Le parole del papa : "La crisi della fede nella scienza"

Le parole del papa

La crisi della fede nella scienza

La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande.

 

 

 tratto da Svolta per l’Europa? Chiesa e modernità nell’Europa dei rivolgimenti, Paoline, Roma 1992, p. 76-79, di Joseph RATZINGER

  "Nell’ultimo decennio, la resistenza della creazione a farsi manipolare dall’uomo si è manifestata come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile. Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo con cui si giudica il caso Galileo.

Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne -già nel secolo successivo- elevato a mito dell’illuminismo. Galileo appare come vittima di quell’oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l’Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l’avversario della libertà e della conoscenza. Dall’altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell’uomo dalle catene dell’ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell’oscuro Medioevo (1).

Secondo Bloch, il sistema eliocentrico -così come quello geocentrico- si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l’affermazione dell’esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. Egli scrive testualmente:

   «Dal momento che, con l’abolizione del presupposto di uno spazio vuoto e immobile, non si      produce più alcun movimento verso di esso, ma soltanto un movimento relativo dei corpi tra loro, e poiché la misurazione di tale moto dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, così ?qualora la complessità dei calcoli risultanti non rendesse impraticabile l’ipotesi? adesso come allora si potrebbe supporre la terra fissa e il sole mobile» (2).

Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell’accaduto.

Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo. Fin qui, Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae:

   «Una volta data per certa la relatività del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondo» (3).

Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive:

   «La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione» (4).

Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una «via direttissima» che conduce da Galileo alla bomba atomica.

Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: «Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?», ma esattamente quella opposta, cioè: «Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?».

Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. […] Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".

 (1) Cfr. W. Brandmüller, Galilei und die Kirche oder das Recht auf Irrtum, Regensburg 1982.
(2) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920; Cfr F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 110.
(3) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920s.; F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 111.
(4) P. Feyerabend, Wider den Methodenzwang, FrankfurtM/Main 1976, 1983, p. 206.Tratto da http://www.ratzinger.it/index.ph

Su wikipedia, invece, si legge: < Il 15 marzo 1990, [papa Benedetto XVI ] ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, riprese un’affermazione di Paul Feyerabend: «All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto» [21], aggiungendo però : «Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande.Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica. »; mostrando quindi di criticare le idee di Feyerabend su Galileo, sul cui processo Giovanni Paolo II aveva chiesto ufficialmente scusa per l’errore della Chiesa> da http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Benedetto_XVI

< [21] citazione di P. Feyerabend, tratta da Svolta per l’Europa? Chiesa e modernità nell’Europa dei rivolgimenti, Edizioni Paoline, Roma 1992, pag. 76-79 >

Il testo di wikipedia riassume in maniera semplificata ed errata “un discorso nella città di Parma”, facendo credere che papa Benedetto XVI, “ancora cardinale”, condividesse e facesse propria  l&rsquo;opinione di Feyerabend. Il medesimo testo wikipediano compare nella lettera inviata da 67 cervelli  contro l’intervento del professor Ratzinger all’Universit&agrave; la Sapienza: “Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un’affermazione di Feyerabend: ‘All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto’. Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all’avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano”. Tra i firmatari della lettera inviata al rettore della Sapienza compaiono i fisici Andrea Frova, autore con Mariapiera Marenzana di un libro su Galileo e la Chiesa, Luciano Maiani, da poco nominato presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Carlo Bernardini, Giorgio Parisi, Carlo Cosmelli.

Davvero offensivo e umiliante è che questi docenti dell’Universit&agrave; di Roma, pur guadagnando abbastanza per fare ricerche più serie e comprare qualche libro, basino in gruppo la loro “scienza&rdquo; sull’enciclopedia on line wikipedia. Nel rifiuto della complessità si annida, ancora una volta, l’asineria e la tirannia che sembrano aver trasformato l’Universit&agrave; la Sapienza in un degradato centro sociale e discarica ideologica.  Stando così le cose, è molto più dignitoso e produttivo stare dalla parte della Chiesa anziché di coloro che infantilmente l’attaccano. In fondo, e neanche tanto in fondo, negare alla Chiesa ogni sapere sul bene è una forma di odio che non porta a niente di buono.

La scienza, insiste il Pontefice, "contribuisce molto al bene dell’umanità ma non è in grado di redimerla. L’uomo viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale. Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio". E ancora, tornando sui temi dell’enciclica Spe salvi  ( v.  Lettera Enciclica sulla speranza cristiana) nel discorso all’Angelus del 2 dicembre 2007: “Che non vi succeda quel che avvenne al tempo di Noè, quando gli uomini mangiavano e bevevano spensieratamente, e furono colti impreparati dal diluvio". Sono parole serie che vanno prese sul serio.

Diffuso dal Vaticano il testo del discorso che Benedetto XVI avrebbe pronunciato alla Sapienza

>Corriere della Sera. Papa, il discorso mai pronunciato: «Non impongo la fede con autorità&raquo; – (…) Nei tempi moderni si sono dischiuse nuove dimensioni del sapere, che nell’universit&agrave; sono valorizzate soprattutto in due grandi ambiti: innanzitutto nelle scienze naturali, che si sono sviluppate sulla base della connessione di sperimentazione e di presupposta razionalità della materia; in secondo luogo, nelle scienze storiche e umanistiche, in cui l’uomo, scrutando lo specchio della sua storia e chiarendo le dimensioni della sua natura, cerca di comprendere meglio se stesso. In questo sviluppo si è aperta all’umanit&agrave; non solo una misura immensa di sapere e di potere; sono cresciuti anche la conoscenza e il riconoscimento dei diritti e della dignità dell’uomo, e di questo possiamo solo essere grati.

Ma il cammino dell’uomo non può mai dirsi completato e il pericolo della caduta nella disumanità non è mai semplicemente scongiurato: come lo vediamo nel panorama della storia attuale! Il pericolo del mondo occidentale – per parlare solo di questo – è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilit&agrave;, costretta a riconoscerla come criterio ultimo. Detto dal punto di vista della struttura dell’universit&agrave;: esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi più capace del suo vero compito, si degradi in positivismo; che la teologia col suo messaggio rivolto alla ragione, venga confinata nella sfera privata di un gruppo più o meno grande.

