Onorevoli kamikaze / Diliberto:"Al Bilionaire pieno di tritolo"

 ONOREVOLI KAMIKAZE

DILIBERTO: «AL BILIONAIRE IMBOTTITO DI TRITOLO» 

Ospite al programma “Le invasioni barbariche", condotto da Daria Bignardi su La 7, il severo Oliviero Diliberto, capo del Partito dei comunisti italiani al governo, alla domanda della conduttrice del programma se preferiva andare «in Sardegna a Villa Certosa (casa di Berlusconi) o al Billionaire (locale di Briatore in Sardegna)» , ha esitato un po’, poi ha testualmente risposto con un ghigno sinistro: «Al Billionaire, ma imbottito di tritolo».

L’esplosione in versione kamikaze di Oliviero Diliberto rivela una certa predisposizione alla barbarie. E ha provocato qualche polemica, anche se … a scoppio ritardato. Sulla cretinata o gaffe del ritardato Diliberia, che “ovviamente” non va preso in parola, forse ci sarà anche qualche interrogazione al riguardo per conoscere l’opinione del Presidente del Consiglio, alle prese con l’impasto e l’imbottitura di ben altre mozzarelle…

Più in generale, si dice che la cultura sia una forza umanizzatrice, che le energie dello spirito siano trasferibili a quelle del comportamento. Ma quale cultura e quale spirito affiorano in questo e in altri episodi di bestialità politica che oggi si susseguono in Italia ? Una cultura e uno spirito che non solo non riescono a opporre una resistenza adeguata alla bestialità politica, ma che spesso si levano essi stessi ad accoglierla, a celebrarla, a minimizzarla e a difenderla.

 

Attentato kamikaze nel centro di Gerusalemme 

Perche ? Vengono in mente, a raffica, le ben più utili e opportune interrogazioni poste da George Steiner sul fallimento, che ormai sembra epocale, degli strumenti tradizionali della nostra civiltà: “ Perché? Quali sono i legami, per ora assai poco compresi, tra gli schemi mentali e psicologici della cultura superiore e le tentazioni del disumano? Matura forse nella civiltà letterata un gran senso di noia e di sazietà che la predispone allo sfogo della barbarie?" (George Steiner, dalla Prefazione a «Linguaggio e silenzio», Garzanti, Saggi blu , traduzione di Ruggero Bianchi, 1967). Noi veniamo dopo.

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Geopolitica e psicoanalisi / Sotto il velo

 SOTTO IL VELO

L’obbligo del “velo” – reclamato oggi a gran voce in Italia dalla setta dei fondamentalisti dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) come uno dei pilastri dell’islam –  in ogni epoca è stato contestato dall’interno stesso del mondo musulmano. “ A cominciare dalla nipote di Maometto, Sukaïna Bint El Hussein, che rifiutava di portare il velo e affermava che se Allah le aveva fatto dono della bellezza, sarebbe stato stupido nasconderla sotto un velo”. Lo ricorda in un recente articolo del quotidiano tunisino La Presse il professor Iqbal al Gharbi, dell’università islamica Zeïtouna.

Nel IX secolo a Bagdad – ovvero nella forse troppo idealizzata età d’oro della civilizzazione islamica – un imam sosteneva che il Corano prescriveva il velo solo alle donne di Maometto e che ogni donna che si velava il volto commetteva la colpa di prendersi per la sposa di Maometto ed era punibile con 80 colpi di frusta.

Nel XIX secolo un movimento riformista egiziano, la nahdha, reclamava la scolarizzazione delle giovani donne e l’abbandono dell’obbligo di portare il velo. Seguendo l’esempio della leader Hoda Charaoui, fondatrice della Lega delle donne egiziane, le musulmane abbandonarono il velo negli anni 1920. Nel 1924, la Turchia proibisce il velo e l’Iran fa lo stesso nel 1935.

Negli anni Sessanta nei paesi del vicino Maghreb le donne vivevano e circolavano negli spazi pubblici a viso scoperto e solo alcune, in genere le più povere o le prostitute, portavano l’haik tradizionale. Non è che con la rivoluzione khomeinista del 1979 in Iran che il “velo” è diventato una vera ossessione da parte degli integralisti e dei fondamentalisti. Questa volta è il chador iraniano che si pretende d’imporre a tutte le musumane, anche in Maghreb dove questo rivestimento era totalmente sconosciuto.

Quanto allo hidjab, portato dalle musulmane occidentali, non esiste in alcuna tradizione vestimentaria. E’ una creazione dei Fratelli Musulmani egiziani degli anni 70, che con le loro “macchine ossessive” hanno sostituito sulla scena le cosiddette “macchine desideranti” degli anni Sessanta.

