JIHAD

GLI AYATOLLAH
E LA BOMBA ATOMICA



documento

RAPPORTO DELL’AIEA SUL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO PDF

in rete

Il pericolo dell’atomica iraniana

Il Corriere della Sera – 07-02-2005

Fonte :Informazione corretta

Aggiunta

  • israele.net
    Meno di tre anni fa Hashemi Rafsanjani ha già parlato apertamente della possibilita’ di usare armi nucleari dicendo che una bomba atomica islamica distruggerebbe completamente Israele, mentre una bomba atomica israeliana potrebbe solo causare dei danni al mondo islamico..
    .

 "Abbiamo l’atomica". Osama Bin Laden l’intervista del 10 novembre

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Iran Nuclear Resources

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 IRAQ 

    LA VERA

               RESISTENZA

  " Con il voto di ieri si è visto il Paese reale, un popolo che si è definitivamente emancipato dalla dittatura di Saddam, che rigetta l’oscurantismo di Al Qaeda e vuole edificare uno Stato democratico e federale in grado di reggersi senza la tutela degli americani. Si comprende bene la paura dei regimi teocratici e autocratici limitrofi. Il contagio dei valori dei diritti individuali della persona e dei diritti collettivi delle comunità etnico-confessionali è temuto più di uno tsunami. ”


                            PER LA DEMOCRAZIA E IL FEDERALISMO

Il 30 gennaio 2005 resterà nella storia come l’inizio del crollo del Muro della dittatura e del fanatismo nel mondo arabo.

La fine di Saddam, la disfatta dei terroristi islamici, il successo della democrazia in Iraq finiranno per contagiare l’intera regione.

Certamente è una strada tutta in salita. Ma ora è lecito sperare”.

da: L’islam e le tv di M. Allam

FONTE

http://www.corriere.it/speciali/2005/Esteri/elezioni_iraq/

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Piccola antologia degli amanti e degli odiatori della libertà, il giorno dopo il voto iracheno

FONTE : http://www.informazionecorretta.it/showPage.php?template=home_page

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    MYSTERIUM INIQUITATIS

      Giorno della

           MEMORIA

 « Si compiono sessant´anni dalla liberazione dei prigionieri del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. In questa circostanza non è possibile fare a meno di tornare con la memoria al dramma che lì ebbe luogo, tragico frutto di un odio programmato.

In questi giorni occorre ricordare i vari milioni di persone che senza alcuna colpa sopportarono sofferenze disumane e vennero annientati nelle camere a gas e nei crematori. Chino il capo dinanzi a tutti coloro che sperimentarono quella manifestazione del mysterium iniquitatis.

Quando, come Papa, visitai da pellegrino il campo di Auschwitz-Birkenau nell´anno 1979, mi soffermai davanti alle lapidi dedicate alle vittime. Vi erano iscrizioni in varie lingue: polacca, inglese, bulgara, rom, ceca, danese, francese, greca, ebraica, yiddish, spagnola, fiamminga, serbo-croata, tedesca, norvegese, russa, rumena, ungherese e italiana. In tutte queste lingue era scritto il ricordo delle vittime di Auschwitz, di persone concrete, benché spesso del tutto sconosciute: uomini, donne e bambini. Mi soffermai allora un po´ più a lungo accanto alla lapide con la scritta in ebraico. Dissi: “ Questa iscrizione suscita il ricordo del Popolo, i cui figli e figlie furono destinati allo sterminio totale. Questo Popolo ha la sua origine da Abramo, che è anche nostro padre nella fede, come si è espresso Paolo di Tarso. Proprio questo popolo, che ha ricevuto da Dio il comandamento: "non uccidere", ha sperimentato su se stesso in modo particolare che cosa significa l´uccidere. Davanti a questa lapide non è lecito a nessuno passare oltre con indifferenza”. Oggi ripeto quelle parole.

A nessuno è lecito, davanti alla tragedia della Shoah, passare oltre. Quel tentativo di distruggere in modo programmato tutto un popolo si stende come un´ombra sull´Europa e sul mondo intero; è un crimine che macchia per sempre la storia dell´umanità. Valga questo, almeno oggi e per il futuro, come un monito: non si deve cedere di fronte alle ideologie che giustificano la possibilità di calpestare la dignità umana sulla base della diversità di razza, di colore della pelle, di lingua o di religione. Rivolgo il presente appello a tutti, e particolarmente a coloro che nel nome della religione ricorrono alla sopraffazione e al terrorismo.

Queste riflessioni mi hanno accompagnato specialmente quando, durante il Grande Giubileo dell´Anno 2000, la Chiesa ha celebrato la solenne liturgia penitenziale in San Pietro, ed anche quando mi sono recato come pellegrino ai Luoghi Santi e sono salito a Gerusalemme. Nello Yad Vashem, il memoriale della Shoah , e ai piedi del Muro occidentale del Tempio, ho pregato in silenzio, chiedendo perdono e conversione dei cuori.

Nel 1979 ricordo di essermi fermato a riflettere intensamente anche davanti ad altre due lapidi, scritte in russo e in rom.

La storia della partecipazione dell´Unione Sovietica a quella guerra fu complessa, ma non è possibile non ricordare che in essa i Russi ebbero il più alto numero di persone che persero tragicamente la vita. Anche i Rom nelle intenzioni di Hitler erano destinati allo sterminio totale. Non si può sottovalutare il sacrificio della vita imposto a questi nostri fratelli nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Ecco perché esorto di nuovo a non passare con indifferenza davanti a quelle lapidi.

Mi fermai, infine, davanti alla lapide scritta in lingua polacca. Dissi allora che l´esperienza di Auschwitz costituiva un´ulteriore “ tappa nelle lotte secolari di questa nazione, della mia nazione, in difesa dei suoi diritti fondamentali fra i popoli dell´Europa. Era ancora un altro grido per il diritto ad un suo proprio posto sulla carta dell´Europa; ancora un doloroso conto con la coscienza dell´umanità”.

L´affermazione di questa verità non era che un´invocazione alla giustizia storica per questa nazione che aveva affrontato tanti sacrifici nella liberazione del continente europeo dalla nefasta ideologia nazista, ed era stata venduta in schiavitù ad un´altra ideologia distruttiva: il comunismo sovietico.

Oggi ritorno a quelle parole per rendere grazie a Dio senza rinnegarle perché, attraverso il perseverante sforzo dei miei connazionali, la Polonia ha trovato il giusto posto sulla carta d´Europa. Il mio augurio è che questo storico dato porti frutti di reciproco arricchimento spirituale per tutti gli europei (…).

Parlando delle vittime di Auschwitz, non posso fare a meno di ricordare che, in mezzo a quell´indescrivibile accumulo di male, vi furono anche manifestazioni eroiche di adesione al bene. Certamente ci furono tante persone che accettarono con libertà di spirito di essere sottoposte alla sofferenza, e dimostrarono amore non soltanto verso i compagni prigionieri, ma anche verso i carnefici. Tanti lo fecero per amore di Dio e dell´uomo, altri nel nome dei più alti valori spirituali. Grazie al loro atteggiamento si è resa palese una verità, che spesso appare nella Bibbia: anche se l´uomo è capace di compiere il male, a volte un male enorme, il male non avrà l´ultima parola.

Nell´abisso stesso della sofferenza può vincere l´amore. La testimonianza di tale amore, emersa in Auschwitz, non può cadere nell´oblio. Deve incessantemente destare le coscienze, estinguere i conflitti, esortare alla pace.