Se però la ragione – sollecita della sua presunta purezza – diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità e così non diventa più grande, ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea ciò significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a ciò che al momento la convince e – preoccupata della sua laicità – si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma.

Con ciò ritorno al punto di partenza. Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell’universit&agrave;? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà (…) . Leggi il testo integrale su:

>http://www.clonline.org/articoli/ita/quartino.pdf

 

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | 3 commenti

Ratzinger evita un branco di asini

LA SAPIENZA DEL PAPA

RATZINGER EVITA UN BRANCO DI ASINI… MATRICOLATI

Il Papa, invitato dal rettore magnifico, ha annullato la visita all’Università degli studi La Sapienza*, ritenendo «opportuno soprassedere a seguito delle ben note vicende di questi giorni». Lo annuncia un comunicato della sala stampa vaticana.

Una nota della presidenza della Cei, prende atto che il  professor Ratzinger  è «oggetto di un gravissimo rifiuto che manifesta intolleranza antidemocratica e chiusura culturale». La  nota della presidenza della Conferenze episcopale italiana evidenzia il fatto « che la visita del Santo Padre era una cordiale risposta a un invito espresso dagli organi responsabili dell’università, ma reso inefficace dalla violenza ideologica e rissosa di pochi».

Clicca per ingrandire

RIFIUTI: LA SPAZZATURA UNIVERSITARIA

* Nota.

 L’Universit&agrave; "La Sapienza"- oggi ridotta a una discarica ideologica dello scientismo – &egrave; la più antica delle Università di Roma. Fu fondata nel 1303 dal Papa Bonifacio VIII come "Studium Urbis", in nome della Sapienza. La Facoltà di Ingegneria fu fondata nel 1817 dal Papa Pio VII come scuola di Idraulica, Statica e Architettura, autonoma rispetto alla "Studium Urbis". Nel 1873, in seguito all’unificazione dell’Italia, la scuola cambiò il suo nome in Scuola per le Applicazioni di Ingegneria di Roma (sempre di livello universitario). Molti importanti scienziati e ingegneri italiani hanno studiato e lavorato in questa Facoltà. Il complesso della Sapienza restò la sede dell’Università di Roma, fino alla costruzione della nuova città universitaria nel 1935. Attualmente sede dell’Archivio di Stato, vi sono custoditi i documenti dello stato pontificio dal IX al XIX secolo.

 

IN UNO SPAZIO ANGUSTO

 

Hieronymus BoschLa salita al Calvario ovvero Il trasporto della croce

 ca. 1450 – 1516

Nel suo stile visionario, Bosch schiaccia le figure in uno spazio angusto, gremito da volti caricaturali, ad eccezione del volto composto del portatore della croce e quello della Veronica con in mano un panno con l’impronta di un volto.  Il dipinto potrebbe illustrare un po’ il clima grottesco che in questi giorni purtroppo si respira con affanno all’Universit&agrave; la Sapienza di Roma, dove – come si legge sul blog  &quot;Free Lance – diario di uno scienziato flessibile” – “c’&egrave; grande attesa e un po’ di tensione per la ‘frocessione&rsquo; con cui gli studenti intendono rispondere al papa”. Alcuni dicono che Bosch non ha compiuto questo lavoro lui stesso e che perdipiù fosse anche un fattone; altri sostengono invece che la sua arte non è riconducibile alla droga e che  i suoi quadri sono una critica, se non una satira a quelli che lui riteneva i vizi del tempo… Il dipinto, tuttavia, è spesso visto come il miglior esempio dello stile allucinato di Bosch. Egli ha fatto almeno altri due quadri sullo stesso tema: uno è a Madrid, l’altro a Vienna.

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

Viaggio in Italia – Lazzaroni

VIAGGIO IN ITALIA

 LAZZARONI

« I dintorni di Napoli sono i più meravigliosi del mondo. La distruzione e il caos dei vulcani inclinano l’anima a imitare la mano criminale della natura… “Noi, – dissi alle mie amiche, – somigliano a questi vulcani e le persone virtuose alla monotona e desolata pianura piemontese”&raquo;.

MARCHESE DI SADE,DONATIEN ALPHONSE FRANÇOIS, Viaggio in Italia. Dissertazioni critiche, storiche e filosofiche sulle città di Firenze,Roma,Napoli e Loreto…, a cura di Maurice Lever, Bollati Boringhieri, Torino, 1996.

“ Le cronache degli ultimi mesi estivi ci hanno consegnato l’immagine di una città in qualche modo assediata da bande criminali che si sono, con tutta evidenza, diviso il territorio, occupando ciascuna una posizione per così dire nevralgica sia al movimento pedonale e/o automobilistico e sia alla possibilità di fuga e di sganciamento. Sembra quasi che ci sia come una regìa, almeno nella individuazione e nella distribuzione delle postazioni nelle quali appostarsi in attesa di portare l’attacco predatorio al malcapitato, meglio se turista di passaggio (…) Da sempre a Napoli si è tollerato tutto.

Basta leggere i racconti di viaggio degli intellettuali di tutta Europa, dal ‘700 agli inizi del ‘900, per rendersi conto che Napoli questo titolo se l’&egrave; ampiamente meritato. Dal divino marchese De Sade che gioiva del fatto che Napoli era l’unica città d’Europa dove si poteva restare nascosti pur circolando liberamente per le strade, a Flaubert che confessava, in termini molto crudi, che Napoli lo faceva sentire eccitato a ogni ora del giorno e che nessuna eccitazione rimaneva insoddisfatta, fino a Jean Noël Schifano che scopriva che la pizza era la sublimazione della trasgressione individuata come la vera città di Napoli. Questa città ha tollerato e tollera tutto.”

AMATO LAMBERTI, Lazzaroni. Napoli sono anche loro, Grauseditore, Napoli, 2006.

Segnalazione:

Ø  ‘A nuttata che non passa. L’incubo della munnezza di Gian Antonio Stella  Corriere della Sera

Un passato che non passa mai. Una melma nel quale hanno intinto il pennino decine di viaggiatori, scrittori, polemisti. Ammassando via via, in buona o in mala fede, cataste di stereotipi ardue da rimuovere quanto le cataste di immondizia.

