Incidenti e pregiudizi / Dolore ? No, grazie !

 DOLORE ? NO, GRAZIE !

Parabola del Buon Samaritano. Particolare della Tavola XII del Codex Purpureus Rossanensis.

Parabola del Buon Samaritano.Tavola XII del Codex Purpureus Rossanensis.
Fine del V – inizio del VI secolo –Museo Diocesano di Arte Sacra (Rossano)

Un incidente ti porta di corsa in ospedale ( e, tra l’altro, a sospendere per alcuni giorni questo blog)…


Sofferenza, inquietudine, disagio, entrare in un luogo infelice, tra medici infermieri burocrati oberati dal lavoro di routine, e malati che proprio come me e te sembrano doversi trasformare come per improvvisa amnesia in povera carne prudente, impaurita : persone ridotte da forti dolori quasi a tanti mucchietti d’immondizia dolorante, piagnucolante.

Varcare la miserabile soglia dell’ospedale è tuttavia una buona occasione per riflettere, ancora una volta, sulla fragilità del nostro esistere.

Nello zainetto, insieme al pigiama e senza dimenticare le pantofole, hai messo una copia dell’ I King. Vi leggi:


Tutto ciò che è terreno è caduco. Ma guai a chi si lascia scuotere da questo destino.

Occorre saper dimostrare che la forza interiore è più forte di qualsiasi destino.

La forza interiore è accettazione”.


Una volta arrivati in questo luogo di confine, che ironicamente chiami “Hotel Terminus”, è giocoforza accettare la fine, o perlomeno – come speri nel raccomandarti al Padre celeste e alla Madonna – accettare la temporanea sospensione del benessere, della tranquillità, della pace, e la perdita del senso dell’immunità fisica, della salute a tutta prova.

Accetti tutto questo, d’accordo, anche l’essere designato e trattato come “paziente”, ma non il dolore. Il dolore non solo instupidisce ed è inutile allorché continua ad insistere anche dopo aver esaurito la sua funzione di campanello d’allarme, ma qui , all’Hotel Terminus, i medici hanno la tendenza a sottovalutarlo un po’ – come se fosse nient’altro che un fattore secondario rispetto alla patologia di base sulla quale concentrarsi.

Questa tendenza, probabilmente di origine culturale, porta nella maggior parte dei casi a non alleviare il dolore dei “pazienti” nella maniera più attenta, efficace e tempestiva possibile.

In pratica, ti viene dato un analgesico comune, che non fa diminuire il dolore; e alla richiesta di oppioidi per sconfiggere i forti dolori, il dottore – un medico po’ anziano, al quale ti sei rivolto – esordisce dicendo bruscamente che “ il dolore è un fatto molto soggettivo”; e ti nega gli oppioidi osservando che “ danno a-s-s-u-e-f-a-z-i-o-n-e…”. Subito poi passa oltre allontanandosi in un lungo  corridoio d’ospedale simile a un sogno…

Oltre ad esordire con una frase alla Woody Allen ( “il dolore è un fatto… molto soggettivo”) che non prometteva niente di buono, il vecchio dottore, quel concentrato di trascuratezza, di arroganza e di impunità, ti lascia senza versare né olio né vino sulle ferite – ferite anche narcisistiche, volendo, e tuttavia davvero fortemente doloranti. Di un dolore fitto e severo, insopportabile, continuo – vale a dire senza misericordia. E nessun Buon Samaritano all’orizzonte…


CHI HA PAURA DELLA MORFINA ?


Per trattare e alleviare il dolore occorrono anche buone parole. L’amore, insomma, che è certamente un potente anestetico, e che tuttavia da solo non basta quando servono farmaci adatti antinfiammatori, oppioidi (dal 2001 prescrivibili anche in dolore non oncologico e dall’anno scorso gratuiti). Questi ultimi comprendono la morfina o l’ossicodone a rilascio controllato, fentanil e buprenorfina transdermici a rilascio continuo (cerotti), metadone, codeina, tramadolo.

Il dolore non è necessario e si può evitare. Tuttavia, come ha scritto recentemente Maurizio Imperiali nel sito http://www.dolorenograzie.com/ , “ in Italia la terapia del dolore resta trascurata.

Ma se il punto – dopo che nel 2001 sono state cambiate le regole per la prescrizione di questi farmaci (legge numero 12/2001) – non è la burocrazia che circonda la prescrizione della morfina, perché la situazione non pare modificata sostanzialmente ? Quanto pesa la burocrazia?

