LA FOLLE DELLA SAVANA


In Spagna – esulta Vladimir Luxuria ( Liberazione – La notizia ) – si è sfaldato il "Bio-Potere", il potere esercitato sugli altri in base alla propria biologia, l’eterosessualità in sé non costituisce più motivo per sentirsi superiore a chi non lo è… ”.

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ARCHIVI DELLA MEMORIA

 UN PRIMO MAGGIO BEAT IN TENDA E SACCO A PELO

"Dateci i sacchi a pelo e tenetevi le bandiere" (da Mondo Beat n° 4,  maggio 1967)

Gianni De Martino – sito ufficiale 

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 Afef e i diritti delle (altre) donne

da Libero 30-4-2005 questo articolo di Angelo Pezzana:

La signora Tronchetti Provera e il suo islam privato purtroppo così diverso da quello reale

tracce dello sgozzamento di Theo van Gogh nel centro  di Amsterdam lo scorso 2 novembre 2004

"Signora Tronchetti Provera, mi perdoni se non la chiamo anch’io Afef, ma, non conoscendola, mi sembra troppo famigliare. Ho appreso dal Corriere che lei è andata in una sede milanese della Lega ed ha assistito alla proiezione del film Submission, quello che nel novembre dello scorso anno è costato la vita al suo regista, l’olandese Theo Van Gogh. E’ andata a vedere un film che il Corriere di ieri definiva " simbolo di pregiudizi e preconcetti. Proiettarlo significa esporsi al rischio di finire nel mirino di fanatici islamici", una definizione corretta nella seconda parte, molto meno nella prima. E’ andata a vederlo in una sede politica che ha avuto il coraggio di esporsi a rischi, come l’avrebbe definita il giornale di via Solferino. Per sua e nostra fortuna non mi risulta le siano pervenute, per i suoi giudizi negativi sul film, minacce di quasiasi genere dai fanatici leghisti che l’hanno ospitata.

Lei ha trovato il film "brutto e inutile", perchè,ha dichiarato, "può essere usato come una clava contro tutto l’Islam". Peccato che nel dare quel giudizio non abbia toccato l’argomento stesso del film, la condizione della donna nei paesi musulmani, limitandosi a dire che la violenza sulle donne esiste anche a Milano. Affermazione che condividiamo, ma che non oseremmo accostare alla vita che le sue consorelle sono obbligate a vivere nei paesi dove la Shaaria detta le regole. Dubitiamo che lei di queste cose ne sappia molto. E’ figlia di un diplomatico tunisino e, se è nata bene, si è maritata anche meglio. Nei salotti che lei frequenta certi argomenti vengono accuratamente evitati, non sarebbe islam-chic, una nuova categoria della quale lei è sicuramente l’esponente più in vista nel nostro paese. Le saranno anche sfuggiti gli innumerevoli articoli di Magdi Allam sullo stesso Corriere che l’ha intervistata, nei quali, tra il resto, viene descritta la condizione della donna musulmana in termini che possono tranquillamente essere paragonati al film del regista olandese. Per chiudere la questione ha poi affermato che l’assassino del regista, un marocchino già nato in Olanda, è solo un "malato di mente", ignorando quanto l’omicida ha poi dichiarato alla polizia, e cioè di "aver voluto punire il regista perchè aveva offeso le donne musulmane". Ha capito bene signora Tronchetti Provera, non è orribile la condizione della donna musulmana, è una colpa l’averla descritta.

Una colpa che merita la morte. Le ricordiamo, se l’avesse dimenticato, che Theo Van Gogh è stato massacrato a colpi di coltello in una strada di Amsterdam, preso a colpi di pistola,sgozzato e alla fine gli è stato piantato un coltellaccio nel petto con attaccato un foglio nel quale il "malato di mente" accusava il regista di aver voluto offendere l’Islam. Ma sono due assenze ciò che maggiormente ci ha colpito nelle sue parole. La prima è la totale mancanza di uno straccio di ricordo per Theo Van Gogh, vittima, anche lei lo riconoscerà, del fanatismo islamico. Niente, neanche un "poveretto".

Altra assenza che le rimproveriamo, la seconda vittima del fanatismo islamico, per fortuna non ancora sacrificata, la sceneggiatriche del film, la musulmana Ayaan Hirsi Ali, deputata al parlamento olandese, amica di Van Gogh, e oggi costretta a vivere nascosta per non essere "punita" con la morte per avere avuto il coraggio di raccontare quelle cose che nel mondo dorato nel quale lei ha la fortuna di vivere non vengono neppure nominate. "Forse la morale sessuale che ci viene inculcata fin da bambini può spiegare la condizione di arretratezza mentale e materiale in cui noi musulmani ci troviamo", ha scritto in un libro che è appena uscito anche in italiano. Si intitola "Non sottomessa". Se fra i tanti suoi impegni troverà del tempo, lo legga. Sono i pensieri di una musulmana alla quale questo Islam non va bene, una donna coraggiosa in un mondo in ipocriti e indifferenti, una donna che racconta un Islam oppressivo e nemico. Ma che appartiene anche a lei, lo voglia o no." Da INFORMAZIONE CORRETTA

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"Non sottomessa. Contro la segregazione nella società islamica" di Ayaan Hirsi Ali, Einaudi editore
Ayaan Hirsi Ali vive in Europa, nascosta in luogo segreto, sotto scorta perché rischia di essere uccisa da qualche fanatico islamista.