Come i sospiri sul letto di morte del Cavour: «Nous sommes tous Italiens; mais il ya encore les Napolitains…». O lo scetticismo di Roberto D’Azeglio, senatore del regno e fratello del più famoso Massimo: «C’ est un cadavre qu’on nous colle», è un cadavere che ci incollano addosso. O la sconfortata diagnosi della commissione parlamentare sulla miseria condotta da Stefano Jacini che, a proposito di tante abitazioni del Napoletano, scriveva di «nauseabonda sozzura».

 Montesquieu, che nel 1729 già irrideva alla giustizia partenopea («Non c’è un Palazzo di Giustizia in cui il chiasso dei litiganti e loro accoliti superi quello dei Tribunali di Napoli. Lì si vede la Lite calzata e vestita. I soli scrivani formano un piccolo esercito, schierato in battaglia») raccontava di un popolo «ridotto all’estrema miseria» e di «50 o 60 mila uomini, chiamati Lazzi» così poveri da vivere di ortaggi e da lasciarsi «facilmente sobillare». «Gli uomini più miserabili della terra», li chiamava. Spiegando: «Si può ben dire che la plebe napoletana è molto più plebe delle altre».
su:  http://www.corriere.it/

 Un passato che non passa mai ? Certo,sembra passato un minuto o un secolo da quando  don Raffaele  Viviani (Castellammare di Stabia, 9 gennaio 1888 – Napoli, 22 marzo 1950)  scriveva questi impietosi  e veritieri versi: 

… “ Vi quant’ è bella Napule/ pare nu   franfellicco* : /&nbsp;&nbsp;ognuno vene e allicca** , /  arrònza *** e se ne và ! … “

*Franfellicco: ciondolo)

** Alliccare: leccare

*** Arronzare: v. tr. e intr. del dialetto salernitano (anche nel napoletano), derivato dallo spagnolo "roncear&quot; e più probabilmente dal catalano "arron&ccedil;ar&quot;. Il significato originale spagnolo è "preparare male, rifinire male".

 ALTRI LIBRI SU NAPOLI ( REPORTER DEL NULLA ?)

 GIORGIO BOCCA, Napoli siamo noi. Il dramma di una città nell’indifferenza dell’Italia, Feltrinelli, Milano, 2006. –  Napoli ha, elevate a potenza, malattie molto simili a quelle del resto d’Italia. Il suo problema più grave non è la camorra: è l’immoralità e la vigliaccheria della politica, che fa affari, che cerca il consenso costi quel che costi, che fa finta di non vedere ( dalla quarta di copertina).

MATTEO SCANNI e RUBEN OLIVA, ‘O sistema. Un’indagine senza censure sulla camorra, Rizzoli, Milano, 2006. – Dagli scippi alla prostituzione, dal traffico di eroina alla vendita di merci contraffatte, dalle tangenti sugli appalti al racket dei negozi, a Napoli tutto si muove secondo la legge di ‘o Sistema, il meccanismo perverso della criminalità organizzata ( dalla quarta di copertina).

FRANCO PIPERNO (a cura di), Vento del Sud.Insorgenze meridionali ed esodo dalla modernità, Editore DeriveApprodi, Roma,2007 – Negli ultimi anni, dal Sud Italia riaffiora un fenomeno antico: le città rurali diventano soggetti politici capaci di decidere  [ ? ] al di fuori e contro l’autorit&agrave; costituita. Esse attingono la loro potenza da comportamenti di massa pubblicamente illegali, volti a riappropriarsi dei territori sottraendoli al controllo dello Stato [ ? ] . Si tratta di una profonda sovversione delle categorie della politica moderna. La rivalsa dei luoghi, lungi dal proporsi come guerra civile, si svolge piuttosto nella forma dell’insurrezione di massa che paralizza l’apparato del dominio statale, semplicemente ponendolo in contatto con il corpo dei cittadini attivi. Sono le stesse forme della sovversione che abbiamo visto all’opera nei paesi dell’ex blocco dell’Est. Ma ricordano anche le insurrezioni meridionali dell’Ottocento, quelle «insorgenze di massa banditesche» contro i francesi prima e i piemontesi poi. Scanzano, Cosenza, Acerra, Serre… nell’immaginario dei giovani meridionali sono nomi che rievocano esperienze comuni di difesa e risarcimento dei luoghi dalle offese e le ferite che la modernizzazione ha inflitto loro [ teorizzazioni di un perdente radicale in linea con il solito, antico vittimismo sfrenesiante e attivo chiagne e fotte] .

 SAVERIO NAZZARIO, Io, per fortuna c’ho la camorra, Fazi Editore, Roma, 2007. – Ci si vive male, certo, fra negozi incendiati, morti ammazzati, estorsioni e quant’altro. Con la polizia che fa quel che può e lo Stato, ma guarda un po’, sonnacchioso e assente. Ma Nazzaro vuole darci una testimonianza “dal di dentro”: usa fonti cui attribuisce però nomi dichiaratamente di fantasia (basta fidarsi, giusto?), tira cocaina con un capozona del quartiere Traiano («La coca sale su per le narici del naso», dal che deduciamo, fra l’altro, che esistono narici anche in altre parti del corpo), intervista le vittime e deplora i carnefici.

Ma soprattutto, come Saviano, rappresenta se stesso, i propri pensieri, i propri sentimenti, le proprie indignazioni, e anche, ma di sfuggita, il proprio sprezzo del pericolo. Una sorta di lirismo eroico, insomma, che si accampa sulle terre desolate dei paesi in provincia di Caserta (Mondragone, Castelvolturno, Sessa Aurunca…) a rivendicare il pathos di chi ci vive e stoicamente registra che lì «anche il sole ha freddo».

Nessuno, davvero, avrebbe immaginato che dal tema-camorra potesse nascere una nuova e postmoderna “prosa d’arte&rdquo;, tutta trasalimenti e sospiri, melanconia e sussurrata rabbia; e soprattutto che di lì potesse trarre alimento una diversa forma di monumentalizzazione narcisistica della figura dello scrittore, anche quando sia ridotto a reporter del nulla. (Dalla  critica al libro di Stefano Giovanardi su Repubblica).