Tale sembra essere il più profondo senso della celebrazione di questo anniversario. Se infatti stiamo ricordando il dramma delle vittime, lo facciamo non per riaprire dolorose ferite, né per destare sentimenti di odio e propositi di vendetta, ma per rendere omaggio a quelle persone, per mettere in luce la verità storica e soprattutto perché tutti si rendano conto che quelle vicende tenebrose devono essere per gli uomini di oggi una chiamata alla
responsabilità nel costruire la nostra storia. Mai più in nessun angolo della terra si ripeta ciò che hanno provato uomini e donne che da sessant´anni piangiamo! ».

Messaggio del Papa alla cerimonia per il 60° anniversario della liberazione di Auschwitz  Giornata della Memoria 2005 (27 Gennaio)

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"Pensavo che la vita fuori era bella e che avrebbe continuato a essere bella".

Primo Levi


Paul Klee, Angelus Novus

"C’è un quadro di Klee che s’intitola ‘Angelus Novus’. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, al bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta. "

( Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia )

   In rete:

  Fondazione Giorgio Perlasca www.giorgioperlasca.it

  ISTITUTO PIEMONTESE

  PER LA STORIA DELLA RESISTENZA

  E DELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA

  www.istoreto.it

  Fondazione 
  Centro di
  Documentazione
  Ebraica
  Contemporanea

  CDEC Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea

         http://www.ucei.it/giornodellamemoria/2005/index2.htm

        Link:

    Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

United States Holocaust Memorial Museum – Museo dell’Olocausto di Washington

Yad Vashem – Museo dell’Olocausto di Gerusalemme

binario21 – Milano Centrale

 

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 Vittime dei libri

 BUFERA PER UN LIBRO

“L’uomo che Gesù amava” di Gianni De Martino, con testi del giornalista salernitano Pasquale Quaranta, al centro della bufera politica e religiosa…

Insorge An: “Intervenga la Cei”

La Caritas contro il patrocinio del Comune: “Maometto non l’avrebbero trattato così”

SALERNO – Scoppia la polemica sul Gesù gay. È un libro, che si presenta stasera a Spazio Donna, “L’uomo che Gesù amava” di Gianni De Martino, con testi del giornalista salernitano Pasquale Quaranta al centro della bufera politica e religiosa.

Due consiglieri comunali di Alleanza nazionale, Cesare Festa e Roberto Celano, hanno contestato duramente il patrocinio morale concesso all’iniziativa dal Comune di Salerno e non solo chiedono al sindaco De Biase di ritirarlo ma scrivono alla Conferenza Episcopale e all’arcivescovo di Salerno, monsignor Gerardo Pierro, affinché intervengano a tutelare i principi della fede cattolica.

Sul caso si alza già severa la voce di don Franco Fedullo, direttore della Caritas diocesana: “Utilizzare la straordinaria figura di Gesù a sostegno dell’ideologia omosessuale è una menzogna. Avessero fatto questo al profeta Maometto, il Comune si sarebbe ben guardato dal concedere il patrocinio”.

Intanto l’autore si difende: “Tutta questa polemica è solo un fatto politico. Il mio libro va letto, parlarne senza cognizioni di causa è un grave errore”

 ( 27/01/2005 – Corriere del Mezzogiorno – Felice Naddeo, Gabriele Bojano )

  SALERNO — E’ bastato il titolo di un libro, L’uomo che Gesù amava, scritto da Gianni De Martino con testi del giornalista salernitano Pasquale Quaranta, presidente dell’associazione culturale omosessuale Garcia Lorca, a scatenare il putiferio. Non solo perché il testo, già presentato in città come Roma e Milano, è ritenuto blasfemo da ambienti cattolici e politici in quanto affronta un tema scabroso, i presunti accostamenti tra Cristo e l’omosessualità, ma soprattutto perché la presentazione del volume, promossa da Arcigay e Arcilesbica oltre che dalla Garcia Lorca, questa sera alle 20.30 nei locali di Spazio Donna a Salerno, ha ottenuto il patrocinio morale dell’amministrazione comunale.

  LA CROCIATA DI AN . I primi ad insorgere sono stati i consiglieri di Alleanza Nazionale Cesare Festa e Roberto Celano. Che hanno scatenato un’imponente controffensiva pubblica investendo del problema non solo i vertici nazionali del partito, ma anche la Conferenza Episcopale Italiana, ed in ambito locale l’arcivescovo, monsignor Gerardo Pierro e lo stesso sindaco Mario De Biase. Al quale, con una interrogazione urgente, è stata chiesta la revoca immediata del patrocinio. «Noi rispettiamo l’omosessualità e siamo d’accordo affinché ci siano spazi di discussione su questo argomento — precisa il capogruppo di An al comune Cesare Festa — ma sostenere una manifestazione e un libro che lasciano trasparire tratti di omosessualità in Gesù non ci sembra davvero opportuno. Non abbiamo alcuna pretesa moralistica ma agiamo in difesa dei valori del nostro partito e della Chiesa. Per questo chiediamo che intervenga immediatamente l’arcivescovo ed abbiamo interessato la Cei di questa situazione». «Assoluto rispetto per gli omosessuali — incalza Roberto Celano — e convinzione che Gesù Cristo sia il pastore di tutti e incarnazione dell’amore e della pace. Ma arrivare ad annoverarlo tra le fila dei gay ci è sembrato davvero esagerato. In questa città, dove abbiamo già discusso sui diritti alle coppie omosessuali, non si era mai arrivati a tanto. E ora riteniamo che monsignor Pierro, il nostro arcivescovo, debba assolutamente intervenire nei confronti del Comune».

LA DENUNCIA DI DON FRANCO — Da via Roberto il Guiscardo, sede del palazzo arcivescovile, non arrivano reazioni.

 L’unico che rompe il fronte del silenzio è il direttore della Caritas Diocesana, don Franco Fedullo. «Cosicché il Signore Gesù praticava relazioni omosessuali con San Giovanni? — si sorprende il sacerdote — il Messia sponsor dei gay? È una scadente falsificazione storica. Fosse stato così, i potenti dell’epoca non avrebbero dovuto inventare articolate accuse per inchiodarlo sulla croce». Un «falso storico», dunque, per don Franco che accusa gli autori del libro di strumentalizzazione. «Avessero fatto questo al profeta Maometto — continua — il Comune, e giustamente!, si sarebbe ben guardato dal concedere il patrocinio all’iniziativa. Questo libro, infatti, offendendo i credenti nell’Islam sarebbe stato considerato un attacco alla libertà religiosa». Il presidente della Caritas ipotizza anche un errore di stampa, un «patrocinio immorale» e tutto sarebbe stato chiarito. «Ma qualora il Comune — e il sacerdote conclude — avesse concesso il patrocinio con piena avvertenza e deliberato consenso, dovrà spiegarci perché un banale falso storico, costruito sulla menzogna e che strumentalizza la più nobile figura della storia, meriti il patrocinio del Comune. Se domani scoprissi che San Matteo — amico di Giovanni e di Gesù — si fosse allontanato dallo stemma della città, non mi stupirei».

GLI AUTORI —Da Milano, dove risiede, il giornalista e saggista Gianni De Martino, originario di Angri, prende le distanze dal bailamme che si è scatenato. «Se ho capito bene si tratta di un fatto politico — spiega — non hanno letto il libro. Allora preciso: Cristo – Gesù risorto – non è nè uomo nè donna, nè ebreo nè gentile, nè ateo nè credente, nè etero nè gay, e neanche cristianista, buddista, islamico, new age o tesserato a un partito o all’Arcigay. Sono pertanto contrario a un uso strumentale del mio studio da parte dell’editore per sostenere la «causa» dell’egoismo neo-gay dal quale mi dissocio. Mi dichiaro decisamente dalla parte della Chiesa salernitana nel rivendicare il valore universale della figura di Cristo e non pretendo di dare a nessuna delle idee o delle parole cont
enute nella mia opera, maggiore autorità o credibilità che non gli sia data dalla Chiesa cattolica alla quale mi onoro di appartenere con osservanza».