Per il dottor Lora Aprile – citato nell’articolo di Maurizio Imperiali – il punto non è la burocrazia. “In questa situazione pesano diversi aspetti. Per molti medici, soprattutto quelli con i capelli grigi, la morfina evoca l’assuefazione, la dipendenza, la depressione respiratoria: una visione smentita dagli studi condotti, ma che ancora resiste. Poi c’è la resistenza e il timore da parte dei pazienti: è più facile prescrivere un farmaco che si chiama tramadolo, per il quale difficilmente sorgono paure e vengono richieste spiegazioni, che non uno che ha chiaramente scritto sulla scatola la parola morfina. In quel caso è inevitabile dover dedicare tempo al paziente (…) . Quindi, anche se come nel resto del mondo sarebbe opportuno che gli oppioidi fossero prescritti con le stesse procedure degli altri farmaci, potrebbe non bastare”. Insomma il farmaco non è tutto, occorre anche un’opera che richiede tempo e una vicinanza al paziente e alla sua famiglia che è difficile possa essere raggiunta da qualcuno che non sia il medico di fiducia. Però – aggiunge l’articolista – “Nella prescrizione degli oppioidi maggiori nel dolore non oncologico effettivamente il medico di medicina generale è molto cauto e, direi, a ragione. Infatti non esistono linee guida precise, indicazioni chiare. Esistono pazienti per i quali volta per volta specialista e curante devono decidere il da farsi”.

D’altra parte, come riferisce un recente articolo di Claudia Boselli su Panorama “ sono ancora pochi gli studi epidemiologici sulla presenza e il controllo del dolore negli ospedali italiani. L’anno scorso è stato pubblicato sul Journal of pain and symptom management il progetto Eolo (End of life in ospedale), che ha coinvolto 40 strutture italiane. ‘Il 75 per cento dei malati che muoiono in ospedale ha dolore, di varia intensità, e solo il 51 per cento riceve una terapia.Il 42 per cento prova dolore forte, di questi il 48 per cento non è trattato‘ riferisce Franco Toscani dell’Istituto di ricerca in medicina palliativa Maestroni.

‘I bisogni espressi dai malati terminali di cancro sono oggi ben descritti, non altrettanto quelli di chi ha altre patologie: il diffondersi delle cure palliative non ha avuto ricadute sull’ospedale per acuti’ sottolinea.


CittadinanzAttiva ha redatto la Carta dei diritti sul dolore inutile: il punto di vista dei cittadini e degli operatori sul «diritto fondamentale di ogni individuo a vedere alleviata la propria sofferenza nella maniera più efficace e tempestiva possibile»

http://www.panorama.it/scienze/medicina/articolo/ix1-A020001035970


Contro il dolore non necessario

Il dolore è nei suoi aspetti morali e fisici intrinseco all’esperienza dell’uomo. Ma, concentrandoci sulla sofferenza del corpo, non possiamo non recriminare quanta parte di essa sia dovuta a incuria, inesperienza, poco amore per il malato. Il dolore può arrivare al punto di rendere desiderabile la morte.

I suoi confini sono indifesi e aperti ad ogni estrema soluzione. Perché il dolore insostenibile logora insieme con il corpo l’equilibrio morale e psichico di chi ne è colpito, degrada il suo contegno, annienta la sua dignità.

Questo dolore iniquo vogliamo combattere; esso è puramente distruttivo. I suoi effetti sono spesso atroci, le premure solidali e affettuose non bastano ad alleviarli. Si rende pertanto necessario e doveroso adottare provvedimenti terapeutici per controllare e ridurre la sofferenza fisica in modo da evitare che la persona nella sua totalità sia miseramente avvilita e degradata.

Occorre dunque una svolta culturale nel campo della nostra medicina, che trasformi l’opera del medico da “curare” in “prendersi cura” nel rispetto di due fondamentali diritti del malato: non soffrire dolori inutili e mantenere la propria dignità e un tenore decoroso di vita durante la malattia."

Manifesto Etico sul Dolore

Adesioni al Manifesto Etico sul Dolore

Van Gogh, Il buon samaritano (da Delacroix)
(Saint-Rémy, maggio 1890; Otterlo, Museo Kroeller-Muller)

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Caduti di Nassiriya / Oggi i funerali a Roma

 Caduti di Nassiriya

Oggi i funerali a Roma nella basilica di Santa Maria degli Angeli.


