Torna Allah superstar. Rida chi può.

 Sitcom coranica

TORNA ALLAH SUPERSTAR. RIDA CHI PUO’

 In libreria Zero Kill ( titolo originale Zéro mort) del controverso scrittore algerino Yassir Benmiloud, già autore di Allah Superstar (sottotitolo del super-flop: Se vuoi parcheggiare un Boeing a Manhattan, è difficile evitare le Torri Gemelle), dove un comico ricercava una fatwa per diventare famoso, dal momento che "per gli arabi è più facile entrare in Al Qaida che alla televisione" (« Un fatwa, voilà ce qu’il me faut pour devenir à la mode. C’est plus rapide que Star Academy, ça dure plus longtemps, tu voyages dans le monde entier, tu donnes des conférences, tu descends dans des palaces, tu montes sur scène avec U2, tu prends le thé avec le pape, une bière ou deux voire trois avec Chirac, une vodka givrée avec Poutine, un cigare humide avec Clinton, une grosse ligne avec Bush Junior, un masque à gaz avec Saddam Hussein, à chaque fois que tu dis une connerie tout le monde entier t’écoute vu que tu as une fatwa au cul le pauvre, alors que le monde entier il est autant dans la merde que toi vu que c’est bientôt la fin du monde pour tout le monde » ).

In Zero Kill, un militante delle Lame dell’Islam, “gruppo fondamentalista underground”, muore sperando nel paradiso con “vergini a volontà!” e “degli efebi come optional”. Ma non sarà così, perché incontra Izrail, l’arcangelo della morte, che stufo di vedersi recapitare anime di martiri-killer in nome di Allah lo sottopone a un esame severo e a numerosi “effetti speciali” ( «Il mio ruolo consiste appunto nello stabilire se tu sei morto da autentico martire o da sobillatore. Da zerbino umiliato o da provocatore poliurico. È un’immagine. A te incorniciarla…» ).

Sulla terra, intanto, in un’Algeria sconvolta dalla guerra civile, si agitano islamisti fatti di acido, generali cannibali, adolescenti impalati, un arcivescovo assassinato e, come guest star, l’agente Scully di X Files. Ecco un piccolo assaggio della prosa monologante e sconclusionata di Benmiloud: " Il 5 ottobre 1988, delle sommosse popolari scoppiano ai quattro lati del paese, e ci sono molti angoli morti. Se la religione è l’oppio dei popoli, in Algeria è cocaina, man. Pura colombiana, non tagliata, take me to the pilot! Il popolo non deve scendere in strada perché ci passa già le giornate a girarsi i pollici, ma stavolta spacca tutto esigendo un antipasto, un piatto forte, dolce e/o formaggio. Il potere non prende le ordinazioni, ma presenta il conto: 1.500 morti, servizio compreso, il caffè lo offre la casa. Viene servito in bicchierini di plastica gentilmente distribuiti dalle mense delle caserme circostanti. Ha un retrogusto di democrazia malamente tostata.""Le truc pour les rendre fous, c'est de dire que sur la table de chevet, tu as côte à côté Zarathoustra et le Coran." Dessin: Cabu/Charlie Hebdo, 13 juillet 1999

E giù a ridere di tutto e di tutti,  riduttivamente, prendendo per i fondelli un po’ i tremila morti di Manhattan e un po’ gli sgozzatori islamisti: alla maniera tipicamente piccolo borghese, fatua e nichilista dell’intellettuale “branché”.

Incapace di vera irrisione, non del tutto cinico, non abbastanza, Benmiloud, figlio di uno psichiatra di Algeri, si è rifugiato in Francia, dove ospitato, festeggiato e acclamato, non cessa di ridere di tutto e di tutti, e a sputare nel piatto in cui mangia ( “ Trent’anni in Algeria, vedi il quadro? Una vita di merda, è il caviale dell’attore comico. E’ per questo che mi sono specializzato nella letteratura rigolote, ridarella. Oggi festeggio il mio quinto anno a Parigi, donde un cambiamento del regime alimentare, d’ispirazione, di temi, e una nuova carta dei vini. Nel frattempo, hai avuto gli attentati dell’11 settembre 2001 e le elezioni del 21 aprile 2002, due date chiave, certo, ma dov’è la serratura? E’ appunto questa serratura che ho cercato di trovare. Invano, Allora ho fatto saltare la porta con un panetto di plastico. Donde questo romanzo trappola che esplode alla fine. Non ti dico di più. Leggi e fa’ leggere”). Un esempio di letteratura “depotenziata”, cosiddetta “post-moderna”, post-mortem e post-tutto. Insomma una prosa che annette tutto e niente, densa e agglutinante, confusa e insopportabile, da grosso stronzo matricolato. Bang! Bang! Allah o’akbar!, appunto. Rida chi può.

VELO. “Sul treno Treviso-Venezia. Molti studenti che tornano a casa. Vicino a me due studentesse di origine marocchina, in jeans, col velo. Il volto scoperto, entrambe bruttine, ma con lo sguardo intelligente, sicuramente sorelle. Parlano un ottimo italiano, discutono di argomenti scolastici, hanno in mano un libro di testo, che sfogliano facendo commenti. Ogni tanto scambiano qualche parola coi due ragazzi che siedono loro di fronte, compagni di classe. I due, sguardo opaco, abbigliamento costoso all’ultima moda, digitano senza sosta le tastiere dei rispettivi videofonini, e intanto parlano, in dialetto, di due argomenti: l’abbigliamento e i videofonini. Differenza di genere? Differenza di culture? Io sconsolato guardo la campagna, dove alla vista tesa nell’aria aprica si offrono in successione continua capannoni e centri commerciali, e fanno capire che tra pochi anni di quella che fu la campagna veneta resterà solo il ricordo.

Molti tra gli industriali veneti che hanno costruito quei capannoni ora stanno a Timisoara, o ancora più ad Est, dove offrono lavoro, e sfruttamento. E molti di quei capannoni vengono ora acquistati dai Cinesi, comunità chiusa in se stessa, attiva e silenziosa. Il futuro è senz’altro multietnico, ma sulla cultura delle giovani generazioni italiane, che dovrebbero prepararsi a viverlo con dignità, è meglio stendere un velo. Pietoso” ( Fabio Brotto, CRONICA  XXXVI, www.bibliosofia.net).

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Zarqawi minaccia il Marocco

 ZARQAWI MINACCIA IL MAROCCO


Diciassette estremisti islamici, tra cui Khalid Azig et Mohamed Reha, un cittadino belga di origine marocchina proveniente dalla Siria e con stretti legami con gli islamisti maghrebini in Europa, sono stati arrestati dalle forze di sicurezza marocchine. Lo ha riferito una fonte ufficiale di Rabat. Secondo le autorità gli arrestati, sospettati di avere legami con Al Qaeda, si preparavano a compiere attentati, durante il periodo di Natale, in numerose città turistiche del Marocco.

Si tratta del più grave caso di terrorismo in Marocco dopo la serie di esplosioni di Casablanca del maggio 2003, che aveva fatto 23 morti e numerosi feriti.

Il gruppo, secondo le dichiarazioni degli inquirenti di Rabat, sarebbe costituito da giovani dai 22 ai 25 anni, “molto intelligenti e particolarmente addestrati in azioni terroristiche”.

Dalla rete

 
 
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Bestialità politica

       CASO MARANO

        BESTIALITA’ POLITICA



 Suspected Collaborator lynched in Ramallah. 2002.AP Photo. Found by way of Dawson Speaks


«Sono orgoglioso e commosso. Io guardo con affetto e rispetto a un uomo come Arafat. In una città in cui abbiamo dedicato una piazza alla pace, non poteva mancare una strada intitolata a un premio Nobel per la pace». ( MAURO BERTINI )

 

 

A Marano, un comune vicino Napoli, il sindaco Mauro Bertini, prete défroqué passato al PdCI, ha deciso di dedicare una via a un terrorista palestinese. Innamorato come non pochi compagni dell’uomo sbagliato e confondendo i soldati italiani con dei mercenari, Bertini dice che i caduti italiani di Nassiriya erano “martiri a pagamento”, mentre il palestinese Arafat ( che ha arraffato come una zoccola per anni danaro dall’Unione Europea, dai paesi arabi e persino dai boy scouts, diventando multimiliardario ) è un vero martire perché, «senza ricevere denaro» ( !) , si è «sacrificato per il popolo palestinese». Un popolo palestinese che il raìs ha venduto al buon cuore del mondo mantenendolo vittima del vittimismo organizzato, del terrore e della guerra per oltre 40 anni, fabbricando una generazione di assassini.