 Che l’odio per la vita femminile costituisca un’ossessione dei barbuti e degli imam semiletterati che oggi occupano la scena, è stato più volte osservato da numerosi intellettuali musulmani. Da Soheib Bencheikh, per esempio, quando come gran mufti della moschea di Marsiglia denuncia le derive wahhabite e salafiste, “ dei gruppi che vogliono imporre un’interpretazione unica, letterale e oscurantista dei testi”.

Il 16 ottobre scorso, l’ossessione islamista dell’ hijab indossato dalle donne e delle barbe ostentate dagli uomini, ha portato il presidente della Tunisia Zine El Abidine Ben Ali a considerare tali segni come delle vere e proprie divise dei gruppuscoli islamisti e a pronunciarsi contro il velo « d’ispirazione settaria importata dall’esterno». Il ministro degli Interni, Rafik Belhaj Kacem, ha da parte sua dichiarato che l’hijab è il « simbolo di un’appartenenza politica che si nasconde dietro la religione e cerca di far regredire la realtà sociale alle più antiche ere ». Lo stesso accade in Marocco, dove – dopo l’approvazione del nuovo statuto della donna – il governo scoraggia l’uso del velo.

I primi casi in Europa di rivendicazione islamista dell’ hidjab a scuola si sono verificati non a caso nel 1989. E’ l’anno in cui il Fronte Islamico di Salvezza ( FIS) lancia la sua campagna di proibizioni e d’imposizione del velo in Algeria, appoggiato dal Gruppo islamico armato ( GIA).

 

Negli anni successivi, dall’Algeria all’Afghanistan passando dall’Arabia Saudita e l’Iran, migliaia di donne sono state battute, frustate, violate, sfigurate con il vetriolo, lapidate, assassinate ( come centinaia di giovani donne algerine sgozzate) per aver esposto troppi capelli e troppa epidermide secondo il gusto delle milizie fondamentaliste.

 Per la scrittrice iraniana Chahdortt Djavann, il velo non è che “un simbolo pornografico che autorizza ogni forma di violenza contro le donne e le pone nel non-diritto.” Non è segno di un un diritto alla differenza ma il segno di una differenza di diritto.

E l’hidjab non viene mai solo. Come afferma il filosofo Raphaël Lellouche :

« Se si tira il filo dell’ordito del velo, è tutto il sistema antropologico, giuridico, culturale e politico dell’islam che affiora. Il velo è una metonimia dell’islam integrista. Non è che la parte di un tutto. Dietro il velo, c’è la superiorità del musulmano sull’infedele, l’interdizione dell’apostasia, il rifiuto della libertà di coscienza, il codice della famiglia, la poligamia, i matrimoni combinati, il rifiuto dei matrimoni intereligiosi, lo statuto di minorità delle donne, la loro ineguaglianza nella successione ereditaria e la testimonianza, la ripudiazione, la lapidazione, l’omofobia, l’intolleranza, l’antisemitismo, ecc.. Insomma, è tutta la sharia che viene a noi e pone un grosso problema di costrizione interna ed anche esterna a una società democratica.»

Il filosofo esagera ? Ecco una dichiarazione fatta alla televisione francese TF1 da una giovane musulmana (Alma o Lila ), scolarizzata alla scuola pubblica laica: « Se fossi una donna che tradisce suo marito, accetterei di farmi lapidare » !

 L’imposizione del velo rivela – secondo Souad Sbaiuna concezione del mondo che non vela soltanto la donna ma anche l’uomo, la società, la mente. Che mortifica la sua parte migliore, la sua storia di civiltà e di creatività. Ogni immigrata che rinuncia al velo non lo fa perché sceglie l’Occidente corrotto. Lo fa perché sceglie e ama il vero islam, non la sua copia deforme”.

Per lo psicoanalista francese di origine tunisina, Fethi Benslama, il velo ( questa “antica alienazione” come osserva Mohamed Kacimi) non appartiene al linguaggio sull’identità ma a un sistema di proibizioni:

« Porre la questione del velo sotto l’angolo della semiologia religiosa è un errore, perché il velo è uno strumento che si pone in tutto un sistema di segregazione e di esclusione della donna: mira a proibire il corpo della donna, pensato come perverso e minaccioso per l’ordine sociale islamico, inteso come ordine maschile. Tutto il resto sono chiacchiere. Gli islamisti usano il velo come un’astuzia: poiché non possono rinchiudere completamente la donna, propongono di includere questa chiusura nello spazio pubblico. Gli islamisti ci mettono questa esclusione sotto gli occhi. Accettando il velo, ammettiamo che la donna resta sotto la tutela teologica ».

Quello dell’obbligo del “velo” è un discorso che regge i rapporti tra i sessi e che afferma in maniera tangibile, ostentatoria, l’assoggettamento delle donne, percepite come portatrici di cieca energia tellurica da dominare e trasformare in una fabbrica di credenti, solo all’interno del matrimonio detto nikha – ovvero “l’acquisto, da parte del credente, dell’apparato generatore della donna con l’intenzione di goderne” – come recita un passaggio della giurisprudenza islamica. Il velo è uno strumento di controllo del desiderio maschile e delle turbe del desiderio maschile. In altre parole, la regola sostenuta dai barbuti che ritengono il velo un comando di Allah consiste nel credere di poter godere della donna e nell’odiare il desiderio femminile.

