Burocrati / Baradei: Disegnami una Bomba

 LA MINACCIA NUCLEARE

BUROCRATI

BARADEI : “ DISEGNAMI UNA BOMBA”


Mohammed El Baradei dichiara "di non avere alcuna informazione su un programma nucleare militare iraniano in corso in questo momento" e subito diviene "l’eroe del giorno".

Dovete pensare che mi trovavo a mille miglia da una qualsiasi regione abitata, eppure il mio ometto non sembrava smarrito in mezzo alle sabbie, né tramortito per la fatica, o per la fame, o per la sete, o per la paura.

Niente di lui mi dava l’impressione di un bambino sperduto nel deserto, a mille miglia da qualsiasi abitazione umana.

Quando finalmente potei parlare gli domandai: “Ma che cosa fai qui?”

Con tutta risposta, egli ripeté lentamente come si trattasse di cosa di non molta importanza:

Per piacere, disegnami una Bomba…”

Quando un mistero è così sovraccarico, non si osa disubbidire.

Per assurdo che mi sembrasse, a mille miglia da ogni abitazione umana, e in pericolo di morte, tirai fuori dalla tasca un foglietto di carta e la penna stilografica.

Ma poi ricordai che i miei studi si erano concentrati sulla geografia, sulla storia, sull’aritmetica e sulla grammatica e gli dissi, un po’ di malumore, che non sapevo disegnare. Mi rispose:

Non importa. Disegnami una bomba atomica…”

Non avevo mai disegnato una bomba atomica e allora feci per lui uno di quei disegni che avevo fatto tante volte: quello di tremila centifrughe per l’arricchimento dell’uranio; e fui sorpreso di sentirmi rispondere:

" No, no, no! Non voglio le centrifughe. Le centrifughe possono servire anche per arricchire l’uranio per la bomba e possono essere pericolose specialmente dopo i tanti deliberati inganni nei confronti della comunità internazionale, i rifiuti del lugubre regime martiropatico degli ayatollah ( “ con la benedizione di Allah vedremo presto la fine del regime sionista [Israele, ndr ] e il crollo degli Stati Uniti” ) di porre quest’attività sotto la supervisione russa. E questo può essere molto pericoloso. Ma non ho prove certe dell’intenzione iraniana di utilizzare a fini militari la tecnologia nucleare."

"Certo, il fuoco c’è. C’è una rivoluzione islamista e un regime crudele e fanatico. Ma a parlarne troppo, o  magari ricorrere all’imposizione di  nuove sanzioni economiche all’Iran si rischia di farli arrabbiare, insomma di gettare benzina sul fuoco… Dove vivo io esiste un sistema in cui tutto dev’essere misurato, proporzionato, timbrato e vidimato. Ho bisogno di certificare una bomba: disegnami una Bomba”.

F.to IL DIRETTORE DELL’AGENZIA INTERNAZIONALE PER L’ENERGIA ATOMICA ( A.I.E.A.) – da: St. Exupéry, le Petit Prince p.c.c. ( per copia conforme)

 

GLI AYATOLLAH : ECCO FATTO !

Mi passate le foto dell’esplosione , per piacere, che debbo fare il rapporto ?Mohamed El Baradei, director general of the International Atomic Energy Agency.

 

Incombenze

Leggi :

Iran: The Looming Threatdi Emanuele Ottolenghi, direttore del Transatlantic Institute, su LibMagazine, Anno 0, numero XI – Martedì 30 ottobre

 

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Date storiche / Veltroni: noi siamo il nuovo

DATE STORICHE

 «Il nostro cammino inizia qui». Uolter : noi siamo il nuovo.

« Eccoli, i nuovi italiani. Sono così » –  agitando in alto il cuore, la politica e la morticina come una bandiera

 ROMA 14 Ottobre. Al quartier generale del tandem Walter Veltroni-Dario Franceschini, a piazza di Pietra a Roma, il nuovo segretario del Partito democratico aveva parlato davanti ai sostenitori che si erano radunati per festeggiarlo: “Questa è una serata che speravamo di vivere. 3,3 milioni di partecipanti sono per noi la notizia più importante”.

Era il 14 ottobre 2007 – “data storica che segnerà un punto fermo nella storia della democrazia italiana,” secondo Rosy Bindi – aperta e chiusa con le note di Jovanotti “Ho bisogno di te/ perché mi fido di te…”.

La colonna sonora non poteva essere offerta che da Jovanotti ( Io credo che a questo mondo/esista solo una grande chiesa/che passa da Che Guevara/e arriva fino a Madre Teresa ) .

Finito il ritornello, San Ualter riceveva il breve abbraccio dei suoi sostenitori ( “Ho bisogno di te/ perché mi fido di te…” ) e con un piccolo corteo si avviava a piazza Santi Apostoli per incontrare don Prodi, la beata Rosy Bindi e sant’ Enrico Letta.

