La notte dei senza volto

 UNIONE VERSO LE PRIMARIE

LA NOTTE DEI SENZA VOLTO 1

  L’ illustrazione dell’insaccato misto, realizzato tramite fotomontaggio, è di daverik

VIDEO DEL CANDIDATO SENZA VOLTO
I punti programmatici: ritiro dall’’Iraq, amnistia droghe e reati sociali, abolizione CPT. La spesa proletaria un diverso concetto di legalità.
INTERVISTA AL “SENZA VOLTO”

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LA NOTTE DEI SENZA VOLTO 2

Collegandosi a internet è possibile scaricare un filmato della durata di 16 minuti nel quale è stato registrato un tg jihadista dal titolo bilingue, arabo ed inglese, “La voce del califfato”. Definito ‘global islamic media’s special channel’, il notiziario di propaganda terrorista ha tutte le caratteristiche di un vero e proprio tg televisivo, simile a quello di Al-Jazeera. Il presentatore è un uomo  con il volto coperto che si dichiara vittima di tutte le ingiustizie dell’universo mondo e legge un lugubre notiziario ( ritiro da Gaza, campagna del tagliagole Abu Musab al Zarqawi,capo di al Qaeda in Iraq, contro gli sciiti, attacco chimico in Iraq e punizione divina del ciclone Katrina). Il presentatore con il volto coperto (come un “giustiziere” del Ku Klux Klan) , appare seduto davanti a un desk con un kalashnikov o un mitra alla sua destra e una copia del Corano alla sinistra . Clicca qui per vederlo con Repubblica.it

-Il telegiornale di Al Qaeda sbarca sul web (Il Corriere della sera)

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Il giorno in cui il mondo è cambiato

 

IL GIORNO IN CUI IL MONDO E’ CAMBIATO

Time out of joint ( W. Shakespeare)

L’11 settembre 2001 – per rendere simbolica la data dei tragici avvenimenti che portarono al crollo delle torri gemelle di New York – è il giorno in cui la figura del mondo è cambiata. L’odio e il disprezzo per la vita umana sono esplosi sulla faccia delle moltitudini con un fulgore da sex-appeal spettrale e osceno in mondovisione; e il Tempo – sequestrato insieme all’islam dai terroristi e dagli Stati che sponsorizzano il terrorismo maligno – è uscito fuori dai cardini.

Se è senz’altro ingiusto dire che tutto l’islam, nel cui nome fu condotto e rivendicato l’attacco dei martiri-assassini o shaid, è la barbarie, si ha tuttavia un fondato motivo per constatare che oggi una delle tre grandi religioni monoteiste, che basa la sua esistenza sul fatto di essere costruita sull’idea di una Legge trascendente, non è più una barriera contro la barbarie.

E’ indubbiamente una cattiva notizia quella portata dall’osservazione di quello che non è più terrorismo politico, calcolato , organizzato e negoziabile, ma mera pulsione di morte nutrita da un vero e proprio odio genocidario che mira ad annettere l’altro oppure a ridurlo – come a Bali, a Tel Aviv, a Beslan, a Madrid, ad Amsterdam, a Londra, a un mucchietto di spazzatura. Del resto è proprio questo ciò a cui tende il terrorismo: a “bruciare il cuore”, oltre che a creare confusione e divisione – come si legge nei proclami jahidisti.

Da allora – dal giorno dell’attacco a ciò che ancora diciamo umanità – siamo entrati nella morsa e l’epoca dello squilibrio del terrore destinato a durare lunghi anni, all’ombra di una possibile sciagura generale e delle nuvole di una strana guerra che non è una guerra internazionale fra stati, non è una guerra civile, non è una guerra partigiana, ma sembra una specie di vera e propria “disperazione di massa” nei confronti della vita, della civiltà cosiddetta umana e del futuro.

Con le parole di René Girard: "Se le scienze umane non avessero trattato la religione e l´aspetto religioso della vita umana come un´arcaica favola primitiva, escogitata giusto per spiegare l´origine del mondo, forse ciò che è avvenuto l´11 settembre 2001 a New York e le rovine di Ground Zero avrebbero suscitato meno stupore, in un pianeta che vive ancora nella convinzione della propria eternità. È una convinzione sbagliata di origine aristotelica e che non mette in conto la possibilità che il nostro universo un domani possa essere distrutto…".

Iran, gli ayatollah procederanno con l’arricchimento dell’uranio per arrivare al riarmo nucleare
Fonte: Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana – Roma,Italy

Per fortuna, o sfortuna, un sano, ironico e consapevole sentimento apocalittico, ci dice che un meccanismo, anche concettuale, si è decomposto, e che il nostro mondo di splendide rovine non è eterno. «Il sentimento apocalittico – continua Girard – nasce dalla consapevolezza che un meccanismo si è definitivamente decomposto, che il suo schermo non è più in grado di proteggerci, che niente più si frappone tra noi e la possibilità di essere distrutti. Questo meccanismo nelle religioni arcaiche era il capro espiatorio: l´idea che il sacrificio di una vittima avrebbe riportato l´ordine e l´armonia. Con l´ebraismo prima, con il cristianesimo poi, la verità persecutoria del meccanismo del capro espiatorio è stata portata completamente alla luce: la vittima è innocente, la violenza non viene da Dio. E così la protezione sacrificale salta, lasciandoci davanti a noi stessi… Mi lasci citare san Paolo. Scriveva: ´Il tempo ormai si è fatto breve´. La violenza irrefrenabile che vediamo all´opera in questi anni ci dà una sensazione analoga, di non avere molto tempo a disposizione».

Come in ogni catastrofe, non c’è “molto tempo a disposizione”, si va verso l’imprevisto, l’inaudito, e solo un Dio che si dimostri amico come un fratello o un padre forse potrà salvarci se non dal male perlomeno dalla disperazione di doverci difendere, ancora una volta, dal nemico. Con le parole di Freud, in nota a Il disagio della civiltà : “Che immane ostacolo alla civiltà dev’essere la tendenza aggressiva, se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!”. Freud lo ha scritto nel 1929, durante l’ ascesa sfolgorante dell’aggressiva barbarie nazista. Si tratta di un’annotazione a proposito del precetto “ama il prossimo come te stesso”. Dopo aver riconosciuto la funzione civilizzatrice di tale precetto, osserva : “ Eppure, chi nella presente civiltà s’attiene a tale precetto si mette solo in svantaggio rispetto a chi non se ne cura. Che immane ostacolo alla civiltà dev’essere la tendenza aggressiva, se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!”.