Pasquale Quaranta e Franco BarberoPasquale Quaranta, che ha curato la seconda parte del libro, quella delle interviste, non è nuovo alle polemiche più velenose. Per sostenere fino in fondo la sua campagna sul registro delle unioni civili, nel 2003, il verde Piero Cardalesi non esitò a dimettersi da assessore all’ambiente del Comune di Salerno. «Noi non sappiamo niente sulla sessualità di Gesù — esordisce il giovane giornalista salernitano — poteva anche essere asessuato. Il problema è un altro, capire se noi oggi siamo in grado di accoglierlo anche come gay. Io ne ho parlato con persone omosessuali e devo dire che molte restano turbate da quest’ipotesi. Allora c’è da chiedersi se la nostra fede sia veramente libera da pregiudizi o sia assoggettata a quella che gli esperti hanno battezzato come omofobia interiorizzata. Io da credente e cristiano penso che anche l’amore omosessuale sia un dono di Dio». Sulla nuova polemica innescata da Alleanza Nazionale, Quaranta prova a ricondurre la questione sul piano del confronto: «Rappresentiamo ormai il 10 per cento della popolazione mondiale, mi piacerebbe che su queste tematiche si potesse parlare apertamente senza pregiudizi, incontrandosi e chiarendosi». Un invito, neanche troppo velato, a prendere parte alla presentazione di stasera.

Gabriele Bojano

Felice Naddeo

( da Corriere del Mezzogiorno, 26 gennaio 2004, pp. 1-2).

   RETTIFICA DELL’AUTORE : " Non partecipo alla presentazione del mio libro organizzata a Salerno dai politici e dai devoti guardiani     laicisti dei sogni e dei bisogni della gente, perché sono contrario all’uso strumentale neo-gay che ne sta facendo l’Editore – il quale peraltro lo ha pubblicato con tagli e inserti bibliografici non autorizzati , aggiunte di frasi scritte di suo pugno, che ne distorcono il senso, e senza le necessarie avvertenze per il lettore e rispetto per il lavoro dell’Autore.

Se ho capito bene si tratta di un fatto di bestialità politica, e non hanno letto il libro! Allora preciso: Gesù era certamente un uomo, ebreo e maschio con un corpo attraversato, perchè no? – data la natura bisessuale delle fantasie umane – da pulsioni sessuali. Ma Cristo, Gesù risorto, non è né uomo né donna, né ebreo né gentile, né ateo né credente, né etero né gay, e neanche cristianista, buddhista, islamico, new age o tesserato a An, ai radicali o all’Arcigay.

Credo che sia giusto ed opportuno , da parte della Chiesa, voler salvaguardare il valore "universale" del Cristo.

Resto inoltre dell’opinione che voler negare alla Chiesa, in nome dell’ideologia neo-gay, del gorgo vuoto del godimento e dell’egoismo del piacere etero ed omosessuale, ogni sapere sul bene, sia una ingiusta forma di avversione, se non di odio ideologico e politico immotivato.

Dichiaro quindi la mia piena solidarietà alla chiesa salernitana e non pretendo dare a nessuna delle idee o delle parole contenute nella mia opera, maggiore autorità o credibilità che non gli sia data dalla Chiesa cattolica, alla quale fedelmente mi onoro di appartenere con gratitudine, con osservanza e il rispetto che meritano le sue gerarchie ed il suo insegnamento.

Un insegnamento sollecito del bene comune e della salvezza delle anime di noi peccatori , in grazia di Dio per i meriti di Gesù Cristo , il Risorto per amore di ogni uomo, ogni donna, e anche per coloro che si vivono come omosessuali o, ideologicamente e omofagocitamente, come gay e neo-gay, spesso purtroppo adepti di acide conventicole dedite alle pesantezze del piccolo commercio e dell’ideologia omosessualista, nel misconoscimento e il disprezzo per chiunque si interroghi, scriva, operi o si presenti loro anzitutto come persona libera e responsabile

  In altri termini, ho scritto “L’uomo che Gesù amava” per altro che per il Potere, per altro che per il   Ribelle, e certamente non per essere punito da An, dal sole che ride, da qualche don Pirla con la kefiah  o da quello che l’amico Claudio Risé chiama giustamente, per tranqullità, circo politico-mediatico (gdm) .

 ***

 “ UN LIBRO PER OFFENDERE I CRISTIANI … Per amore della verità diciamo subito che si tratta di un libro che chi vi scrive non ha letto ma , qualcuno ci ha informato che …

don Franco Fedullo in 12mesi.it – news

http://www.12mesi.it/27-01-05/UN%20LIBRO%20PER%20OFFENDERE%20I%20CRISTIANI.htm


Cardinale copista, di Tommaso da Modena ( 1325-1379 )

"Si osserva l’esistenza di un nesso preciso fra divieto d’indagine
intellettuale sui problemi sessuali e inferiorità intellettuale… "
 

 ( S. Freud, da Il disagio della cività – 1929).

SALERNO

     ?

 In rete

  29/01/2005 – ***
Comunicato Stampa – Giovanni Felice Mapelli
 POLEMICHE A SALERNO PER UN LIBRO

IL GESU’ GAY CHE NESSUNO AMA – Il Libro "L’Uomo che Gesù amava"

www.centrostuditeologici.too.it

27/01/2005 – ***
La Gazzetta del Sud – Nino Femiani
Il Comune è “sponsor morale” di un testo che accosta il Messia all’omosessualità
Bufera sul sindaco ds di Salerno per un libro su Gesù

27/01/2005 – ***
Corriere del Mezzogiorno – Felice Naddeo, Gabriele Bojano
Salerno, bufera per il libro su Gesù gay
“L’uomo che Gesù amava” di Gianni De Martino, con testi del giornalista salernitano Pasquale Quaranta al centro della bufera politica e religiosa. Insorge An: “Intervenga la Cei”

27/01/2005 – ***
Corriere del Mezzogiorno – Gabriele Bojano
Libro su Gesù gay, la Margherita si ribella
Il libro sul Cristo omosex, l’ira di Mastalia: “Inaudito il patrocinio del Comune”

27/01/2005 – ***
Cronache del Mezzogiorno
Una decisione raccapricciante
Non si placano le polemiche intorno alla presentazione del libro “L’uomo che Gesù amava” 27/01/2005 – ***

Il Mattino – Petronilla Carillo
IL CASO “GESÙ E I GAY”
Si sta dando una eccessiva enfasi al patrocinio di questa manifestazione. In fondo si presenta soltanto un libro..

25/01/2005 – ***
Il Mattino
Quaranta, l’uomo che Gesù amava°
.presentazione del libro «L’uomo che Gesù amava», di Gianni de Martino

 Pasquale Quaranta – Tra l’amore per Gesù e la "follia della normalità"

–  Rec. di Ausilia Riggi

Fonte:http://www.sharkmirc.net/news.htm

– “L’uomo che amava Gesù”:
il libro continua a far discutere

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CURIOSITA’ ANTROPOLOGICA

L’Abate di Montevergine scaccia dei "femminielli" dalla Basilica …
(rassegna stampa). AVELLINO …

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…Signore, poni una guardia davanti alla mia bocca, / sorveglia l’ uscio delle mie labbra. / Non inclinare il mio cuore ad alcuna cosa malvagia / per commettere azioni malvage / coi malfattori; / e fa’ ch’io non mangi le loro delizie. //

Mi percuota pure il giusto; sarà un favore; / mi riprenda pure; sarà come olio sul capo, il mio capo non lo rifiuterà. / Continuo a pregare mentre fanno il male. /

I loro giudici saranno precipitati per il fianco delle rocce / e si darà ascolto alle mie parole, perché piacevoli. / Come quando si ara e si apre la terra,/ le nostre ossa sono sparse all’ingresso del soggiorno dei morti. /

A te sono rivolti i miei occhi, o Dio, Signore; in te mi rifugio, non abbandonarmi. / Salvami dalle trappole che mi tendono / e dalle insidie dei malfattori. / Cadano gli empi nelle loro reti, / mentre io passerò oltre”. – Salmo di Davide (141).