 Eurabia – Speciale radicale su Submission

Le musulmane: no alla censura su Van Gogh

 LINK DEL FILM :

 1)http://www.putfile.com/media.php?n=part182

 2)http://www.putfile.com/media.php?n=part235

 3)http://www.putfile.com/media.php?n=part369

 4) http://www.putfile.com/media.php?n=part483

Fonte: http://www.ayaanhirsiali.web-log.nl/

 

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dalla rete

– La shaaria e la lapidazione delle donne in Iran

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Terroristi suicidi al Cairo
Analisi di Fiamma Nirenstein, Magdi Allam, cronaca di Aldo Baquis

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IL "REGNO DI BAMBI", ovvero DELLA LIBERTA’

In quanto dominio dell’uomo sull’uomo, la fase capitalistica è dunque destinata ad essere sorpassata: questo superamento si caratterizza come un passaggio da un “regno della necessità” in cui l’uomo è servo della merce e dei padroni ad un “regno della libertà” scaturente dall’instaurarsi della futura società comunistica attraverso una transitoria fase di dittatura del proletariato. Quel che più colpisce è come Marx, che ha descritto con impareggiabile precisione la società capitalistica e le sue storture, fornisca poi descrizioni a dir poco imbarazzanti di quello che sarà il tanto atteso “regno della libertà”, giungendo addirittura a tratteggiare l’arcadico scenario di una società che :

regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, cosí come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico” ( Marx-F. Engels, L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1972, pag. 24; citato da Diego Fusaro in: http://www.filosofico.net/filos.html ).

L’arcadico regno della libertà nazionale assoluta, simile a un racconto di fate, che solo Marx ha avuto l’ardire di promettere, forse Bambi crede di poterlo realizzare nell’assolata, se non proprio illuminata Spagna almodovariana e zapatera color rosa confetto.

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 UN BELL’UOMO !  ( “perdonatemi la civetteria”)

«Oggi la Spagna (dopo la caduta di Aznar, tanto amico di Berlusconi) ha il suo Zapatero che, oltre a essere un bell’uomo ( perdonatemi la civetteria), ha un pregio molto importante: è coerente, coraggioso, forte… doti che in un uomo valgono molto di più di un’ostentata virilità, o di un tutto da verificare celodurismo leghista.

Per ironia della sorte nel gergo spagnolo gay si usa il termine "zapatera" ("calzolaia") per indicare una lesbica particolarmente mascolina (da noi si dice "camionista", in inglese "dyke")». VLADIMIR LUXURIA ( Liberazione – La notizia ).

Un bell’uomo coerente, coraggioso e forte che ci porta verso il migliore dei mondi possibili ? Mah! Chissà per quale ironia della sorte si ripete, ancora una volta, questa strana e sinistra tendenza a innamorarsi sempre dell’uomo sbagliato.

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…Essi sono specializzati nel recupero borghese di ogni iniziativa inizialmente rivoluzionaria, per cui finiremo per esserne strumentalizzati. Il loro scopo sarebbe quello di incanalare le nostre energie in una sterile lotta volta al miraggio dell’emancipazione politica… che è una strana cosa… si dilegua nei fatti, mentre resta codificata in leggi astratte, che mettono il cuore in pace al borghese oppressore e legalizzano la stessa vita triste e la morte squallida della checca isterica…… MARIO MIELI, “Elementi di critica omosessuale”, Einaudi 1977

PUTA. A QUEER INVADER » Sfoglia » Elementi di critica omosessuale
on-line gli Elementi di critica omosessuale di Mario Mieli pdf
http://www.puta.it/blog/documenti/Elementi_di_critica_omosessuale.pdf

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A proposito di sovversive esperienze di lettura, perché non rileggere anche "Eros e Priapo"? L’antimussoliniano Gadda parla di un altro regime che quello dei Bambi ma è attualissimo.