Entrando nella pia sede dell’Ulivo, avrebbe sottolineato ancora una volta che “ Romano Prodi ed io abbiamo da dieci anni un rapporto a prova di bomba. Oggi abbiamo realizzato il sogno della nostra vita politica ”.

 Walter Veltroni (Lapresse)

MILANO, 11 e 59 di sabato 27 ottobre 2007.

 RITORNO AL FUTURO

 Cielo sereno, un ex polo industriale alla periferia nord di Milano diventato polo fieristico e così tanto hi-tech da sembrare quasi un terminal aeroportuale con sciami di persone capellone e signore un po’ hippie che vanno e vengono trascinando trolley. Colore predominante il verde, quello “vero” dell’erba che si vede sullo schermo televisivo.

Scorrono le immagini della Fiera di Rho-Pero , a Milano, dove si attende il discorso d’investitura di Veltroni a primo segretario del nuovo Partito democratico (Pd ).

Uolter arriva e tiene un discorso in cui in sintesi dice che "si è aperta una porta di speranza non solo per noi, ma per l’Italia. Spalancata da tre  milioni e mezzo di persone" che hanno votato alle primarie.

Insomma “il nostro cammino inizia qui ",noi siamo il nuovo";   e l’ “asse con Prodi " (vale a dire, come tutti sanno, questa traballante ossessione ) va bene così : “ irresponsabile voto ora.”

Tra l’altro parla di “ grande passo fatto per permettere al Paese di andare oltre, di proiettarsi verso il futuro."

Aggiunge, dopo una breve pausa: “Ma dobbiamo oggi progettare il passo ulteriore…" , o qualcosa del genere.

In conclusione ( ma forse è il discorso del 28 giugno al Lingotto di Torino, con tutte queste date storiche si fa un po’ di confusione)  chiede garbatamente di terminare il suo discorso con “ le parole pensate e scritte solo due mesi prima di morire  da una ragazza di quindici anni " che doveva andare in Africa con lui, ma che “ non c’è più"… Un brivido percorre la sala.

Insomma “Giulia” , così si chiamava la giovane corrispondente, è proprio morta. Però ha scritto “una lettera indirizzata ai suoi genitori nei giorni di Natale." – E certamente – vien da pensare – non è la storia della Piccola fiammiferaia della favola che in una fredda notte della fine dell’anno vola su in cielo dalla nonna perché indossa solo vestitini leggeri e non ha venduto neanche un fiammifero perché gente cattiva se ne sta a mangiare il tacchino caldo caldo sotto l’albero di Natale e non si cura dei ditini gelati e i geloni e quant’altro della povera piccola infelice che per riscaldarsi consuma fino all’ultimo fiammifero e poi muore sotto la neve che fiocca fiocca fiocca un attimino indifferente ingiusta e crudelissima eccetera.

Veltroni, il ciglio inumidito, si dà forza e coraggio, stringe i denti e legge la lettera della sventurata piccola italiana:

"Durante la malattia, devo ammetterlo, ho pensato spesso e volentieri di essere la persona più sfortunata del mondo, e per questo mi vergogno di me stessa e mi considero cattiva ed egoista. Non ho pensato che ci sono persone nel mondo che, oltre alla malattia, devono combattere contro fame e povertà. Per questo ho deciso di regalarvi (anzi, regalarci) un’adozione a distanza. Spero di avervi fatti felici. Mi dispiace di non avere un regalo che possiate scartare, ma spero così di lasciarvi sorpresi ."

"  Eccoooli, i nuovi italiani. Sono così. – esclama Veltroni  agitando in alto il cuore, la politica e la povera morticina come una bandiera, la nuova bandiera del Pd.

Quindi aggiunge, asciutto e composto: “ Sono i nostri figli, sono i nostri nipoti. A loro abbiamo il dovere di consegnare un’Italia unita, moderna, giusta."

Ha finito, anzi ha terminato. ( Forse qualcuno tra il pubblico si sarà pure grattato.)  In ogni caso, scoppia la stand ovation dei 2853 eletti alla prima Assemblea costituente del Pd, fra molta molta commozione, cori , saluti e baci anche alla morticina equa & solidale.

Non so se dopo un rinnovato e breve virile commosso abbraccio con i suoi sostenitori, non sia finita anche quest’oggi con le note di Jovanotti “Ho bisogno di te/ perché mi fido di te…", ma forse era Wonderful World…

Nota. Non prendo bene il canale e non sento esattamente cosa si dice oggi al TG3, qualche volta è meglio così.

LETTURA CONSIGLIATA:

La Piccola fiammiferaia

Una povera bambina camminava a piedi nudi per le strade della città.

La mamma le aveva dato un paio di pantofole, ma erano troppo grandi e la povera piccola le aveva perdute attraversando la strada…

su http://www.pinu.it/la%20fiammiferaia.htm

Oppure questi versi di Rimbaud, da Infanzia:

Che noia, l’ora del «caro corpo» e «caro cuore»!