Tuttavia l’estremità del tempo, ovvero l’angoscia che è nell’uomo di oggi, può essere anche il momento della meditazione, del ricordo delle vittime e della preghiera affinchè l’amore resti con noi al mondo e vinca, alla fine, sull’odio; nell’attesa, non inerte, di una voce che risponda da uno spazio di non-morte, e non sia solo immagine, simulacro o un’eco senza un futuro umano.


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           11 Settembre 2001

 

 

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Giallo sulla fine di Arafat

 Misteri d’Oriente

GIALLO SULLA FINE DI ARAFAT

Il rilascio della cartella clinica segreta del defunto leader palestinese riapre il dibattito sulla causa della sua morte. Non si è giunti a nessuna conclusione, ma l’Aids sembra fra le cause più probabili.


Com’è morto Yasser Arafat ?
Corriere della Sera 2005-09-09

AIDS ? Guarda qui e qui – I lati nascosti di ArafatL’Opinione 2003-10-17 )

e ( sembra un puzzle, perché no? ), anche Arafat’s physician: French found AIDS; cover-up alleged on cause of death.

Dalla rete

Arcigay – L’incubo dei gay di Palestina
Da "Il Corriere della Sera"

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Misteri d’Oriente 2

Nel sito di Enrico Oliari l’intervista ad un italiano condannato per sodomia in Tunisia,  in http://www.oliari.com/interviste/tunisia.html.

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Consiglio di lettura ad uso dei musulmani e di quelli che non lo sono

          ADDENDUM

Consiglio di lettura ad uso dei musulmani e di quelli che non lo sono

Fethi Benslama, Déclaration d’insoumission : lettre à l’usage des musulmans et de ceux qui ne le sont pas, Editions Flammarion, Paris, 2005 [ Dichiarazione di non sottomissione: lettera ad uso dei musulmani e di quelli che non lo sono. ]

Dopo aver evocato i rapporti – spesso segnati da incomprensioni e misconoscimenti reciproci – tra islam e psicoanalisi, e mostrato i meccanismi psichici del delirio islamista “nazional-teo-scientista”*, l’analista tunisino Fethi Benslama prolunga il Manifesto delle libertà* * con un invito a un impegno comune tra i difensori dei valori della laicità e i musulmani. Propone ai musulmani di liberarsi dalla sottomissione e presenta la laicità come un’apertura per liberarsi dal mito identitario dell’islamismo.

    * “Avec l’aile la plus extrémiste du mouvement islamiste, nous sommes devant un délire, un délire de masse. Ce n’est pas la première fois dans l’histoire que des masses entières sont prises dans un délire. De tels phénomènes ont lieu lorsque des peuples s’aperçoivent que leurs références ne sont plus connectées avec le monde dans lequel ils vivent. Elles ne leur permettent plus de lire le présent. Au XXe siècle, la montée des mouvements d’extrême droite en Europe a eu la même origine. Le nazisme, en particulier, n’était-il pas une idéologie fondée sur une théorie biologique, un scientisme qui a conduit à un délire collectif dont on a pu voir les effets ? Il y a des dizaines d’autres exemples. On a souvent traficoté la lecture de la Bible pour la relier avec une approche prétendument scientifique, comme le font aujourd’hui les islamistes avec le Coran”.[Con l’ala più estremista del movimento islamista ci troviamo davanti a un delirio, un delirio di massa. Tali fenomeni accadono quando dei popoli si accorgono che i loro riferimenti non sono più connessi con il mondo nel quale vivono e non gli permettono più di leggere il presente. Nel XX secolo, l’ascesa dei movimenti di estrema destra in Europa ha avuto la stessa origine. Il nazismo, in particolare, non era forse un’ideologia fondata su una teoria biologica, uno scientismo che ha condotto a un delirio collettivo di cui si sono visti gli effetti? Spesso ci si è messi a manipolare la lettura della Bibbia per collegarla a un approccio falsamente scientifico, come fanno oggi gli islamisti con il Corano. ]

        ** Distinguere tra stato e religione, il manifesto islamico della libertà” (l’Opinione)

Il testo del documento dell’Associazione Manifesto delle libertà

Siamo donne e uomini che credono nei valori della laicità e della condivisione.

Siamo legati in differenti maniere all’Islam, ognuno secondo la propria storia personale. Siamo consapevoli della grave crisi che attraversa il mondo islamico, abbiamo pertanto deciso di impegnarci a creare condizioni politiche e intellettuali in grado di promuovere una cultura della libertà.

Spazio di una civilizzazione eterogenea in un mondo globalizzato, irriducibile al solo fatto religioso e ai soli musulmani, l’Islam oggi cristallizza numerosi pericoli: fascismo identitario e derive totalitarie, guerre civili e coloniali, dispotismi e dittature, ineguaglianza e ingiustizia, autodistruzione nichilista e odio dell’altro, nel mezzo di crescenti violenze politiche, religiose ed economiche.

Vogliamo opporci a queste forze distruttrici, di cui siamo insieme motore e bersaglio, con un’azione pubblica, aperta a ogni persona, senza distinzione di nascita o di appartenenza, che sottoscriva gli impegni necessari ad allargare l’orizzonte della speranza.Se il nostro principio è che la democrazia è caratteristica strutturale della politica, riteniamo che la sua realizzazione non può farsi per decreto, né essere imposta da spedizioni militari, ma dev’essere il risultato di una trasformazione critica e creativa. Tale azione deve toccare le strutture interne dell’Islam e modificare i rapporti ai suoi bordi geopolitici.Pertanto sosteniamo la separazione della politica dalla teologia: liberazione culturale di cui lo Stato laico dev’essere espressione istituzionale; affermiamo l’uguaglianza di diritto e di fatto delle donne e degli uomini, il che, nell’attuale situazione dell’Islam, costituisce il passaggio obbligato per ogni processo laico e democratico; combattiamo tutte le forme di razzismo e antisemitismo; contrastiamo con forza le discriminazioni contro le minoranze culturali, religiose e contro le libertà sessuali. In questo contesto, gli emigrati e i loro figli giocano un ruolo rilevante, perché interconnettono culture e civiltà diverse e incarnano un possibile avvenire democratico e condiviso.