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 UN RICORDO DI CARMELO BENE

morto il 16 marzo di tre anni orsono



LINK per sentire la voce di Carmelo Bene da "Hamlet-suite" da J.Laforgue (182 KB)  ( grazie a Dario Mazzoli )

E adesso, niente. Niente. nemmeno il suo sonnambulismo…Quì…proprio qui…c’era una lingua che biascicava: good night, ladies, good night, sweet ladies, good night…Cantava…

Ha parlato, ha arrossito, ha sbadigliato! Orrido, orrido, orrido! Ho forse ancora vent’anni, trent’anni da vivere, e poi verrà il mio turno come è venuto per gli altri…O tutto! Che sventura non esserci più!

Si, voglio andarmene via domani e informarmi per tutto il mondo dei più adamantini processi d’imbalsamazione! Ah, tutto è bene quel che non finisce mai!…Come m’annoio, superiormente!

E allora, che aspetto qui, la morte? Io morire?!…Si, d’accordo, si muore…ma non esserci più…Parole, parole, parole!

Basta! Quando ho fame, ho fame, quando ho sete, ho sete, quando ho voglia, ho voglia! E allora se l’idea della morte m’è così lontana, vuol dire che la vita mi ha in balia, vuol dire che la vita mi reclama, e allora: vita mia, a noi due!

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Macchina attoriale Real video (buona visione..!)

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Io ho sempre vissuto da monaco anche se talvolta le apparenze erano ingannatrici, turbolente. Nei riguardi del mio corpo ho esercitato la disciplina degli gnostici che contemplava fustigazione e distacco o, in alternativa, il logorio stressante del libertinaggio. Quest’ultima pratica appartiene per me al passato e da tempo vivo l’esatto rovesciamento, ossia uno spirito di autodistruzione.

                                                  C.B.

DALLA RETE

Il cinema di Carmelo Bene

Carmelo Bene: cinema e non solo

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 ESAGERATI !

Si oscilla, in questi giorni, fra l’esaltazione del presunto “triunfo gay” nell’assolata Spagna zapatera (Comunicato Arcigay e del Mario Mieli ) e la depressione avvertita negli stessi ambienti neo-gay e cosiddetti gay-friendly in seguito all’elezione del prof. Ratzinger al soglio di Pietro. Tra le affermazioni rivolte verso il nuovo pontefice, Benedetto XVI, le più blande vanno da “papa conservatore” (conservatore dell’omofobia vaticana) a “papa ferocemente omofobico” ( Franco Grillini, deputato Ds e Presidente Onorario Arcigay), passando per l’ormai classico “ pastore tedesco” ( con riferimento velato alla razza canina) de “ il Manifesto” a “il peggio del peggio” ( Massimo Consoli, esponente storico del movimento gay italiano definito da taluni il "nostro papa gay").

 Aurelio Mancuso, segretario nazionale dell’Arcigay che con preoccupazione parla di “ vittoria della Chiesa più retrivariferisce addirittura di aver provato una specie di mal di pancia alla notizia dell’elezione di Ratzinger: “ Lo stomaco mi si è stretto in una morsa quando ho sentito l’annuncio in diretta dell’elezione di Ratzinger a Benedetto XVI”. Le voci degli omosex sull’elezione del papa , come titola  gaynews.it , sembrano esprimere una reazione quasi psicosomatica a cui pare fare eco il sussulto o grido di dolore che trapela dalle parole di don Mazzi , noto sassofonista, che dice di aver avuto "una sensazione simile ad una botta in testa".

Nel frattempo, mentre Grillini rilancia il noto slogan “ resistere, resistere, resistere”, si pensa di organizzare un gay pride a Roma, “ una manifestazione glbt in risposta all’omofobia di Benedetto XVI” ( http://it.gay.com/view.php?ID=20059) . Se ne discute sui forum del pianeta e nei pisciatoi della Galassia, mentre intanto il professore Louis-George Tin, autore del Dizionario sull’omofobia, ha lanciato una proposta suggestiva: una giornata internazionale contro l’omofobia, da celebrare il 17 maggio ( Per visitare il sito italiano della Giornata Mondiale Contro l’Omofobia www.omofobia.it CLICCA QUI ) . l’Arcigay sostiene l’ iniziativa presentata alle povere vittime del vittimismo organizzato, ovvero ai neo-gay tesserati, come una specie di giornata della memoria ( qui).

Volendo rivendicare lo stesso diritto ad esagerare, si potrebbe dire che certi ambienti neo-gay autodefinitisi “comunità gay” siano attraversati da un vero e proprio vento “papafobico” o “papofobo” : ovvero da una paura intensa, esagerata e immotivata nei confronti di un papa ( “Ratzinga”, come si ulula in certi ambienti, e non solo nelle dark room ) che assume contorni fantasmatici.