L.R. CARRINO, Acqua storta, casa editrice Meridiano Zero, 2008. È una Napoli torrida quella che fa da sfondo a Acqua Storta di Luigi Carrino (Meridiano zero, pp. 125, euro 10), a riprova di come la stagione calda possa diventare una cornice noir, soffocante e claustrofobica. Qui ci troviamo nella città che proprio in questi giorni è alla ribalta della cronaca con le discariche di rifiuti che ingrassano il traffici della camorra. Il protagonista è il figlio di un boss travolto da un amore omosessuale. E questo è uno dei peccati più grandi per la "famiglia&quot; che ha l’alto senso dell’onore. Quella di Carrino è una prosa cruda e impietosa, che ha il merito di mettere a nudo l’ambiguit&agrave; della cultura malavitosa, devota ai santi ma profondamente irreligiosa nei confronti della vita. Un libro sorprendente e vertiginoso nella sua parabola secca e irreversibile come un detour. (  Dalla recensione di Nino Dolfo su Bresciaoggi ).

Presunto ritratto di Masaniello (1620-1647) Napoli, Museo di San Martino

aggiunta

 >La città di monnezza e bellezza sopravviverà a chi la giudica di Raffaele Capria –  A leggere la pagina del Corriere dove Gian Antonio Stella ripesca e riporta frasi e opinioni su Napoli di Montesquieu, Dickens, Twain, Hazlitt, sembra quasi che i viaggiatori che vennero a Napoli vennero per scoprire la Monnezza e non la Bellezza…

Su: http://www.corriere.it/cronache/08_gennaio_12/napoli_monnezza_bellezza_la_capria_86b21254-c0da-11dc-91df-0003ba99c667.shtml

 —

“Samanta amava le nuvole bianche, libere, nel cielo terso di aprile. Samanta amava soprattutto l’estate radiosa… Samanta amava sdraiarsi languida sullo scoglio nero di lava a mo’ di sirena, rimanenza di un mito lontano…&rdquo;.  Su YouTube monologo su un mondo in estinzione dell’attore napoletano Ciro Cascina,  autore fra l’altro della celebre ed esilarante pièce teatrale la Madonna di Pompei.

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

La tragedia dei rifiuti

LA “TRAGEDIA&rdquo; DEI RIFIUTI

Foto-scandalo pubblicata da Le Monde

Bambini in carrozzino a passeggio nella munnezza

Un couple marche à côté d'un tas d'ordures à Afragola, dans le sud de Naples, le 6 janvier. | AP/SALVATORE LAPORTA

Un couple marche à côt&eacute; d’un tas d’ordures à Afragola, dans le sud de Naples

http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0,36-996367,0.html

Cari napoletani, colpa anche nostra

da Un intervento per il Corriere di Raffaele La Capria:

…Io non so. Io vorrei sapere, ma non so. Io non so perché a Napoli si sia arrivati al punto in cui si è, non so come è potuto avvenire, per quali meccanismi perversi si è potuto arrivare, sotto lo sguardo del sindaco, dei commissari, degli amministratori e dei circa due milioni di abitanti che conta la città, fino al punto in cui si è. Com’è stato possibile? Qualcuno avrebbe dovuto spiegarcelo. Ma io ho letto i giornali, ho letto molti articoli, ho letto quello di Saviano su la Repubblica, ho capito che c’entra anche (e quando mai no?) la camorra, ma come effettivamente stanno le cose, nessuno, né i giornalisti, né Saviano, né chi ha amministrato in questi anni la città, ha saputo dirlo. Questa incapacità di sapere, questa nube che confonde le cose, questa mancanza di analisi dei fatti accaduti, è già essa stessa un dato negativo.

… Cari napoletani, è difficile trovare gente attaccata alla propria città più di voi.

… E allora come si spiega che voi abbiate assistito senza batter ciglio e con suprema indifferenza, quasi si trattasse di una città nemica da distruggere, a tutti gli scempi che negli anni hanno devastato la nostra città fino a renderla irriconoscibile? E ora assistiate a questa estrema derisione della monnezza, che se fosse accumulata in un punto farebbe una montagna più alta del Vesuvio?

Quando la monnezza ha cominciato ad apparire nelle strade, perché nessun occhio l’ha guardata, si è allarmato, ha denunciato, o fatto qualcosa per fermarla in tempo?

· &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;  Cari napoletani, colpa anche nostra di Raffaele La Capria

su://www.corriere.it

> La Casta, il Sud, e la casta del Sud  di michele boldrin su: http://www.noisefromamerika.org

Lettura consigliata: Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere
di Diamond Jared, Einaudi, Torino, 2007

Diamond individua le cause principali che stanno dietro al collasso: degrado ambientale, cambiamento climatico, crollo dei commerci, avversità dei popoli vicini, incapacità istituzionali, culturali e politiche di affrontare i problemi. Jared Diamond è autore anche di Armi, acciaio e malattie, un altro testo di antropologia che spiega il motivo per cui al mondo alcune civiltà sono rimaste all’et&agrave; della pietra mentre altre vanno a spasso nello spazio.

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

Tragedia immondizia / Cartoline da Napoli

IMMONDIZIA POLITICA

CARTOLINE DA NAPOLI

"Teso’, vado a scendere  a’ munnezz !"

"Aspetta, che mo’ saglie ‘ess !"

&nbsp; 

&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Tesoro, scendo a buttare l’immondizia.

&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Aspetta, che adesso sale lei !

> Bassolìii !!! Video &ndash; Rivolta antimunnezza.

 &nbsp;&gt; Napoli Monnezza è colpa dei napoletani

http://it.politica.pds.politica-e-societa.gruppi.kataweb.it/34393.html

&gt;Popolo sei na’ monnezza (Nell’anno del Signore – Luigi Magni)
Video – Scena tratta dal film di Luigi Magni "Nell’anno del Signore" con Alberto Sordi

Ø&nbsp; Intervista di Giovanni Marino a Franco Roberti, capo del pool anticamorra, da La Repubblica.&quot;Perch&eacute; i rifiuti sono una emergenza infinita.

Ø&nbsp; In prima pagina del quotidiano francese Liberation, l’inchiesta: Naples, Terre d’immondices ("Napoli, paese delle immondizie") con un sommario: "Vittima dell’incuria politica e in preda a un traffico organizzato di rifiuti, la regione è sull’orlo di una catastrofe ecologica e sanitaria".

I risultati sono drammatici: il numero di tumori allo stomaco, al fegato e ai polmoni sono in aumento e nei paesi più esposti il numero di malformazioni congenite e del sistema nervoso supera l’80%. Le autorità politiche, religiose e sanitarie sono allarmate.