 Courbet, L’Origine del Mondo, 1866

L’ odio islamista del desiderio femminile è odio della vita e della ricchezza della vita. "Noi amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita", dichiarano i nazislamici iconoclasti nel loro tentativo paranoico di ripulire l’aria da ogni forma di vita considerata "impura" e tornare al deserto. Vita e desiderio femminili sono  all’origine di ogni vita e di un mondo che – in un ‘epoca di ascesa sfolgorante, e quindi non vista, dell’oscurantismo – forse ancora per poco diciamo umani.

 

In rete

– News > Libero Blog – velo: sì o no ? – Simbolo religioso o di sottomissione della donna?

Magdi Allam al Corriere – Gli strateghi che guidano la guerra pro-hijab ( http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/10_Ottobre/26/allam.shtml)

Aggioramento

SYDNEY — «Se porti fuori della carne nuda… e i gatti arrivano e la mangiano… di chi è la colpa, dei gatti o della carne lasciata scoperta? La carne nuda è il problema. Se la donna rimanesse nella sua stanza, in casa, con il velo, non ci sarebbe alcun problema». Lo ha detto in un sermone il più alto esponente musulmano in Australia, il mufti Taj El-Din Hamid Hilaly . Le sue parole, pubblicate  dal giornale The Australian, hanno scatenato polemiche.

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Impastatori / "Governare è fare la mozzarella"

 IMPASTATORI

GOVERNARE E’ FARE LA MOZZARELLA

Un salume s’aggira per l’Europa. “Sa, come si fa la mozzarella?”, chiede Prodi a un giornalista del Pais. “Si gira e si rigira con pazienza, fino a formare una matassa. Diciamo che sto facendo la mozzarella”. Caseificio Italia.

Prodi presenta il nuovo simbolo dell’Unione

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– Dalla mortadella alla mozzarella
 Panorama 

Lui fa la mozzarella…
 Ragionpolitica.it -

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 LECTIO MAGISTRALIS

NUOVO TESTO DEL DISCORSO DI RATISBONA

La Sala Stampa Vaticana ha diffuso il testo definitivo della lectio magistralis su “fede e ragione” pronunciata da Benedetto XVI nell’Aula Magna dell’Università di Ratisbona lo scorso 12 settembre. Le modifiche erano previste ancor prima che scoppiassero le pretestuose polemiche liberticide, ovvero  il jihad dei taglialingua nel mondo islamico a proposito della citazione di Manuele II Paleologo sull’islam, tanto è vero che fin dall’inizio il testo era stato pubblicato con una avvertenza, appunto, sulla versione definitiva. Il nuovo testo è corredato da 13 note.


© L’Osservatore Romano

Fonte  : http://www.vatican.va/news_services/or/photo/ph_index_ita.html

Le catechesi del Papa in lingua araba: è possibile leggerle da oggi on line sul sito del Centro studi e ricerche Oasis (www.cisro.org ).

Benedetto XVI e l’islam

"Dio non si compiace del sangue; non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio"

Per papa Ratzinger le religioni si devono paragonare sulla cultura e la civiltà che esse generano. Per evitare il conflitto delle civilizzazioni l’islam deve sganciarsi dalla violenza terrorista; l’occidente dalla violenza secolarista e atea. L’analisi di Samir Khalil Samir, da asianews.it

Vedi anche : – Il discorso del papa, una mano tesa all’Islam proponendogli di uscire dal ciclo della violenza

E : – “Dio è uno strumento utile” di Lee Harris, Il Foglio del 21 settembre 2006 a commento del discorso “controcorrente” del papa a Ratisbona :

(…) Se l’individuo è libero di scegliere tra la violenza e la ragione, proprio come è libero di scegliere tra le sardine e le acciughe, diventa impossibile creare una comunità nella quale tutti i membri si limitino a usare soltanto la ragione per raggiungere i propri obiettivi. Se l’uso della violenza o della ragione viene lasciato interamente alla scelta soggettiva dell’individuo, allora coloro che scelgono la violenza distruggeranno inevitabilmente la comunità di coloro che hanno scelto la ragione.

Peggio ancora: coloro che scelgono la violenza possono essere anche una piccola minoranza della comunità e ciononostante riuscire a distruggere la possibilità stessa dell’esistenza di una comunità di uomini ragionevoli: la forza bruta e il terrore fanno rapidamente scomparire il dialogo e il dibattito razionale”.

