www.olokaustos.org/
Ø Museo dell’Olocausto di Washington
>"Anti-Semitism and Islamic Expansionism" – Un’ analisi del processo in corso di islamizzazione dell’antisemitismo : qui ( in italiano)
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– Dal 14 al 21 marzo a Bresso (Milano), promossa dal Comune e dall’associazione “Bresso incontra”
– Dall’8 maggio all’8 giugno a Torino, promosso dall’associazione “In Turin”
Libano: Macabro annuncio di Hezbollah
MACABRO ANNUNCIO DI HEZBOLLAH
Messosi alla guida di una processione per la celebrazione del decimo giorno del mese di Ashura a Beirut, lo sceicco annuncia: "Abbiamo le teste, le mani, i piedi e persino un cadavere quasi intatto, integro dalla testa al bacino di moltissimi soldati israeliani". Gli risponde il tipico, sinistro ululato della folla dei suoi sostenitori in lutto per il martirio dell’imam Hussein, figlio di Alì, genero di Maometto, morto durante una battaglia contro l’armata del califfo omayyade Yazid nella piana di Kerbala nel 680: “Morte all’America, morte a Israele”.
Nel corso degli anni il gruppo terrorista e filo-iraniano Hezbollah, alleato della Siria, ha talora effettuato con Israele scambi basati sul rilascio di propri uomini in cambio della restituzione di resti di soldati israeliani uccisi.