Da parte sua, il signor Fakher Jabarin, sedicente Presidente della comunità palestinese in Campania, afferma che La saggia decisione di assegnare il nome di Arafat a una via della città   aiuterà le future generazioni di Marano a ricordare per sempre tali valori, per i quali Arafat visse, combatté e morì sempre da Eroe”.

Arafat sarebbe quindi, a differenza dei soldati italiani morti a Nassiriya, una figura esemplare per i giovani, mentre chiunque dimostri sdegno per una tale assurdità non sarebbe altro che un isterico “non rispettoso delle fondamentali regole democratiche”, un “seguace” dell’ambasciata d’Israele e una specie di camorrista mirante “ ad  intimidire – come insinua l’ineffabile Jabarin – non solo la gloriosa città di Marano ma anche a prevenire che il vostro coraggioso gesto sia imitato da altri comuni d’Italia.” Come dire: Fatevi avanti Bertini d’Italia! E pagateci il "pizzo", un aiuto per i tanti poveri ragazzi… che altrimenti potrebbero delinquere, sapete com’è…

Dopo le polemiche suscitate, le precisazioni del Sindaco di Marano, Mauro Bertini, che si possono leggere sul sito del Comune, aggravano le prime vergognose dichiarazioni con nuove dissertazioni fra il teologico e il cretino sulla differenza tra “caduti” e “vero martire”.

Potete esprimere il vostro sdegno mandando una mail al Sindaco di Marano:  posta@comunemarano.na.it

 Non è vero che Arafat era un uomo di pace

Certo, si può affermare che non utilizzava il grosso dei fondi europei per finanziare il terrorismo, visto che la parte più cospicua rimaneva nelle tasche sue, della moglie e di una variopinta corte dei miracoli. E tuttavia rimaneva abbastanza per sostenere gli attentati. Due avvocati che rappresentano i i familiari dei morti di nazionalità francese negli attentati suicidi in Israele in una causa davanti al Tribunale di Parigi dove chiedono che si accertino le responsabilità personali del leader palestinese nel terrorismo hanno appena pubblicato presso la casa editrice Albin Michel LE DOSSIER ARAFAT un’impressionante compilazione di documenti che attestano pagamenti sistematici da parte del raìs e dei suoi più diretti collaboratori a terroristi delle Brigate dei Martiri al-Aqsa (la branca laico-nazionalista del terrorismo palestinese, concorrente di quella religiosa di Hamas) e alle loro famiglie.

Emergono anche documenti politici, secondo cui Arafat incoraggiava consapevolmente gli attentati per rendere più difficile una pace che, favorendo una Palestina democratica, avrebbe permesso ai palestinesi di spazzare via il suo regime di corruzione. Non manca neppure qualche sordida storia di coltivazione e commercio di droga, in aggiunta al contrabbando e ai contatti con la criminalità organizzata di mezzo mondo.”

Fonte: http://www.cesnur.org/2004/mi_arafat2.htm

Come il terrorista Arafat ha usato i soldi dell’Unione Europea

L’Autorità Palestinese ha usato decine di milioni di dollari ricevuti da donatori quali l’UE per finanziare il terrorismo, mentre l’Arabia Saudita ha donato un totale di 550 mila dollari a più di 100 famiglie di terroristi palestinesi.Lo si legge nel rapporto intitolato “Il coinvolgimento di Arafat, degli alti funzionari e degli apparati dell’Autorità Palestinese nel terrorismo contro Israele, corruzione e crimine”. Il documento, preparato dai servizi di sicurezza è stato reso pubblico il 6 maggio 2002 dal Ministero degli Esteri israeliano e presentato al Presidente americano Bush in occasione della visita a Washington del Primo Ministro Ariel Sharon.

Compilato per lo più sulla base di documenti sequestrati negli uffici della Amministrazione Nazionale Palestinese di Ramallah, il dossier indica le prove del coinvolgimento e della responsabilità di Yasser Arafat e degli apparati dell’ANP in una serie di attività terroristiche contro Israele.

Secondo il Ministro senza portafoglio Dan Naveh, che ha presentato il Dossier ad una conferenza stampa del 5 maggio, i documenti fornirebbero la prova inequivocabile del coinvolgimento diretto di Arafat negli attacchi terroristici degli ultimi 18 mesi, in quanto “leader supremo” delle Brigate di Al Aqsa, filiazione della sua fazione politica Fatah.

Inoltre il rapporto spiega come centinaia di attivisti di Fatah che operano nel suo braccio armato, Tanzim, e le Brigate di Al Aksa, siano di fatto state pagate con i 9 milioni di dollari in trasferimenti mensili versati dall’UE all’Autorità Palestinese.

I fondi della UE, che secondo il rapporto ammonterebbero a mala pena al 10% del totale dell’attuale budget dell’Autorità Palestinese, insieme ai 45 milioni di dollari al mese provenienti dagli Stati Arabi, sarebbero stati trasferiti ai terroristi dall’Autorità Palestinese “inserendone i nomi nella lista del personale di sicurezza nazionale, nonostante il fatto che questi operino nel quadro delle branche di Tanzim e delle Brigate militari di Al Aksa.”

I documenti direttamente approvati dal leader palestinese e recanti la sua firma includono:

-lo stanziamento di 350 $ per 4 terroristi a Betlemme, firmato il 9 luglio 2001

-lo stanziamento di 600 $ a 3 alti comandanti di Tanzim, compresi quelli coinvolti nell’attacco terroristico alla cerimonia religiosa di Hadera (attacco del 17 gennaio 2002: 6 morti e 35 feriti), approvato il 19 settembre 2001

-trasferimento di 350 $ ad ognuno dei 12 terroristi di Fatah/Tanzim di Tulkarem che avevano partecipato ad attacchi mortali contro israeliani.

Inoltre, un documento non datato preparato dal Capo delle finanze palestinesi Fuad Shubaki e probabilmente approvato da Arafat stanziava 80 mila dollari per la costruzione di un vasto laboratorio per la produzione di armi, incluso un tornio e altri attrezzi per la lavorazione dei metalli necessari nella produzione di armi quali razzi e mortai. Tutte queste armi sono proibite dagli Accordi di Oslo.

Il rapporto contiene anche lettere di ringraziamento scritte da funzionari dell’Autorità palestinese al presidente irakeno Saddam Hussein per il suo sostegno finanziario all’Autorità palestinese.

Contenuti del dossier:

– La dimensione ideologia e indottrinamento da parte di alti ufficiali dell’Autorità Palestinese

– Finanze e finanziamenti del terrorismoda parte di membri di ANP

– Gli apparati di sicurezza con cui ANP e Fatah sostengono il terrorismo

– Le Brigate di Al Aksa e Fatah sono in realtà un unico ente sotto la gestione di Yasser Arafat.

– L’approvvigionamento di armi da parte di ANP in violazione degli Accordi Internazionali

– Cooperazione tra ANP e gli Stati sponsor del terrorismo

– Corruzione in ANP

APPENDICE

– Caratteristiche delle infrastrutture terroristiche sviluppate da ANP:

– Jenin – la capitale di terroristi suicidi.

– Nablus -la principale infrastruttura del terrorismo.

– Betlemme -ingiustizie verso la popolazione cristiana

Per visionare il documento clicca qui

l coinvolgimento di Arafat, degli alti funzionari e degli apparati dell’Autorità Palestinese nel terrorismo, corruzione e crimine”.

 

AL QAEDA VOTA PRODI E BERTINI

Su un forum islamico, Global Islamic Media Front (al-Jabhah al-‘ilamiyah al-islamiyah al-‘alamiyah), un fantomatico internauta che si firma “Rakan ben Williams”* minaccia di “decapitazione” Berlusconi e i principali leader occidentali, e loda Romano Prodi «che ha giá annunciato che ritirerá le forze italiane» e definisce «patriote le persone come il sindaco di Marano, Mauro Bertini». Fonte: Nuove minacce islamiche sul web contro Berlusconi Corriere della Sera


Cfr.* Rakan ben Williams- The Next Generation of Jihadi Terrorists in Europe by Reuven Paz
An imaginary person writes the analysis—Rakan ben Williams—or Wilyamz, as the name mistakenly or deliberately is written. The threatening analysis is titled “The next Al-Qaeda soldier.”