E’ lei, la piccola morta, dietro i rosai. – La giovine mamma trapassata discende la scalca. – Il calesse del cugino stride sulla sabbia. – Il fratellino (è nelle Indie) là, davanti al tramonto, sul prato di narcisi. I vecchi che sono stati sepolti, in piedi, nel bastione delle viole.

 [… ]

Appoggio i gomiti sul tavolo; la lampada illumina vivissimamente questi giornali che sono tanto idiota da rileggere, questi libri privi d’interesse.

A una distanza enorme al disopra della mia sala sotterranea sorgono le case, si accumulano le brume. Il fango è rosso o nero. Città mostruosa, notte senza fine!

Meno in alto, vi sono fogne. Ai lati, null’altro che lo spessore del globo. Forse gli abissi d’azzuro, pozzi di fuoco? Forse è su questi piani che s’incontrano lune e comete, mari e favole.

Nelle ore d’amarezza, m’immagino sfere di zaffiro, di metallo. Sono padrone del silenzio. Perché mai una parvenza di spiraglio s’illividirebbe all’angolo della volta ? 

   Arthur Rimbaud

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Doris Lessing, dolcissima dinamite

 DORIS LESSING, DOLCISSIMA DINAMITE


Doris Lessing, Premio Nobel per la letteratura 2007, è un autore che ci trasmette l’aria dei nostri tempi con umorismo. “ Le nonne ” ( testo del 2004, edizione Feltrinelli, traduzione italiana di Elena Dal Pra, Francesco Francis, Monica Pareschi) è un concentrato di humour a un tempo svagato ed esplosivo.

[… ] Sentendosi il viso in fiamme fece una piccola smorfia, che le diede un’aria da bambina pestifera, o addirittura sfrontata, cosa tanto lontana dalla sua natura che gli altri si scambiarono sguardi difficili da interpretare.

Sospirarono tutti quanti, e poi, sentendosi, si misero a ridere, una bella risata schietta che, si sarebbe detto, prendeva atto di una serie di cose non dette. Una delle bambine, Shirley, domandò: “Perché ridete?” e l’altra, Alice: “Cosa c’è da ridere? Per me non c’è proprio niente da ridere”; e imitò l’espressione pestifera della nonna, che in realtà non era stata affatto programmata. Lil era a disagio e arrossì di nuovo.

Shirley insisteva, reclamando attenzione: “Che scherzo è, papà?”, e a queste parole i due padri acciuffarono le figlie scompigliandole tutte, mentre le bambine protestavano cercando di sfuggire, ma poi tornavano alla carica, finché andarono a rifugiarsi in braccio alle nonne.

E lì rimasero, col pollice in bocca, gli occhi che si chiudevano, sbadigliando. Era un pomeriggio caldissimo [… ] ”.


La constatazione, secondo alcuni psicoanalisti, sarebbe chiara:

Le società altamente sviluppate contemporanee hanno liquidato la questione del Padre. E’ una soluzione finale riuscita di cui si misura male l’importanza e la gravità perché è anche la fine di un antico ordine di cose.

Il nuovo ordine di cose ( non proprio così nuovo) è il matriarcato.

E’ possibile che questo nuovo ordine riduca in maniera considerevole le nevrosi ( come dimostra il testo di Doris Lessing), ma ciò che è positivo per la natura è che questo ordine potrebbe chiudere la terribile storia della terra: la presenza umana.


Sarebbe l’ultima buona novella ”.


( Alain Henri Gangneux Bourgoin –

La-douce-dynamite-du-prix-nobel-de-litterature”

su www.himmelweg.blog.lemonde.fr ).


Chiara ( su sfondo oscuro, biologistico ) è anche la nuova campagna "progressista" contro la discriminazione della Regione Toscana: la foto di un neonato con la tipica fascetta al polso. Ma non c’è scritto il suo nome, bensì la parola «omosessuale». Quella specie di sibilo ( omosessuale si nasce ) vorrebbe essere segno di accresciuta tolleranza nei confronti delle omosessualità, sia di quelle tendenzialmente esistenti in ciascun maschio sia specialmente di quella targata bio-arcigay.

Parallelamente alla suggestiva idea dell’assessorato che "omosessuale" sia una razza geneticamente dipendente & bio-garantita dalla Regione Toscana , liquidazione definitiva del nome proprio e del nome del padre – padre la cui figura, peraltro, dall’epoca di Proust in poi, in concomitanza con la maggiore autonomia delle mamme e delle nonne, nelle società borghesi occidentali era  andata sbiadendo, si era già fatta anonima e meno significativa.