Nicola Ciardelli, 34 anni, capitano dell’185esimo Rao della brigata folgore a Nassiriya, ufficiale di collegamento del Pjoc (provincial joint operation center). Nato a Pisa l’11 settembre del 1972, lascia la moglie Giovanna e un figlio di pochi mesi.

Franco Lattanzio, 38 anni, maresciallo capo dei carabinieri. Nato a Pacentro (L’Aquila). Lascia un fratello e una sorella residenti al paesino natale e un’altra sorella emigrata in Australia.

Carlo De Trizio, 27 anni, maresciallo capo dei carabinieri, era effettivo al Comando Provinciale di Roma-Nucleo Radiomobile. Nato a Bisceglie (Bari). Era arrivato a Nassiriya da 13 giorni.

  IL RICORDO DEL PAPA – Benedetto XVI nel suo discorso dopo la recita del rosario al Santuario mariano del Divino Amore, a Roma ha detto che «c’è bisogno di conversione a Dio, a Dio Amore, perché il mondo sia liberato dalle guerre e dal terrorismo. Ce lo ricordano purtroppo le vittime, come i militari caduti giovedì scorso a Nassiriya, in Iraq, che affidiamo alla materna intercessione di Maria, Regina della pace»

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La carne e il sacro / Il soffio del Padre

IL SOFFIO DEL PADRE

E’ sempre in termini di amore, di fecondità e di potenza generatrice che la tradizione cristiana ha presentato la persona dello Spirito Santificatore, tanto nell’articolazione o processione o dialettica trinitaria che per l’opera che esso svolge nel seno della Chiesa, nel mondo e in «chi si unisce al Signore » e «forma con lui un solo spirito» (1Cor 6,17) pur restando “corpo”.


Potenza maschile, lo Spirito Santificatore è il soffio sovrannaturale che feconda la Vergine Maria, che anima la Chiesa e che genera i cristiani a nuova vita; è tale potenza ( non a caso lo Spirito Santo non viene mai rappresentato in forma umana, ma di colomba ) che manifesta la nascita e la risurrezione di Gesù in un corpo glorioso maschile e gioiosamente ipernormale – mentre la tomba è vuota ( cfr.. A Phallic Shadow. Interview by Jacques Henric, art press no. 262, november 2000 ).

Incredulità de San Tommaso,
Salviati, 1545, Louvre, Paris

Dalla rete

Phallophanies: les images du livre
Fallofanie, la Carne e il Sacro, Éditions du Regard, 2000
, espone una scoperta. Una Cosa, nell’arte cristiana, che nessuno aveva ancora visto ( come nella “lettera rubata” di Poe, di cui parla Lacan), d’improvviso appare: sul corpo iconico del Cristo battezzato, crocifisso e risorto affiora un fantasma fallico che interroga lo spettatore.


Nota .

Nel lavoro La significazione del fallo, Jacques Lacan esplicita il fatto che l’inconscio freudiano non tiene conto della differenza anatomica tra i sessi, ciò significa che una diversa ratio domina l’inconscio, a partire da ciò, Lacan introduce l’idea che è un ordine diverso da quello anatomico a reggere la logica inconscia, che suppone essere l’ordine significante. Entriamo così nella dimensione del simbolico, il simbolico è propriamente l’inconscio ma nessuno lo sa… e se qualcuno lo vuole sapere va in fallo, fallisce, si sbaglia. Come il soggetto infante, il falloso ( in genere ripetitivo ) che attraverserà delle fasi di erranza, prima tra tutte lo «stadio dello specchio», arrivando ad un punto in cui il desiderio sfugge al soggetto, inconscio, rimosso celato com’è nell’Altro, ciò equivale a mentire e a negare la mancanza ad essere che si traduce in angoscia ( con termine usato da Kierkegaard, poi da Lacan).

La legge del desiderio è appresa dal nostro corpo quando nel nostro mero o puro movimento ci imbattiamo nella presenza /assenza della madre, primo vero Altro- il quale risponde, solo se può e quando vuole alla nostra insaziabile domanda d’Amore. Anche quando il bambino piange perché ha fame esprime una domanda d’Amore, ciò vuol dire che l’apprendimento del linguaggio nel bambino è funzionale alla sua urgenza di significare la mancanza, per non patirne più il muto ed angoscioso peso. Al centro del grafo Lacaniano troviamo la teoria della castrazione simbolica, con cui egli cerca di significare l’indicibile di quest’assenza. Il fallo ha una doppia valenza, immaginaria e simbolica, esso diverrà appunto, da oggetto immaginario per il possesso della madre a significante dell’impossibile soddisfacimento del desiderio.