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I morti di Nassiriya. Perché

 I MORTI DI NASSIRIYA. PERCHE’

Discorso del Presidente del Senato M. Pera


Alle 10 e 45, ora locale, del 12 novembre 2003, quattro kamikaze su due veicoli imbottiti con un carico fra i 150 ed i 300 chili di esplosivo si lanciarono contro la nostra Base Maestrale a Nassiriya.

 Morirono in diciannove. Il maresciallo Marilena Iacobini, che attualmente comanda la Stazione dei Carabinieri di Pitigliano, Grosseto, fu ferita e si salvò.

Dei morti, dodici appartenevano all’Arma dei Carabinieri:

Sottoten. Enzo Fregosi

Sottoten. Giovanni Cavallaro

Sottoten. Alfonso Trincone

Sottoten. Flippo Merlino

Maresciallo Massimiliano Bruno

Maresciallo Alfio Ragazzi

Maresciallo Capo Daniele Ghione

Brigadiere Giuseppe Coletta

Brigadiere Ivan Ghitti

Vice Brigadiere Domenico Intravaia

Appuntato Andrea Filippa

Appuntato Horacio Majorana

Cinque erano soldati dell’Esercito:

Capitano Massimo Ficuciello

Maresciallo Capo Silvio Olla

Caporal Maggiore Emanuele Ferraro

Primo Caporal Maggiore Alessandro Carrisi

Caporal Maggiore Pietro Petrucci

Due erano civili:

Marco Beci, cooperatore internazionale

Stefano Rolla, regista cinematografico.

 A questi diciannove dobbiamo aggiungerne due: il lagunare dell’Esercito  Matteo Vanzan, morto in una sparatoria sei mesi dopo, e Antonio Tarantino, anch’egli dell’Esercito, morto in un incidente del suo mezzo militare.

Sono due le questioni che oggi dobbiamo sollevare. Perché li ricordiamo? Perché quegli uomini erano lì e altri loro commilitoni sono ancora lì?

Alla prima questione la risposta è triste ma semplice. Li ricordiamo perché erano soldati, militari e volontari civili coraggiosi, che sentivano un dovere, e avevano assegnato un compito, che non esitavano a eseguire. Li ricordiamo perché erano uomini – padri, figli, fratelli, mariti, fidanzati – che avevano affetti e sentimenti. E li ricordiamo perché erano combattenti di una guerra che ha due fronti: da un lato, loro e tantissimi come loro, che difendono i valori e i princìpi della libertà, della democrazia, della tolleranza, della dignità, del rispetto, e, dall’altro, gli altri, i guerriglieri fanatici, i miliziani di Saddam Hussein, i terroristi islamici, che invece negano ogni valore alla vita umana, predicano e praticano la violenza, uccidono, sgozzano, così come hanno fatto con Fabrizio Quattrocchi e Enzo Baldoni.

Quando si parla di "guerra di civiltà o di "guerra di religione", non dobbiamo usare le parole per esorcizzare la realtà: disgraziatamente, quella guerra esiste, anche se non vorremmo. È la guerra santa, la jihad, dei terroristi islamici. La guerra di quelli che considerano un degrado dell’umanità, una decadenza, una caduta, una corruzione, ciò che invece noi consideriamo conquiste di civiltà. La guerra di chi, pur di imporre la loro visione totalitaria e fanatica della vita e della società, ritiene che qualunque mezzo sia lecito.

Perché non prendere atto di questa terribile realtà? Perché cercare di nasconderla, anche in Europa, che pure ne è vittima? Perché non pensare a come difenderci, e a difenderci, intendo, con i mezzi della cultura, della diplomazia, della cooperazione, della politica, ma, ove fosse necessario, anche con i mezzi della forza? Si dice: perché noi vogliamo la pace. È vero, la vogliamo e dobbiamo lavorare per essa, perché la pace è un bene così prezioso che merita il massimo di lavoro, fatica, impegno. Ma non possiamo volere la pace ad ogni costo, compreso quello avvilente di abdicare ai nostri princìpi e valori.

Gli uomini che noi oggi ricordiamo e onoriamo questo lo sapevano. Sapevano il perché della loro presenza a Nassiriya. Sapevano che l’Italia ha risposto ai ripetuti appelli di una popolazione che sta cercando di affrancarsi dal lascito devastante di una dittatura. Sapevano che l’Italia è impegnata a portare aiuti, sicurezza, ricostruzione. Sapevano che in Iraq non è in gioco soltanto il futuro di quel paese, ma anche il nostro futuro. Sapevano che in Iraq l’Italia, insieme agli Stati Uniti e ad altri paesi, fronteggia la prima linea della minaccia terrorista. Lo sapevano e sono morti perché ci credevano.

Se nei prossimi mesi si terranno in Iraq le prime elezioni libere, lo dovremo anche a loro. Se l’Iraq e gli iracheni torneranno alla libertà e se si riuscirà ad instaurare un governo democratico, lo dovremo anche a loro. Se in futuro vi sarà più pace in Medio Oriente, in Europa, nel mondo, lo dovremo anche a loro. A loro e ai tremila militari e ai civili italiani che rinnovano e proseguono la loro opera.

Ogni giorno i giornali riportano un bollettino macabro che ci informa della conta dei morti dell’una e dell’altra parte. Ma quel bollettino è incompleto.

L’Iraq non è solo devastazione, è anche ricostruzione. Il nostro contingente svolge quotidianamente centinaia di interventi nel campo della sicurezza, dell’ordine pubblico, della sanità, dell’educazione scolastica, delle infrastrutture civili e militari, degli impianti idroelettrici. Interviene nella pulizia delle strade e nei lavori di sistemazione stradale. Presta assistenza agli ospedali locali, cura la popolazione, collabora nel pagamento delle pensioni, si occupa della salvaguardia dei siti archeologici, distribuisce aiuti alimentari. Grazie anche a questo lavoro, in Iraq si ricomincia a comprare, a vendere, a incontrarsi. Aumentano i matrimoni, aumenta il lavoro, aumentano gli stipendi, comincia a fatica la libertà.

Ecco la risposta alla domanda sul perché siamo lì. Siamo lì come siamo stati e siamo ancora in tante altre parti del mondo: per far rinascere un paese e ridare dignità alla vita umana.

Un anno fa, nella sua omelia in occasione dei funerali di Stato, il Cardinale Ruini citò un passaggio del Vangelo nel quale Gesù ricorda che saremo giudicati anche in base al criterio dell’amore operoso. Chi fa del bene ai deboli, agli indifesi, onora anche Dio. Io non so se tutti i nostri caduti fossero credenti o se avessero presente quell’insegnamento. So che loro credevano fermamente che questo precetto evangelico facesse parte dei loro doveri e della loro missione. Non dobbiamo dimenticarcene, se non vogliamo dimenticarli”. Fonte: senato.it – Il Presidente – I morti di Nassiriya. Perché.

 

 
 

Le foto dei caduti

 
 

APPELLO

QUESTO BLOG ADERISCE ALL’APPELLO DI MAGNA CARTA

PER L’ISTITUZIONE DEL GIORNO DEI MARTIRI PER LA PATRIA E PER LA LIBERTA’

Il 12 novembre del 2003, a Nassiriya, diciannove fra militari, carabinieri e civili italiani, in missione in Iraq, furono trucidati da gruppi di terroristi islamici che si opponevano all’idea stessa di libertà e di democrazia. La morte di quegli italiani si accompagna, purtroppo, a quella di tante altre vittime, militari e civili di ogni nazionalità, oltre ai moltissimi iracheni, impegnati sullo stesso fronte.

Il sogno dei terroristi in Iraq è invece quello di ristabilire la terribile autarchia di Saddam Hussein, che ha sterminato e imprigionato centinaia di migliaia di persone, e di fondare ovunque possibile le basi per un califfato mondiale.

La guerra in Iraq è cruciale per le forze del terrorismo oggi attive in tutto il mondo, vincerla è dunque indispensabile, a meno di non lasciare la strada aperta all’odio e al dominio del Medio Oriente da parte di dittatori che opprimono i loro popoli e violano ogni loro diritto. È su questo fronte che sono caduti gli italiani di Nassiriya.