Leggi anche :

– “L’Amore al tempo delle nonne”, intervista con Doris Lessing di Alessio Altichier

su "Corriere della Sera" del 17 giugno 2004

– “I nomi del padre” di Erik Porge

su http://www.transfinito.net/article.php3?id_article=931

– "Il Padre e la questione dell’origine"

su http://www.caffarra.it/padre98.php

  – NEL NOME DEL PADRE Intervista con Giovanni Testori

su http://www.claudio-rise.it/padre/nome.htm

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 Topor Roland - Le Trou Normand

Roland Topor,(Parigi 1938-1997) , Le Trou Normand

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Letteratura / Des cris… des trous

 DES CRIS… DES TROUS

 

Trou noir. Fonte dell'illustrazione :

Ateliers PK su http://p.k.182.free.fr/spippk/sommaire.php3

“ Des cris. Ils recommencent encore. Je les entends, et pourtant je n'entends rien. Je voudrais savoir ce qu'ils disent. je l'ai su. Je cherche ce qui les censure en moi, maintenant. Des cris, comme d'une femme rendue folle. En les écoutant je me disais : il ne doit rien se passer ici. Il ne se passait rien que ces cris. La nuit. J'avais peur, et j'avais peur d'avoir peur.[ ..]

“…Le temps nous censure, naturellement. On ne se souvient pas de ce qui est mort. L'oubli se redouble : on oublie l'oublié. Et il y a ce trou au milieu où nos jours vont se perdre. La censure efficace ne rature pas, elle annule, et il n'y a plus de trace. Dès lors ce qui a disparu n'a jamais existé. On n'écrit pas pour dire quelque chose, mais pour délimiter un lieu dont nul ne pourra décréter qu'il n'a pas eu lieu. Il y a un enchaînement, du plus loin, là-bas, jusqu'à ce Château de Cène et jusqu'à cette ligne qui, dirait-on, coule de ma main, et tout cela est mon lieu. Mais qu'est-ce que le lieu vivant s'il s'efface dans cela même qui l'écrit ? [… ].”                                                                                

     Bernard Noël

Bernard Noël / L’outrage aux mots

© Bernard Noël / les éditions Pauvert

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Culti postmoderni / Il mito di Che Guevara

 

IL MITO DI CHE GUEVARA


Perché? Quali sono i legami, per ora assai poco compresi, tra gli schemi mentali e psicologici della cultura superiore e le tentazioni del disumano? Matura forse nella civiltà letterata un gran senso di noia e di sazietà che la predispone allo sfogo della barbarie?" (George Steiner, dalla Prefazione a Linguaggio e silenzio. Saggi sul linguaggio, la letteratura e l’inumano , Garzanti, Saggi blu , traduzione di Ruggero Bianchi, 1967).


ERNESTO CHE GUEVARA, HABANA 1959

Una delle cose più difficili è tener fermo un morto. Specialmente se lo si agita come un eroe pop e un santo postmoderno.

Il suo bel volto adorna “tazze, felpe, accendini, portachiavi, berretti, sciarpe, bandane, camicie, borse, jeans, confezioni di tè alle erbe”. E agitazione e agiografia hanno raggiunto l’apice in questi giorni, in cui cade il quarantesimo anniversario della morte del Che.

“Se hai passato i quaranta – scrive oggi 10 ottobre 2007 Fausto Carioti su “Libero” – niente di più facile che ti suoni in testa la erre moscia di Francesco Guccini: ‘Da qualche parte un giorno/dove non si saprà/dove non l’aspettate/il Che ritornerà’ . Chi ha qualche anno in meno deve arrangiarsi con Jovanotti: ‘Io credo che a questo mondo/esista solo una grande chiesa/che passa da Che Guevara/e arriva fino a Madre Teresa’.”

Ma i seguaci del culto  di San Hernesto de la Higuera conoscono la vera storia del loro eroe? Pare di no. “ Davvero non capisco come abbia fatto a diventare un’icona per molti giovani europei: ha firmato mazzi di condanne a morte ed è risaputo da tutti essere stato un assassino. So di una volta che uccise un giovane di quattordici anni, solo perché aveva fame ed aveva rubato da mangiare” ( Enrico Oliari , “Gay a Cuba, con intervista ad Alina Castro”, Pride, ottobre 2004).

Secondo gli studi storici e le testimonianze che affiorano tra chi lo conobbe e i perseguitati dal regime cubano – era un rivoluzionario ipocrita e moralista, responsabile dell’esecuzione sommaria dei membri del regime batista e attivo nella persecuzione dei "maricones", gli omosessuali cubani. È lo stesso Guevara a sintetizzare il proprio sanguinario ideale di giustiziere nel suo “Messaggio alla Tricontinentale” (1967): “L’odio come fattore di lotta – l’odio intransigente contro il nemico – che spinge oltre i limiti naturali dell’essere umano e lo trasforma in una reale, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere”.