&quot;Faccia ciascuno la sua parte con responsabilità – ha scritto il capo dello stato in una lettera al Sole 24 Ore e si faccia sentire come necessario, anche a tutela dell’immagine del Paese, l’autorità&rdquo;.

Intanto, su cumuli di monnezza si danno battaglia i sudditi inferociti e snervati , fra zoccole, gatti, roghi e nuvole di diossina, buchi milionari  e rivolte accese e pilotate un po’ dai verdi e un po’ dalla camorra.

Ai gentiluomini che affogano nei propri rifiuti, chi scrive non ha purtroppo altro da offrire che un pezzetto di carta assorbente; e ai prìncipi della monnezza, ai monnezzocrati che governano voti e cassonetti, questo frammento o scarto da riciclare di Niccolò Machiavelli, forse può essere utile:

 “&hellip; dico che gentiluomini sono chiamati quelli che oziosi vivono delle rendite delle loro possessioni abbondantemente, sanza avere cura alcuna o di coltivazione o di altra necessaria fatica a vivere.

Questi tali sono perniziosi in ogni republica ed in ogni provincia, ma più perniziosi sono quelli che, oltre alle predette fortune, comandano a castella, ed hanno sudditi che ubbidiscono a loro.

Di queste due spezie di uomini ne sono pieni il regno di Napoli, Terra di Roma, la Romagna e la Lombardia. Di qui nasce che in quelle provincie non è mai surta alcuna republica né alcuno vivere politico; perché tali generazioni di uomini sono al tutto inimici d’ogni civilità. Ed a volere in provincie fatte in simil modo introdurre una republica, non sarebbe possibile: ma a volerle riordinare, se alcuno ne fusse arbitro, non arebbe altra via che farvi uno regno.

La ragione è questa che, dove è tanto la materia corrotta che le leggi non bastano a frenarla, vi bisogna ordinare insieme con quelle maggior forza; la quale è una mano regia, che con la potenza assoluta ed eccessiva ponga freno alla eccessiva ambizione e corruttela de’ potenti.

(Niccol&ograve; Machiavelli, dai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Capitolo 55: ‘Quanto facilmente si conduchino le cose in quella città dove la moltitudine non è corrotta: e che, dove è equalità, non si può fare principato; e dove la non è, non si può fare republica”).

&nbsp;

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | 1 commento

Stagioni / La sfida di Gennaio

LA SFIDA DI GENNAIO

 

Busto di Giano (Ianus Pater), Musei Vaticani

 La porta (ianua)* è dotata di due facce : “ di esse, / una guarda la gente, l’altra gli dèi Lari ” (Ov., Fasti I,136-7). E così qualcuno o qualcosa passa da un anno-mondo all’altro: guardando al passato che se ne va e al futuro che viene nuovamente… E’ il punto, o piuttosto la soglia, intensa e feroce, in cui la vita va al di là.

Qualcuno ha detto che allora ci si accorge di cos’&egrave; veramente una porta, quando attraverso ci passa una bara. Magari nell’attesa che poi ci passi anche una culla, chissà…

In questi tempi detti moderni, o anche postmoderni, postmortem e post-tutto, per molte persone tra culla e bara niente sembra veramente passare. Accade quando nel passaggio da un anno all’altro  il “vecchio&rdquo; che è in noi diventa triste e malinconico. E’ allora che uno strano affetto lo coglie e lo rende pesante, terribilmente pesante come quel vecchio busto di Giano. Ma tempo e spazio sono forse una risposta?

Non saprei cosa rispondere a questa domanda. Forse è solo il tempo che curva qualcuno o qualcosa come un punto di domanda ( ? ).

A capodanno molte scintillanti  paillettes (spesso costose) vengono lanciate per coprire questa sofferenza dell’essere-tempo ( questa carne prudente, impaurita e che invecchia: ? ).

Occorre essere un po’ folli per rendersene conto. E, rinunciando alla tentazione di farla finita, avere, ancora una volta, oltrepassata la soglia che si apre sull’altro tempo-mondo: il cuore vivente del tempo in cui tutto appare nuovo e sorprendente.

Temo che il tempo non sia una risposta. Neanche scrivere, ovvero passare il tempo, lo è. Tuttavia per imparare occorre essere curiosi di quello che accadrà e passare attraverso l’esperienza del tempo , tutto il resto è solo informazione.

Così qualcuno o qualcosa di giovane va avanti, guardando nel contempo, paradossalmente, come un vecchio, anche “un poco” all’indietro.

Salue Iane, Pater matutine.

*Le feste solstiziali, quella d’inverno, come quella estiva, sono considerate delle “porte&rdquo;, ovvero dei passaggi che si ripetono ogni anno e simbolizzano l’entrata in “tempi-mondi&rdquo; ciclici.

Il nome Ianus deriverebbe dalla radice indo-europea ei o ya, da cui il sanscrito yana (via, veicolo) e il latino ianua (porta). Giano (Ianus Pater), connotato dal movimento,  sarebbe allora “quello che porta da uno stato all’altro, e dunque anche il Terminatore e l’Iniziatore”.

 &ldquo;Nel cristianesimo Giano viene interpretato come l’immagine del Cristo, Via e Signore dell’Eternità&rdquo;. Nel tempo poi le due feste solstiziali sarebbero diventate quelle dei due Giovanni: il Battista per il Solstizio d’estate e l’Evangelista per quello d’inverno, per la somiglianza fonetica fra i due termini Ianus e Iohannes.

— 

L’ENIGMA DEL TEMPO

 

" Non penso mai al futuro, arriva così presto".

"Quando un uomo siede un’ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora. Questa è la relatività&quot;.

La teoria della relatività non ha risolto l’"enigma del tempo".  Dai buchi neri, dove il tempo "si ferma", al mondo della fisica quantistica, dove "svanisce&quot;, le attuali teorie sono ben lontane dall’aver fornito risposte soddisfacenti a una lunga serie di domande.

In ogni caso, tempo e spazio non sono una risposta. E il passare del tempo da un anno all’altro forse è una mera illusione. Forse " vita e  morte confluiscono in uno e non c’è né evoluzione né destino, soltanto essere".