Alla scrittura fa eco la scrittura e la Scrittura, con l’augurio che vi si possa ravvisare una vera Presenza e una vera risposta, e non un’eco o il solito Es-o-Es .

“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada” ( Matteo 10:34).

 Il Dio dell’Amicizia, Colui che in obbedienza al Padre acquista la nostra salvezza con il suo Sangue, Colui che per Amore ogni giorno si fa Pane di Vita per noi, porta la spada nel mondo.

Quando si instaura più che la "pace" semplicemente la voglia di essere lasciati in pace “un attimino” a sguazzare nell’intrigo, Gesù non dà certo la sua approvazione, ma anzi interviene con la spada.

La Parola di Gesù infatti porta ogni cosa alla luce del sole, sveste con forza ogni peccato dal suo alone di ipocrisia, di mezze-paure e di mezze-speranze e porta crisi in questo tipo di situazioni.

La spada può essere nel caso specifico un figlio che dichiara la sua devozione al padre e si converte a Cristo , semplicemente col suo essere cristiano, fa emergere il fatto che che l’intrigo politico-omosessualista va svelato. Ma l’obiettivo non è distruggere, quanto piuttosto dare uno scossone che porti all’ottenimento della vera Pace, quella basata su di Lui.

Ecco che occorre quindi distinguere chiaramente l’accoglienza che dà il mondo – compresa quella che offrono le aggressive conventicole neo gay che sotto l’occhiuta sorveglianza dei sinistri guardiani dei bisogni e le pesantezze del piccolo commercio si spacciano come comunità e per motivi elettoralistici mantengono i ragazzi e le ragazze che si amano nella condizione di sempiterne vittime del vittimismo organizzato – e la pace di Gesù, la vera e sola pace e accoglienza.

Da Giovanni 14:27 : “ Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. Non come la dà il mondo, io la dò a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”.

 

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 GRAZIE ALLA GIUSTIZIA TALIANA!”

Mentre il terrorismo islamico passa a un livello più alto di organizzazione della ferocia nei confronti della singola persona e dei civili, oggi specialmente in Iraq, il giudice delle udienze preliminari di Milano Clementina Forleo distingue sofisticamente fra guerriglia in un contesto bellico e la semina del terrore indiscriminato verso la popolazione civile in nome di un credo ideologico o religioso, e assolve tre imputati islamisti accusati di terrorismo internazionale per aver arruolato volontari e martiri-killer o shaid da inviare in Iraq. Inoltre ha revocato la custodia cautelare in carcere nei confronti di altri due indagati, anche loro accusati dello stesso reato, nei confronti dei quali ha trasmesso le carte al Tribunale di Brescia, ritenuto competente.

Il primo ad esprimere perplessità per la sentanza è stato Stefano Dambruoso, il pm che avviò l’inchiesta: “Chi si fa saltare in aria e semina la morte in tutto il mondo ha un solo nome: terrorista. Cercare candidati per azioni suicide viene considerato ovunque terrorismo”. Ovunque, evidentemente, meno che da certi magistrati di rito ambrosiano se non bizantino. Anche Bisanzio cadde così, per delicatezza, forse per non volersi sbilanciare troppo per questo o per quello. Secondo il magistrato ambrosiano, nel caso in esame, far rientrare gli atti di guerriglia nei reati previsti dall’articolo che norma il terrorismo internazionale, "porterebbe ad una ingiustificata presa di posizione per una delle forze in campo".

Tutti sullo stesso piano, insomma, al – Zarqawi e i marines o i militari iracheni o italiani impegnati in Iraq, fra i quali i caduti di Nassiryia e il maresciallo Corleo, di cui si celebrano proprio oggi i funerali di Stato.

Affrontate le questioni di “principio”, il giudice Clementina Forleo prende le distanze dall’accusa anche nel merito della pericolosità attribuita all’organizzazione, la struttura che alle indagini risulta ai più essere una costola del network Al Qaeda. Eppure, sia dalle intercettazioni che dalle dichiarazioni degli indagati, il giudice afferma per iscritto che Ansar Al Islam era strutturata “come una vera e propria organizzazione combattente islamica, munita di una propria milizia addestrata appunto alla guerriglia, e finanziata anche da gruppi stanziati in Europa evidentemente gravitanti nell’area del fondamentalismo islamico, senza perciò avere obiettivi di natura terroristica”.

Detto che l’organizzazione Ansar Al Islam non è pericolosa, e che comunque non è terroristica, nell’ordinanza si dà una lettura diversa anche alle intercettazioni disposte nelle indagini milanesi che avevano fatto scattare più volte l’allarme. Così, se due indagati parlano di una “grande bomba che sta arrivando”, non si stanno riferendo a un attentato da mettere a punto, come hanno sempre sostenuto in Procura, ma “all’imminente attacco americano in Iraq”.

"Il giudice ha dimostrato grande senso e rispetto della legalita’ e della liberta"’ dice Ilaria Crema, difensore dei due nordafricani ‘affidati’ alla giustizia bresciana, ma comunque assolti dal reato di terrorismo internazionale. "La gente la si condanna sulla base di prove e gravi indizi e non sulla base di congetture e teoremi", dice un altro legale, Gabriele Leccisi. E mentre il procuratore aggiunto Armando Spataro, ascoltata la sentenza, visti vanificati anni di duro lavoro e d’indagini usciva di gran passo dalla stanza del giudice limitandosi ad uno sconsolato "è andata male, malissimo", uno degli imputato, chissà quanto ironicamente esclamava: “ Grazie alla giustizia taliana!”.

Del resto, anche una recente sentenza della Corte costituzionale italiana, Sentenza n.5/2004 ( un occhio alle lettera della Costituzione della Repubblica che non prevedeva certo i martiri-killer, un altro all’deologia dei falsi ponti ) ha intanto privato la magistratura e la polizia di leggi e di strumenti adeguati a una realtà talmente orribile da risultare impensabile. Mancano quindi non a caso strumenti legislativi per difendere la popolazione civile dalla deliquenza e dal terrorismo islamico. Passando anche attraverso le maglie larghe dei controlli dei flussi migratori, i jihadisti troppo sorvegliati in Egitto o nel Maghreb, trovano nel nostro paese una tale soave ignoranza e una tale accoglienza e permissività da potersi permettere ormai di considerare l’Italia, al pari della Medina dell’VIII secolo, un territorio utilizzabile come base logistica – specialmente dal punto di vista dell’indottrinamento e del finanziamento – del jihad islamico e transanazionale, oggi particolarmente virulento in Iraq

E’ vero, come rilevato da più parti, che la maggior parte degli immigranti mussulmani giungono in Europa semplicemente con la speranza di una miglior vita, e che queste speranze sono per loro assai più importanti di qualunque jihad o immagine negativa possano avere di una società governata da regole non-musulmane. Tra varie organizzazioni comunitaristiche, tuttavia, un certo numero funziona come fronte islamista. Dietro ispirazione dell’Arabia Saudita o dell’Iran khomeinista, o dalla Fratellanza Musulmana o di al Qaeda, essi lavorano per minare la democrazia in qualunque modo sia possibile, proprio come una volta operava il fronte organizzativo sovietico. Amaramente occorre riconoscere che sentenze come quella di Milano possono essere recepite dai jihadisti come segno della condiscendenza e della protezione accordata all’islamismo da istituzioni europee coinvolte in un più ampio processo di islamizzazione dell’Eurabia e di riduzione dei cosiddetti Europei alla condizione di dhimmi, se non di utili idioti.