A due anni di distanza, la mobilitazione democratica della maggior parte del popolo iracheno che ha da poco votato la nuova Costituzione al referendum del 15 ottobre, esalta il valore della loro missione e la natura del loro sacrificio. E mostra senza ombra di equivoco che l’Italia è dalla parte giusta a costruire una nuova speranza per i popoli del Medio Oriente e un mondo libero dal terrorismo, per tutti.

La stessa risoluzione dell’Onu 1546 conferisce piena legittimità internazionale al ruolo delle forze multinazionali per un nuovo Iraq libero e sovrano.

Per questo chiediamo che il Paese elevi a istituzione l’ammirazione e il riconoscimento per gli italiani caduti, trasformando il 12 novembre in un giorno dedicato ai martiri per la patria e per la libertà, all’impegno per la lotta contro il terrorismo, per il valore universale della democrazia e per la sacralità della vita di tutti.” Da: Fondazione Magna Carta (la fondazione del Presidente del Senato Marcello Pera) – Il Giorno dei martiri per la patria e per la libertà Per aderire

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L'altro Machiavelli

 L’ALTRO MACHIAVELLI

     Two young men, Crispin van den Broeck (1542 – before 1591) – Fitzwilliam Museum, Cambridge

Lettera scritta da Francesco Vettori, ambasciatore di Firenze presso il Vaticano, all’amico d’infanzia Niccolo’ Machiavelli

 Spectabili viro Nicholò Machiavelli in Firenze.

A’ dì 16 di Gennaio 1514.

Caro compare. Io non ho lettere da nessuno che io legha più volentieri, che le vostre, e vorrei potere scrivere molte choxe, le quale conosco non potersi commettere alle lettere. E’ sono più mesi che io intexi benissimo in che modo amavi, e fui per dirvi: « Ah, Coridon, Coridon, quae te dementia cepit? ». Poi, pensando intra me medesimo che questo mondo non è altro che amore, o, per dir più chiaro, foia, mi ritenni; e sono ito considerando quanto li huomini in questo chaxo son dischosto chol chuore a quello dicono cholla bocha.

Ha un padre il figluolo e dice volerlo nutrire honesto: non di meno gli chomincia a dare un maestro che tutto dì stia con lui et che habbi commodità farne a suo modo, e gli lascia leggere qualchoxa da fare risentire un morto. La madre lo pulisce, lo veste bene, acciò che piaccia più: quando chomincia crescere, gli dà una camera terrena, dove sia cammino e tutte le altre commodità, perché possa sguazare a modo suo, e menarvi e condurvi chi gli pare. E tutti facciamo choxì, et errano in questo, più quelli a’ quali pare essere ordinati: e però non è da maraviglarsi ch’e nostri giovani sieno tanti lascivi quanto sono, perché questo procede dalla pessima educatione. Et voi et io, anchor che siamo vechi, riteniamo in qualche parte e chostumi presi da giovani, et non c’è rimedio. Duolmi non essere chostì, perché potessimo parlare insieme di queste choxe et di molte altre.

Ma voi mi dite choxa che mi fa stare admirato: d’havere trovato tanta fede e tanta chompassione nella Riccia che, vi prometto, li ero per amor vostro partigiano, ma hora li son diventato stiavo, perché il più delle volte le femmine soglono amare la fortuna et non li huomini, et quando essa si muta mutarsi anchor loro. Di Donato non mi maraviglo perché è huomo di fede, e oltre a questo pruova del continuo il medesimo che voi.

Io vi scripsi che l’otio mi faceva innamorato et choxì vi raffermo, perché ho quasi faccenda nessuna. Non posso molto leggere, rispetto alla vista per l’età diminuita: non posso ire a solazo se non achompagnato, e questo non si può far sempre: non ò tanta auctorità né tante facultà che habbi a essere intratenuto; se mi ochupo in pensieri, li più mi arrechono melanchonia, la quale io fuggo assai; e di necessità bixogna ridursi a pensare a choxe piacevole, né so chosa che dilecti più a pensarvi e a farlo, che il fottere. E filosofi ogni huomo quanto e’ vuole, che questa è la pura verità, la quale molti intendono choxì ma pochi la dichano. Fo pensiero a primavera ridurmi a voi, se mi fia lecito, e parleremo insieme di questo et molte altre choxe. Racomandatemi a Filippo, Giovanni e Lorenzo Machiavelli e a Donato. Christo vi guardi.

Francesco Victori oratore in Roma

 «(Io) che tocco e attendo a femmine (…) harei detto: (…) qui non ci è garzoni, qui non sono femmine che casa di cazzo è questa?».

« E’ sono più mesi che io intexi benissimo in che modo amavi, e fui per dirvi: “Ah, Coridon, Coridon, quae te dementia cepit?” ». Fonte: classicitaliani Niccolò Machiavelli (1469-1527).

La seconda ecloga di Virgilio canta l’amore infelice o foia del giovane pastore Coridone per il bell’Alessi. Questi spregia l’amore di Coridone, nonostante la promessa di doni in quantità. Coridone vorrebbe far l’amore con Alessi, ma poi rimprovera se stesso: “Ah, Coridon, Coridon, quae te dementia cepit?” », come dire : sei rustico, per questo Alessi sprezza i tuoi doni. Perché trascuri i campi per tale amore? Se costui ti disprezza, ebbene, troverai un altro Alessi. (Rusticus es, Corydon; nec munera curat Alexis / nec, si muneribus certes, concedat Iollas. / heu heu, quid uolui misero mihi? floribus Austrum / perditus et liquidis inmissi fontibus apros, 56-59).

Il canto del pastore Coridone, evocato dall’amico d’infanzia del Machiavelli, costituiva un modello di desiderio omoerotico. Il tema bucolico percorre gran parte delle letterature europee, in chiave sia etero che omosessuale; e nel 1918 André Gide riprende tale modello intitolando Corydon ( pubblicato nel 1924) la sua difesa dell’omosessualità.

Secondo lo storico americano William Connel, , docente di storia alla Seton Hall University, nonché uno dei più illustri studiosi di Rinascimento italiano , si tratta dello stesso tipo di poesia classica che il maestro di grammatica e latino, fece leggere al giovane Machiavelli “tra i 12 e i 15 anni” ( Cfr. Corriere della Sera – «Da piccolo Niccolò Machiavelli fu molestato per anni da un prete, Ser Paolo Sasso, che era anche il suo maestro».

 

 

 

 

 

Lo studioso americano dà per scontato che se un maestro del Rinascimento fa leggere a un suo allievo un testo classico, in cui l’omosessualità è chiaramente presente, lo molesta anche, necessariamente, “ per anni” ( !). Presentata come un’ inedita scoperta (illustrata in esclusiva mondiale al Corriere online), in realtà si tratta di un’illazione indimostrabile sulla base del solo passo della lettera del Vettori ( "Ha un padre il figluolo e dice volerlo nutrire honesto: non di meno gli chomincia a dare un maestro che tutto dì stia con lui et che habbi commodità farne a suo modo, e gli lascia leggere qualchoxa da fare risentire un morto"), documento già noto da tempo grazie agli studi realizzati anni fa , nel 1999 (Cfr. La Nazione) , dal prof. Mario Martelli, dell’Università di Firenze. Nello studio del prof. Martelli pubblicato su ”Interpres” viene spiegato anche come l’ambasciatore fiorentino presso Papa Leone X, Francesco Vettori, sapeva apprezzare le nascoste metafore erotiche di Machiavelli, anche perche’, stando al gioco, le usava anche lui. In una di esse Vettori parlava di un giovane, tal Riccio, amante di Donato del Corno, e apprezzato per i suoi particolari servizi da Machiavelli.

In una lettera, datata 25 febbraio I5I4 Niccolo’ Machiavelli narra, inoltre, un’avventura di Giuliano Brancacci, uscito una sera a caccia di "uccelli". Machiavelli immagina di pedinare il Brancacci nella "caccia" :

"Passo’ il ponte alla Carraia et per la via del Canto de’ Mozzi ne venne a Santa Trinita, et entrato in Borgo Santo Appostolo ando’ un pezzo serpeggiando per quei chiasci che lo mettono in mezzo16; et non trovando uccelli che lo aspettassimo, si volse dal nostro battiloro, et sotto la Parte Guelfa attraverso’ Mercato, et per Calimala Francesca si ridusse sotto il Tetto de’ Pisani; dove guardando tritamente tutti quei ripostigli, trovo’ un tordellino il quale con (…) il lume et con la campanella fu fermo (fermato) da lui, et con arte fu condotto da lui nel fondo del burrone sotto la spelonca dove alloggiava il Panzano, et quelo intrattenendo et trovatogli la vena larga et piu’ volte baciatogliene, gli risquitti’ (reinnesto’) dua penne della coda et infine, secondo che gli piu’ dicono, se lo messe nel carnaiuolo di drieto"17.