Della “papofobia” però non esiste “ancora” traccia nelle liste delle malattie mentali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre invece si moltiplicano le iniziative delle lobby gay affinché vi venga inclusa la cosiddetta “omofobia”.”Omofobia” per il Lexicon è il ”termine usato per stigmatizzare tutti quelli che si interrogano sulla omosessualità” dal punto di vista sociale e morale. Il timore di essere stigmatizzati come “omofobi” colpisce un po’ tutti, anche Paolo de Lautreamont, per esempio, nel suo post riflessivo e opportuno dal titolo ANCORA SULLA LOBBY SPAGNOLA. COSA NE DICONO I NAVAJOS ( http://leguerrecivili.splinder.com/) avverte quasi la necessità di tutelarsi preventivamente da uno stigma ormai ricorrente affermando in via cautelativa “ Ribadisco che non mi sogno di essere omofobo”. Un’altra prova, ove ce ne fosse bisogno, che è vero che ”i sistemi sociali e gli individui eterosessuali”, come rimarca il dizionario vaticano, sono spesso spinti a un ”senso di colpevolezza di fronte alla omosessualità” tanto che l’interrogarsi su di essa è ”assimilato a un delitto, il delitto dell’omofobia”. Un intellettuale può parlare di tutto, ma per quanto riguarda le omosessualità è spinto a demissionare dal suo compito e il suo dovere critico, soccombendo a una strana forma d’inibizione e finendo con il non dire la verità, o perlomeno quello che in coscienza egli pensa che sia la verità. La minaccia dello stigma “omofobico” che pende sulle teste e le bocche di tutti non è un bene per nessuno, anche perché è quando si disprezza qualcuno che lo si blandisce e non gli si dice la verità. Quante volte, per esempio, ho sentito dei compagmi puttanieri, bravi padri di famiglia, sostenitori del matrimonio gay per correttezza politico-ideologica, dire in privato: “ Sì, quello è culattone, ma che bravo compagno, però...”.  "Bravo" perché magari non viene pagato, lavora gratis per la causa, in aziende neo-gay protette dai politici, sotto un regime caratterizzato a un tempo da falsa familiarità, comunitarismo, e ferrea disciplina quando si tratta di fare i conti a vantaggio unicamente dell’imprenditore gay friendly.

D’altra parte è anche vero che esprimere paurVignetta di Vauro per il ''Gay Pride'', ''Il manifesto'', 27-6-1998.a, disprezzo e odio per gli omosessuali e le omosessualità resta un atteggiamento intellettualmente errato ed umanamente orrendo quando, mirando in basso, tende ad avvilire e colpevolizzare i ragazzi, o le ragazze, che si amano e si scambiano dei piaceri; ma è assolutamente illiberale se in nome del politicamente corretto e della dittatura neo-gay o falsamente pietista e amica dei gay si trasforma addirittura in legge per intimidire o proibire qualsiasi riflessione critica sulle omosessualità e le sue ideologie con tessera, impedendo l’esercizio del libero pensiero, e rischiando, fra l’altro , di far dimenticare il legame profondo, a livello antropologico, tra sesso e riso. “Perché il riso – come ricordava Italo Calvino – è pure difesa della trepidazione umana di fronte alla rivelazione del sesso, è esorcismo mimetico – attraverso lo sconvolgimento minore dell’ilarità – per padroneggiare lo sconvolgimento assoluto che il rapporto sessuale può scatenare. L’atteggiamento ilare che accompagna il parlare del sesso può essere dunque inteso non solo come anticipo impaziente delle felicità sperata, ma pure come riconoscimento del limite che si sta per varcare, dell’entrata in uno spazio diverso, paradossale, ‘ sacro’ . Oppure, semplicemente, come modestia della parola di fronte a ciò che è troppo al di là della parola, di contro alla rozza pretesa che un linguaggio sublime o serioso potrebbe avere di darne ‘l’equivalente’”.

Fra le pesantezze del piccolo commercio gay, la diffida rivolta agli eterosessuali a non parlare di omosessualità e la leggerezza dello svolazzo di tante piume color rosa bonbon, ciò che occorre a questo punto osservare è la miseria del discorso neo-gay , oscillante fra tracotanza e vittimismo: un discorso ideologico che sotto l’apparenza della liberazione dell’omosessuale dai suoi imperfetti abbracci, della donna dal cosiddetto ganzo e dei bambini dagli ormai obsoleti padri e madri, riduce la sessualità, ovvero la zona più delicata di molte vite, a gestione politico-ideologica dei bisogni.

E c’è di meglio. Si può infatti ancora dire – parafrasando l’apocrifo Enrico Berlinguer delle “Lettere agli eretici, epistolario con i dirigenti della nuova sinistra italiana” – che nella dura lotta verso la costruzione-invenzione della diversità omosessuale alfine valorizzata e resa paradossalmente uguale e perbene per cooptazione nella neo-istituzione nel matrimonio unisex è finalmente possibile celare ‘un attimino’ la generale mediocrità carnale che caratterizza l’epoca sì da renderla accetta. Il modesto deviante che inseguiva eroicamente la diversità come se fosse una lontana isola corallina e ora conquista negli uffici del Comune il placet alla sua particolare inclinazione può infine essere convinto dai guardiani dei suoi sogni e dei suoi bisogni di essere pervenuto a un grado di uguaglianza talmente sfolgorante da non avvedersi più dell’insipidità del suo germe passionale in tutto e per tutto simile a quella dell’eterosessuale, a dispetto della bizzarria, politicamente nobilitata, delle sue pratiche intime.