Leggi tutto :

1)http://www.ilfoglio.it/pdfdwl/11879600_5.pdf

2)http://www.ilfoglio.it/pdfdwl/11879600_6.pdf

3)http://www.ilfoglio.it/pdfdwl/11879600_7.pdf

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  TAM TAM

NASCE GREENWICH

Fonte dell’illustrazione: http://www.fatuscircus.com/

Domani alle 15 su RadioAlzozero , la libera radio dei Blog,

la prima puntata di Greenwich

Greenwich è una trasmissione del network Tocqueville, ideata e condotta da Paolo della Sala, in collaborazione con alcuni blogger.

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Sicurezza e diritti civili / " Compromesso all'americana"

  SICUREZZA E DIRITTI CIVILI

COMPROMESSO ALL’AMERICANA

di Massimo Teodori

da:il Giornale del 1 ottobre 2006

Conciliare i diritti della persona con la ragione di Stato è divenuto il tormento dell’Occidente da quando, con l’11 settembre, il terrorismo islamista si è fatto più micidiale.

È infatti improponibile in Occidente mettere in discussione i diritti della persona che sono tra i beni più preziosi della nostra tradizione, laica e cristiana, umanistica e illuministica. Ma è anche divenuto impossibile ignorare che di fronte all’attacco nichilista la sicurezza collettiva impone un ripensamento delle regole della convivenza civile.

È così che il dilemma tra libertà e sicurezza assedia tutti, in America, in Europa, e in Italia. La legge ad hoc approvata dal Congresso statunitense merita perciò un’attenta riflessione in quanto rappresenta un esempio di come si possa risolvere in pratica l’angoscioso dilemma.

Con pragmatismo i senatori americani, con una maggioranza dei due terzi comprendente i Repubblicani e una parte dei Democratici, hanno sì condannato senza mezzi termini le torture perpetrate ad Abu Ghraib e a Guantanamo ponendo chiari limiti all’esercizio della violenza sui prigionieri, ma hanno altresì conferito all’esecutivo il potere discrezionale di utilizzare entro certi limiti metodi per così dire «forti», qualora sia in gioco la prevenzione di atti terroristici e la possibilità di garantire maggiore sicurezza alla collettività. Si è trattato dunque di una decisione pragmatica e non ideologica.

Il Congresso è riuscito a risolvere per via legislativa il conflitto insorto tra, da una parte, la Casa Bianca tutta protesa ad estendere e abusare dei propri poteri sui prigionieri profittando del vuoto legislativo nazionale e internazionale in materia e, dall’altra, la Corte suprema che, come di consueto, ha funzionato da contrappeso con la dichiarazione di incostituzionalità delle commissioni militari in funzione giudiziaria e la richiesta di un quadro giuridico certo per i terroristi. Si vedrà ora se il compromesso americano tra libertà individuali e sicurezza sociale funziona e salvaguarda i due beni supremi – la vita delle popolazioni e lo Stato di diritto – che oggi l’Occidente dovrebbe contestualmente tutelare.

Anche in Italia si discute su questo groviglio, senza l’urgenza di dovere affrontare questioni simili a quelle dei prigionieri in America. Come è nostro costume, però, il dibattito sembra al momento seguire linee teoriche che, se possono chiarire i presupposti delle decisioni politiche, rischiano di isterilirsi nell’Accademia. Angelo Panebianco ha sostenuto che, trovandoci in una situazione di guerra, occorre accettare le conseguenti misure di emergenza volte a salvare vite umane secondo una scelta che non è tra il male e il bene ma piuttosto quella del male minore. Tuttavia molte risposte alla provocazione dell’intellettuale liberale hanno contestato le sue argomentazioni, sia negando lo Stato di guerra come presupposto delle misure di emergenza, sia richiamando il tradizionale garantismo dell’Occidente. La questione, dunque, anche da noi è aperta.

Quel che mi sento di dire, tuttavia, è che su un tema così difficile occorrerebbe sempre effettuare le necessarie distinzioni senza abbandonarsi a pulsioni ideologiche. Anche perché le situazioni reali, da cui è sempre opportuno prendere le mosse, sono assai più variegate e distribuite lungo un arco che va dal garantismo assoluto e spesso inetto fino alla tortura di frequente inutile oltre che ripugnante. È per questo che dovremmo imparare dagli americani la lezione del compromesso pragmatico che è una grande risorsa per la democrazia “.

Leggi anche :  Il male minore. L’etica politica nell’era del terrorismo globale, Libro di Michael Ignatieff, Editore Vita e Pensiero, 2006

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Circus islamicus / Docente minacciato di morte

  CIRCUS ISLAMICUS

DOCENTE E GIORNALISTA MINACCIATO DI MORTE

 Robert Redeker, il professore di filosofia che aveva pubblicato un articolo molto critico sull’islam il 19 settembre nel quotidiano francese Le Figaro, è stato condannato a morte da una fatwa proveniente da ambienti dell’estremismo islamico e posto sotto protezione dalle forze dell’ordine, che rifiuta ogni informazione supplementare “per ragioni di sicurezza”.