A ser Niccolo’ fa eco Francesco Scambrilla, poeta minore del XV secolo, che in una sua composizione indica nelle viuzze di Firenze attorno a sant’Ambrogio la zona al limite della città in cui si concentrava la sottocultura omosessuale pre-moderna diffusa nella Firenze del ‘500 (non a caso la pederastia era conosciuta come «vizio fiorentino»): Chi vuol di ladroncelli una chiassata / cerchi da sant’Ambrogio in quelle vie / e troveravvi birri, messi e spie (…) / assassin, soddomiti e barattieri, / ch’alle volte s’uccidon come cani.

 

Mentre la non-identità italiana sembra strutturarsi secondo i modi del “segreto omosessuale”, l’identità americana sembra strutturarsi secondo una logica diffusa del sospetto anti-cattolico, al punto che lo studioso americano William Connel, dopo aver “scoperto” un Machiavelli molestato dal suo prete-maestro, arriva addirittura a sostenere che “ questo abuso spiega l’ostilità da lui nutrita fino all’ultimo nei confronti della Chiesa cattolica”. Si tratta di una “spiegazione” psicologica, o meglio di uno stereotipo che lascia il tempo che trova, tanto più che Machiavelli stesso – per il quale la religione resta "forte collante per le coscienze popolari"- spiega chiaramente ( tanto ne “Il Principe”, quanto nel capitolo XII del libro I dei “Discorsi sopra la I° Deca di Tito Livio”) che ciò che egli critica è la corruzione della Chiesa e dei Papi della sua epoca ( riconoscendo che proprio per questo motivo gli italiani sono diventati "senza religione e cattivi"). Era inoltre convinto che la mancanza del raggiungimento dell’unita nazionale, fosse dovuta al fatto che i Papi, per tutelare l’esistenza dello Stato Pontificio, prima si erano opposti ai Longobardi chiamando i Franchi, poi ponendo fine alle ambizioni della Serenissima Repubblica di Venezia. Il Machiavelli riteneva, giustamente, che gli italiani erano formalmente religiosi, ma nella realtà scettici e falsi per lo spettacolo indecoroso che la Chiesa offriva. Erano i tempi di Alessandro VI, di Leone X e della Riforma Luterana ( Cfr. Machiavelli, Sull’influenza della religione e Machiavelli, I danni della presenza della Chiesa cattolica per l’Italia ).

VOLTANDO CARTA

Lettera scritta da Niccolò Machiavelli a Francesco Vettori il 31 gennaio 1515

Firenze, 31 gennaio 1515

Francisco Victorio oratori.

Rome.

Havea tentato il giovinetto Arciere

già molte volte vulnerarmi il petto

con le saette sue, ché del dispetto

et del danno d’altrui prende piacere;

et benché fosson quelle acute et fiere,

ch’uno adamante non hare’ lor retto,

non di manco trovâr sì forte obbiecto,

che stimò poco tutto il lor potere.

Onde che quel di sdegno et furor carco,

per dimostrar(e) la sua alta excellenza,

mutò pharetra, mutò strale, et arco;

et trassene uno con tanta violenza,

ch’anchor(a) delle ferite mi rammarco,

et confesso et conosco sua potenza.

Io non saprei rispondere all’ultima vostra lettera della foia con altre parole che mi paressino più a proposito, che con questo sonetto, per il quale vedrete quanta industria habbia usato quello ladroncello dello Amore per incatenarmi. Et sono, quelle che mi ha messo, sì forte catene, che io sono al tutto disperato della libertà né posso pensare via come io habbia a scatenarmi; et quando pure la sorte o altro aggiramento humano mi aprisse qualche cammino ad uscirmene, et per avventura non vorrei entrarvi, tanto mi paiono hor dolci, hor leggieri, hor gravi quelle catene, et fanno un mescolo di sorte, che io giudico non potere vivere contento senza quella qualità di vita.

Et perché io so quanto tali pensieri vi dilettino et conoscere simili ordini di vita, io mi dolgo che voi non siate presente per ridere, hora de’ mia pianti, hora delle mia risa; [ uno sdoppiamento che sembra riecheggiare un sonetto del “Canzoniere” del Petrarca: “Cantai, or piango”, notato peraltro da Tommaso Giartosio ( “può dire molto al lettore gay”); un tale sdoppiamento psicologico o dissociazione creativa percorre gran parte delle [PDF] rivelazioni e “autodescrizioni” di autori o di personaggi delle letterature europee supposti o suggeriti come omosessuali, dal “je est un autre” di Rimbaud al “ non sono io, domani ritornerò me stesso” del giovane Torless di Musil ] et tutto quello piacere che haresti voi, se ne porta Donato nostro, il quale insieme con la amica, della quale altra volta vi ragionai, sono unici miei porti et miei refugii ad il mio legno già rimaso per la continova tempesta senza timone et senza vele. Et manco di dua sere sono mi avvenne che io potevo dire, come Phebo a Dafne:

Nimfa, precor, Petreia, mane: non insequor hostis,

nimfa, mane; sic agna lupum, sic cerva leonem,

sic aquilam fugiunt penna trepidante columbe,

hostes queque suos.

Et quemadmodum Phebo hec carmina parum profuere, sic michi eadem verba apud fugientem nichil momenti, nulliusque valoris fuerunt. Chi vedesse le nostre lettere, honorando compare, et vedesse le diversità di quelle, si maraviglierebbe assai, perché gli parrebbe hora che noi fussimo huomini gravi, tutti vòlti a cose grandi, et che ne’ petti nostri non potesse cascare alcuno pensiere che non havesse in sé honestà et grandezza. Però dipoi, voltando carta, gli parrebbe quelli noi medesimi essere leggieri, inconstanti, lascivi, vòlti a cose vane. Questo modo di proccedere, se a qualcuno pare sia vituperoso, a me pare laudabile, perché noi imitiamo la natura, che è varia; et chi imita quella non può essere ripreso. Et benché questa varietà noi la solessimo fare in più lettere, io la voglio fare questa volta in una, come vedrete, se leggerete l’altra faccia. Spurgatevi.

Pagolo vostro è suto qui con il Magnifico, et intra qualche ragionamento ha havuto meco delle speranze sue, mi ha detto come sua Signoria gli ha promesso farlo governatore di una di quelle terre, delle quali prende hora la signoria. Et havendo io inteso, non da Pagolo, ma da una commune voce, che egli diventa signore di Parma, Piacenza, Modana et Reggio, mi pare che questa signoria fosse bella et forte, et da poterla in ogni evento tenere, quando nel principio la fosse governata bene. Et a volerla governare bene, bisogna intendere bene la qualità del subbiecto. Questi stati nuovi, occupati da un signore nuovo, hanno, volendosi mantenere, infinite difficultà. Et se si truova difficultà in mantenere quelli che sono consueti ad essere tutti un corpo, come, verbigrazia, sarebbe il ducato di Ferrara, assai più difficultà si truova a mantenere quelli che sono di nuovo composti di diverse membra, come sarebbe questo del signore Giuliano, perché una parte di esso è membro di Milano, un’altra di Ferrara. Debbe pertanto chi ne diventa principe pensare di farne un medesimo corpo, et avvezzarli a riconoscere uno il più presto può. Il che si può fare in due modi: o con il fermarvisi personalmente, o con preporvi un suo luogotenente che comandi a tutti, acciò che quelli sudditi, eziam di diverse terre, et distratti in varie oppenioni, comincino a riguardare un solo, et conoscerlo per principe. Et quando sua Signoria, volendo stare per ancora a Roma, vi preponesse uno che conoscesse bene la natura delle cose et le condizioni de’ luoghi, farebbe un gran fondamento a questo suo stato nuovo. Ma se e’ mette in ogni terra il suo capo, et sua Signoria non vi stia, si starà sempre quello stato disunito, senza sua riputazione, et senza potere portare al principe riverenza o timore. Il duca Valentino, l’opere del quale io imiterei sempre quando io fossi principe nuovo, conosciuta questa necessità, fece messer Rimirro presidente in Romagna; la quale deliberazione fece quelli popoli uniti, timorosi dell’autorità sua, affectionati alla sua potenza, confidenti di quella; et tutto lo amore gli portavono, che era grande, considerata la novità sua, naccque da questa deliberazione. Io credo che questa cosa si potesse facilmente persuadere, perché è vera; et quando e’ toccasse a Pagolo vostro, sarebbe questo un grado da farsi conoscere non solo al signore Magnifico, ma a tutta Italia; et con utile et honore di sua Signoria, potrebbe dare riputazione a sé, a voi et alla casa sua. Io ne parlai seco; piaccqueli, et penserà d’aiutarsene. Mi è parso scriverne a voi, acciò sappiate i ragionamenti nostri, et possiate, dove bisognasse, lastricare la via a questa cosa.