Alvaro Vargas Llosa, nel suo libro Il mito Che Guevara e il futuro della libertà, ha raccolto una piccola antologia di citazioni dai diari e dagli altri scritti del Che. Il quale nel gennaio del 1954, appena arrivato a Cuba, scriveva alla moglie di sentirsi “vivo e assetato di sangue”.C’è un aspetto poco noto che merita di essere descritto: il moralismo del Che. “Nel 1958 – scrive Vargas Llosa – dopo aver preso la città di Sancti Spiritus, Guevara cercò (senza successo) di imporre una sorta di shar’ia regolamentando i rapporti fra i sessi, l’uso dell’alcol e le scommesse informali”. Il tutto all’insegna di un puritanesimo che il comandante Che Guevara non si sognava neppure di applicare nella sua vita personale.

Chissà perché tanti ragazzi europei (ma anche tanti ultrasessantenni) sono finiti con l’innamorarsi dell’uomo sbagliato. In Argentina, dove Ernesto Guevara nacque nel 1928, tra i giovani è diventato un modo di dire: “Tiengo una remera del Che y no sé por qué” ( “Ho una maglietta del Che, ma non so per quale motivo”). Quantomeno, i loro coetanei argentini la domanda se la pongono.

PROTESTA POR LA VENTA DE CAMISETAS (T-SHIRTS)
CON LA IMAGEN DEL ASESINO CHE GUEVARA 

Fonte: http://members.aol.com/Guanabacoa/che.html 

——

«Vi sono innumerevoli forme di oppressione, alcune più sottili delle altre, talvolta abbellite dal richiamo alla giustizia sociale, talaltra mascherate dalla scusa della sicurezza. Per questo, riconoscere e denunciare il subdolo meccanismo psicologico per mezzo del quale i nemici della libertà cercano di indurci ad accettare una servitù volontaria è uno dei compiti più urgenti del nostro tempo». Alvaro Vargas Llosa , Il mito Che Guevara e il futuro della libertà , Edizioni Lindau, 2007 )

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Balle / "L'Iran è il paese più libero del mondo"

 BALLE

" L’ IRAN E’ IL PAESE PIU’ LIBERO DEL MONDO "

Dopo aver detto che il programma nucleare iraniano “non ha fini militari” * e spiegato ad alcuni studenti della Columbia University che il suo Paese è "il più libero del mondo" e che la condizione femminile è "eccellente" , il dittatore iraniano Mohamoud Ahmadinejad – continuando ad utilizzare l’arte della "taqiyya" ( la dissimulazione ) – ha così risposto in merito alla domanda di uno studente sulle persecuzioni e le condanne a morte a cui sono sottoposti gli omosessuali in Iran:

In Iran we don’t have homosexuals like in your country. In Iran we do not have this phenomenon, I don’t know who has told you that we have it…”.

Qui il video ( si sentono le risate ) 

*  Iran, scoperto nuovo sito per l’arricchimento dell’uranio
“La resistenza iraniana in esilio in Francia ha denunciato l’esistenza di un nuovo sito di arricchimento dell’uranio, sconosciuto sinora persino all’Aiea. Il sito in questione punta direttamente alla dotazione di armamenti nucleari…”. – da L’Occidentale

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Lettere/ Il profumo di un amore

IL PROFUMO DI UN AMORE

 

" Mia dolce puttanella, Nora, ho fatto come mi hai detto, cara mia piccola sporcacciona.
Le parti del tuo corpo che fanno sconcezze sono quelle che mi piacciono di più, ma preferisco il sedere, amore, alle poppe, perché fa una cosa così sporca.
Io penso, Nora, che riconoscerei dovunque le tue scoregge. Scommetto le riconoscerei perfino in una stanza piena di donne che scoreggiano. Fanno un rumore da ragazza, non come certe mogli ciccione che immagino scoreggino umido e ventoso. Le tue sono improvvise, secche e sporche come le farebbe una ragazza spiritosa, per gioco, di notte, in dormitorio. Spero proprio che la mia Nora voglia farmele sul viso, sì che io possa anche odorarle.
Buona notte, piccola Nora scoreggiante".

Jim ( James Joyce )

Testo tratto da una lettera di James Joyce alla moglie. Venduta alla ‘asta da Sotheby’s a Londra per 350 mila euro, la lettera – scritta il primo dicembre 1909 – è  indirizzata alla "Mia cara puttana dagli occhi strani" e si conclude con "Dio perdoni la mia follia, Jim".

Ogni vita é una moltitudine di giorni,

giorno dopo giorno.

Noi camminiamo

attraverso noi stessi,

incontrando ladroni, spettri, giganti,

vecchi, giovani, mogli, vedove, cognati,

ma sempre incontrando noi stessi.