Nel testo intitolato "Face aux intimidations islamistes, que doit faire le monde libre", Robert Redeker , a proposito di Maometto, il fondatore dell’islam, afferma : “ Esaltazione della violenza: spietato capo di guerra, razziatore, massacratore di giudei e poligamo, tale si rivela Maometto attraverso il Corano”. 

Dopo aver affermato che “odio e violenza abitano il libro nel quale ogni musulmano è educato, il Corano”, Robert Redeker , professore al liceo di Pierre-Paul-Riquet a Saint-Orens de Gammeville, aggiunge che: " Mentre il giudaismo e il cristianesimo sono delle religioni i cui riti scongiurano e delegittimano la violenza, ‘islam è una religione che, nel suo stesso testo sacro, così come in alcuni suoi riti banali, esalta violenza e odio”.

Per dimostrare che non è vero, alcuni gruppi fondamentalisti condannano a morte il professore di filosofia, mentre Kamel Kabtane, il rettore della grande moschea di Lione, esprime “le più grandi riserve circa l’origine di tali minacce, facilmente attribuibili a dei fedeli musulmani smarriti…”, e Dalil Boubakeur, il presidente del Conseil français du culte musulman afferma ambiguamente di condannare “ : "tutte le violenze, fisiche e… verbali”.

La Tunisia e l’Egitto avevano immediatamente protestato proibendo fin dal 20 settembre sia Le Figaro sia altri due giornali europei, il tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung” e un’edizione del britannico “The Guardian Weekly”.

Occorre denunciare con la più grande fermezza le minacce che colpiscono Robert Redeker, anche se siamo in disaccordo con quanto ha scritto”, è la presa di posizione degli amici di cultura musulmana – laici, credenti o atei – riuniti attorno al Manifeste des Libertés.

In effetti, l‘aspetto paradossale di questa nuova intimidazione islamista è che mentre nel mondo musulmano troppi uomini e donne subiscono anonimamente censure, persecuzioni, attentati, a motivo dell’esercizio reale della loro libertà di parola (vedi  “In nome dell’islam” – Quello che si fa “in nome dell’islam” ovunque nel mondo ), occorre prendere le difese dell’autore di un articolo piuttosto mediocre, che con le sue affermazioni triviali non fa che da specchio agli islamisti narcisisti e violenti, pronti a marciare al piffero delle pseudo-umiliazioni invece di affrontare le umiliazioni reali inflitte ai musulmani dai propri dirigenti politici e religiosi.

D’altra parte, denigrando Maometto o dicendo che tutto l’Islam è cattivo, si corre il rischio di semplificare la storia e di entrare in una specie di complicità speculare con gli islamisti, e – in interconnessione con altre forze distruttrici – di produrre scenari di squalificazione di tutto e di tutti da parte di tutti , entrando così all’ombra dell’epoca dell’oltraggio globale e di una possibile sciagura generale.

Si tratta – osserva lo psicoanalista tunisino Fethi Benslama – di questa rabbia multiforme che si estende, e che mira a far uscire l’altro dalla sua dignità, per quello che è o per quello che è stato, per attribuirsi l’esclusività della ragione e della civilizzazione, per autorizzarsi a rimangiarsela ed eventualmente a distruggerla, come una vita spregevole”.

  • Le Figaro. Texte de R. REDEKER., publié le 19 septembre 2006

  •  Su Al Jazira, Youssef al-Qaradawi designa Robert Redeker alla vendetta “in nome dell’islam” ( in francese)

  •  Lesa religione, in arabo istikhfaf,  è un concetto che finisce con l’impedire non solo la satira e  la libertà di espressione, ma anche con il sopprimere lo spirito critico e impoverire ogni funzione intellettuale. Qualsiasi critica dell’islam viene percepita immediatamente come blasfemia. Il concetto di istikhfaf è alquanto elastico: confutare nel corso di un dibattito un precetto islamico è lesa religione? Disapprovare una norma o un comportamento ammesso nell’islam, come la poligamia, è lesa religione? Il problema si pone ancora oggi nei paesi islamici o islamizzati, e in particolare nel Pakistan dove i cristiani denunciano la cosiddetta “legge sulla blasfemia” che punisce di morte chiunque sia accusato di offendere Maometto e condanna all’ergastolo chi offende il Corano… Molti, troppi giureconsulti islamici, impropriamente definiti "teologi", ritengono lecito ( e cioè conforme al “diritto del dio Allah", erroneamente vissuto dalla "religiosità psichica" di taluni fedeli ad oltranza come una specie di Saddam Hussein cosmico) spargere il sangue di chi biasima, critica o attribuisce un pur minimo difetto fisico o morale a Maometto (in arabo sabb al-rasul) e a qualsiasi profeta (nabi).