Et nel cadere el superbo ghiottone,

e’ non dimenticò però Macone.

Donato nostro vi si ricorda.

Addì 31 di Gennaio 1514.

Niccolò Machiavegli in Firenze

               da: Niccolò Machiavelli, Tutte le opere a cura di Mario Martelli, Sansoni Editore, Firenze 1971 .

Catalogo libri di  Niccolò Machiavelli

 

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Banlieues in rivolta e fascino della barbarie

 BANLIEUES IN RIVOLTA E FASCINO DELLA BARBARIE


“… La sera, attraversando Place Clichy, per raggiungere il Cinema des Cinéastes o la Brasserie Weppler, incontro stormi di giovani arabi che sprigionano le loro frustrate energie. Non passeggiano, corrono, galoppano. Consumano la loro forza inutilizzata gesticolando, urtandosi, gridando. Nella calca, quando sfioro le loro spalle o sono investito dal loro vocìo frastornante, ho l’impressione di scontrarmi con una massa rovente.

Non è certo la folla soffice, educata o esangue, che, scendendo verso la Senna, incontro nel Faubourg – Saint – Honoré, su cui si affacciano le vetrine di Hermès e il Palazzo presidenziale dell’Eliseo, dove abita Chirac, il vecchio monarca repubblicano, Quei giovani, figli o nipoti di immigrati, in cui mi imbatto ai piedi di Montmartre o nella non lontana Barbès, garantiscono la crescita demografica della Francia, altrimenti condannata all’invecchiamento.

(…) Adesso è esplosa la loro collera. La quale non sembra una rivolta contro lo Stato, ma contro la condizione cui sono condannati. È rabbia. Qualcosa di molto vicino alla disperazione. Una collera che non è islamica. L’Islam non c’entra. Né c’entrano altre ideologie.

(…) La loro è una rabbia nuda, cruda, che non investe la società benestante delle città.

È una collera che resta, perlomeno a questo stadio, confinata nelle periferie. Le masse di giovani che il sabato sera e la domenica invadono il mio arrondissement parigino per ora non hanno appiccato il fuoco neppure a una bicicletta. Usciti dalle loro periferie cessano di essere piromani. Non so fino a quando rispetteranno questa regola. Nell’era del terrorismo i Beurs rappresentano una preda molto ghiotta per i gruppi estremisti” . Da : BERNARDO VALLI – La collera degli esclusi Repubblica

A proposito dell’articolo di Valli così commenta opportunamente Luigi de Marchi :

"…Valli esordisce col solito pianto greco sui "poveri immigrati o figli d’immigrati" che, pur avendo un passaporto francese, "non si sentono accettati come veri cittadini". (…)

Valli ci descrive anche il suo turbamento da Dama di S.Vincenzo a contatto con questi giovanotti affascinanti. "La sera – scrive – incontro stormi di giovani arabi che sprigionano le loro frustrate energie. Non passeggiano: corrono, anzi galoppano, gesticolando, urtandosi, gridando. Quando sfioro le loro spalle ho l’impressione di scontrarmi con una massa rovente. La loro non è certo la folla soffice, educata ed esangue che incontro al Faubourg Saint-Honoré."

Che importa se questi bei ragazzoni bruciano a migliaia le automobili dei vicini di casa, spesso emarginati come loro, se colpiscono i poveri (o gli handicappati, come hanno fatto con la vecchia invalida cosparsa di benzina e bruciata) e se hanno abbandonato i banchi di scuola, come ci dice Valli con la solita indulgenza plenaria, "per rifiuto o per disattenzione" ?

Quel che importa, ai nostri giornalisti "intelligenti" ed ai loro finanziatori della stampa confindustriale, è che questi bei giovanottoni non sono "esangui" e che, ricorda Valli, "garantiscono la crescita demografica della Francia, altrimenti condannata all’invecchiamento". Qui, in poche righe, mi sembra davvero racchiusa tutta l’ottusità dell’attuale cultura radical-chic che sta distruggendo l’Occidente liberale. Anzitutto, va segnalata la mentalità fascista che affiora in questo linguaggio, in cui i popoli europei "vecchi ed esangui", come diceva l’indimenticabile Benito, sono contrapposti ai giovanottoni virili e sanguigni che, nella loro odierna versione islamica, andando in bianco da un anno all’altro finiscono magari per farsi esplodere pur di realizzare una scopata almeno nell’aldilà.” ( Cfr. Luigi De Marchi, Banlieu in rivolta e litanie imbecilli segnalato da Le Guerre Civili ) .

 Anonymous

Adesso sappiamo che l’antropos moderno è affascinato, e non da oggi, dalla barbarie; e che è un piacere per “vecchi, soffici ed esangui” letterati radical-chic europei essere traditi, derubati e inculati da “stormi di giovani arabi che sprigionano le loro frustrate energie”. Perché ? Con le parole di Georges Steiner : “ Quali sono i legami, per ora assai poco compresi, tra gli schemi mentali e psicologici della cultura superiore e le tentazioni del disumano? Matura forse nella civiltà letterata un gran senso di noia e di sazietà che la predispone allo sfogo della barbarie?" ( (George Steiner , dalla Prefazione a «Linguaggio e silenzio», Garzanti, Saggi blu , traduzione di Ruggero Bianchi, 1967).

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L' islam non è una soluzione

  LA STAGIONE DEL TERRORE

L’ ISLAM NON E’ LA SOLUZIONE

Velo, sharia’a, jihad, sottomissione

 L’ Islam è la soluzione” è lo slogan dei fondamentalisti islamici, risalente a Sayyid Qutb ( 1906-1966), il leader della Fratellanza Musulmana (Hizb Al-Ikhwan Al-Muslimoon), tra gli iniziatori, con Hassan al-Banna , del revival dell’islam politico nel mondo. "Questo movimento – scrive Qutb – usa i metodi della predicazione e della persuasione per riformare le idee e le credenze e usa il potere fisico e la Jihad per abolire le organizzazioni e le autorità del sistema Jahili [non islamico, sistema letteralmente regredito all’epoca dell’ante-islam, cioè della jahilillya = ignoranza della sharia, ovvero dela Legge e del diritto di Allah ] che impediscono agli individui di riformare le proprie idee e le proprie credenze ma li forzano ad obbedire le loro regole erronee e a servire dei signori umani invece del Signore Onnipotente ( "Jihad per la causa di Allah", Capitolo IV di Pietre miliari Milestones, Ma’alim fi’l Tariq) .

***

VIOLENZA ISLAMICA

di Giordano Bruno Guerri

da Il Giornale

«Quel che sta accadendo nelle periferie parigine e in altre città della Francia accadrà anche in Italia». Così ha dichiarato Romano Prodi. Il quale però ha aggiunto che alla rivolta si uniranno anche gli italiani più poveri, per le condizioni di «disagio e miseria» in cui si vive nelle nostre periferie.
Le parole del capo dell’Unione sono un esempio perfetto di come si possa partire da un dato oggettivo per arrivare a conclusioni strumentali e artefatte. È vero che anche l’Italia dovrà fare i conti con i problemi di integrazione e di scontentezza di molti extracomunitari, ma di certo non per le condizioni di miseria e di oppressione in cui vivono. Se fossero davvero queste le cause del loro scontento, è sensato pensare che avrebbero tentato una rivolta nei rispettivi Paesi, dai quali sono fuggiti per cercare – trovandole – migliori condizioni di vita e di lavoro.
Non è il generico mondo degli «extracomunitari» a scatenare le rivolte – ora e in futuro, oggi in Francia domani qui – ma una sua componente precisa e ben identificabile, quella islamica. In Europa, infatti, non ci sono state mai ribellioni, né spontanee né organizzate, da parte delle comunità filippine, dell’Est, o del Sud America, assai più numerose di quelle musulmane. Il discrimine è dunque quello religioso: da una parte gli extracomunitari ebrei, cattolici o cristiani, che si integrano più facilmente, pur tra mille difficoltà, nel nostro tessuto sociale; dall’altra le comunità islamiche, riottose a accettare le nostre regole, le nostre usanze, e tendenti invece a imporre regole che garantiscano la loro diversità, se non ancora a tentare di imporla a tutti. È il mondo islamico, del resto, a essere aggressivo verso i diversi e gli infedeli. È in quel mondo che si muovono agitatori di professione, estremisti e terroristi il cui unico scopo è incitare verso la rivolta le masse insoddisfatte. Così fomentate – dopo avere conquistato un benessere e una sicurezza impensabili nei loro Paesi – queste masse tendono a farne un trampolino di lancio verso nuove conquiste, a qualunque costo, piuttosto che un motivo di gratitudine. Francia e Gran Bretagna, Stati ex coloniali e per questo a alta densità di immigrazione, ne sono una prova, per quanto siano aperti a altre culture.