Essere all’altezza di questa responsabilità implica una forte mobilitazione contro i processi di emarginazione, discriminazione e frammentazione politica. L’assenza di analisi critica della storia coloniale pesa ancora sul loro divenire. Promuoviamo la resistenza contro l’islamismo totalitario e gli stati dispotici che, congiuntamente, opprimono le donne e gli uomini nel mondo musulmano.Vogliamo convincere i governi a rinunciare alla strategia del doppio linguaggio e della democrazia rinviata o differita che ne è il corollario. Il loro impegno reale per la pace nelle zone di conflitto e di violenza politica è la condizione della loro credibilità. La nostra azione è transnazionale e mira a sviluppare e sostenere le esperienze di libertà nella società, nel pensiero, nelle arti, nel sapere. ” Fonte: http://www.manifeste.org

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Espulsi i propagandisti del jihad

 Anti-terrorismo

RIMPATRIATI I I PROPAGANDISTI DEL JIHAD

Doppio, ambiguo, protagonista della scissione della comunità islamica torinese, Bouchta proclamò l´innocenza di Osama Bin Laden accusato dagli americani di essere l´autore dell´attentato alle Torri Gemelle. Durante un corteo del 6 aprile del 2002 in solidarietà del popolo palestinese pronunciò, in arabo, le parole mawt li-jahud, «morte agli ebrei». Sfilava per la pace, ma predicava l´odio. Non aveva esitato a mettersi contro la parte più moderata – e più numerosa – della stessa comunità marocchina. Fra i suoi nemici, c´erano anche alcuni suoi «fratelli». Contro un suo ex collega imam, Ahmed Cerkaoui, aveva addirittura scagliato un takfir (una denuncia pubblica), accusandolo di non essere stato fedele alla scienza sciaraitica, la legge religiosa islamica. Nella fase della sua vita più segnata dal radicalismo, più volte aveva predicato: «Qual è il ruolo delle moschee nella vita della nazione musulmana? Possiamo propagandare l´Islam senza Jihad?» ( dall’articolo di Alberto Custodero “Dal corteo per il velo agli appelli antisemiti”, pubblicato da la Repubblica.)

Predicare il jhiad e incitare al terrorismo parareligioso di matrice islamista in Italia non è più legittimo. Dopo il predicatore Bouiriqi Bouchta, ex sedicente imam di Torino, espulso martedì per grave turbamento dell’ordine pubblico e pericolo per la sicurezza dello Stato , è arrivata poi la notizia che la scorsa settimana era già stato espulso un cittadino tunisino, Litayem Amor Ben Chedli, vice presidente e tesoriere dell’associazione culturale islamica di Como. Un’altra espulsione, la terza in pochi giorni, è quella di Kamel Bouraib, presunto militante del Gia, il Gruppo islamico armato algerino. Da qualche tempo residente a Perugia , il suo nome era emerso nelle indagini sugli attentati di Madrid.

Fanatico, minaccioso, propagandista del jihad, antisemita, il predicatore dell’odio Bouriqi Bouchta nei ritratti di quattro quotidiani:

       – “Dal corteo per il velo agli appelli antisemiti( la Repubblica, via Informazione corretta)

* “La portavoce della Islamic Anti-Defamation League, Halima Barre, dice: «Prelevare qualcuno nel cuore della notte, sulla base del nulla [ Sic! ] deportare un cittadino contribuente: lo si faceva durante i rastrellamenti notturni di ebrei nella Roma del ventennio fascista». [ Sic! ] E annuncia: «La Iadl ha assunto la difesa del diritto di Bouriqi Bouchta alla libera espressione» ”( “Dalla difesa di Bin Laden a star dei salotti televisivi” – la Stampa.)

«Qual è il ruolo delle moschee nella vita della nazione musulmana? Possiamo propagandare l´Islam senza Jihad?» ( Bouriqi Bouchta )


illustrazione di Steph Bergol

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Dalla rete

Così vivono le cellule di Al Qaeda a Torino”– Rapporto segreto al Viminale: la città crocevia di estremisti islamici [Documento – “La Stampa”, 14 febbraio 2005] ( Nel dossier, poche righe su Bouriqi Bouchta, che fu a lungo l’imam della moschea di via Cottolengo.)

“Bin Laden in Italia. Viaggio nell’islam radicale”
( Sulle ambiguità del fondamentalismo italiano.)

 Aggiornamento

L’apologia di terrorismo”  (il Corriere – 9 settembre 2005)

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Dopo Katrina

 Dopo Katrina

GLI USA IN LUTTO

LA CASA BIANCA DECRETA DUE GIORNI DI LUTTO NAZIONALE, PER ONORARE LA MEMORIA DELLE VITTIME DEL CICLONE KATRINA CHE HA DEVASTATO LE ZONE DEL MISSISSIPPI E DEL GOLFO DEL MESSICO.

 ***

Mentre l’amministrazione Bush compie un salutare gesto di umiltà ( cfr. Giordano Bruno Guerri -Il Giornale) aprendosi alla solidarietà e all’aiuto del mondo, l’uragano Katrina viene… rivendicato da telepredicatori cristianisti (che vi vedono masochisticamente "la reazione di Dio ai nostri peccati"), da perversi  adepti del vodun ( che vi vedono all’opera Baron Samedi), e da numerosi siti islamici estremisti, fra cui un sito web islamico spesso usato dal gruppo terrorista di paranoici guidato da Abu Musab al-Zarqawi. Secondo l’ uomo di al Qaeda in Iraq, responsabile di sequestri, uccisioni e attentati in tutto l’Iraq, «la rabbia del’Onnipotente si è abbattuta sui tiranni. I loro morti si contano a migliaia, i danni ammontano a miliardi di dollari». « Se i musulmani non riescono a difendere la propria religione – ha aggiunto al-Zarqawi, arruolando sia la Natura sia la Divinità fra i suoi lugubri mujaiddin, stragisti inveterati e rabbiosi tagliagole – Allah è pronto a punire gli oppressori e un segno di vittoria si staglia all’orizzonte…». «Congratulazioni alla nazione islamica, al nostro sceicco Osama Abu Abdullah (Osama Bin Laden, ndr) e al nostro sceicco Ayman Zawahiri per la distruzione dell’America, testa di ponte dei miscredenti ». Come spesso avviene nel caso di imprevedibili disastri, anche l’uragano Katrina ha attirato numerosi sciacalli e sinistri idioti pronti a godere del caos generale e delle disgrazie altrui, e l’autenticità del testo non è stata ancora verificata. 