James Joyce
“Ulisse"

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Libri/ Viaggi e profumi

A OCCHI CHIUSI, ANNUSANDO I LUOGHI

di Claudio Visentin

«Come posso migliorare il mio modo di viaggiare?». È la do­manda che più frequentemente mi viene rivolta, dai più diversi interlocutori, quando apprendo­no che di questo mi occupo * . A tutti rispondo: «Chiudete gli oc­chi ». Chiudete gli occhi perché la vista – ovviamente insostitui­bile – è troppo spesso il solo sen­so che impieghiamo nell’espe­rienza del viaggio, a scapito dei rimanenti. È vero che in tempi più recenti abbiamo imparato a leggere il terri­torio anche attraverso il gu­sto. Scriveva Italo Calvino: «il vero viaggio, in quanto introiezione d’un fuori di­verso dal nostro abituale, implica un cambiamento totale dell’alimentazione, un inghiottire il paese visi­tato, nella sua fauna e flora e nella sua cultura (…) Questo è il solo modo di viaggiare che abbia un sen­so oggigiorno, quando tutto ciò che è visibile lo puoi ve­dere anche alla televisione senza muoverti dalla tua poltrona». E altri propongo­no viaggi musicali (ad esempio www.noteinviaggio.it), tuttavia quasi nessuno viaggia seguendo l’olfatto, il più antico tra i nostri sensi, quello che maggiormente ci lega alla di­mensione animale, risvegliando le emozioni, ma sottraendosi al controllo razionale, ragione per cui Aristotele lo mise all’ultimo posto tra i sensi.

In questa prospettiva è pre­zioso il libro dell’antropologo Gianni De Martino e dell’erbori­sta e compositore di profumi Luigi Cristiano. De Martino e Cristiano hanno raccolto i loro viaggi seguendo i più nobili tra gli odori, i profumi, e più preci­samente hanno visitato i luoghi d’origine delle materie prime, dei prodotti naturali con cui i profumi sono preparati (anche se la chimica gioca un ruolo sempre più importante). Hanno poi opportunamente approfon­dito molti altri aspetti dei terri­tori dove queste sostanze sono prodotte, e dei popoli che le coltivano . Meno riuscita invece l’individuazione del pubblico a cui il libro si rivolge, se studio­si, specialisti o semplici lettori.Tra i diversi viaggi proposti, inevitabile partire dalle rose, il cui profumo è forse il più ap­prezzato nell’universale. L’odor di rosa ci conduce in uno dei Paesi prediletti dai profumieri, il Marocco, dove si dà il benve­nuto all’ospite di passaggio of­frendogli acqua di rose da pic­coli contenitori dal collo oblun­go ( mrash’). La meta fi­nale è la vallata di Dadès (300 km da Marrakech), sulla soglia del deserto, dove si stendono a perdi­ta d’occhio campi di rosa pallida, e dove, nelle pri­me settimane di maggio, in occasione della raccol­ta, tutta la popolazione dà vita all’indimenticabi­le Festa delle rose.

 

Le ro­se vi condurranno anche in altri luoghi affascinan­ti e sconosciuti, ad esem­pio tra le distese di rosa damascena di Isparta, nelle valli del Taurus in Turchia (dove la rosa è chiamata gul, che vuol dire anche «sorriso»): qui la rosa fu introdotta dal­la Bulgaria, quando an­cora apparteneva all’im­pero ottomano, e proprio questo Paese balcanico può rappresentare la ter­za tappa di questo viaggio così particolare.

Altre piante e altri aromi vi orienteranno in tutt’al­tra direzione. Ad esempio la ra­ra e ambita vaniglia naturale (la maggior parte di quella che con­sumiamo è invece artificiale) vi condurrà nelle terre dell’antico popolo dei Totonachi (Stato di Puebla e Veracruz); sottomessi dai più combattivi Azte­chi, i Totonachi diedero loro tributi in vaniglia, e proprio alla corte azteca i nuovi conquistatori, gli spagnoli guidati da Her­nàn Cortès, sperimenta­rono per la prima volta questa nuova e profuma­ta sostanza, che da loro prese il nome attuale, colorandosi di erotismo (in spagnolo vainilla è diminutivo di vaina/ va­gina). Le verdi e morbi­de liane di vaniglia cre­scono ancora oggi nel­l’umida foresta messica­na, o sono coltivate in piccoli appezzamenti sposandole ad alberi di arancio, ma la maggior parte della produzione è migrata verso il Mada­gascar e l’Indonesia, ideale prosecuzione di questo viaggio.