“ Grazie alla giustizia taliana!”. Se letto alla luce di un altro Codice, quello dell’islam islamista, il ringraziamento assume un altro rilievo, un rilievo mistico-politico, che per noi resta impensabile:

Sura LIX

Al-Hashr (L’Esodo)

In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.

1 Glorifica Allah ciò che è nei cieli e ciò che è sulla terra. Egli è eccelso, saggio.

2 Egli è Colui che
ha fatto uscire dalle loro dimore, in occasione del primo esodo, quelli fra la gente della Scrittura che erano miscredenti. Voi non pensavate che sarebbero usciti, e loro credevano che le loro fortezze li avrebbero difesi contro Allah. Ma Allah li raggiunse da dove non se Lo aspettavano e gettò il terrore nei loro cuori: demolirono le loro case con le loro mani e con il concorso delle mani dei credenti. Traetene dunque una lezione, o voi che avete occhi per vedere.

Fonte: http://www.corano.it/corano.html

Demolirono le loro case con le loro mani. Dall’entrata in vigore dell’articolo 270 bis, quello che prevede il reato di terrorismo internazionale, solo un islamico, un iracheno, ha patteggiato la pena riconoscendo in qualche modo di avere avuto a che fare con i progetti eversivi di Al Qaeda. L’imputato, Mohammed Thari Hammid, tra l’altro, faceva parte del gruppo giudicato oggi innocente al 90%. Dall’entrata in vigore, nel novembre del 2001, della nuova normativa ad oggi, a Milano si è avuta un’assoluzione e una condanna. A tantissimi altri islamici finiti nelle indagini milanesi, d’altra parte, non è stato possibile contestare il terrorismo internazionale, perché accusati e arrestati prima dell’entrata in vigore della legge. Mentre a Palazzo giutizia si dà per scontato il ricorso della procura in Corte d’Assise, per difendere le conclusioni di anni di indagini, intercettazioni e lavoro di intelligence, plaude, sinistramente, la sinistra. E sotto un grande sole mentitore che ride, anche il verde Paolo Cento invita il centrodestra a rispettare le sentenze.

In rete

– PDF]Terrorismo per franchising
intervista a Stefano Dambruoso, fonte:http://www.aspeninstitute.it

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Meglio dei guru occidentali, al Zarqawi spiega le radici dell’odio verso la democrazia


GLI DEI DELLE URNE

Messaggio del 22 gennaio 2005. Parla il terrorista Abu Musab al Zarqawi, braccio destro di bin Laden in Iraq.

Grazie ad Allah, il piano del jihad sta facendo progressi nel Paese dei due fiumi e i suoi frutti stanno rivelandosi e sono buoni.

Che cosa hanno guadagnato gli americani occupanti e i loro alleati sciiti dall’invasione e dall’aggressione contro la terra dell’islam? I loro scandali e le loro bugie si sono rivelati a tutto il mondo e le loropretese di portare stabilità e sicurezza, con il governo iracheno apostata, sono fallite.

Sono ancora tutti concentrati a realizzare la più grande bugia dell’America: la cosiddetta democrazia.

Gli americani si sono intrufolati nelle menti di molte persone con la bugia della democrazia civile, creando l’illusione che felicità e prosperità potessero dipendere da questo moderno progetto a opera degli uomini.

L’Amministrazione americana blasfema  ha giustificato la guerra contro l’Iraq e l’Afghanistan definendosi protettrice della  democrazia nel mondo;  e il governo di Allawi è nato con il proposito specifico di fornire una copertura e di ingannarei cuori degli iracheni e del mondo, in modo da alimentare l’illusione che gli Stati Uniti siano seri riguardo alla creazione di un Iraq indipendente e democratico.

La trappola ipocrita

La democrazia è venuta a dirci che il popolo è sia giudice sia riferimento sia colui che prende le decisioni definitive su tutto. 

 Il giudizio del popolo è irreversibile: rappresenta sia le regole sia ciò cui le regole fanno riferimento. La sua volontà è sacra, la sua scelta è vincolante, le sue opinioni prevalgono su tutto e sono rispettate, il suo giudizio si fonda sulla saggezza e sulla giustizia, e attraverso di lui, tutto ciò che gli interessa sieleva, tutto ciò che non interessa resta nell’ombra.

Ciò che il popolo permette è permesso, ciò che il popolo nega è vietato e l’unica cosa che conta è ciò che si rifà alla legge e al sistema.

Tutto il resto non ha né sacralità né valore né peso, anche se si tratta di una religione che arriva dal Signore dei Mondi.

Questa legge che dà il potere a un popolodi governare su un altro popolo è l’essenza del regime democratico, intorno allaquale tutto ruota, altrimenti cessa di esistere.

 E’ questa la religione della democrazia verso cui si alzano preghiere tutti i giorni.

La democrazia si basa sulla libertà di credo e di religione che permette a una persona  di scegliere la fede che vuole;  si basa sulla libertàdi parola, qualsiasi forma essa abbia, anche se insulta la religione;  si basa sulla separazione tra Stato e Chiesa che contraddice i principi dell’Islam; si basa sui partiti politici e sui gruppi, al di là della loro ideologia, sulla regola della maggioranza,  anche se è corrotta,  che permette all’infedeltà e alle pratiche sbagliate di moltiplicarsi.

O musulmani! Non fate la pace con chi vuole la democrazia, con chi fa pace con voi solo a patto che rinunciate alla vostra religionee con chi a questi obbedisce.

Se pensate di poter conquistare un giorno la loro approvazione senza diventare uno di loro, siete in errore.

Come potete accettare che i Crociati nemici e i loro sostenitori controllino il vostro sangue e i vostri soldi con una legge diversa rispetto a quella pura di Allah e con una religione diversa dalla Sua più giusta religione.

Dovete stare attenti al piano del nemico che vuole portare la cosiddetta democrazia in modo da rimuovere ciò che di bello c’è in voi:  l’hanno perfezionato costruendo la trappola ipocrita che farà prevalere gli sciiti nel governo dell’Iraq.

Quattro milioni di sciiti sono stati portati dall’Iran perché partecipino alle elezioni e raggiungano l’obiettivo di controllare la maggior parte dei seggi del Consiglio pagano.

Grazie a ciò potranno formare un governo di maggioranza che controlla i settori strategici della sicurezza e dell’economia. Poi cominceranno a diffondere il loro ipocrita dominio sulla gente, con denaro e metallo (armi, ndt) tentazioni e paura.

Con il loro controllo beneficeranno delle risorse dei musulmani.

Perciò abbiamo dichiarato una fiera guerra contro questo processo ipocrita e abbiamo mostrato coloro che stanno con questa ideologia sbagliata.

Chiunque cerchi di aiutare a far funzionare questo piano è un sostenitore del piano e dei suoi ideatori  e sarà giudicato con lo stesso giudizio che toccherà a quelli.

I candidati per le elezioni chiedono di essere trattati come divinità e coloro che li eleggeranno li tratteranno come dèi al posto di Allah.

Riceveranno la stessa condanna di blasfemia  e di deviatori dall’islam”.

Fonte : testicoli (piccoli e grandi … testi)

http://www.testicoli.splinder.com/1106659475#3904827

segnalato da : Sorvegliato Speciale

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Note

Al Zarqawi rappresenta la versione più estrema del Wahhabismo saudita, che è profondamente antisciita. Gli sciiti, scriveva, “sono il male peggiore dell’umanità” www.globalsecurity.org/wmd/library/news/iraq/2004/02/040212-al-zarqawi.htm.)