Intanto, mentre in Giappone infuria il tifone Nabi e la Cina è martellata dal tifone Talim, gli islamisti continuano nell’esaltazione di Katrina che ha colpito l’America.

  

Alcuni, i più estremisti, vi vedono un impegno diretto del dio Allah a fianco dei mujaiddin nel loro jihad contro i miscredenti ( “ Allah o Akbar ! – esultano gli internauti celebrando “l’appello di Allah ai fedeli a continuare il jihad” ).

Altri, più moderati, vedono invece nel ciclone Katrina solo “uno dei soldati di Allah”. Questa credenza figura per esempio in un articolo del quotidiano Al-Siyassa, firmato da Muhammad Youssef Al-Malaafi, direttore del centro ricerche del ministero degli affari religiosi de Kuwait. Il rappresentante dell’islam “moderato” di quel paese sostiene infatti che “ il terrorista Katrina è uno dei soldati di Allah, ma non un aderente di al-Qaeda”. Si tratterebbe semplicemente di un “buon” terrorista al servizio della vendetta di Allah.

In Italia, intanto, nella sinistra buonista :

Tutti pazzi per katrina

Così una tragedia americana in Italia ha dato libero
sfogo al circo mediatico antiamericano
Fonte : http://ilfoglio.it/index.php

Quella «gauche» che respira odio e flirta con Katrina

Questo odio è da sempre un ingrediente essenziale del nobile gas di cui si nutre lo spirito, il pneuma, insomma i polmoni delle sinistre di tutti i Paesi del pianeta, compresi gli stessi Stati Uniti, dove si sa che fra Manhattan e Hollywood furoreggia un antiamericanismo non meno idiota di quello europeo, ma mai finora lo si era visto apertamente commisto alla gongolante e speranzosa fede nella distruzione del suo oggetto: mai come in questa circostanza nelle voci dei maestrini della gauche di casa nostra si era sentito vibrare un rancore così gaudioso; mai finora le loro facce si erano imporporate di gioia, loro occhi accesi di speranza, i loro petti gonfiati di boria, come quando hanno potuto intonare i loro salmi in gloria di Katrina; mai insomma i loro cuori e i loro cervelli si erano dimostrati all’altezza della loro passione dominante – la carognaggine necrofila e iettatoria – come quando coi loro triviali predicozzi sulle colpe meteorologiche dello sciamano Bush hanno apertamente confessato che la sola America di loro gradimento è quella morta dei loro sogni. A quale comparto della psiche umana appartiene questa passione? A quello dell’infamia o a quello dell’idiozia? ( Ruggero Guarini – il Giornale).

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Un nuovo esempio di taqiya

  UN NUOVO ESEMPIO DI TAQIYA

Simulare quelle cose che non esistono e dissimulare quelle che esistono è una pratica prescritta esplicitamente dall’islam , specialmente dall’islam shiita . D’altra parte, dove, nell’islam, non esistono veli, nascondigli e vicoli tortuosi? Il termine giuridico per “dissimulazione” è tukya , taqiya o taqiyyah o anche taqiyah, a seconda della pronuncia locale, ed è collegato ai termini takwa e taqi, con il significato di “custodire” qualcosa nascondendolo o dissimulandolo. Tukya rileva della sfera della “mentalità”, degli “affetti politici” e della custodia del proprio di ciò che si è, spesso spostato e deviato dalle sue vere ragioni.
L’autorizzazione alla tukya è data dagli imam e dagli sceicchi in accordo con la tradizione ( sunna) e in conformità con la shari’a, la legge islamica, quando palesare osservanza alla Legge del dio Allah variamente interpretata ( non esistendo nell’islam un’autorità unanimente riconosciuta ) potrebbe essere lesivo dell’incolumità personale o della propria libertà d’azione. Simulare, dissimulare, mentire, ingannare e tradire significa, nel caso, custodire una fede che nell’islam non è generalmente un fatto spirituale o privato, ma una credenza di gruppo basata sulla visibilità e l’ostentazione pubblica dell’alal ( il lecito) e l’invisibilità , il nascondimento e – come in numerosi casi, ad esempio nel caso delle squadre di Hamas contro " malcostume", la persecuzione dell’haram ( l’illecito, l’impuro come l’alcol, il porco, la mostrazione della donna e, in una certa misura, il non-musulmano). La dissimulazione – come nota Giovanni Cantoni ( in : Aspetti in ombra della legge sociale dell’islam), si affianca alla possibilità, in caso di necessità, di stringere amicizia con infedeli ( i kuffar, letteralmente “ingrati verso Allah”, come si dice abitualmente con termine polemico), di fare intese con loro — «I fedeli non si alleino con i miscredenti, preferendoli ai fedeli. Chi fa ciò contraddice la religione di Allah, a meno che temiate qualche male da parte loro» (Corano, sura III, «Âl-‘Imrân» [La famiglia di Imran], 28).