Partendo dal complesso di Edipo il bambino, cercherà un rimedio alla dolorosa consapevolezza di non essere tutto per la madre (Altro) e lo troverà nella Parola che, dicendola, proprio per questo vela , occulta, rimuove la propria mancanza ad essere. Si chiude così il grafo con l’accettazione della mancanza che sembra essere la sola verità del desiderio. Tale mancanza, tuttavia, più che un vuoto nichilista alla fine della catena significante, potrebbe anche essere un vuoto come fresca traccia del passaggio di quel Reale che sempre sfugge al desiderio e “soffia dove vuole” , come una specie di vento gentile tra le maglie di questa rete e tomba vuota.

Le Réel, à la fin de l’histoire humaine, accomplira la figure de son éternel vide; tel est l’Éden que le Corps glorieux destine à nos passions idolâtres, et qui fait de l’art chrétien dans son ensemble la figuration purement ornementale d’un ultime et joyeux néant : le sens”.

" Il Reale, alla fine della storia umana, compirà la figura del suo eterno vuoto; tale è l’Eden che il Corpo glorioso destina alle nostre passioni idolatre, e che fa dell’arte cristiana nel suo insieme la figurazione puramente ornamentale di un ultimo e gioioso niente: il senso".

Vedi anche:

Il maschile e Gesù Cristo. Breve pista bibliografica (a cura di Antonello Vanni)

in : http://claudiorise.blogsome.com/2006/04/26/il-maschile-e-gesu-cristo-breve-pista-bibliografica/

e

CHIESA MADRE E PATERNITA’ DI DIO

in:http://giannidemartino.splinder.com/post/5097157

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Surrealismo / il 25 Aprile della sinistra

 L H O O Q

IL 25 APRILE DELLA SINISTRA

La Moratti fischiata, insultata  e obbligata a lasciare il corteo, le bandiere di Israele bruciate da alcuni musulmani e utili idioti nazirossi,

 

le braghette rosse che a Milano cantavano il loro lugubre slogan 10-100-1000 Nassirya, mentre Prodi proclamava: " Il nostro è un Governo forte…" 

 

il sinistro inconscio italiano, medio-italiano, al potere nelle strade… Più che ai coglioni, sembra un Paese consegnato ai portatori di sfiga e agli imbecilli

Marcel DUCHAMPet / ou   R r o s e   S é l a v y – 1919

"Elle A Chaud Au Cul" ( Ella ha caldo al culo )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aggiornamento

( v.   IL CORRIERE DELLA SERA del 26 aprile 2006 ).

 POVERA ITALIA

Bomba a Nassiriya. Morti tre italiani

il commento dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga: "Il 25 Aprile Milano ha chiamato, il 27 aprile Nassiriya ha risposto".

Solidarietà e partecipazione autentica ai parenti dei nostri militari caduti in un perfido agguato jihadista * in Iraq.

"Il mio pensiero- ha detto il capo dello Stato – va alle famiglie delle nuove vittime di Nassiriya … sento con loro un immenso dolore per la perdita di questi giovani che operavano con onore al servizio della Patria. La mia solidarietà va all’Esercito Italiano e all’Arma dei Carabinieri, ancora una volta duramente colpiti. Tutta l’Italia, unita, si stringe attorno alle Forze Armate per piangere i nostri caduti. Ho fiducia che i responsabili di questo vile attentato saranno individuati e perseguiti".

* I terroristi delle brigate imam Hussein rivendicano attentato Nassiriya nel nome di Allah

Roma, 27 apr. – (Adnkronos/Aki) – L’attentato mortale contro il contingente italiano di stanza a Nassiriya e’ stato rivendicato dalle ‘Brigate Imam Hussein’. Il gruppo, la cui sigla e’ poco conosciuta, ha diffuso un chiaro messaggio su un sito islamico in Internet solitamente utilizzato da Abu Musab Al Zarqawi: ”Con l’aiuto di Allah oggi, giovedi’ 27 aprile 2006, abbiamo fatto saltare in aria una bomba al passaggio di un convoglio italiano. E’ stato distrutto il veicolo e si e’ saputo che trasportava tre soldati italiani e un rumeno nella regione di Dhi Qar”. 

Poco dopo anche l’Esercito islamico in Iraq (al jaish al islami fi al Iraq) – già ritenuto responsabile tra l’altro del sequestro Giuliana Sgrena e dell’uccisione di Enzo Baldoni – ha rivendicato con un comunicato su Internet l’agguato costato la vita ai tre militari italiani Nicola Ciardelli, Franco Lattanzio, Carlo De Trizio, e al caporale della Polizia militare rumena Hancu Bogdan.