Les réactions, LES MENACES SUR ROBERT REDEKER

AGGIORNAMENTI

 – Samir Khalil Samir ad AsiaNews: “Vi è in atto un attacco culturale dell’Islam all’occidente, a cui l’Europa risponde con la paura e l’indietreggiamento. Il papa a Regensburg ha mostrato la strada: no alla violenza dell’Islam; far rinascere la cultura europea”.Islam violento ed Europa codarda: dalle vignette a Regensburg

 Riferendosi al caso Redeker , “ da quest’ultimo indizio di sottomissione al furore islamista – osserva Ruggero Guarini sul Velinonon è esagerato dedurre che presto, molto presto, dalle scuole europee non verranno licenziati solo gli insegnanti che coltivano ed esprimono qualche pensierino critico su Maometto e sul Corano, bensì anche i loro massimi maestri. Il primo provvedimento dovrebbe colpire ovviamente Voltaire, che in una sua tragedia definì Maometto "un mostro incomprensibile di audacia e di impostura"; e nel suo Dizionario filosofico descrisse la fede islamica come una superstizione sanguinaria che promette il paradiso a chi sgozza uno o più infedeli. Il secondo dovrebbe colpire Schopenhauer, che in Il mondo come volontà e rappresentazione, dopo aver definito la religione musulmana "la forma più squallida di teismo", aggiunse che il Corano "non contiene nemmeno un pensiero dotato di valore".Il terzo dovrebbe riguardare Jacob Burckhardt, che nelle sue Riflessioni sullo studio della storia tracciò questo ritrattino del Profeta: "Maometto è fanatico all’estremo, ogni libertà in materia di religione lo riempie di sacro furore, e questa è la sua forza principale. Il suo fanatismo è quello di un semplificatore radicale, e come tale del tutto genuino. Era un fanatismo della specie più tenace, la furia dottrinaria, e la sua vittoria fu una delle più grandi vittorie del dottrinarismo e della banalità". E Il quarto dovrebbe raggiungere Dante, che sbatté Maometto all’inferno, raffigurandolo come un fantoccio spaccato a metà; anzi, più esattamente, "rotto dal mento infin dove si trulla" (vale a dire dalla bazza al deretano); offrendo così lo spettacolo descritto in questa crudele terzina: a le gambe “Tra le gambe pendevan le minugia, | la corata pareva, e il tristo sacco | che merda fa di quel che si trangugia". Qualche ingenuo a questo punto eccepirà che non si licenziano i morti. Errore, grave errore. Allah esige che i suoi beffatori vengano denunciati, processati, condannati e tormentati per tutta l’eternità […] ”.


Stiamo assistendo a forme di autopunizione. “In Olanda – spiega a il Foglio il professor Pieter van der Horst storico delle religioni all’Università di Utrecht, di Princeton e altri centri – soprattutto dopo la morte di Theo van Gogh, sempre più esponenti della cultura hanno paura a parlare chiaro e ad alta voce. Alcuni critici importanti dell’islam sono stati minacciati e intimiditi dagli islamisti e alla fine si sono ritirati dal dibattito pubblico. Ed è ciò che proprio vogliono: che tutti i critici dell’islam siano messi a tacere. In un modo o nell’altro. Nessuno alza la sua protesta. Ayaan Hirsi Ali era una delle pochissime che aveva avuto il coraggio di denunciare una delle facce più cupe dell’islam. E non poteva essere tollerato”. Il caso Redeker dimostra quanto sia grave la situazione. “Quelle osservazioni critiche hanno scatenato minacce alla sua vita da parte di musulmani. La correttezza politica è la malattia più letale dell’occidente. Nel mio paese la sinistra chiude gli occhi sull’odio antiebraico dell’islamismo. La cecità sulla natura perversa del fenomeno, che la sinistra arriva perfino a comprendere, è un segno della nostra decadenza morale. Se i leader europei non si oppongono a questa deriva la mancanza di libertà di parola e accademica diventerà intollerabile […]”.