Celare le proprie vere intenzioni è oggi una pratica abituale ai regimi islamici come l’Iran ( che prepara armi atomiche e lo nega) e ai gruppi come i Fratelli musulmani che della taqiya hanno fatto una pratica specializzata ( cfr. L’islam di Piccardo Il Foglio). Un vero e proprio caso di dissimulazione e di applicazione pratica della taqiya da parte dei Fratelli Musulmani è la recente tournèe italiana di Wagdy Ghoneim, noto telepredicatore del jihad e del terrorismo suicida, invitato in Italia dall’Ucoii ( Unione comunità islamiche italiane) nell’ambito di raduni proclamati a gran voce “contro il terrorismo” e definiti Feste della solidarietà. “Come è possibile – osserva Magdi Allam – che l’Ucoii annunci pubblicamente a luglio la sua condanna del terrorismo, per poi ad agosto sponsorizzare un apologeta del terrorismo e, infine, indire a settembre una manifestazione nazionale contro il terrorismo? Eppure, è possibile. Semplicemente ricorrendo all’arte della taqiya*, della dissimulazione, un precetto sciita** fatto proprio dai Fratelli Musulmani a cui fanno riferimento sia l’Ucoii sia il loro mentore Ghoneim. Questa dissimulazione ideologico- religiosa è stata impiegata recentemente dall’Ucoii per occultare la loro legittimazione del jihad, inteso come guerra santa, e per relativizzare il concetto e la condanna del terrorismo. Nella versione integrale della fatwa, responso giuridico islamico, emessa all’indomani delle stragi di Londra e Sharm el Sheikh, l’Ucoii affermò la legittimità del «Jihad fi sabilillah, sforzo sulla via di Dio, inteso anche come fisico, vuoi militare». Ebbene proprio la denuncia del Corriere indusse l’Ucoii a togliere i due paragrafi legittimanti il jihad dal testo consegnato alla stampa il 31 luglio scorso. L’altro esempio di taqiya è nel paragrafo della fatwa relativo al terrorismo che viene condannato in quanto fitna, intesa come «eversione malefica», e quindi accomunato a «ogni forma di terrorismo, guerra civile e aggressione contro le creature innocenti». E’ così che l’Ucoii, da un lato, mette sullo stesso piano gli attentati terroristici suicidi di Londra, le rappresaglie israeliane e le incursioni americane contro le basi di Al Qaeda, dall’altro considera legittima resistenza gli attentati suicidi che massacrano gli israeliani o gli occidentali in Iraq. Una dissimulazione che sottintende il doppio binario etico nella valutazione dello stesso terrorismo islamico a secondo dell’identità delle vittime. Tutto ciò avviene in Italia. Alla luce del sole. Ma i più non vedono, non sentono, non parlano. E quando vedono, sentono, parlano finiscono per schierarsi dalla parte degli apologeti del jihad e dei praticanti della taqiya” ( cfr. Magdi Allam, Corriere della Sera – Guerra santa: il tour italiano ).

La dissimulazione non è un fenomeno unico nella storia. Molti strateghi provenienti dagli ambiti più diversi se ne sono serviti per conquistare il potere o per sovvertirlo . L’unicità dell’ attuale dissimulazione ( taqiya) praticata dagli islamisti è tuttavia quello di essere un lavoro articolato, specializzato e ben finanziato, con il conseguente successo che ottiene presso le società democratiche avanzate popolate da poveri Europei sempre in partenza, diventati – come per improvvisa amnesia – erranti e disponibili.

note

* Note sulla pratica della taqiya

** Comparative Index to Islam : TAQIYA; TAQIYYA ( Dissimulazione)

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SIMULAZIONE E DISSIMULAZIONE

La dissimulazione, volendo generalizzare, non è solo una prerogativa dell’islam e dell’uomo cosiddetto civilizzato, dal momento che si riscontra anche nel mondo animale ( camaleonte, vipera cornuta, ecc.) e in quello vegetale ( piante carnivore).


Francobollo somalo raffigurante una pianta carnivora, Dionaea muscipula, nota anche come Venus acchiappamosche. Si tratta di un organismo vegetale che ha fame di cibo animale e simula l’apparenza d’insetto disposto all’amore, trasformandosi in una trappola. Allo stesso modo del ragno, che avverte il momento in cui la vittima sfiora la trappola, le invitanti valve della pianta carnivora immediatamente si chiudono per afferrare la preda, e la simulatrice la mangia, la digerisce e si pone in attesa di altre vittime, dissimulando la sua vera "intenzione" e la propria natura.

SIMULAZIONE. Dal latino simulatio, col significato di "finzione", "inganno". Alla stessa area semantica appartiene la dissimulazione, da dissimulatio. La differenza fra simulazione e dissimulazione si trova efficacemente enunciata in Polyanthea, alla voce Simulatio: "Simulo et dissimulo ita differunt: simulamus enim esse ea quae non sunt, dissimulamus ea non esse quae sunt " ("Simulare e dissimulare in questo differiscono: simuliamo infatti quelle cose che non esistono, dissimuliamo quelle cose che esistono"). Tutt’e due comportamenti negativi in ogni vita umana, secondo Cicerone: "ex omni vita simulatio dissimulatioque tollenda est " (Cicerone, De officiis, III 15: "si devono bandire in ogni caso della vita la simulazione e la dissimulazione"). Nel mondo classico la simulazione è in netta antitesi all’amicizia e alla virtù: "in amicitia autem nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium" (Cicerone, Laelius de amicitia, 8: "nell’amicizia niente è finto, niente è simulato e tutto ciò che vi è, è vero e spontaneo"); "Quam non est facilis virtus! Quam vero difficili eius diuturna simulatio!" (Cicerone, Epistulae ad Atticum, VII 6; "quanto non è facile la virtù! ma anche la continuata simulazione di essa quanto riesce difficile!").

Biblio : Mensonge, Tromperie, Simulation et Dissimulation

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Shaida, la saga delle donne bomba

 SHAHIDA, LA SAGA DELLE DONNE-BOMBA

La partecipazione delle donne nelle azioni di martirio in Palestina e in tutto il sacro mondo islamico sono halal [lecite, pure, benedette, giuridicamente conformi alla legge di Allah ] data la situazione di occupazione di gran parte di queste terre da parte di ebrei e americani”. ( Sheik Yusuf al Qaradawi – Università islamica del Qatar – dalla fatwa del mese di aprile 2003 che autorizza la fabbricazione e l’uso di donne-bomba ).

Secondo questa fatwa, un parere oggi condiviso da numerosi giuristi musulmani, per una donna accedere al martirio è una tappa verso la parità dei sessi. La fabbricazione e l’uso della donna bomba è il livello di perfidia, di malvagità e di odio più basso* * raggiunto dall’uomo cosiddetto civilizzato e porta a riconsiderare la definizione dei limiti della salute mentale e della patologia degli individui e di interi gruppi umani.