I profumi possono anche inne­scare viaggi nel tempo, ad esem­pio tra le rovine di Pompei, dove si visita la Casa del profumiere, che doveva essere solo uno dei molti piccoli ed eleganti negozi di sostanze odorose. Il profumo dei bianchi fiori degli aranci amari ci porta invece nella Spa­gna araba, a Siviglia, dove pres­so i resti della moschea, trasfor­mata in cattedrale nel XV secolo, si trova il Patio de los naranjos. E proprio alla civiltà araba di Spagna si deve in larga parte la riscoperta medioevale dei profu­mi, nei giardini silenziosi e na­scosti d’Andalusia, odorosi di ca­momilla, giglio, lavanda, limo­ne, menta, mirto, rosmarino… Gli Arabi erano (e sono) soliti profumarsi per le preghiere del venerdì, nelle moschee si brucia­vano piante e legni odorosi (aloe, incenso, sandalo), e du­rante il loro dominio in Andalu­sia importarono nella profume­ria europea anche i pesanti e inebrianti profumi dell’oriente (ambra, muschio animale), pro­fumi che oggi ci sono ritornati in larga parte stranieri, e che agli stranieri associamo. E ancora so­lo nella memoria si trovano le tracce delle vaste coltivazioni di gelsomino in Sicilia, oggi trasfe­rite in Tunisia ed Egitto (ma a Modica si può gustare un origi­nale gelato al gelsomino). È sempre vivo invece il profumo del Tiaré, la gardenia di Tahiti, simbolo nazionale del Paese che sedusse Gauguin, richiamandolo con forza a sé qualche mese do­po il suo ritorno a Parigi: «Nel si­lenzio della mia casa, sogno le armonie violente dei profumi naturali che m’inebriano…».

Ma in fondo non occorre nemmeno spingersi così lonta­no, nello spazio e nel tempo. Possiamo viaggiare anche solo entrando in una profumeria, per acquistare Un jardin sur le Nil di Hermes, o Arabie di Serge Lutens; e per dischiudere le por­te d’Oriente bastano Samsara di Jean-Paul Guerlain, o Opium d’Yves Saint Laurent. Ma nessu­no promette un viaggio più raf­finato di Un certain été à Liva­dia, di Christine Nigel, che ci porta in Crimea, nei giardini del palazzo di Livadia, ultima resi­denza d’estate degli zar. E dun­que, se d’abitudine chiediamo a chi torna da un lungo viaggio: «Cos’hai visto?», la prossima volta forse gli chiederemo piut­tosto: «Cos’hai annusato?».

 

Recensione da Azione, settimanale di Migros Ticino,Spazio aperto/ Viaggiatori d’Occidente”, martedi 4 settembre 2007, Anno LXX , N 36, pag. 36

su http://www.azione.ch/ee/azione/

LIBRO

Luigi Cristiano e Gianni De Martino, Viaggi e profumi. Alla scoperta de­gli aromi del mondo natu­rale nei Paesi delle essen­ze , coll. Urra, Apogeo, Milano 2007.

* Claudio Visentin (Milano, 1964), ideatore della "Scuola del viaggio", insegna "Cultural History of Tourism" presso l’Università della Svizzera italiana di Lugano.

Blog : http://scuoladelviaggio.blogspot.com/

Duo of authors Luigi Cristiano and Gianni De Martino have written a book entitled Viaggi e Profumi ( Apogeo – Urra, 2007) (Travels and Perfumes). It is a descriptive and sensualist travelogue through space and even time in quest of iconic natural essences produced in specific world-renowned locales. Gianni De Martino is a writer and journalist from Milan who has written another book about the fifth sense entitled Odori: entrate in contato con il quinto senso. Luigi Cristiano is a herbalist and perfumer who works between Marrakech and Milan. He has written a book entitled La nota gradevole. Storia naturale del profumo (Studio Edizioni, Milano 2001).
The new book is described as a contribution to a geography of perfumes with the addition of two chapters on the perfumes of the Bible and the balms of Ancient Pompeïa that constitute travels through time, to the very origins of perfumery and its history. The authors travels take them from the humid forest of Mexico in which vanilla grows to the quasi desert of the valley of Dade in Morocco and from the Mediterranean scrubland to Istanbul.
Table of contents include:
1. Marocco – La rosa del Dade’s
2. Marocco – L’olio di argania
3. Marocco – Gli incensi della notte Ghnaua
4. Spagna – Aromi e profumi di Siviglia
5. Turchia – La rosa damascena
6. Italia – Muschi e licheni del Vesuvio
7. Italia – Profumi e unguenti della Pompei antica
8. Italia – Il gelsomino di Sicilia
9. Israele – Profumi e balsami della Bibbia
10. Messico – La vaniglia di Papantla
11. Polinesia – ylang-ylang, tiaré e frangipani 
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Addio a Hilberg

ADDIO A HILBERG, STORICO DELLA DISTRUZIONE DEGLI EBREI IN EUROPA

I media hanno diffuso in ritardo la morte (avvenuta il 4 agosto, all’età di 81 anni) dello storico americano Raul Hilberg, lo studioso dello sterminio europeo degli ebrei che per primo, nel 1948, iniziò a parlarne dando alle stampe La distruzione degli ebrei d’Europa (pubblicato in Italia da Einaudi , a cura di Frediano Sessi).