 

 

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Favole / Il Lupo nel letto

  IL LUPO NEL LETTO

I bambini l’azzeccano sempre: a loro piace molto la storia di Cappuccetto rosso e del Lupo nel letto.

 

– Ma nonna, che dentoni grandi che hai!

– E’ per mangiarti!

E nel dire queste parole, difatti, quel cattivo Lupo si gettò su Cappuccetto rosso e la mangiò.

Le petit Chaperon Rouge di Charles Perrault termina così, senza l’intervento redentore del Cacciatore, aggiunto dopo, dai fratelli Grimm.

Secondo Bruno Bettelheim, la fiaba di Perrault ha un intento moralizzante soprattutto per le bambine, poiché è del tutto evidente quanto il Lupo rappresenti un seduttore che indica le bellezze della natura e i fiori alla bambina da poco entrata nella pubertà e tentata di andare sui limiti ( dove abita la nonna, ai margini del bosco ). “ Quando Cappuccetto rosso si spoglia e raggiunge il lupo nel letto , e il lupo le dice che le sue gradi braccia sono fatte per meglio abbracciarla, niente è lasciato all’immaginazione. Poiché la ragazzina, in risposta a un tale tentativo di seduzione diretto ed evidente, non accenna al minimo movimento di resistenza o di fuga, si può credere che sia idiota o che desideri essere sedotta”.

In entrambi i casi, Cappuccetto rosso “non è certamente un personaggio al quale si avrebbe voglia di identificarsi”.

Erich Fromm osserva, d’altra parte, che il cappuccetto di velluto rosso è un simbolo delle mestruazioni. Però, aggiungerei, potrebbe anche rappresentare il glande. In ogni caso, la ragazzina di cui ascoltiamo le avventure è diventata una donna matura e si trova ora di fronte al problema del sesso. L’ammonimento di ‘non allontanarsi dal sentiero’ […] è un chiaro avvertimento contro i deliziosi enigmi del sesso, contro chissà quale seducente devastazione e contro i pericoli di perdere la propria verginità" .

LA MACCHIA NEL LETTO

 

Come Cappuccetto Rosso, anche lo scrittore, nella maggior parte dei casi, è “tentato” di andare sui limiti, incontro all’imprevisto. Quasi già in bocca al predatore, lo scrittore allora spruzza e diffonde attorno a sé nuvole d’inchiostro nero come fa anche l’octopus vulgaris, il polipo o la la seppia detta anche sputa-inchiostro.

Nera, rossa o blu che sia, alla fine lo scrittore lascia una macchia. E la invia al proprio posto nel mondo.

 D’altra parte è anche vero che non occorre essere scrittori per lasciare alla fine, come tutti, una macchia.

 Come i bambini che l’azzeccano sempre, anche allo scrittore piace molto la storia di Cappuccetto Rosso e del lupo nel letto ( letto = il mobile dove si dorme, e anche participio passato del verbo leggere).

Kandinsky/macchia

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Il 150esimo anniversario della nascita di Freud

  Il 150esimo anniversario della nascita di Freud

NEL SEGNO DEL DIVANO

 

Centocinquant’anni fa a Pribor (allora Freiberg, oggi nella Repubblica Ceca) nasceva Sigmund Freud (6 maggio 1856), l’uomo che rivoluzionò il modo di concepire i meccanismi della mente. Per festeggiare il suo illustre cittadino Vienna organizza la mostra “Die Couch: Vom Denken im Liegen“ («Il divano: sul pensare in posizione orizzontale»).

L’ esposizione verrà allestita a Vienna dal 5 maggio al 5 novembre alla Casa di Sigmund Freud dove visse dal 1891 al 1938, al primo piano della Berggasse 19, trasformata in un museo sulla vita del fondatore della psicoanalisi che studiò e pubblicò a Vienna, prima di fuggire a Londra nel 1938, lui ebreo. Morì a Londra nel 1939.

Nello studio di Berggasse 19, a Vienna, sono raccolti diversi documenti, foto, cimeli e oggetti antichi che egli amava collezionare. Manca il divano qui raffigurato sul quale il professore faceva distendere i suoi pazienti: è finito a Londra dove egli si rifugiò con la moglie nel 1938 dopo le prime persecuzioni naziste.