“… Voi siete la mia annata di gocce di rugiada che schiaccerano i carri armati dell’Entità sionista ( lo Stato d’ Israele). Shaihida ! Martirio… martirio fino a Gerusalemme ! ” ( Yasser Arafat )

“Oh Hanadi, martire di Allah, fa’ esplodere il nemico!” ( da “Libro del mese”, supplemento quotidiano Al-Ayyam del 22 agosto 2005 )


«Canta, Marika, canta, come sei bella nell’ora del destino/
ora che stringi la dinamite come un figlio in seno
».

( Da Marika di Roberto Vecchioni, espressione di una più generale infanzia italiana, medio-italiana, che da pubertà infelice e sinistrata si è tramutata in demenza ).

" Hanadi Tayssir Jaradat, 25 anni, laureata in giurisprudenza, ha ucciso 19 persone. Secondo una tradizione del nostro amato Profeta nessuno può dire chi muore shaid e a quale dei nostri fratelli e delle nostre sorelle spetta il janatu firdaws, il luogo più alto. Ma, in tutta sincerità, c’è qualcuno che se la sentirebbe di dire con certezza che questa sorella vedrà il fuoco?"  postato da alhamdulillah, fonte: an-nisa, donne musulmane a confronto

 

Nella foto, Hanadi Jaradat, la maligna terrorista palestinese che massacrò 22 civili israeliani innocenti (ebrei ed arabi, compresi quattro bambini ) al ristorante Maxim di Haifa il 4 ottobre 3003.

CATTIVA LETTERATURA PALESTINESE

Oh Hanadi, martire di Allah, fa’ esplodere il nemico!”

Il Ministero della cultura dell’Autorità Palestinese ha pubblicato lunedì il suo “Libro del Mese”, una raccolta di poesie in onore della terrorista suicida Hanadi Jaradat responsabile dell’assassinio di 21 israeliani innocenti. Il libro è stato distribuito come supplemento speciale del quotidiano Al-Ayyam.

Intitolata “Cosa disse Hanadi?”, la raccolta comprende una poesia che celebra l’attentato terrorista della Jaradat definendolo “la meta più alta”.

"What did Hanadi say?"

[Dedication:]

"To the Rose of Palestine, the Iris of [Mount] Carmel, the Martyr for Allah
Hanadi Jaradat"

What did Hanadi say
When she was told [her brother] Fadi died as a Matryr for Allah..?
Where is the [Arab] nation..?
The armies hid
Nothing left in the field
Save the hostile sound
Not Palestine that was once theirs
Not the sound of Jihad
All of them, at the moment of decision
Surrender, obey the enemies.
O Hanadi! O Hanadi!
Revenge calls!
She shouted: ‘O the light of my eyes!
O my beloved, I long for Haifa’
O Hanadi! O Hanadi..!
The flag of the nation is not flying in the fields of Jihad
And the thieving enemy
Continues in his stubbornness…
O Hanadi! O Hanadi!
Shake the earth under the feet of the enemies!
Blow it up!
Hanadi said: … ‘It is my wedding
It is the wedding of Hanadi
The day when death as a Martyr for Allah becomes the highest goal
That liberates my land.
["What Did Hanadi Say," PA Ministry of Culture Publication of the Month Supplement, Al-Ayyam, August 22, 2005]

La poesia è dedicata (con immagine) a Hanadi Jaradat, definita “Rosa della Palestina, Iris del Carmelo, Martire di Allah”. La sera di sabato 4 ottobre 2003 la Jaradat si fece esplodere nel ristorante Maxim di Haifa uccidendo ventun israeliani, sia ebrei che arabi, compresi quattro bambini. Più di sessanta i feriti e mutilati. L’attentato venne rivendicato dalla Jihad Islamica.

La poesia biasima la nazione araba perché ignora la jihad: “Dov’è la nazione araba? / Gli eserciti si sono nascosti / non rimane nulla sul campo… / non il suono della jihad / tutti loro, nell’ora della decisione / si sono arresi, obbediscono al nemico… O Hanadi! O Hanadi! / La vendetta chiama!… / La bandiera della nazione non sventola sui campi della jihad”.
La poesia si conclude quando la terrorista prende l’iniziativa: “Oh, Hanadi! O Hanadi! / Fa’ tremare la terra sotto i piedi del nemico! / Fallo esplodere! / Hanadi disse: Sono le mie nozze, / sono le nozze di Hanadi / il giorno in cui la morte come martire per Allah diviene la meta più alta / che libera la mia terra”.

Questa celebrazione del terrorismo stragista non è frutto di un’iniziativa privata, bensì di una pubblicazione edita dal Ministero della cultura dell’Autorità Palestinese.

(Da: Palestinian Media Watch Bulletin, http://www.pmw.org.il , 22.08.05: via Palestian Racism ).


Il corpo bomba

di Lea Melandri*

"Il dono di sé colpisce l’immaginazione più di quello della ricchezza. Una prodigalità naturale introduce nel gioco delle forze un sovrappiù che dà potenza a colui che pone la gloria al di sopra dell’interesse. Ognuno di noi allora viene spinto fuori dalla limitatezza della sua persona e si perde, per quanto può, nella comunità dei suoi simili"

(G.Bataille, Il limite dell’utile, Adelphi 2000).

Quando scrisse queste considerazioni, tra il 1939 e il 1945, Bataille pensava a ciò che accomuna "vita guerriera" e "vita religiosa" – l’abnegazione fino alla morte – e ne indicava l’esempio più evidente in "una comunità mistica di soldati come l’Islam". Non poteva certo immaginare che la disponibilità al "martirio", ritenuto segno di predilezione divina e riconoscimento di onore presso la comunità di appartenenza, si sarebbe trasformata un giorno nella lucida, rabbiosa scelta di impugnare il proprio corpo come un’arma o di farlo esplodere come una bomba per uccidere, umiliare, riempire di orrore il "nemico".