In quel tempo, si trattava di un argomento tabù anche nella comunità ebraica e Hilberg vi dedicò la vita proprio per protestare contro quel silenzio e per ricostruire il meccanismo, il “come” del genocidio degli ebrei in Europa, descritto come un processo di messa a morte razionalizzato.

"La distruzione degli ebrei d’Europa non è stata l’opera di una piccola banda di criminali incalliti. Vi era implicata tutta una società… Dopo la fine del processo di Norimberga, e la designazione di qualche colpevole, nessuno più voleva parlarne. Ma io avevo il desiderio di sapere quello che era accaduto”, raccontava.

Altre sue opere sull’argomento sono state: Esecutori, vittime, testimoni (1992), La politica della memoria (1996), Olocausto: le fonti della Storia (2001)[Vedi rassegna libraria voci dalla Shoah su :http://www.gliscritti.it/approf/shoa/sh_doc/vocap01.htm].

Raul Hilberg ha ricevuto gli onori del governo tedesco per l’insieme delle sue opere; e dal 2005 era membro dell’Accademia americana delle arti e delle scienze.

La solitudine, la determinazione e il coraggio dell’uomo e dello storico hanno avuto ragione sul silenzio e la cattiva coscienza sull’innominabile delle democrazie d’Europa in uno dei periodi più oscuri di una storia che non ha ancora chiuso bottega.

A proposito della strutturazione dell’Europa e della continuità degli odi che il nome di Juif ( ebreo) ancora suscita in Europa, specialmente fra gli antisemiti illuminati & progressisti, tre anni fa è uscito in Francia un libro sconvolgente di Jean-Claude Milner: Les penchants criminels de l’Europe démocratique , éditions Verdier.

L’autore, noto linguista e filosofo, ex maoista, frequentatore dei testi lacaniani, argomenta che la distruzione degli ebrei in Europa è anche la distruzione del giudaismo portatore di un legame con il sapere e la sua trasmissione. Questo segno, questa impronta ( marque) della pura differenza, della legge, pone dei limiti in riferimento al padre che l’Europa illimitata ignora con passione. Ignoranza che la rende sorda all’imprimatur di questa impronta che distingue e riunisce, tra differenza e filiazione, i quattro termini della famiglia umana: uomo/donna/genitori/figlio.

L’ Europa postmoderna in cui tutto è “relativo” e tutto si trasforma detesta i limiti posti al sesso, al sogno, al caos vitale che gli ebrei non hanno mai cessato di ritracciare e di trasmettere di generazione in generazione, tramite lo studio e il rapporto con la Legge. Ecco perché, secondo Milner, « l’antiebraismo sarà la religione naturale dell’umanità a venire ».

« Da Durban a Parigi », dove il desiderio della “scomparsa d’Israele” ( continuazione della volontà di distruzione e di sterminio, in quanto Israele ha preso il posto del nome giudeo-ebreo) si esprime nelle forme della pace sognata dai burocrati per l’Europa, nelle forme del djihad per i musulmani.

SOLO I BOIA HANNO UNA VEDUTA D’INSIEME”

« Hilberg – scrive Giulio Meotti – era un clinico della distruzione, l’unico in grado di penetrare il micidiale processo di esproprio, ghettizzazione, deportazione, morte e occultamento degli ebrei. Una sequenza che visse sulla pelle. Nel 1993 tornò a Vienna e nel suo appartamento abitavano ancora i cittadini della buona borghesia viennese che lo avevano sfrattato. Lesse tonnellate di documenti sulla revoca delle case e il blocco dei fondi. Diceva che “solo i boia hanno una veduta d’insieme”, così prediligeva i documenti tedeschi. Scoprì che gli ebrei diretti a Treblinka si pagarono il viaggio verso la morte. Svolgeva un lavoro da formica, nell’ombra. Il suo editore, Eric Vigne, oggi dice che “la sua vita è la sua opera”.

Era contrario a fare del negazionismo un crimine da aula di tribunale: “Non sono d’accordo con quelle legislazioni che rendono illegale ogni pronunciamento secondo cui non ci fu alcun Olocausto”. Detestava la spettacolarizzazione dell’Olocausto, la memoria trasformata in museo, resa oblio. L’unico pellegrinaggio possibile sarebbe contemplare, di tanto in tanto e con malinconia, un cielo di temporale […]

Raul Hilberg aveva una sola passione, la musica: “Poiché mi occupo della peggiore distruzione, ho bisogno di un contatto nella mia vita con l’arte più grande”. Sapeva di parlare anche a nome di chi non si era salvato. Come ha spiegato Lanzmann, i sopravvissuti non dicevano mai “io”, ma sempre “noi”, formavano una catena invisibile. Hilberg ci piace ricordarlo così, come il portavoce dei morti.» (Dall’articolo di Giulio Meotti, da Il Foglio del 10 agosto 2007).

Anselm KIEFER, Twilight of the West [Abendland] 1989

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