 

Freud non praticava l’ipnosi in senso stretto, ma  ebbe l’idea di far adagiare il paziente su un divano, di porlo in una condizione di rilassamento , che in un certo senso si può considerare come uno stato leggero di ipnosi, nel quale è più facile che possano emergere contenuti psichici profondi .

L’utilizzo di tale stato di coscienza ( diverso dal sogno e dal sonno ) sembra risalire all’ antica pratica medica dell’incubazione. E’ questa coscienza in trance che viene giocata regolarmente nella relazione con l’analista, vale a dire nel transfert. Tutto ciò che è vicino ci viene da lontano. Infatti. E’ giacendo nella Kline, il luogo da cui ancora prende il nome la moderna clinica, che i pazienti attendevano il sogno "terapeutico" – così invocato sul frontone del tempio ad Epidauro, secondo l’epigramma 1027 decifrato dal Kaibel: " Orsù dolce Asclepio,/ svegliati e ascolta il tuo inno./ Che tu sia salutato come un salvatore." L’effigie che si dà per reale, nello spazio a-temporale proprio dell’inconscio, si ritrova nella fenomenologia del "sogno lucido", di cui sia il transfert sia la condizione di produzione poetica si pongono come casi particolari di "coscienza".

" Nello stato utilizzato per l’analisi dei sogni e delle idee patologiche, si rinuncia intenzionalmente e volontariamente ad ogni attività e si usa l’energia psichica risparmiata ( o parte di essa) per seguire attentamente i pensieri non voluti che si presentano ora, e che conservano il loro carattere di rappresentazioni. (…) I pensieri ‘non voluti’ scatenano generalmente una resistenza violentissima che tende a impedire il loro sorgere. Ma, se prestiamo fede al nostro grande filosofo e poeta Schiller, un atteggiamento molto simile costituisce anche la condizione della produzione poetica. ( L’ interpretazione dei sogni, 1899).

Transfert ed atto dello scrivere in condizione di produzione poetica non sono assimilabili l’uno all’altro, tuttavia potrebbero entrambi figurare, in termini di dinamica degli stati di coscienza, come sogno lucido . L’induzione e il lavoro di un vero e proprio "sogno lucido" nel quale fra soggetti continuamente affrontati si combinano l’allucinazione e la cognizione, è lo spazio della trance. Ma non di quella trance profonda, sonnambolica, alla quale Freud ha rinunciato per inventare la psicoanalisi, bensì di un’altra figura della trance: quel lavoro del transfert indotto dalla regola della libera associazione, e da un dispositivo di rilassamento, il divano, che conserva qualche elemento della tecnica dell’"ipnosi".

Link

Vita ed Opere di Freud – INDICE A container of informations about VITA E OPERE DI SIGMUND FREUD a cura della Dott.ssa Rossana Ceccarelli.

The Freud Page Sito web in inglese, a cura di Maria Helena Rowell

Freud Museum – a Londra

Sigmund Freud-Museum Vienna

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Holderlin : Iperione

 VERSO QUALCHE LUOGO

Hölderlin, locoHOLDERLIN : IPERIONE

"Ma tu ancora risplendi o sole del cielo e tu ancora sei verde o santa terra; ancora scorrono i fiumi verso il mare e nel meriggio frusciano gli alberi ombrosi.

Il canto voluttuoso della primavera invita al sonno i miei pensieri mortali. La pienezza del mondo vibrante di vita nutre e sazia di ebbrezza il mio povero essere.

O natura santa! Io non so cosa mi avvenga quando alzo i miei occhi dinnanzi alla tua bellezza, ma tutta la gioia del cielo è nelle lacrime che piango innanzi a te, come l’amante alla presenza dell’amata.

Tutto il mio essere ammutolisce e si tende, quando il soffio delicato dell’aria gioca sul mio petto…

…Essere uno col tutto, questa è la vita degli dèi, questo è il cielo dell’uomo."

"Noi siamo un segno non significante / indolore, quasi abbiamo perduto / nell’esilio il linguaggio ." (Holderlin, Mnemosyne, 1-3).        

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Buona Pasqua

  BUONA PASQUA

 A TUTTI

Mathias Grünenwald, Resurrezione di Cristo, seconda "visuale", ala sinistra, della pala centrale della Crocifissione del polittico dell’altare di Isenheim, conservato nel museo Unterlinden di Colmar in Alsazia ( circa 1511-1515)

Ekphrasis. Il Cristo risorto di Grünenwald è un’immagine che contiene una figura di luce con i caratteri della totalità, dai tratti maschili-femminili. Si libra al sopra della realtà, al centro di un’immagine strutturata; e il suo irraggiamento ordinato in cerchi concentrici non si perde fluendo semplicemente all’esterno: nel prosciugarsi, l’energia rimane nella figura.