L’"evento" che l’11 settembre 2001, giorno dell’attacco di terroristi suicidi alle Torri Gemelle di New York, è parso cambiare il corso della storia, deve gran parte della sua terribilità e del suo fascino alla comparsa di una "nuova forma di guerra" capace, come sottolineò unanimemente la stampa occidentale, di sconvolgere la vita quotidiana evocando le angosce primordiali dell’imprevedibile, ma anche di rendere impotenti e obsoleti i più raffinati sistemi militari: le "bombe umane", scagliate contro una "pacifica comunità" hanno dimostrato di poter ottenere con pochi individui gli effetti devastanti di un esercito. Nel corso dei mesi successivi, e a tuttora, sia pure in dimensioni meno spettacolari e in contesti molto diversi, la strategia sorprendente imposta, in nome dell’Islam, dai terroristi di Al Quaeda è sembrata generalizzarsi: dai "martiri" palestinesi che in numero crescente, soprattutto dopo l’occupazione dei Territori decisa dal governo Sharon, si sono fatti esplodere nei luoghi abitualmente più frequentati dagli israeliani, bar, autobus, supermercati, fino al gesto di un probabile aspirante suicida che il 18 aprile scorso si è schiantato con un aereo da turismo contro il grattacielo Pirelli a Milano, provocando due morti. Ma l’omologazione è fuorviante, sia quando giustifica come "difesa dal terrorismo" guerre e massacri di civili, sia quando individua ideologicamente nell’omicidio-suicidio l’arma dei deboli e degli oppressi.

All’attentato dell’11 settembre a New York qualcuno ha attribuito la valenza simbolica di una "sfida". "Contro un sistema che vive dell’esclusione della morte, morte-zero anche in guerra -ha scritto J.Baudrillard (Lo spirito del terrorismo, Cortina 2002)- si erge la morte sacrificale per un’idea".

La contrapposizione, come avverte lo stesso Baudrillard, ha radici anche all’interno della nostra civiltà, come ombra o contropartita nascosta di un potere che, esaltandosi oltre misura, prepara fatalmente anche la sua caduta. Questo immaginario le avanguardie dell’Islam hanno dimostrato di conoscerlo e di saperlo abilmente manovrare, e non solo per i rapporti intercorsi con gli Stati Uniti prima dell’11 settembre.

La mistica della guerra, al di là delle diverse fedi religiose e politiche, parla la lingua comune di un arcaico "ideale virile" che cova, mai del tutto estinto, dietro l’immagine di un tranquillo, "civile", benessere.

L’"eroe-martire", figura incarnata del legame comunitario, ricompare ogni volta che , per stringere in un corpo solo la nazione, diventa necessario innalzare un’idea, un credo, al di sopra dell’interesse del singolo e della stessa pulsione biologica alla sopravvivenza.

Del "virile" coraggio di sacrificare la vita, in nome di Dio e del proprio popolo, hanno parlato da fronti opposti sia Bush che Bin Laden, ma un richiamo velato in questo senso si poteva leggere anche nell’allusione di Susan Sontag alla "viltà" dei suoi connazionali, abituati da tempo a colpire dall’alto, al riparo di armi sofisticate e senza perdite proprie. Fantasmi di divinità guerriere e di apocalittici angeli vendicatori hanno fatto passare in secondo piano la retorica di morte che accompagna da sempre la lotta per il dominio, riportata al suo volto originario: due contendenti, due "nazioni" cementate al proprio interno dal sangue che le "patrie" chiedono in questi casi ai loro figli. Per quanto riguarda il terrorismo suicida praticato da palestinesi, il contesto e i modi sono visibilmente diversi: non una lotta organizzata e sostenuta da potentati economici e finanziari, come per Al Quaeda, ma la reazione disperata a un’occupazione devastante, tanto che qualcuno ha potuto vederla come scelta estrema di "resistenza". Anche in questo caso, tuttavia, l’odio e la disperazione che trasformano il corpo in una bomba, più che a una spinta liberatoria sembrano rispondere a un imperativo di morte, che ha la sua radice nei riti sacrificali, fatti per placare e intercedere salvezza presso un qualche Dio.

Con l’attacco suicida, compiuto perlopiù isolatamente e con armi improvvisate da strumenti di uso domestico, la "guerra" si privatizza tanto da poter prescindere da ogni preparazione; il comando viene dall’interno, dai massacri che il singolo ha potuto vedere coi suoi occhi, dall’ira sofferta per la morte di un amico.

Il massimo di individualità viene a coincidere col massimo di fusione col gruppo.

Che si tratti, nel suo significato più remoto, di un’offerta sacrificale – richiamo alla passione di Cristo o al sacrificio di Abramo – lo dimostrano l’età e il sesso degli aspiranti suicidi: giovani, persino adolescenti, e donne. Il Dio che promette rigenerazione ha bisogno di "innocenti". Il corpo sacrificale per eccellenza è stato, all’origine, quello femminile: materialmente escluso dalla comunità storica degli uomini, simbolicamente presente come vittima e testimone della benevolenza divina.

Il sacrificio di sé, da questa preistoria dimenticata, sembra aver accompagnato ininterrottamente il destino femminile: dedizione all’altro e adeguamento a modelli imposti.

Ma quello che solitamente si consuma nell’oscurità, e senza valore alcuno, può essere talvolta impugnato pubblicamente, in modo che tutti lo vedano: è così che le donne, nella storia religiosa in particolare, hanno potuto, assolutizzando la loro condizione di vittime, aprirsi un varco alla storia, martoriate nel corpo ma esaltate come gli "eroi", in quanto incarnazione degli ideali collettivi. Viene il dubbio che qualcosa di analogo stia avvenendo nell’animo dei giovani palestinesi di fronte a una strada senza uscita: volgere in attivo una morte certa, farla valere per la propria gente e per chi la opprime. Una valenza tragica, sanguinosa, terrificante, che vorrebbe paradossalmente far giustizia ridistribuendo sofferenza e morte, aprire gli occhi di chi non vuole vedere chiudendoli per sempre, rendere visibile la propria umanità disumanizzandosi. ( LEA MELANDRI*, dalla rivista "Carnet" nel Giugno 2002 ) Fonte: http://www.universitadelledonne.it/corpo-bomba.htm

  • Insegnante, redattrice dell’Erba voglio, la rivista di Elvio Fachinelli, Lea Melandri è, tra l’altro, autore de L’Infamia originaria – facciamola finita con il Cuore e la Politica ( L’erba voglio 1977 ).