In tal caso, se  vita e morte hanno uguale durata, è possibile riprendere qui, tra i due, tutto quello che è perso?

Mah! "La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero: la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza".

 

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | 1 commento

Addio a Ettore Sottsass

ADDIO  A  ETTORE SOTTSASS

” Senza Sottsass la nostra vita sarebbe incolore”.
(Hans Hollein, Vienna 16 gennaio 2005)

Il noto architetto e designer italiano si è spento ieri nella sua casa di via San Tomaso a Milano a causa di uno scompenso cardiaco sopraggiunto a un’influenza. Nato a Innsbruck nel 1917, aveva compiuto 90 anni il 14 settembre scorso. Sarà cremato mercoledì prossimo.

 Ettore Sottsass è tra i padri del “radical design”, movimento che rivoluzionò la maniera di progettare e pensare gli oggetti, visti non solo in relazione alla loro funzione pratica ma anche come mezzi per veicolare bellezza, emozioni e idee.Le strutture tremano, Studio Alchimia 1979

 «Per me il design è un modo di discutere la vita. È un modo di discutere la società, la politica, l`erotismo, il cibo e persino il design. Infine, è un modo di costruire, una possibile utopia figurativa o di costruire una metafora della vita ».

«Ho raccolto informazioni o da quelle zone in cui la vita stava germogliando appena, oppure dalla nostalgia per la vita, ma mai dalle istituzioni, mai dalla solidità, mai dalla realtà, mai dalle cristallizzazioni, mai dalle ibernazioni ».

«Se qualcosa ci salverà, sarà la bellezza».

«Senza che io sappia cosa sono, le forme di pietra hanno il senso del sacro, sacro per sempre. Vorrei sapere perché&raquo; .

Trieste celebra Ettore Sottsass con una retrospettiva dal titolo di un suo scritto, Vorrei sapere perché  &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;(dal 6 dicembre al 2 marzo 2008 al Salone degli incanti dell’ex Pescheria).

 “Pianeta fresco”

 

 

mandala copertina e logo sottsass“Mandala.Quaderni d’oriente e d’occidente” n. 1 ( 1980)

logo Edizioni Mandala

 Il logo di “Mandala.Quaderni d’Oriente e d’Occidente” è disegnato da Ettore Sottsass. Nel 1980 aveva fondato, insieme con Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e Marco Marabelli lo studio Ettore Sottsass Associati in via Pontaccio a Milano, così lo andai a trovare, su suggerimento di Fernanda Pivano, gli parlai della rivista e molto gentilmente Ettorino si offrì di disegnare il logo di Mandala Edizioni, che ci regalò. Suggerì anche di dare alla rivista un formato libretto, tipo Topolino.

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento

Ricorrenze / Natale del Signore

NATALE DEL SIGNORE

 L’icona della Natività (Η Γ&epsilon;&nu;&nu;&eta;&sigma;&iota;&sigmaf;) – Monastero dell’Annunciazione (Evangelismos) di Patmos

L’icona della Natività si sviluppa su tre livelli: il primo, in alto, allude al mondo spirituale, angelico, dal quale giunge in questo mondo il redentore; il secondo, quello centrale, si riferisce all’incarnazione; il terzo, in basso, rappresenta il livello umano, con a destra due donne che preparano il bagno del bambino: gesto che sottolinea la perfetta umanità del Cristo, ed è anche prefigurazione del battesimo, sacramento in cui l’immersione nell’acqua e il risalirne simboleggia la discesa agli Inferi e l’uscita da questi ( Rm 6,1-4).

Al centro della montagna, axis mundi che collega la terra al cielo e unifica i tre livelli, la  grotta con la mangiatoia,  e la Madre di Dio in un atteggiamento di contemplazione dei misteri che stanno svolgendosi : “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19).

In alto a sinistra da lontano arrivano, a cavallo, i Magi. Avendo intuito la novità dello spirito, sono i rappresentanti dei santi e i giusti che, pur estranei a Israele, cercano il regno di Dio.

A destra, troviamo I pastori: “ In quella stessa contrada c’erano dei pastori, i quali pernottavano alla campagna e vegliavano la notte a guardia del loro gregge.  E un angelo del Signore apparve sopra di loro e la gloria del Signore li circondò di luce, e furon presi da gran timore (…)  Appena gli angeli si partirono da essi verso il cielo, i pastori si dissero tra loro: ‘Andiamo dunque fino a Betlemme, e vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere &quot; ( Luca, 2, 8-15).

Dall’alto, il triplice raggio della trinità scende sul bambino Gesù  in una culla che sembra già un sepolcro, avvolto in bende incrociate che rimandano alla sepoltura.  Le bende forse rappresentano le due pulsioni tra culla e tomba ( eros e thanatos), in ogni caso saranno l’unico segno del risorto per Pietro e per Giovanni quando, avvertiti dalle donne, correranno al  sepolcro e lo troveranno vuoto:Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte (Giovanni 20, 6-7).

Mentre tutto richiama ed indica la vittoria sulla morte e sull’inferno resa possibile dall’ incarnazione, in basso a sinistra, nel mondo umano, si trova  Giuseppe rinchiuso nel mantello dei propri pensieri: “Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto” ( Mt 1,19).

 

San Giuseppe ( Icona della Natività, part. – scuola di Rublev – 1410 -1430 – Galleria Tretjakov)

 Giuseppe, dunque, è l’uomo che si interroga in preda all’incertezza, e il suo umanissimo dubbio si materializza davanti a lui in una figura di pastore coperto di pelli, la cui vera natura si rivela  attraverso due piccoli corni sul capo. La tradizione dà al diavolo il nome di Tirso, che è anche il nome del bastone di Dioniso e dei satiri.

 Guercino, San Giuseppe con il bambino Gesù, 1633

Umiltà e grandezza di Giuseppe… su cui nel giorno di Natale vale la pena riflettere. Il racconto della nascita di Gesù ci propone una figura di prima grandezza: un padre non umiliato ma toccato dalla difficile questione della trasmissione dello Spirito.

Il racconto della nascita del bambino ci dice, ad ogni commemorazione più o meno rituale, che la vera nascita umana non è la sola nascita dal ventre della madre ma la “nascita&rdquo; per lo Spirito del Padre.  Essenziale,  non è il parto, anche se importante, ma l’altrettanto dolorosa operazione dello Spirito del Padre.