Più che Dio, figlio, unto, messia che verrà, salvatore, Cristo, che è una parola greca, qui è essenzialmente un “tu” – parola comprensibile e traducibile in tutte le culture e in tutte le lingue.

In altri termini, lo splendore diffuso del Risorto non sostituisce i tratti individuali della persona raffigurata. E benché quasi per miracolo regni una totale armonia, e un lampo simuli uno strale di felicità universale e di gloria, sentiamo che quella figura ha una storia e un divenire. Il suo essere sospesa non significa un allontanarsi dalla realtà, quanto piuttosto il risultato del confronto con essa, coronato da successo.

In termini junghiani, egli non è dunque l’Ermafrodita primordiale, regressivo, bensì l’Ermafrodita finale: il Sé come figura di totalità. L’accettazione di una tale figura e la comunicazione speculare con essa significa percezione di una nuova personalità del Sé. Dio si trova bene nella sua pelle umana e anche noi, nonostante tutto,  siamo sani e salvi in compagnia del Risorto. A tale proposito, faccio mio l’augurio del mio ermetico amico Dario Chioli ( www.superzeko.net) pervenutomi quest’oggi: “Che quel che è scuro possa diventar chiaro, e quel che è chiaro possa impregnare il nostro essere…”.

Alcuni particolari concreti nella parte inferiore del quadro rimandano al carattere tangibile di questo confronto: i guardiani e la tomba vuota – non un vuoto nichilista, ma un vuoto come fresca traccia…

Riposa o Gesù nella pace della tomba; poi risorgerai per un regno eterno.
Come le donne fedeli, noi veglieremo accanto a te. E quando anche per noi scoccherà l’ora della morte, concedici, o dolcissimo Signore, di dormire con calma eguale alla tua il sonno dei giusti.

In questo breve intervallo che passa tra la morte e la resurrezione finale, concedici un riposo tranquillo. Difendici dal nemico, salvaci dall’abisso.

O caro Signore, fà che i nostri amici si ricordino di noi e preghino per noi. Fà che per noi vengano celebrate delle messe, affinchè abbiano una rapida fine le pene del Purgatorio, che abbiamo giustamente meritate. Degnati concederci momenti di ristoro, riempici di sogni santi e di contemplazioni consolanti, da cui poter attingere le forze per elevarci verso il cielo.

Permetti ai nostri angeli custodi di aiutarci a salire la gloriosa scala che va dalla terra al cielo, e che Giacobbe vide in sogno.

E quando saremo giunti alle porte eterne, fà che esse si aprano fra i cantici degli angeli, che San Pietro ci accolga, e che Maria, la gloriosa Regina dei santi, ci abbracci e ci conduca a te, al tuo eterno Padre, allo Spirito santo per godere la beatitudine eterna. (John Hanry Newan; Via Crucis) –

( grazie all’amico “tardobarocco” : Duca de Gandia)

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Rilke / Herbst

 Herbst

Die Blätter fallen, fallen wie von weit,

Als welkten in den Himmeln ferne Gärten;

Sie fallen mit verneinender Gebärde.

Und in den Nächten fällt die schwere Erde

Aus allen Sternen in den Einsamkeit.

Wir alle fallen. Diese Hand da fällt.

Und sieh die andre an: es ist in allen.

Und doch ist Einer, welcher dieses Fallen

Unendlich sanft in seinen Händen hält.

          R. M. Rilke (1875-1926)

"Le foglie cadono, cadono come da lungi, come se giardini lontani avvizzissero nei cieli; cadono con gesto di rifiuto.

 E nelle notti cade la terra pesante da tutte le stelle nella solitudine. Noi tutti cadiamo. Questa mano cade. E guarda gli altri: è così in tutti.

Eppure c’è Uno che senza fine dolcemente tiene questo cadere nelle sue mani."

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Venerdì santo /

 " INNALZAMENTO” DELLA CROCE

 

Ekphrasis, “descrizione in parole di un’opera pittorica”, ma anche un “mettere davanti agli occhi” – come vuole la denominazione grecail tremito delle linee, delle ombre, dei volumi, che Huysmans coglie in un quadro della Crocifissione di  Grünenwald). Sospensione del giudizio, e forse dell’Essere, mentre la morte, la violenza e le catastrofi colpiscono il mondo, ma – a saperla intendere, nello strazio della carne e il  tremito del pensiero – anche la speranza affluisce da ogni parte.