* * Nota. Il massimo di fusione col gruppo si osserva nella prassi sociali delle formiche ( animali moderni derivati dalla vespa primitiva) , e di altri insetti sociali come le api e le termiti, le cui colonie vengono considerate da alcuni come un unico animale. Le api, in particolare, sono talmente fuse con il gruppo da compromettere la vita di alcuni individui quando il gruppo si sente minacciato. Il loro pratiottismo per l’alveare e lo sciame è talmente istintivo che essi non esiteranno a immergere la loro arma nel nemico, morendo così per autosventramento. Questo atto da kamikaze o da shaid dovrebbe far riflettere coloro che sono convinti che un animale non commetterebbe mai un atto letale per se stesso. La sua efficacia universale è convalidata dal fatto che un rospo, una volta punto da un’ape-shaida, eviterà anche creature innocue, come ad esempio le mosche, cui l’evoluzione ha insegnato ad assomigliare alle api e a ronzare come queste.


Nell’immagine , un pungiglione con la sua sacca velenifera , si può notare che esso è attaccato all’intestino finale dell’ape ,quando si stacca per inocularsi , porta con sè una parte di quest’ultimo , compromettendo la vita dell’insetto. Viene in mente un passaggio de “Le Vespe” di Aristofane, allorché Sosia esclama :

Eh, per Giove, se alle mani qui si viene, il caso è brutto,

ché a veder soltanto i loro pungiglioni, io tremo tutto!

E il CORO (eseguendo un movimento di danza avviluppante):

Lascia stare quell’uomo! O dirai, t’assicuro,

beate le testuggini ch’ànno guscio sí duro!

Ecco, nell’era della regressione generalizzata a livelli non-umani di condotta e allo squilibrio planetario del terrore, oltre a innalzare, purtroppo, qualche muro (come suggerisce Paolo della Sala in Un muro culturale a difesa dell’Europa), occorre diventare come testuggini, a costo di sembrare delle vecchie tartarughe.

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Le contraddizioni di Eros

 Le contraddizioni di Eros 


Argentina. Video scandalo, si dimette vescovo argentino

Il video, divulgato in forma anonima, mostra Juan Carlos Maccarone, arcivescovo di Santiago, in atteggiamenti intimi con un giovane di 23 anni. In Argentina si ricorda che il vescovo godeva di alcune antipatie politiche e all’interno del clero. La relazione con il giovane sarebbe in corso da circa due anni, secondo quanto riferisce Il Clarin. Ma i difensori di Maccarone sostengono che il giovane sarebbe stato «comprato» per incastrare l’arcivescovo. Il Papa ( che a Colonia ha appena detto che «Libertà non è godersi la vita») , ha già accettato le dimissioni. (Fonte: Corriere.it).

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EROS ANTICO E EROS MODERNO

"Eros Smemorato", Paul Klee, 1939

Il Cristianesimo dette da bere ad Éros del veleno. Costui in verità non ne morì, ma degenerò in vizio”. Con queste folgoranti parole, Nietzsche in Al di là del bene e del male traccia, con la sua abituale potenza immaginativa, i rapporti tra Éros antico ed Éros moderno. Neanche Nietzsche, fiero avversario di Platone e della sua filosofia, può negare che nell’erotica pagana, compresa ancora l’erotica platonica, si colga quell’aspirazione al tutto, che solo il Cristianesimo e la filosofia moderna manterranno poi completamente perduta, operando una netta scissione tra anima e corpo, intelletto e sensibilità, mondo sensibile e mondo soprasensibile. Nel mito platonico del Simposio infatti Éros non è qualcosa, ma qualcuno, un demone, figlio di Penìa, la povertà, e di Pòros, l’espediente. Siccome Éros non è un dio, ma un povero demone, aspira al bello, e non lo possiede. Ma siccome è un terribile demone e non un dio, pur se non possiede il bello, cerca di mettere in atto ogni espediente e stratagemma per goderne. L’espediente è cercarlo nelle cose terrene. La bellezza delle cose terrene, a cominciare da quella dei bei corpi, delle persone belle, è un veicolo per l’ascesi verso il bello in sé, che è al di là di tutte le cose, ma che, in diversa misura, partecipa di ognuna. Questo è Éros ancora nella filosofia platonica: un formidabile procacciatore di bei corpi e insieme di belle anime. Nel Cristianesimo invece la figura di Éros si può incarnare perfettamente in quella di Don Giovanni, il vizioso, che, come ci fa vedere Kierkegaard, può conquistare tutto senza andare al di là di nulla. Don Giovanni gode dei corpi e perciò stesso condanna l’anima, la propria e quella delle sue conquiste. Quale potrebbe essere allora il nome di quel veleno, per dirla ancora con Nietzsche, che il Cristianesimo avrebbe dato da bere ad Éros? “Regno dei Cieli” forse? ( da “La filosofia e il corpo” di Remo Bodei). Fonte: http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=662#links

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… La bellezza è una cosa terribile e paurosa. Paurosa perché è indefinibile, e definirla non si può, perché Dio non ci ha dato che enigmi. Qui le due rive si uniscono, qui tutte le contraddizioni coesistono. Io, fralello, sono molto ignorante, ma ho pensato molto a queste cose.

Quanti misteri! Troppi enigmi sulla terra opprimono l’uomo. Scioglili, se puoi, e torna salvo alla riva!

La bellezza! Io non posso sopportare che un uomo, magari di cuore nobilissimo e di mente elevata, cominci con l’deale della Madonna e finisca con l’ideale di Sodoma. Ancora più terribile è quando uno ha già nel suo cuore l’ideale di Sodoma e tuttavia non rinnega nemmeno l’ideale della Madonna, anzi, il suo cuore brucia per questo ideale, e brucia davvero, sinceramente, come negli anni innocenti della giovinezza.

No, l’animo umano è immenso, fin troppo, io lo rimpicciolirei. Chi lo sa con precisione che cos’è ? Lo sa il diavolo, ecco! Quello che alla mente sembra un’infamia, per il cuore, invece, è tutta bellezza. Ma c’è forse bellezza nell’deale di Sodoma? Credimi, proprio nell’deale di Sodoma la trova l’enorme maggioranza degli uomini! Lo conosci questo segreto, o no?

La cosa paurosa è che la bellezza non solo è terribile, ma è anche un mistero. E’ qui che Satana lotta con Dio, e il loro campo di battaglia è il cuore degli uomini.

Già, la lingua batte dove il dente duole… E ora veniamo al fatto. Ascolta.”

            DOSTOEVSKIJ, I fratelli Karamazov ( trad. di Pina Mariani, Sansoni, 1966).

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