Al Zarqawi sta cercando di provocare la comun
ità sciita perché prenda provvedimenti contro i sunniti, come prologo per una guerra civile su vasta scala che potrebbe ingenerare altra violenza e caos, il che potrebbe fare il gioco dei terroristi. La comunità sciita finora non ha abboccato. Anzi, la loro replica è stata moderata. Una delle più importanti agenzie di stampa sciite ha parlato dell’organizzazione di Al Zarqawi come del “Gruppo di ateismo e apostasia, che rappresenta il pensiero salafita, baathista e wahhabita”. Ha commesso molti crimini contro la comunità sciite in Iraq, fra cui l’assassinio dell’Ayatollah Baqir Al Hakim, capo del Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica in Iraq (SCIRI), e si è recentemente attribuito il merito di un attentato contro Abdel Aziz Al Hakim, fratello dell’Ayatollah e successore come guida dello SCIRI.
( http://www.karbalanews.net/artc.php?id=1611).

Elezioni come apostasia

“Le organizzazioni terroristiche islamiste sono accomunate da una profonda convinzione che le elezioni siano apostasia. I musulmani andrebbero governati dalle leggi religiose islamiche (Shariah), secondo l’interpretazione di gente come bin Laden o Al Zarqawi, e non da leggi fatte dall’uomo, promulgate da funzionari eletti. Questa visione islamista del mondo venne ampiamente delineata da Sayyid Qutb nel suo libro “Ma’alim ‘ala al tariq” (“Segnali sulla strada”), pubblicato dai Fratelli Musulmani al Cairo nel 1957. Il libro implicava una perfetta dicotomia tra credenti e infedeli, fra leggi religiose islamiche e leggi degli infedeli, fra tradizione e decadenza e fra trasformazioni violente e fasulla legittimità. Per citare le parole di Qutb: “Nel mondo c’è solo un partito, il partito di Allah; tutti gli altri sono partiti di Satana e della ribellione. Quelli che credono combattono per la causa di Allah e quelli che non credono combattono per la causa della ribellione”. In breve, votare alle elezioni o fare una scelta è, stando ai seguaci del pensiero di Qutb, una sfida alla suprema autorità di Allah sulla condotta degli esseri umani”.

Fonte: http://www.memri.org/italian/index.html

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Aggiunta: Grazie anche alla filosofia itagliana e alla cultura superiore

IRAQ: VATTIMO, AL ZARQAWI COME UN PARTIGIANO

"Al Zarqawi è da paragonare ai partigiani della Resistenza, anche loro venivano chiamati banditi dai nazisti". E’ l’opinione del filosofo Gianni Vattimo, intervenuto questa sera alla trasmissione Controcorrente condotta da Corrado Formigli, in onda su SK TG24. Alla domanda se chi ha sparato contro maresciallo Simone Cola sia da considerare un terrorista o un guerrigliero, Vattimo ha risposto: "Secondo me e’ un guerrigliero, non un terrorista. (AGI) . 

Commento

NOI VENIAMO DOPO

Mah! Paragonare il lugubre terrorista Al Zarqawi a un partigiano! Suonerebbe come un’offesa alla Resistenza italiana, se non provenisse da un pensiero talmente debole, se non debilitato, da suscitare quasi tenerezza. D’altra parte, anche ai filosofi può capitare d’innamorarsi dell’uomo sbagliato e di stravedere. Forse si diventa strabici perchè sedotti dal mito del guerrigliero e della bella barbarie. Non saprei cosa pensare, se non ricordare che uscir fuori di testa o di melone capitò anche a Michel Foucault a proposito di Khomeini, poi però poi si rese conto dell’abbaglio. E a Jean Genet, che però era poeta, cantore delle tre virtù che diceva di ritrovare nei suoi amanti palestinesi: il Furto, il Tradimento e la Sodomia. A proposito della cultura superiore europea, viene irresistibilmente alla memoria una puntuale ed inquietante osservazione di George Steiner:

" Noi veniamo dopo. Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz. Dire che egli ha letto questi autori senza comprenderli o che il suo orecchio è rozzo, è un discorso banale e ipocrita. In che modo questa conoscenza pesa sulla letteratura e la società, sulla speranza, divenuta quasi assiomatica dai tempi di Platone a quelli di Matthew Arnold, che la cultura sia una forza umanizzatrice, che le energie dello spirito siano trasferibili a quelle del comportamento?

Per giunta, non si tratta soltanto del fatto che gli strumenti tradizionali della civiltà – le università, le arti, il mondo librario – non sono riusciti a opporre una resistenza adeguata alla bestialità politica: spesso anzi essi si levarono ad accoglierla, a celebrarla, a difenderla. Perché? Quali sono i legami, per ora assai poco compresi, tra gli schemi mentali e psicologici della cultura superiore e le tentazioni del disumano? Matura forse nella civiltà letterata un gran senso di noia e di sazietà che la predispone allo sfogo della barbarie?" (George Steiner, dalla Prefazione a Linguaggio e silenzio, Garzanti, Saggi blu , traduzione di Ruggero Bianchi, 1967).

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http://www.friendsofdemocracy.info/

 

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TIMORI PER LA DEMOCRAZIA EUROPEA

Firenze, 19 gen 2005. "Temo per la democrazia europea: e’ sciocco credere che debba durare per sempre" E’ l’avvertimento venuto dal ministro Rocco Buttiglione nel suo intervento a un convegno sulla Costituzione Europea, svoltosi a Firenze. A suo giudizio, "il tema dell’identità è prioritario per l’Europa: abbiamo bisogno di essere cristiani e liberali, poiché questa è la nostra storia e la nostra tradizione". Una tradizione che però – ha aggiunto – "l’Europa cerca di mettere tra parentesi". In conclusione, secondo Buttiglione, "l’Europa non crede in se stessa e non è capace di affermare una propria identità. Per questo è anche meno capace di dialogare con l’Islam" (AGI)

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CRISTIANI E LIBERALI ?

Forse ci si ricorderà del tremolante incipit di questo intervento del ministro: "Temo per la democrazia europea: è sciocco credere che debba durare per sempre". Occorre riconoscere al filosofo Rocco Buttiglione – qualunque sia il giudizio o il pregiudizio che ci si può essere formati sul personaggio o sul suo sigaro – che egli qui solleva la questione decisiva dei fondamenti, sempre aperti, della costruzione di una democrazia e del proprio di una civiltà. Ogni comunità – così come ogni religione e ogni cultura – vive e prospera se sono ancora significative e vitali la memoria e la lingua. L’Europa non può essere Sè stessa fin dall’inizio, non può venire a Sè stessa prima di aver fatto la prova dell’Altro ( ovvero del proprio Dio o dei tanti piccoli dèi e demoni dei suoi giorni e delle sue notti) e dello Straniero ( ovvero, nel caso attuale, specialmente dello Straniero islamico che porta con sé il proprio fondamento mito-storico e lo crede chiuso, quasi un abbagliante monolite fisso e contratto, un’identità come fusa in un solo blocco. Dio non è, come appare per una semplicistica metafisica estroversa, una specie di Saddam Hussein cosmico).

Gran parte del marasma identitario e della volgarità imperante, oggi, in Europa, deriva nella maggior parte dei casi dal voler sembrare quello che non si è – magari nel timore di dispiacere alla dittatura del politicamente corretto e dell’inquisizione laica. Oppure nel timore, altrettanto volgare, di disturbare l’islamico con i nostri scintillanti presepi, con il Dio fortunatamente Uno e Trino ( non un monolite, ma padre, figlio e spirito), con le belle cattedrali che certamente non furono costruite per i turisti giapponesi con il naso in aria sotto i superbi affreschi che parlano concretamente ai corpi redenti e all’ anima, disturbare l’islamico con il "cadaverino" appeso ai muri delle scuole e degli uffici pubblici. Sono dell’opinione che se dovessimo mettere da parte o tra parentesi il nostro "cadaverino", per eccessiva prudenza, per paraculaggine o addirittura per vergogna dell’Uomo che osò innalzarsi proprio sulla croce, ebbene non vi sarebbero più nè uomini nè umanesimo nè democrazia nè libertà responsabile, ma il regime dei Superuomini, la lugubre tirannia dei volgari Titani e delle tribù dei tanti cibionti e monoliti empaticamente interconnessi in massa "un attimino".