Ci rendiamo conto – scrive Magdi Allam sul Corriere – che si sta tentando di sostituire la Jihad dei tagliagola, che ha traumatizzato il mondo intero e ha diviso i musulmani (perché sono al contempo i carnefici e le principali vittime), con la Jihad dei taglialingua...?” E così continua: “ Ebbene, ciò che non vediamo o facciamo finta di non vedere è che tra la Jihad dei tagliagola e la Jihad dei taglialingua c’è sola una differenza formale: entrambe le guerre sante islamiche mirano ad annientare la persona, la prima direttamente e fisicamente, la seconda indirettamente e psicologicamente. Si tratta della differenza che intercorre tra i jihadisti alla Bin Laden, che vorrebbero conquistare il potere decapitando la testa del nemico, e i gradualisti quali i Fratelli Musulmani che perseguono il medesimo traguardo del califfato islamico minando dalle fondamenta il potere nemico. Oggi l’Occidente si sta di fatto arrendendo agli estremisti islamici che in cambio dell’archiviazione di una condanna a morte inflitta dai loro tribunali della sharia, esigono la rinuncia definitiva alla nostra facoltà di criticare l’islam e Maometto, un’opzione che culminerà di fatto con l’archiviazione del nostro legittimo diritto alla libertà d’espressione. Ecco perché io difendo senza se e senza ma il diritto del Papa, Redeker, Theo van Gogh, Ayaan Hirsi Ali, Bernard Lewis, Daniel Pipes, ma anche di Dante, Voltaire e Mozart, nonché di Wafaa Sultan, Ibn Warraq, Sayyid al Qimni, Lafif Lakhdar e Said El Eshmawi di criticare l’islam e Maometto. Oggi più che mai. Leggi tutto

PER REDEKER

Levy Bernard Henri al Corriere

Più in là, forse, dirò ciò che penso davvero del pezzo di Robert Redeker sul Figaro del 19 settembre scorso. Per adesso, il principio è semplice. Ed è un principio che va affermato senza sfumature. Non si discute con un uomo a terra: lo si aiuta a rialzarsi. Non si apre una polemica contro chi, per aver scritto un articolo, si vede minacciato di morte, braccato, stigmatizzato: gli si tende la mano, lo si difende e, se si è un governo, lo si protegge, insieme con la sua famiglia, e gli si offre riparo”.

 Sì, ma questa Europa moralmente impigrita e interessata solo agli affari , nonostante l’espansione illimitata della tecnica non sa offrire altro ai propri intellettuali e a tutti noi che un piccolo nascondiglio più o meno sicuro. D’altra parte, il coraggio uno non se lo può dare, e Don Abbondio si conferma un punto di riferimento esemplare per taluni preti con la kefiah e i sinistri governanti – i guardiani dei cosiddetti "bisogni della gggente" ( con tre "g").

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Sindrome Dhimmi / L'Idomeneo di Mozart censurato per la paura della violenza islamista

 SINDROME DHIMMI

L’IDOMENEO DI MOZART CENSURATO PER LA PAURA DELLA VIOLENZA ISLAMISTA

  La Deutsche Oper di Berlino ha deciso di togliere dal cartellone e di non portare più in scena l’opera «Idomeneo Re di Creta» di Wolfgang Amadeus Mozart per timore di proteste islamiche.

All’origine dell’autocensura della direzione del teatro c’è un’analisi del «Landeskriminalamt» (Lka), la sezione berlinese dell’antiterrorismo, secondo cui «non si possono escludere manifestazioni di disturbo durante le rappresentazioni».

Un portavoce della polizia rivela che le preoccupazioni delle autorità berlinesi erano cominciate in giugno, quando una telefonata anonima aveva fatto un accenno al cartellone della Deutsche Oper.

Il capogruppo dell’Islamic Councill , Ali Kizilkaya, che aveva già definito le dichiarazioni del Pontefice «irritanti e per la maggior parte spiacevoli», sostiene che l’opera in cui il regista Hans Neuenfels fa estrarre a Idomeneo le teste decapitate di Nettuno, Cristo, Maometto e Buddha da un sacco insanguinato «ferisce i sentimenti dei musulmani ». E in un obliquo riferimento ai fatti danesi – un riferimento obliquo come una coltellata liberticida – aggiunge: «Un’opera o una caricatura, non fa molta differenza ».  «L’arte deve essere libera», dichiara invece Kenan Kolat, presidente federale della comunità turca. E consiglia «a tutti i musulmani di accettare certe cose» *.

"Dove andremo a finire – si è chiesto il regista Hans Neuenfels – se in futuro ci faremo ricattare con un’obbedienza anticipatrice nei confronti di spettatori eventualmente impazziti?".

E così uno spettro si aggira per l’Europa, la paura che i dhimmi vengono abituati a provare per Maometto.

Tra poco in Europa basterà non essere musulmani per essere accusati di mancare di rispetto al Profeta e al Corano.

Vedi anche:

Intimorire l’Occidente: da Rushdie a Papa Benedetto di Daniel Pipes – New York Sun, 26 settembre 2006

Miniatura raffigurante Ali bin Abu Taleb ( arabo علي بن أبي طالب ), cugino e genero del profeta mentre decapita Nasr bin al-Hareth in presenza del Profeta e dei suoi compagni.  This is a miniature from Siyer-i Nebi, a Turkish religious biography of Mohammed completed in 1388 and later lavishly illustrated with 814 miniatures under the reign of Ottoman ruler Murad III, being completed in 1595. Many of the miniatures depict Mohammed, and this particular one shows Ali bin Abu Taleb beheading Nasr bin al-Hareth in the presence of Mohammed and his companions.