 Strappato infine il matrimonio a una presunta “aristocrazia” eterosessuale e ghigliottinato quello che un tempo si chiamava “erotismo”, “bei pezzi di figa” o ragazzi così belli da far venire un’erezione persino a uno svizzero ( mi si scusi la sguaiatezza) si può alfine accedere all’austero regime del re-coppia e occultando il grigiore corporeo che dà la sua impronta all’epoca svalutare persino il vizio, riducendolo a gita domenicale per famiglie preferibilmente unisex, con una normale vita unisex e figli normalmente unisex. Si divaga quindi, spesso e volentieri, sulle varie pratiche sessuali, sui vantaggi e gli svantaggi di ognuna, sui modi idonei a sperimentarle e a metterle in commercio, sulla necessità di renderle accette alla società tramite tesseramento o opportuno ticket, e in questo calderone o Luna park la logorrea, più che la fantasia, di ognuno trova modo di sbizzarrirsi “un attimino”, purché in obbedienza all’ordinato e perbene movimento di antropomorfizzazione del capitale. Esso, come ben sanno i guardiani dei bisogni e dei bisognini, ha avuto bisogno di mercanzie sempre diverse e sempre rinnovate, da immettere nel mercato e lo spettacolo dei comportamenti.

Sì alla valorizzazione della devianza, di ogni modesta devianza, nella più generale regressione e involgarimento dell’uomo di massa e della fine del mondo se non di Benedetto XVI perlomeno di Beckett. Sì alla creazione indefessa di nuove devianze e di neo-gay informati, prudenti, nemici dell’oltraggio, e con il borsello. Continuate così, compagni, ma tesserateli e sposateli, tutti in fila per due…

In un’epoca di decadenza, a un tempo luminosa e oscura, barbara e civilizzata, ho divagato adesso circa le nozze con i fichi secchi e la dissipazione della memoria, della lingua e della stirpe, oltre che della bellezza dei corpi, e mi accorgo che forse c’è poco da ridere. Eppure continuo a credere che forse più che sciogliere le trecce al vento zapatero e “resistere, resistere, resistere” occorrerebbe sorridere. Rida chi può, se è vero – con Italo Calvino – che “solo il riso – irrisione, falsetto autoderisorio, smorfia convulsa – garantisce che il discorso è all’altezza della terribilità del vivere e segna una mutazione rivoluzionaria”. Mi accorgo ( incidentalmente, ho il televisore acceso) che Benedetto XVI sorride… C’è da chiedersi se non sia proprio lui – “conservatore”, “pastore tedesco” “peggio del peggio” e pietra scartata – il ponte su cui passa il mutamento di una memoria che, se Dio vuole, non si dissipa nel mare della volgarità imperante, di una lingua che non mente, di una stirpe che non si estingue.

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Riferimenti bibliografici:

– Italo Calvino, " Considerazioni sul sesso e il riso" in ‘il Caffè:letterario e satirico", Anno XVII – N. 2 – Luglio ( Settembre), Dellavalle editore, Torino, 1970;

– pseudo Enrico Berlinguer, " Lettere agli eretici: Epistolario con i dirigenti della nuova sinistra italiana", apocrifo, pseudo-Einaudi 1977.

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 Sessantesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo

( non della sagra delle salsicce falce e martello )

riprendiamoci il 25 aprile

Fonte: http://lazanzara.splinder.com/  Grazie a Lisistrata

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Gay e Spagna

Madrid – “HABEMUS MATRIMONIUM”. Aprobada la reforma que permite el matrimonio entre homosexuales

21/04/2005 – "El matrimonio tendrá los mismos requisitos y efectos cuando ambos contrayentes sean del mismo o diferente sexo" , esta es la frase que se añade al artículo 44 del Código Civil y que permitirá a las parejas homosexuales casarse”.

Qualche osservazione sul matrimonio gay

Omologate al regime dell’Identico e sottoposte per legge alla monarchia del re-coppia, le omosessualità accedono oggi in Spagna all’istituto matrimoniale che diventa indifferenziato. Modeste e talvolta bellissime deviazioni, le piccole e grandi omosessualità oggi visibili, politicizzate e concentrate in versione spettacolare neo-gay si pongono come istanza ideologica progressista e libertaria. Numerose persone che si vivono come gay – appartenenti nella maggior parte dei casi a una classe media prudente, informata, nemica dell’oltraggio – parlano quindi di “trionfo gay” ma sembrano non aspirare ad altro che a conformarsi alla follia della normalità, al diritto a una bella stufa calda e alla strategia della pensione.