Giuseppe, come ogni padre reale, deve avere l’umilt&agrave; di ammettere che egli non detiene né lo spirito né la lettera della Legge del Padre. Questa è una eteronimia, dipende cioè da una Vita esterna alla volontà del soggetto. Occorre quindi accettare questa “lacerazione&rdquo; di una legge estranea a se stessi. L’umilt&agrave; consiste nell’accettare che un padre reale non è autonomo, che egli non è l’autore o il padrone della Legge, che egli è riferito a una Legge esterna a se stesso.

Una stessa umiltà porta a pensare cosa può essere la verginità di una donna. L’immemorabile, debole, deprimente costume sociale e familiare delle tracce insanguinate sulle lenzuola coniugali rimuove da sempre, nella maggior parte dei casi, la reale posta in gioco della verginità femminile: una donna resta vergine finché non ha detto sì al dono dello Spirito.  Si tratta di un sì variamente consapevole, se non inconscio, che avrà una grande importanza per un figlio a venire.

Lo Spirito è dalla parte del dono e della gratuità del dono, non del regalo. Il culto infantile e commerciale di Babbo Natale ci dice quanta violenza le società dette moderne, postmoderne, postmortem e post-tutto esercitano contro lo Spirito, preparando il famoso deserto che cresce.

Tuttavia, malgrado questa cattiva novella e altre dello stesso genere che si susseguono,  insomma, malgrado tutto, ecco – tra i frizzi, i lazzi e l’incredulit&agrave; ormai generalizzata – l’annuncio della Buona Novella:

Non temete, perché, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà per tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato a voi un salvatore, che è il Messia, il Signore. Questo vi sia di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia"&nbsp;(Luca 2,10-12)

Tornando all’icona della Natività, osserviamo che nella scena compaiono arbusti, erbe,  agnelli, talvolta un cane. Tutti volgono lo sguardo verso l’alto, come i pastori, in un’attesa che però non è inerte. Sembra piuttosto come una specie di sospensione del tempo, una immobilità misteriosa come quella descritta in un brano poetico di uno dei primi vangeli apocrifi, il protovangelo di Giacomo:

“ Io, Giuseppe, cercavo di camminare e non mi muovevo. Guardai verso il cielo e vidi che era immobile e l’aria era piena di stupore e gli uccelli del cielo fermi nel loro volo. E vidi che sopraggiungevano delle pecore e le pecore restarono immobili. E guardai verso la riva del fiume e vidi dei capretti e la loro bocca protesa sull’acqua e non bevevano. E tutto, improvvisamente, riprese il suo corso normale”.

Così, trattenendo il fiato*  come un morente, uno yogi, un feto o una madre al parto, un bimbo è nato.

 Eternamente nato in una grotta, in un pagliaio, sulla terra scura – in una storia così come nell’anima e il grande e tenero abbraccio della Vita.

Come negli scintillanti presepi della tradizione anche popolare, perlomeno in quel che ne resta su questo pianetino in bilico.

Solo meraviglia. E un Natale buono a tutti.

Natività

Fonte dell’illustrazione:

 http://www.na.camcom.it/on-line-sa/Home/Pubblicazioni/ArtigianatoArtisticoNapoletano/PastoriePresepi.html

*note

James Hillman, L’anima del mondo e il pensiero del cuore [1979],

Adelphi, Milano 2002, pp. 71-73

 

Nella psicologia di Aristotele l’organo dell’ aisthesis è il cuore, i percorsi degli organi di senso arrivano lì: è lì che l’anima "prende fuoco". Il pensiero di quel cuore è intrinsecamente estetico e sensorialmente legato al mondo (…). E infatti, in greco, l’attività di percepire o di sentire è aisthesis, la cui radice significa "assumere&quot; e "inspirare&quot; – un rimaner senza fiato, la risposta estetica primaria.

 

I traduttori hanno reso aisthesis con "percezione dei sensi", una nozione dell’empirismo britannico, la sensazione di John Locke. Ma la "percezione dei sensi" greca non può essere intesa senza tener conto della Dea greca dei sensi, o dell’ "organo della sensazione" greco, il cuore, e della radice che la parola racchiude – quel fiutare, quel restare senza fiato, quell’inspirare il mondo.

 

Cos’è questo "assumere&quot; o "inspirare&quot; il mondo? In primo luogo significa aspirare, inspirare, trattenendo il respiro, il presentarsi letterale delle cose. Attraverso la meraviglia avviene la trasfigurazione della materia.

 

Questa reazione estetica, che precede lo stupore intellettuale, inspira il dato al di là di se stesso, consentendo a ogni cosa di rivelare la sua particolare aspirazione all’interno di un ordinamento cosmico.

 

In secondo luogo, "assumere&quot; significa prendere a cuore, interiorizzare, divenire intimi, nel senso agostiniano. Ma non è solo la mia confessione della mia anima; è invece l’ascolto della confessione dell’ anima mundi nel parlare delle cose.

 

In terzo luogo, "assumere&quot; significa riportare l’oggetto nella sua interiorità, nella sua immagine, in modo che sia attivata la sua immaginazione (e non la nostra), così da mostrare il suo cuore e rivelare la sua anima, diventando personizzato e quindi amabile; amabile non solo per noi e grazie a noi, ma perché la sua amabilità si accresce con il dispiegarsi del suo senso e della sua immaginazione.

 

Comincia qui la fenomenologia: in un mondo di fenomeni animati (…). L’oh! di meraviglia, di riconoscimento, o lo shee-e fra i denti dei giapponesi (…).

 

Dio, il mondo, tutto può finire in nulla, vittima di costruzioni nihilistiche, di dubbi metafisici, di disperazioni d’ogni sorta; quel che resta, quando tutto rovina, è il viso delle cose quali esse sono. Qui c’è la Dea che dà al mondo un senso che non è mito né significato, ma quella immediata cosa che è immagine: il suo sorriso è una gioia, una gioia che è "per sempre".

 

 

Elvio Fachinelli, La mente estatica, Adelphi, Milano, 1989, p. 34 e pp. 22-23

 

 Ma sempre l’estasi si propone in una sospensione totale del vivere, quasi perdita del respiro. Non assimilarla ai tentativi di risacralizzazione in atto da alcuni anni, volti a cancellare o attenuare il “disincanto del mondo” di cui parlava Weber.