SOTTO QUALE BANDIERA ?

Dal punto di vista del simbolico – che ha la sua importanza nella costituzione delle comunità, delle culture e delle lingue – la bandiera dell’Europa è un cerchio di stelle su sfondo azzurro, vuoto ma presumibilmente anche gravido di potenzialità: in altri termini è una placenta, adatta a contenere un numero imprecisato di fratelli-feti, compresi i Turchi – che però non sono esattamente feti, magari feti allucinati come tanti uomini-bomba o anche Europei erranti e disponibili – bensì musulmani più e meno moderati e alquanto scissi, a quanto pare, tra l’appartenenza a una nazione laica, uno stato nazionale, e all’Umma, ovvero alla grande e idealizzata "matria" transnazionale che comprenderebbe credenti islamici e islamisti di ogni paese, lingua e cultura. Come faranno i credenti a oltranza a passare dalla placenta a forma di mezzaluna e sciabole incrociate detta Umma alla placenta stellata, scipita e blu dell’Europa post-nazionale?

Temo che qui possa trovarsi qualche problema non indifferente, da non sottovalutare. "Noi – osserva lo psicostorico, se posso chiamare così lo psicoanalista dottor Iakov Levi – vediamo nel fenomeno storico ( dell’Europa unita n.d.r.) il sintomo di un processo psichico collettivo, al culmine del quale il gruppo che è riuscito a liberarsi dell’autorità paterna e dalla camicia di forza delle sue costrizioni, sceglie di rinunciare alle libertà acquisite, di delegarle a un’istanza che se ne assuma le responsabilità, e di regredire a una condizione amorfa di perdità d’identità che nello psichismo del singolo viene definita Borderline Disorder".

Il Bordeline Disorder implica questioni legate al processo, più o meno riuscito, di maturazione psicosessuale di individui e di intere società. E’ come se quello che si dà come compresso nella vita degli individui, nel cosiddetto invisibile imbuto del privato, affiorasse e si dispiegasse anche – con tratti simili o cronotipici – nella società.

Cosa significa, in altre parole, non essere capaci di affermare la propria identità ? Credo che significhi non essere riusciti a liberarsi dalla tirannia paterna e dal fantasma o demone materno di divoramento, non essere capaci – per pigrizia morale, intellettuale, o anche perché vittime del vittimismo organizzato e delle condizioni demagogiche esistenti per la costituzione di una coscienza su scala umana. Non essere capaci di affermare la propria identà significa non essere in grado di porre liberamente le barriere della fedeltà e del disinteresse a cui attenersi, e non per paura dell’eccesso, bensì – come suggerisce il fedelmente cattolico Nicolàs Gòmez Dàvila – " per amore del limite". Amore di quel limite che, sia pure frontiera relativa, dà forma bella e significativa a cose, individui, lingue, culture e intere civiltà.

I limiti, messi puntualmente alla prova dall’Altro e dallo Straniero, si costituisc
ono su sfondo abissale: non una vera e propria Origine fissa e immutabile, bensì il punto di fuga dell’origine del linguaggio, del suo segreto e della sua stessa eccedenza. L’infinito? Va’, citrullo! Per non dire della dèrive decostruzionista, questa idiozia! Parlare, scrivere e operare contro la propria dissipazione spesso può apparire come un caso, puntualmente singolare, di emergenza personale. Un’emergenza personale che tuttavia sarebbe "impossibile" se non affiorasse nella relazione e il lavoro con se stessi, con gli altri e con l’Altro – e non sempre tramite il dialogo a tutti i costi, ma anche una decisione apparentemente arbitraria e tuttavia significativa di una coincidenza fra vita, memoria e destino.

Per esempio, nel corso di una storia che è la "nostra" storia all’Aquila imperiale del padre-tiranno si è sostituita la bandiera tricolore, nel corso di lotte e di un evento traumatico ma liberatorio che non a caso si chiama Risorgimento. La bandiera tricolore non può che essere un simbolo a noi caro: non solo per memoria o tradizione ( a ricordo dei nostri nonni, i padri, dei fratelli e delle sorelle morti o mutilati nell’infelice e doveroso compito di difendere l’onore e la speranza rappresentata da quella bandiera – mentre scrivo giunge notizia di un altro militare italiano caduto in Iraq, a Nassiriya ), ma anche perché simbolicamente quel tricolore è significativo di una memoria in grado di riconoscere dialetticamente il padre non più come tiranno: un padre che lascia in qualche modo liberi i propri figli, che si riconoscono a loro volta fratelli e figli, cercando insieme i modi dell’aiuto reciproco. Nel mito ciò accade dopo che il padre o qualcuno tra i figli è stato ucciso dall’orda primitiva. Questo crimine primordiale sembra costituire il punto di fuga all’origine della civiltà, il cui punto culminante è costituito da quel sacrificio che, in vari modi, permette di liberarsi dal tiranno, ovvero dai tratti astratti e violenti del padre.

In tal senso, appare altrettanto significativo, se non inquietante, che la bandiera Europea non sia più un tricolore liberatorio, ma un cerchio di stelline pronto, su sfondo scipito e blu, a fagogitare altre stelline. Più simbolo di un ritorno al materno che non di una ripresa del paterno come traccia e apertura.

Con le parole del dottor Iakov Levi : "La bandiera Europea non è dunque più un tricolore, simbolo fallico dell’orda liberatasi dalla tirannia paterna, ma nemmeno un’aquila imperiale o un triscele, simboli fallici del Padre, bensì un cerchio, simbolo della placenta e di una regressione intrauterina che invalida tutti gli stadi acquisiti in precedenza. Un cerchio a cui vengono aggiunte sempre nuove stelline in espansione, come l’imago della placenta che fagocita i suoi figli per proteggerli, nutrirli e distruggerli".

Dal momento che siamo in tema di simbolismo in chiave psicostorica e di bandiere, in conclusione ( provvisoria) non posso esimermi dal dire qualcosa sulla bandiera arcobaleno.

Bellissima, senza dubbio, forse perché gnosticamente va dal rosso delle pulsioni al viola dello spirito, passando per l’intero spettro della luce. D’altra parte, però, scippata prima ai teosofi e poi strappata ai gay, e agitata mostruosamente in massa nei cortei dei pacifinti aggressivi e di tante anime belle ma reattive che vorrebbero, ahimè, essere lasciate semplicemente in pace a godersi "un attimino" il telefonino e la seconda casa al mare, in un mondo in pieno rivolgimento e violenta transizione, ebbene la bandiera arcobaleno assume allora sia il segno ( chissà se civilizzato o ancora barbaro) di qualche nuova alleanza dopo il diluvio in arrivo, sia il tratto di un simbolo di putrefazione. E’ la tipica iridiscenza o sex-appeal spettrale che aureola le cose, i corpi, le culture, le civiltà e le lingue morte.

Illudendosi di aver messo in pensione i dèmoni del Novecento, solo per poter ora affliggere il mondo con gli angeli new age, ci si crede giunti alla grande Disneyland, nell’attesa inerte degli U.F.O. , della grande aspirina o eutanasia planetaria e, alla fine, dell’arrivo della cavalleria.Non occorre rivoltare col piede quello che potrebbe restare, in pieno nichilismo, della nostra cultura, del nostro essere Europeo e persino del nostro essere sociale, per trovarlo spendidamente decomposto.