Sbaglia dunque chi crede che concedendo sempre di più ai riottosi (scuole, chador, parificazioni, ecc.) si ottenga il risultato di pacificarli. Caso mai, al contrario, si aumenta la loro forza e la loro capacità disgregatrice. La soluzione sta piuttosto nel mantenere rigide le norme, formate nei secoli, che ci accomunano e selezionare l’immigrazione per Paese di provenienza (…) .

E sbaglia, o mente, Prodi quando sostiene che a ribellarsi saranno anche ampie frange di «poveri» italiani. Se con il gioco delle statistiche è possibile aumentare a piacimento la quantità di connazionali che vivrebbero in miseria, sappiamo che in Italia non ci sono affatto le condizioni capaci di far nascere rivolte per il pane o per la libertà. È piuttosto possibile – come lo fu con il brigatismo rosso – che una minoranza estrema di professionisti dell’anti-Stato, stavolta non politici ma religiosi, riesca a spingere esagitati di ogni genere a atti di teppismo e di delinquenza nascosti sotto la maschera di fraternità, libertà, uguaglianza, mai usata così a sproposito.

 

E sono proprio posizioni come quelle di Prodi, ambigue, a favorire la nascita della violenza interna cui dovremo purtroppo fare fronte, prima o poi . »

***

note sull’infezione jihadista in Europa

«Altro metodo jihadista. In passato, i musulmani che risiedono nella parte nord-occidentale dell’Europa hanno sviluppato tre diverse forme di jihad:

  • in Gran Bretagna è stata messa a punto una versione estremamente brutale che consiste nell’uccidere a caso i viaggiatori che utilizzano i mezzi di trasporto pubblico londinesi;

  • nei Paesi Bassi sono state prese di mira personalità del mondo politico e culturale, che sono state fatte oggetto di minacce e in alcuni casi hanno subito delle aggressioni;

  • e adesso in Francia è saltata fuori una versione che ricorre a una violenza più diffusa, in cui l’azione è meno letale, ma anche meno facile da ignorare politicamente. Non è ancora possibile distinguere chiaramente quali di questi o di altri metodi sia il più efficace, ma essendosi la variante britannica rivelata controproducente è probabile che le strategie olandese e francese verranno reiterate.» Leggi tutto in : Riflessioni sulla rivoluzione in Francia di Daniel Pipes


I FRATELLI DI TARIQ

«… Nell’inchiesta appena pubblicata – La conquête de l’Occident : le projet secret des islamistes Sylvan Besson , un giornalista svizzero specializzato in meticolose indagini sulle banche, descrive l’esistenza di una rete occulta di affiliati islamici (alcuni dei quali insediati in posizioni di potere) profondamente innervata in molti Stati europei. “La nostra entità è come quella di un corpo gelatinoso che si estende in tutte le direzioni e continua a crescere – scrive uno dei capi ai simpatizzanti della casa reale saudita che hanno partecipato fornendo loro soldi e protezione – Il nostro campo d’azione è il mondo intero”. Fondata negli anni Venti in reazione alla decadenza morale della società moderna, lo scopo della Fratellanza * è di consolidare il potere dei fedeli con scuole, centri islamici e moschee, e mezzi e strategie che a volte sono palesi, ma più spesso segreti. Le tappe della sua rapida ascesa in Europa, con base di partenza nella Svizzera del professore universitario Tariq Ramadan, e i documenti scoperti dimostrano che l’organizzazione ha tra i suoi piani quello di dominare la vita di tutti i musulmani del continente. Besson mette in guardia. Ora che gli Stati europei, per prevenire gli attentati e porre rimedio alle violenze, sentono l’urgenza di instaurare un dialogo con le comunità islamiche, in questo varco s’infilano i Fratelli musulmani. La Fratellanza tenta di proporsi come mediatore autorevole e moderato. Si presenta con gli interlocutori giusti: i loro quadri, ben organizzati e ben istruiti, appaiono intermediari ideali tra lo Stato colto alla sprovvista e desideroso di scorciatoie, e la popolazione irrequieta. Come scrive Besson, si può verificare proprio quello che i Fratelli avevano pianificato da lungo tempo, il controllo per interposta voce dei musulmani d’Europa.» Leggi tutto in :Parte dalla Svizzera di Ramadan la “ conquista” del Vecchio continente. Un libro lo racconta – il foglio

 * (جمعية الأخوان المسلمو, jamiat al-Ikhwan al-muslimun, letteralmente: società dei Fratelli musulmani)

I Fratelli Musulmani, Chi sono, cosa vogliono :

 "Man nahnu", Chi siamo : "Siamo una comunità di musulmani che invoca e chiede l’applicazione della sharia, la legge di Allah, e di vivere all’ombra dell’islam".

"Ahdafuna", I nostri obiettivi :"Noi vogliamo la persona musulmana, la famiglia musulmana, il popolo musulmano, il governo musulmano, lo stato che porti allo stato islamico, che raggruppi l’insieme dei musulmani e i loro paesi violentati, e che poi innalzi la bandiera del Jihad (guerra santa) e il vessillo del proselitismo a beneficio di Allah affinché tutto il mondo benefici degli insegnamenti dell’islam". FONTE: http://www.ikhwanonline.net/, sito ufficiale della casa madre egiziana dei Fratelli Musulmani, potente organizzazione fondamentalista islamica con numerose amicizie – tramite l’interfaccia rappresentata dalla corrente apparentemente meno estrema, cosiddetta neo-fondamentalista, legata a Qaradawi e allo stesso Tariq Ramadan – nel governo francese e nella sinistra europea. I Fratelli condannano sì Al Qaida e l’uccisione di ostaggi civili in Irak, ma appoggiano  sia la “resistenza” irakena sia il terrorismo di Hamas. ( Cfr. Panorama – Intervista al leader dell’ Ucoii – Unione delle comunità islamiche italiane, che pur negando ogni “legame organico” con la Fratellanza manifesta una “simpatia ideologica” per questo movimento “che nell’Islam" incarnerebbe " il pensiero riformista per eccellenza….”) .

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  La Francia è una puttanella”



Alain Finkielkraut, intellettuale francese di spicco “orripilato” da quel che succede nelle banlieues, dice al Foglio che era già tutto scritto in un rapporto del ministero dell’Istruzione , “dove gli studenti alla domanda sulla loro nazionalità rispondevano ‘musulmana’ e non ‘francese’ e dicevano di rifiutare i filosofi dell’età dei Lumi”.