 

Eppure, nello stesso tempo, l’assenza di Dio sollecita l’esperienza del divino (…).

 

In alcuni casi (…) la coscienza stessa sembra allora far parte per intero di un sistema di fortificazioni (…). Eppure a volte in questo bastione, mentre si stabilisce una zona del tutto opaca, insensibile, altre si fanno straordinariamente chiare e vibranti.

 

Come nella vita di certe antiche dame di corte giapponesi, attente più alla brina della notte che alla vita stessa, come la si intende comunemente. Ma in quell’attenzione alla brina è vita, vita di intensità prodigiosa.

 

Animali che, a poco a poco, vivendo al buio, diventano ciechi. Ma in quel buio sviluppano altri organi di senso.

Intanto, “l&agrave; fuori”:

A Betlemme non è più Natale

di Fiamma Nirenstein sul GIORNALE, 22/12/2007

 Sono pallidi gli addobbi di Natale sulla via che da Gerusalemme a Betlemme ospita ogni anno la processione di Monsignor Sabbah, l’asperrimo patriarca latino, fino alla piazza della Mangiatoia, dove un albero di Natale orna il luogo di nascita di Gesù.

Quest’anno Sabbah, che non fa mai mancare il suo messaggio di Natale a Israele, dixit: Israele deve abbandonare il suo carattere di Stato ebraico, ovvero, in parole povere, scomparire. È la priorità di Sabbah, sembra.

Non lo sono, invece, le persecuzioni musulmane che hanno portato la comunità cristiana a ridursi in tutto il West Bank all’1,5 per cento dal 15 per cento di 50 anni fa; né lo è la difesa dei cristiani di Gaza, rimasti circa 3.000, su una popolazione governata da Hamas di circa un milione e mezzo, rapiti e uccisi o indotti alla fuga. Nel West bank il calo ha galoppato sin dalla dominazione giordana ovvero dal ’48. Questa è la situazione che troviamo alla vigilia di Natale: una crisi cristiana mai affrontata.

Da : ilGiornale.it – A Betlemme non è più Natale – n. 302 del 22-12-2007

> “I cristiani dovranno accettare la legge islamica” (Da: Jerusalem Post, 4-9.12.07)

 

NOI CRISTIANI IN TERRA SANTA
BERSAGLIO DELL’ODIO ISLAMICO

di Lorenzo Cremonesi &quot;Corriere della Sera" (5.09.05)
su >http://www.nostreradici.it/sopraffazioni-islam-territori.htm

&laquo;Macch&eacute; difficoltà tra Israele e Vaticano! I problemi per noi cristiani in Terra Santa sono altri. Quasi ogni giorno, lo ripeto quasi ogni giorno, le nostre comunità sono vessate dagli estremisti islamici in queste regioni. E, se non sono gente di Hamas o della Jihad islamica, avviene che ci si scontri con il muro di gomma dell’Autorità Palestinese, che fa poco o nulla per punire i responsabili. Anzi, ci è capitato di venire a sapere che in alcuni casi tra loro c’erano gli stessi agenti della polizia di Mahmoud Abbas [Abu Mazen] o i militanti del Fatah, il suo partito, che sarebbero addetti alla nostra difesa. Sono talmente scoraggiato di sentire le lamentele che talvolta non guardo neppure più i dossier».

 

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | 1 commento

Ibn ' Arabi / L' interprete delle passioni

LIBRI

L’INTERPRETE DELLE PASSIONI

… Guardateci di nuovo con pietà!

Perché noi siamo stati derubati,

 

un poco dopo l’alba,

 

un po’ prima che il sole fosse alto,

 

 Di una dama dal volto risplendente,

 

flessuosa e profumata,

 

che emana una fragranza

 

come di muschio in briciole:

 

 Ondeggiante d’ebbrezza come i rami,

 

come una seta pura,

 

scossa dal vento, fresca,

 

 Ha cosce formidabili,

 

simili a enormi dune,

 

tremule come gobbe di un cammello.

 

 Nessun censore mai

 

rimproveri mi ha mosso perché l’amo,

 

nessun amico mai

 

rimproveri mi ha mosso perché l’amo:

 

 Se mai qualche censore

 

mi avesse biasimato perché l’amo

 

gli avrebbero risposto i miei singhiozzi.

 

 Mia brama è la mia schiera di cammelli,

 

e i miei dolori sono le mie vesti;

 

il desiderio a colazione bevo,

 

amaro pianto bevo quando ceno.

 &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp; 

 &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Muhyî-d-D&icirc;n ibn al -`Arabî (1165-1240)

Da L’Interprete delle Passioni (Tarjumân al-Ashwâq), a cura di Roberto Rossi Testa e Gianni De Martino, Apogeo, Milano 2007.

Detail from Ascent of the Prophet to Heaven, Persian, 1550. Click for complete painting.

Tradotto per la prima volta in italiano un libro fondamentale del sufismo, alla confluenza di poesia, erotismo e misticismo.

 

Vedi anche:  &gt;  aurora rivistaIl libro di Henry Corbin,  L’immaginazione creatrice: Le radici del sufismo , Editori Laterza, Bari, 2005. 

&nbsp;> Muhyiddin Ibn ‘Arabi 1165AD – 1240AD and the Ibn ‘Arabi Society

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | 1 commento

Ricorrenze / Festa dell'Immacolata

 RICORRENZE

FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

DELLA BEATA VERGINE MARIA

"Tota pulchra es Maria" – Tutta bella sei, o Maria!

«Pi&ugrave; giovane del peccato, più giovane della razza dalla quale è nata» Bernanos

in rete:

 Maria nella letteratura Fonte: http://digilander.libero.it/mariaoggi/letteratura.htm

 

A MARONNA – Processione del Carro della Madonna a Torre del Greco ( foto di Luigi Mari – Fonte:http://www.torreomnia.com/religione/immacolata2006/copertina.htm )

Le Glorie di Maria – Opera Omnia di S. Alfonso Maria de Liguori (1696-1787) a cura della Provincia napoletana della Congregazione del SS.mo Redentore.

Fonte:http://www.intratext.com/)

Pubblicato in Varie | Contrassegnato , , | Lascia un commento