In pratica, il matrimonio gay emerge come il tentativo illusorio di occultare le differenze esistenti fra una sessualità di piacere ( a volte banale, semplicemente anale – un’ars amandi che non tutti disprezzano – altre volte una forma di comunicazione affettiva che può anche assumere un immenso rilievo esistenziale) e il matrimonio che per sua costituzione è uno stato di vita che ha rilievo pubblico e richiede non poche responsabilità e rinunce pulsionali in considerazione del bene comune e in cambio di alcune compensazioni ( anche in termini di tutela della maternità e di sicurezza sociale) .

Non a caso il termine “matrimonio” contiene la radice latina di madre e include quindi l’accesso della donna alla maternità come bene pubblico, quindi da legalizzare e tutelare, come uno dei suoi elementi strutturali. D’altra parte è anche vero che nell’etimologia delle parole non è contenuto un senso fisso e immutabile, e che nelle società borghesi occidentali la posizione della donna-madre è mutata e la figura del padre è andata sbiadendo, perlomeno dall’epoca di Proust in poi e la successiva invenzione della pillola, insieme al controllo chimico delle nascite e le tecniche di riproduzione non-umane, che permettono alla donna di non generare e di renderla più autonoma, meno legata alla maternità come “destino”, e quindi nel bene e nel male più libera di dire “sì” o “no” al dono della vita. Tuttavia non per questo il rapporto eterosessuale diventa in tutto e per tutto simile al rapporto omosessuale. In quanto costitutivamente ( e non accidentalmente) sterile, piacevole e magari fecondo in termini psicoemotivi e anche affettivi, il rapporto omosessuale resta di fatto in alcun modo omologabile al rapporto eterosessuale ( che può essere sterile di fatto, per scelta, per vecchiezza o per malattia, ma non è mai sterile nel suo principio costituito dal segno della differenza che permane nel sesso maschile o femminile).

L’ omosessuale – a meno di non voler eludere o rendere insignificante un deposito che trascende l’egoismo dei nostri piaceri o dispiaceri, e che ci costituisce in un sesso maschile o femminile – non può rivendicare una vera ed autentica pretesa mimetica nei confronti dell’eterosessuale. Il rapporto omosessuale resta di fatto altro da quello eterosessuale.

Non riuscendo a sostenere nel bene e nel male la differenza i neo-gay più oltranzisti, oscillando tra arroganza, prepotenza e vittimismo organizzato dai sinistri guardiani dei bisogni, non intendono pagare il prezzo della libertà e dell’enigma ( se non del mistero ) costituito dalle omosessualità maschili e femminili. Scambiando la legge del desiderio per uno strano desiderio di legge, gli attivisti neo-gay e i loro guardiani credono di poter ridurre la sessualità a gestione ottimale dei bisogni in un regime babelico di politeismo etico , in cui sembra dissiparsi la memoria, la storia, la stirpe e perdersi persino la parola. “Questa legge – scrive il Foglio di oggi – rende insignificanti il racconto di Adamo ed Eva e tutta la narrazione civile, politica e letteraria intorno a quel momento della coscienza umana che è la propagazione della specie. E’ una riforma ideologica, che non tocca i credenti, muniti dello strumento del matrimonio religioso, ma la comunità dei laici, cui viene imposto un modello unico dispotico di alleanza famigliare. E’ una riforma democratico-autoritaria mascherata da avanzamento libertario, una norma che nega ai figli il diritto di essere generati da un uomo e da una donna o di essere affettivamente accuditi dai due tronconi dell’umanità, dalle due metà del cielo. …”. Il presunto “trionfo gay”, come titolano alcuni giornali, comporta inoltre la dimenticanza, se non l’oblìo, anche delle lotte dei primi movimenti omosessuali per tenere lo Stato fuori dalle camere da letto e si riduce alla riproduzione in versione omosessuale di tutti i vecchi meccanismi di perbenismo e di esclusione insiti in una istituzione monogamica fino ad ieri strutturalmente fondata sull’unione dell’uomo e della donna e l’ordine delle generazioni.

E’ assurdo irridere o rendere indifferenziato il matrimonio, che resta una necessità per la maggior parte degli uomini, cedendo alle richieste dei neo-gay politicamente organizzati che cercano di convincere l’universo mondo che il matrimonio è un istituto giuridico lì apposta per riconoscere le coppie di fatto esistenti nella società. Non è neanche vero che tutti gli omosessuali non aspirano ad altro che a essere – tramite una finzione giuridica – simili agli eterosessuali supposti o suggeriti “normali”, tutti con figli “normali” e titolari di privilegi dai quali i gay sarebbero ingiustamente esclusi. E’ come se, in nome di un astratto principio di uguaglianza, uno volesse entrare in un club di cui non condivide né le pratiche, né lo statuto, né le finalità. Oppure, non essendo disabile se non per partito preso, rivendicare il diritto al posto macchina… ( non mi si dica “eterofobo”, non intendo paragonare gli etero ai disabili, sarebbe troppo facile). 