E ricorda le canzoni rap che annunciavano la crisi, una faceva così: “La Francia è una puttanella, non dimenticare di scoparla fino a sfinirla, di trattarla come una sporcacciona, io, amico, piscio su Napoleone e sul generale de Gaulle”. Leggi: “Non si possono integrare persone che non amano la Francia in una Francia che professa di non amarsi” – il foglio

***

Sempre ne IL FOGLIO di oggi ( mercoledì 9 novembre 1995 ) Carlo Panella ricorda che "La rivolta nelle periferie era già scritta nel rapporto Stasi del 2003"

Efficace il testo: “Le basi sociali del patto sociale sono state minate da un ripiegamento comunitario più subìto che voluto, soprattutto nei quartieri periferici, per la minaccia che pesa sulle libertà individuali e per lo sviluppo di discriminazioni fondate sul sesso o sulle origini. L’insieme dei testimoni ha insistito su un contesto sociale urbano favorevole allo sviluppo di logiche di comunità che fanno prevalere la fedeltà ad un gruppo particolare, piuttosto che sull’appartenenza alla Repubblica. […] Alcune comunità politiche e religiose sfruttano questo malessere sociale per mobilitare i loro militanti. Sviluppano una strategia di aggressione contro gli individui per piegarli alle norme della comunità che loro predicano. Questi gruppi agiscono nei quartieri periferici, sottoponendo la popolazione più fragile ad una tensione permanente. […] La deriva comunitaria tribale, a questo punto non è poi così lontana. […] Un liceale sentito dalla Commissione ha dichiarato, senza che nessuno lo smentisse, che nessun allievo ebreo potrebbe portare la kippà nel suo liceo senza essere immediatamente linciato”. Fonte : ilfoglio.it

Che la Francia – e in genere l’Europa sempre più errante e disponibile – possa apparire come una puttanella che professa di non amarsi, è evidente, tra l’altro, anche in un orripilante intervento da Parigi della nostra Rossana Campo, scrittrice della Feltrinelli ( casa editrice radical-chic,  frequentata da una classe letterata sazia, annoiata, cinica e quindi predisposta alla barbarie ) .

L’autrice di In principio erano le mutande, con bocca "un attimino" impastata, un tipico linguaggio "vivace"  e la testa confusa così si compiace del "casino" e si rallegra di veder Parigi bruciare : “A ME NON MI DISPIACE PER NIENTE CHE I FRANCESI BIANCHI SE LA FANNO UN PO’ ADDOSSO” .

 ( http://www.feltrinelli.it/…/campo_parigi_01.mp3 – via:   alef – Tempi duri ).

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Compra il ventilatore !

 Famiglia cristiana

COMPRA IL VENTILATORE !

Sul settimanale dei paolini Famiglia cristiana traspare un sedere appannato , didietro o culo quasi islamicamente velato che fa la pubblicità a un ventilatore.


                                                                    L’aria è vita

Alle proteste e alle inevitabili polemiche suscitate nel mondo cattolico e nelle parrocchie, il direttore del periodico don Antonio Sciortino replica: "Non bisogna vedere quello che non c’é. La decisione rispetta la nostra linea editoriale." E aggiunge: "Non abbiamo nè rotto un tabù nè compiuto una inversione di marcia: non mi pare che una sagoma di figura femminile attraverso un vetro appannato e sporco possa creare particolari turbamenti: forse potrebbe urtare la sensibilità di qualche lettore, come è avvenuto in passato, e allora si creerà un dibattito tra i lettori".

Don Antonio Sciortino, perlomeno così pare, parla quasi come Feuerbach: “ Arresta l’occhio valido. Osserva le profonde radici dell’essere (…). Persino nel culo e nella schiena puoi vedere, se vuoi, la verità” ( L. Feuerbach, Reimeverse uber tod, citato nel mio Odori ).

In realtà più che sull’immagine, che non induce in tentazione, l’attenzione dovrebbe rivolgersi al vetro appannato e sporco ( come lo è talvolta, poeticamente, il culo quando fa quello che deve fare? ) e all’inconveniente dovuto al formarsi delle muffe ( sul vetro), nonché di fumo, odori e umidità ( nell’ambiente circostante). Aria ! aria! Chiama il tuo elettricista e fatti installare l’aspiratore ( marchio dell’aspiratore) che fa per te.

Proprio così: per veder chiaro “non bisogna vedere quello che non c’è”, ma senza rompere alcunché o compiere qualche “inversione di marcia”, occorre semplicemente annusare l’aria e correre a comprare l’aspiratore.

 

Pare che nel più puro e attualissimo stile da reality show si sia voluto mettere in cattiva luce, ancora una volta, il culo, il più aromatico dei buchi. Specialmente allorché fa vento, ma invisibilmente. Come dire:

O anche: non c’è culo senza odori e puzza. Però la soluzione c’è : COMPRA IL VENTILATORE !

Insomma, pare che Famiglia cristiana sia sulla linea ( anche per motivi editoriali ) di una più generale, e direi culturale, attitudine di sospetto se non di vera e propria denigrazione del culo umano e dei suoi aromatici prodotti – dei quali, peraltro, un sorprendente coro angelico, nel Faust di Goethe, così lamenta:

 A noi portare un resto

di terra è sforzo duro!

Ché, fosse pur di absesto

sempre rimane impuro.

Mi pare sia stato Ceronetti, in Il silenzio del corpo, a notare che quando invece di starsene zitto , muto e inodoro in un corpo, si fa sentire e  diventa visibile, è solo allora che lo stronzo sconvolge la purezza dell’Universo.

Gli uomini civilizzati – nota a tale proposito Freud in Il disagio della civiltà – sono evidentemente imbarazzati da qualcosa che ricorda loro troppo da vicino l’origine animale. Cercano di emulare gli ‘angeli più perfetti’ come nell’ultima scena del Faust…”.

Insomma, non c’è dubbio che Famiglia cristiana nel proporre il suo primo nudo sulle sue pagine, invitando a “non vedere quello che non c’è”, e quindi partecipando all’occultamento generale e culturale dello stronzo, non abbia né rotto un tabù né compiuta un’inversione di marcia”. Stanchi delle muffe ? Un odore del cavolo s’insinua in casa, sui vetri del bagno e i banchi delle sacrestie ? L’aspiratore Vortex cambierà tutto questo. L’aria è vita Et pecunia non olet.

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Jihad – Style

 JIHAD STYLE

I burattinai del terrorismo islamico e internazionale utilizzano i modi della produzione hip-hop e il rap per propagare il jihad fra i giovani di origine islamica in crisi d’identità.


E’ il caso del rap dal titolo My Dirty Kuffar ( “mio sporco infedele”), prodotto in video nel 2004 con il marchio Dijihad ( Jihad digitale) da un sedicente “gruppo islamico per i diritti dell’uomo” con base probabilmente in Gran Bretagna. Confezionato con molta professionalità, assomiglia a uno qualsiasi di quei video che si possono vedere su MTV.

My Dirty Kuffar è venduto fuori dalle moschee di numerosi paesi islamici ed europei ed è molto diffuso anche in rete ( versione per Windows Media Player apri 4,9 Mb ).

Nel video si alternano le immagini del rappista che si fa chiamare Sheik Terra – e l’incitazione alla violenza e all’odio sia nel nome della rivolta alla civiltà americana e occidentale ( di cui però il rappista paradossalmente imita lo stile ) sia in nome dell’ Islam ( dalla cui civiltà non prende che poveri slogan politico-religiosi ormai globalizzati) ; e si chiude con un ghigno malefico sull’immagine delle torri in fiamme. Leggi: Guardian Unlimited reports | Islamic rappers’ message of terror

 

Approfondimenti

-Hip-Hop’s Islamic Influence – MUSIC REFLECTS FAITH, BUT THERE’S A STRUGGLE TO BEAT A BAD RAP – By Marian Liu SJ Mercury News;

Islamic Hip-Hop vs. Islamophobia : Aki Nawaz, Natacha Atlas, Akhenaton – by Ted Swedenburg, Department of Anthropology, University of Arkansas .

  

Fotogramma dal film La Haine ( 1995) di Mathieu Kassovitz

 « Quelle chance d’habiter la France / Dommage mon petit que ta mère ne t’ai rien dit sur ce putain de pays / Où 24 heures par jour et 7 jours par semaine / J’ai envie de dégainer / Sur des f.a.c.e.s. d.e. c.r.a.i.e. / Faces de craie / bien placées /qui veulent que je la boucle… »

« PAM ! dans tes dents / Je m’adresse à toi petit blanc / Je baise ton gouvernement ./ tu me diras / « pourquoi tant de Haine ? » / avec la sale haleine / je te dirais / ta mère / ta soeur / cette chienne / kiffe l’Afrique / ma trique/ ma ziq / logique / elle veut un négroïde… »

« De sa fille il en a marre, veut la caser comme un jeu avec un con – euh- un blond aux yeux bleus »

« Que va t-il se passer au village des visages pâles ti mal ? Je les fixe dans mon zoom zoom /

BOUM ! BOUM! ! dans PIM et PAM et POOOUM / les Goume Goume / anéantir / … »

( Gruppo Rap Ministère Amer – cantante: Stomy Bugsy)

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