 Image Archive page  – Depictions of Mohammed Throughout History


 Aggiornamento

…evidentemente c’è una parte di questo Occidente che preferisce infierire contro se stesso anziché difendere la propria civiltà minacciata dall’estremismo islamico.

In Italia dovremo aspettare la messa al bando della Divina Commedia per svegliarci dal nostro torpore?

da: Se l’Occidente decide di autocensurarsi ( Magdi Allam, 28 settembre)

 

* A proposito della sciocca idea del regista Hans Neuenfels, il quale, per illustrare il trionfo massonico-illuminista-laicista della ragione sulle fedi religiose, nell’ultimo atto fa uscire da un sacco le teste decapitate di Gesù, Budda, Poseidone o Nettuno e Maometto”, leggi: La doppia idiozia dell’Idomeneo cancellato di Carlo Panella .

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Terrorismo / Osama Bin Laden sarebbe morto

 OSAMA BIN LADEN SAREBBE MORTO

I servizi segreti sauditi avrebbero acquisito la convinzione che il fondatore di al-Qaeda sia morto.

L’informazione è stata rivelata oggi dal quotidiano francese L’Est républicain e risulterebbe da una nota definita confidenziale proveniente dalla Direzione Generale dei Servizi Esteri ( DGSE) del governo francese.

Gli elementi raccolti dai sauditi indicherebbero che il capo di al-Qaeda sarebbe rimasto vittima, mentre si trovava in Pakistan il 23 agosto 2006, di una forte febbre tifoidea, e che l’isolamento geografico, dovuto alla sua fuga permanente, avrebbe reso impossibile ogni assistenza medica.

I servizi sauditi avrebbero raccolto le prime informazioni sul decesso di  Bin Laden  fin dal 4 settembre 2006 e atteso di ottenere maggiori dettagli, specialmente indicazioni sul luogo esatto dell’inumazione, per annunciare ufficialmente la notizia.

Una prima nota intitolata « Les services saoudiens cherchent à confirmer la mort d’Oussama Ben Laden » sarebbe stata redatta e diffusa il 19 settembre scorso, e giudicata sufficientemente affidabile dai sauditi per informarne le autorità francesi quello stesso giorno.

Fonte :

 http://www.estrepublicain.fr/zoom/2006092300222348.html

Intanto, il ministero della Difesa francese ha fatto sapere che le informazioni pubblicate oggi dal quotidiano L’Est républicain "non possono essere confermate". Nel comunicato il ministero aggiunge di aver aperto un’inchiesta "per determinare l’origine di questa fuga di notizie".

Iraq. Al Arabiya: video del nuovo capo di Al Qaida RaiNews24 e Reuters Italia

 

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Barbarie / Tre cristiani assassinati in Indonesia

 BARBARIE

TRE CRISTIANI ASSASSINATI IN INDONESIA

 Fabianus Tibo's relatives at the church service

 Fabianus Tibo, Marianus Riwu e Dominggus da Silva, i tre cattolici indonesiani accusati di aver organizzato violenze durante i moti interreligiosi che nel 2000 avevano sconvolto l’isola di Sulawesi sono stati giustiziati intorno all’una del mattino del 22 settembre.

Condannati ingiustamente dopo un processo-farsa in applicazione della legge islamica o sharia ( lo ha detto tra le altre molte voci nazionali ed internazionali come persecution.org anche Amnesty International ) si sono aggiunti alla lunga lista dei cristiani assassinati in Indonesia ( il più popoloso paese islamico del mondo, dove imperversa il jihad maligno e anche alcuni cristiani si difendono costituendo le loro milizie armate).

Per la notizia vedere : ADN Kronos

BBC NEWS | Asia-Pacific | Three Sulawesi militants executed

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22 Sep 06 |  Asia-Pacific

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19 Jul 04 |  Asia-Pacific

Death sentences for Indonesian violence
05 Apr 01 |  Asia-Pacific

Indonesia flashpoints: Sulawesi
28 Jun 04 |  Asia-Pacific

BBC NEWS | World | Asia-Pacific | Indonesia’s Muslim militants

Fonte: http://news.bbc.co.uk/

Vedi anche

20-09-2006 INDONESIA – “Fucilateci in pubblico”, l’ultimo desiderio dei tre cattolici condannati a morte
20-09-2006 INDONESIA – Per i tre indonesiani condannati a morte si spera solo in un miracolo
21-09-2006 INDONESIA – rimandata l’esecuzione di Tibo e compagni
21-09-2006 INDONESIA – Negati gli ultimi sacramenti ai tre condannati a morte
21-09-2006 INDONESIA – Fucilati i tre cattolici indonesiani Fonte: http://www.asianews.it/main.php?l=it

Clicca qui per ingrandire la foto

La comunità cattolica indonesiana in preghiera

Fonte: http://qn.quotidiano.net/art/2006/09/21/5437032#

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