In Italia il matrimonio omosessuale non è "per il momento" oggetto di una proposta di legge. Perlomeno ufficialmente il  movimento glbt non chiede il matrimonio  bensì una legge che dia vita a un istituto diverso e distinto dal matrimonio che nella proposta  legge a firma di Franco Grillini è chiamato Pacs. Sembra quindi esserci un apparente rispetto della diversità fra Patto di solidarietà e matrimonio. Il matrimonio indifferenziato per tutti resta tuttavia una rivendicazione politica in una prospettiva  considerata libertaria e progressista. Per numerosi attivisti della sinistra utopica pare inoltre trattarsi di una semplice questione linguistica. Certamente matrimonio è una parola, ma quello che alcuni nominalisti e relativisti sottovalutano, considerandola una semplice difesa della parola matrimonio, costituisce il 90% del problema. Strappando il matrimonio a una presunta “aristocrazia” eterosessuale, rendendolo indifferenziato e ridotto a un mero rapporto d’interdipendenza emotiva svincolato dalla paternità e dalla maternità, i nuovi perbenisti prudenti, informati , tesserati ed evanescenti , svuotano di significato l’unione dell’uomo e della donna, ne diventano la parodia spettacolare in nome della promessa zapatera di un futuro uguale per tutti e tutte, color rosa bonbon.

Stabilire giuridicamente che il matrimonio può essere anche omosessuale, ovvero matrimonio indifferenziato, comporta la destabilizzazione se non la dissoluzione del matrimonio eterosessuale. In altri termini, se una coppia sposata pubblicamente non è più formata da un marito e una moglie il significato della parola matrimonio non sarà più condivisibile. E sarebbero in primo luogo gli eterosessuali a perdere la capacità di parlare in pubblico del ‘loro’ matrimonio facendosi capire . Paradossalmente è proprio in nome di parole rese banali, se non banalizzate, come “libertà”, “ uguaglianza” e persino “amore” che oggi i neo-gay inseriscono il dato omosessuale nel matrimonio e invocano paradossalmente lo Stato nelle camere da letto, i divani e i pagliai, nell’illusione omofagica che l’universalità del diritto possa rendere tutti uguali in tutto e per tutto, quando per fortuna o sfortuna non lo si è.

Due uomini, o due donne, che decidono di vivere insieme e di scambiarsi dei piaceri formano una coppia di amici, di sodali, d’innamorati, di amanti , non di marito e moglie. L’amicizia, i piaceri condivisi, le passioni, l’amore sono realtà pre-giuridiche che non hanno niente a che fare con l’istituzione del matrimonio e potrebbero, volendo, trovare una forma di regolarizzazione nelle leggi esistenti e , se del caso, nell’istituzione delle unioni civili senza distruggere il diritto di famiglia. Senza cioè introdurre – a partire dalla demolizione del simbolico costitutivo della nostra civiltà – innovazioni affrettate e demagogiche dagli esiti imprevedibili.

Legalizzati in nome dell’accesso all’uguaglianza per riparare alla presunta ingiustizia proclamata da chi preventivamente si dichiara vittima delle circostanze ( “Dio, il buon Vasaio, o la natura mi ha fatto così…” ), i matrimoni gay sono una scelta compiuta in obbedienza alla bestialità politica e alle condizioni demagogiche oggi esistenti per la costituzione di una coscienza: una scelta distruttiva per l’esercizio responsabile della libertà e per la verità antropologica, storica, sociale che è nella differenza.

Il matrimonio indifferenziato non rende giustizia né a quegli imperfetti abbracci che si vivono come omosessuali né a quegli incerti amori che si vivono come eterosessuali. L’istituzione del matrimonio gay, ovvero unisex, parassitando nella forma e nella sostanza l’istituzione del matrimonio, costituisce in definitiva una vera e propria forma di volgarità, se volgarità è proprio voler apparire quello che non si è.