"Crocifissione”: divina abiezione di  Grünenwald. “Slogate, quasi strappate dalle spalle, le braccia del Cristo parevano avvinte per tutta la loro lunghezza dalle cinghie arrotolate dei muscoli. L’ascella spezzata scricchiolava; le mani spalancate protendevano dita spasmodiche e tuttavia benedicenti, in un gesto in cui preghiera e rimprovero si confondevano; i pettorali, lucenti di sudore, guizzavano; il torace era segnato dalle doghe della gabbia rilevata delle costole; le carni si enfiavano, salnitrate e bluastre, segnate dai morsi di pulci, picchiettate come da trafitture d’ago dalle punte delle verghe che, spezzantesi sotto la pelle, in più luoghi la crivellavano ancora di schegge.

L’ora della putredine era giunta; la piaga cruenta del fianco ruscellava più copiosa, inondava l’anca di un sangue simile al succo scuro delle more; sierosità di un rosa sporco, secrezioni lattiginose, acque simili al vino grigio della Mosella trasudavano dal petto, inondavano il ventre cinto nei panneggi rigonfi di un lenzuolo; alle ginocchia le rotule, raccostate a forza, si toccavano, e le gambe torte s’inarcavano fino ai piedi che, posti l’uno sull’altro si distendevano ormai in piena putrefazione, verdastri, tra fiotti di sangue.

 Quei piedi spugnosi e scagliosi erano orribili; la carne si gonfiava, sovrastava la testa del chiodo e le dita contratte contraddicevano il gesto implorante delle mani, maledicevano, artigliavano quasi, con la cornea bluastra delle unghie, l’ocra del suolo ricco di ferro, simile ai terreni purpurei della Turingia”. (Joris-Karl Huysmans, Là-bas)

Per l’antropologo René Girard " lo scandalo di Cristo [..] è inscritto nella natura della Passione. Nella sua nuda, intollerabile crudezza […] ". Lo sguardo delle altre fedi sul cristianesimo ( specialmente dell’islam che non ha una teologia né della caduta né della sconfitta ) è dominato dalla convinzione che un credo in cui Dio diventi uomo manchi di rispetto per Dio. "Sono invece certo – dice Girard – che proprio in questo nucleo scandaloso sia racchiusa la grande forza del cristianesimo, che sa dirci tanto, o tutto, sull’essenza dell’uomo e sul suo rapporto con la violenza". Sacralità e violenza sono infatti temi centrali in Girard. "C’è chi ha soppresso del tutto la Passione, o chi, come gli ariani ha detto che Cristo non era Dio. Quella che viene chiamata gnosi cerca sempre di sfuggire allo scandalo di Dio fatto uomo, e come tale pronto a soffrire".

  La crocifissione è il grado più basso della “discesa” del Verbo incarnato. Per quanto possa sembrare misterioso e dicibile forse solo per ellissi , il Dio incarnato – quello che grida "ho sete" e mormora "tutto è compiuto" – dona tutto se stesso per amore e trasfigura il mondo nell’ora della nera putredine. E Giovanni, per designare questo aspetto paradossale della rivelazione del volto di Dio, dice “ innalzamento”. Il mistero della croce è manifestazione della gloria stessa di Dio incarnato, trasfigurazione nell’abisso e messaggio di salvezza. Per poco che si creda, ogni caduta non è cascare nella dissipazione nostra e della natura ma “caduta” in Cristo, che “chiama a una pienezza di vita che va ben oltre la sua esistenza terrena , poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio” ( Evangelium Vitae ). In ogni caso, è dalla fede ebraico cristiana che la modernità e l’uomo cosiddetto civilizzato ( il "bestione", direbbe Gianbattista Vico ) ricevono un reale più largo, si aprono – a differenza del mito – alla pietà per la vittima  e imparano a ridurre violenza, egoismo e brutalità.

 

Croce processionale – Russia inizio sec. XIX – FONTE

Alcuni particolari simbolici della croce più sopra riprodotta sottolineano differenti temi ripresi dai testi liturgici: la dimensione trinitaria del mistero della croce ( il padre e lo spirito al di sopra del crocifisso); la salvezza cosmica realizzata dal Cristo (il sole e la luna che si oscurano di fronte al dramma della morte del Figlio di Dio); la redenzione della umanità simbolicamente rappresentata dal primo uomo, Adamo ( il teschio di Adamo, nascosto sotto la terra scura sulla quale si innalza la croce).

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