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DALLA PARTE DEI PASTORI TEDESCHI

« “Ho letto di recente che il corvo della Nuova Caledonia modifica semplici pezzi di legno e li usa a suo piacimento. Scimmie adoperano il telefonino. Il mio pastore tedesco viene a svegliarmi ogni mattina. Allora perché non si vuole riconoscere agli animali il dono dell’intelligenza?” ». Qualcosa in tal senso pare che stia avvenendo: molti scienziati hanno infatti cominciato a riconoscere questa facoltà in numerose specie, che tuttavia non definiscono ancora intelligenza, ma ingegnosità. Un bel passo in avanti, perché fino a poco tempo fa si credeva che gli animali fossero dotati soltanto di istinto. La scienza, proprio perché scienza, fatica a riconoscere agli animali, da sempre ritenuti esseri inferiori, le stesse facoltà dell’uomo: un essere così evoluto e superiore che con le sue scoperte ha quasi distrutto gli equilibri della terra e pur sapendo a cosa andremo incontro persevera. Ha tra l’altro perduto l’istinto della sopravvivenza, cosa che invece hanno conservato gli animali, che sebbene assediati da un ambiente degradato come non mai riescono a evitare il peggio. Non è questa una prova di intelligenza? Ma forse per capire gli animali non occorre essere scienziati, né tantomeno politici. Basta la sensibilità e l’intuizione della poesia. Capiamo, allora, che l’intelligenza degli animali è libera, quindi incomprensibile ai nostri parametri culturali. E ne abbiamo (scientificamente) paura». Vincenzo Pardini LA NAZIONE.it

http://www.petnews.it/

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ai cinici e disincantati compagni de “ Il manifesto”e agli altri barboni ( non nel senso di razza canina) che scambiano i piccoli denti del papa con le zanne di Rex, non dirò che sono "papafobici" o "papofobi" mediamente conformisti, ma consiglio il libro:

Dalla parte degli animali – etologia della mente e del cuore

Un libro che lega sapientemente i dati sperimentali ai racconti aneddotici, in cui gli animali, intesi come individui, sono protagonisti di situazioni che ne evidenziano aspetti del comportamento spesso sorprendenti .

"Dal punto di vista degli animali, gettando un ponte fra noi e loro"

Marc Bekoff , Ed. Franco Muzzio

Fonte:

http://tecalibri.altervista.org/B/BEKOFF-M_animali.htm

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«… Titoli di giornale come quello de Il Manifesto (Il pastore tedesco) o del britannico The Sun (Rottweiler Ratzinger) sono il segno di un’accoglienza non proprio univoca da parte dell’opinione pubblica. Eppure, è decisamente presto per dare dei giudizi. Se a detta di molti, il card. Ratzinger usava il bastone, mentre Giovanni Paolo II la carota, è semplicistico confondere la fermezza dottrinale con atteggiamenti ottusi o retrogradi, anche perchè alla Chiesa non si può chiedere di rinunciare ai propri valori, come al suo diritto di tenere la barra al centro e di andare controcorrente.

La sfida principale è piuttosto quella della comunicazione, perché l’uomo di oggi ha bisogno di speranza, la stessa che è alla base del messaggio cristiano. Un pontefice ha il compito di trasmetterla, rendendo visibile a tutti la forza dirompente della misericordia e la grandezza dell’amore gratuito; da parte sua il credente è chiamato ad accoglierla. Per una volta sarebbe bello mettere da parte le letture politiche e sociologiche della realtà per aprirsi un po’ di più al mistero, legato a tutto ciò che il nuovo papa saprà dare e rappresentare.

Un dialogo e un confronto che Benedetto XVI ha già promesso, in campo ecumenico (“ambizione e impellente dovere”), con il mondo laico (“per ricercare il vero bene dell’uomo e della società”), nella politica (“invoco da Dio l’unità e la pace per la famiglia umana e dichiaro la disponibilità di tutti i cattolici a cooperare per un autentico sviluppo sociale). Ma è con i giovani che la promessa diventa ancora più significativa. “Con voi, futuro e speranza della Chiesa e dell’umanità, – ha ribadito il papa – continuerò a dialogare, ascoltando le vostre attese nell’intento di aiutarvi a incontrare sempre più in profondità il Cristo vivente, l’eternamente giovane”.

Ora la palla passa al mondo. Accettare il dialogo? Sgombrare la mente da pregiudizi e sospetti? Imparare a ragionare con la propria testa, senza idee preconcette? Se la risposta sarà affermativa, il passo compiuto avrà già un valore immenso: la prima condizione per incontrarsi a metà strada. »

da Un incontro a metà strada korazym.org

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UN BRANO DALL’OMELIA DEL PASTORE TEDESCO

«… Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie…». JOSEPH RATZINGER, BENEDETTO XVI.

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IL PRIMO MESSAGGIO

Ieri mattina, nella Cappella Sistina, il santo padre Benedetto XVI ha presieduto la prima concelebrazione eucaristica con i cardinali da pontefice. Nell’occasione, ha pronunciato il suo primo messaggio, in lingua latina. Ecco la traduzione italiana del testo completo letto alla fine della messa.

Fonte : http://www.korazym.org/default.asp

Aggiornamento

DALLA RETE

Il primo blog su Papa Benedetto XVI

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