 Se questa è la situazione che oggi viviamo sotto il grande sole mentitore ( e magari anche ridente, finché può) dell’Europa post-nazionale sempre più errante e disponibile, allora fra noi e l’Asia non potrà che interporsi con la spada, ancora una volta, un islam lunatico. Un islam patriarcale e arcaico, ricomposto però nei modi semplificati della globalizzazione e della concorrenza su scala planetaria, che benché fortemente identitario – o forse proprio per questo – è un islam radicale assai poco dialogante. Come qui, per esempio:

        O qui :

          

                                Oppure qui, a Baghdad o a Mossul:

       o anche qui:

        islamist.jpg (4388 Byte)      

                                                                          eccetera…

LO STRAZIO DELL’EUROPA

D’altra parte, non esiste alcun padrone del linguaggio, e quindi manca una forza d’interposizione universale, che possa mettere fine alle servitù, alle ingiustizie e alle lotte anche violenti prodotte sia dalla concorrenza che dall’invidia, dal risentimento e dall’odio che si può formare al contatto dell’interdetto o della migliore riuscita dell’altro. In altre parole, esistono anche ingiustizie dovute ai diversi talenti naturali o doni anche spirituali – ingiustizie contro cui non c’è rimedio -, e comunque non esiste alcun luogo al di sopra delle parti. Tuttavia il mito identitario dell’Occidente moderno e cristiano, un grande mito civilizzatore, resta come incardinato all’idea di poter produrre l’interdetto degli interdetti degli altri, compresi degli islamici, meno evoluti dal punto di vista della democrazia e dello sviluppo. Ma l’Occidente non è il padrone del linguaggio, nè d’altra parte vi è alcun luogo d’interposizione universale. Neanche qui:

 oppure qui :

Il mito del ratto di Europa vuole, non a caso, che Europa sia femmina: non solo a disposizione del capriccio di Zeus , ma anche un luogo di accoglienza e quindi di costituzione di una sorta di differenza delle differenze. Questo luogo in grado di raggiungere liberamente una specie di femminilità assoluta della specie umana, se non una specie di neutro, forse non esiste che nel mito o mitema identitario. La marcia di un’Europa a seno nudo, illuminata dalla veglia di una Ragione che tuttavia ha generato tanti mostri e i campi di sterminio nazisti e comunisti, è basato sulla credenza in una sorta d’innocenza primordiale, nel completo oblìo del peccato originale. Un oblìo che si fa appunto grumo nelle coscienze più sensibili e riflessive, ma determina anche il proliferare dei figli sempre più sinistri dell’ Illuminismo, della Tecnocrazia e di quella caratteristica forma di Cinismo e di Disincanto che purtroppo alligna nella speranza di non pochi cristiani, specialmente se catto-comunisti.

La libertà, l’innocenza e il futuro rosa confetto e arcobaleno che questi figli generati dal seno di una speranza cristiana che vira al cinismo, e che non è la vera ed enorme speranza cristiana che invece resta nella Resurrezione, evadono la questione fondamentale del peccato originale. Non lo si vuole vedere, ci si vergogna di nostro padre, di nostra madre, del crocifisso, ai sacramenti si preferisce il tantra o la fede nella cristalloterapia. Si rinuncia  alla cosiddetta "illusione religiosa" per diventare adepti di un misto di illusioni. Si crede nell’Oroscopo, sia in quello di Horus sia in quello di Solange, e poi si parla della Resurrezione, della Trasfigurazione e persino dell’Apocalisse come se fossero delle vecchie favole.

 A tale proposito il cardinale Danneels ha detto recentemente: «I sacramenti rischiano di non essere più il punto di gravità della vita pastorale cattolica, sospinti alla periferia dell’apparato ecclesiale». E intervistato dalla rivista cattolica diretta da Giulio Andreotti rivista cattolica 30giorni, anche Ivan Dias, cardinale ed arcivescovo di Bombay ha osservato che « In alcuni luoghi è stata forse sminuita la presentazione della liturgia come cosa sacra. Può darsi che qualche sacerdote “fa le cose sacre” senza mostrare quel senso di meraviglia e di ammirazione che si addice a chi è al cospetto di Dio, come Mosé davanti al roveto ardente. Alcuni fedeli partecipano alla messa e cantano gli inni con impegno, ma come se non fossero consci del grande mistero che si celebra attorno alla presenza reale di Gesù eucaristico. Se il sacro non traspare nella celebrazione dei sacramenti, la liturgia viene ridotta a riti: belli, cantati, celebrati magari con solennità e dignità, ma sempre riti. Alla fine anche i fedeli si accorgono che il prete sta recitando formule, ma non sentono che egli è mediatore tra Dio e gli uomini. Vi è chi dice che l’aver assolutizzato l’uso liturgico delle lingue moderne abbia contribuito alquanto a ridurre il senso del sacro nella messa. Tale opinione si può discutere. Molto comunque dipende dal contegno del sacerdote e dalla preparazione dei fedeli ».

L’inizio della sapienza, alla cui luce disporre cristianamente i fatti storici, non è più la memoria del timor dei initium sapientiae, bensì il sogno di una innocente marcia zapatera & progressista verso un destino in cui la verità dei desideri dei singoli e delle masse in conformità con una libertà promessa raggiungerebbe un’identità occidentale, e in particolar modo europea, che sarebbe: femmina. D’altra parte, il mitema dell’Islam sembra, al contrario, quello di volersi sognare, vivere e realizzare storicamente come maschio assoluto, mai sconfitto, alieno al pur necessario compromesso ( parola che non a caso non esiste nella lingua araba) : un maschio predestinato polemicamente solo e sempre alla Vittoria. In tal senso, il principale problema identitario dell’Islam resta quello di volersi tagliare dalla capacità di accoglienza e dalla propria femminilità originaria. Se si considera che l’illusione che anima l’occidente s’indirizza sul versante, solare e mentitore, del raggiungimento della femminilità assoluta della specie, mentre l’illusione islamica si drizza sul versante, presunto lunare, e spesso lunatico, del raggiungimento della mascolinità assoluta della st
essa specie che si dice umana, allora le poste, anche simboliche e di evoluzione psicosessuale, dei conflitti e del marasma identitario in corso assumono un altro rilievo.

Le ultime pagine di Tristi Tropici di Claude Lévi-Strauss – citate nello studio dello psicoanalista tunisino Fethi Benslama ( La psychanalyse à l’èpreuve de l’Islam, Aubier 2002 ), sembrano offrire la formulazione più limpida dei mitemi identitari dell’Europa a tale proposito:

" Aujourd’hui, c’est par-dessus l’Islam que je contemple l’Inde; mais celle de Bouddha, avant Mahomet qui, pour moi européen et parce que européen, se dresse entre notre réflection et des doctrines qui en sont les plus proches, comme le rustique empêcheur d’une ronde où les mains, prédestinées à se joindre, de l’Orient et de Occident ont été par lui désunies. (…) ".

L’Occidente avrebbe quindi incontrato nell’Islam l’ostacolo rustico che gli impedisce di unirsi alle fonti della ben più raffinata sapienza orientale, in particolare buddhista, che l’avrebbe reso ancora più cristiano. Così infatti continua il mitologo, giunto alle fonti di quello che affiora come uno strazio, una ferita densa di risonanze storiche, simboliche e quasi mistiche, se non mistificatrici:

" Que l’Occident remonte aux sources de son déchirement… ". Traduco: " Che l’Occidente risalga alle sorgenti del suo strappo: interponendosi tra il buddhismo e il cristianesimo, l’Islam ci ha islamizzati, quando l’Occidente si è lasciato travolgere dalle crociate, a opporsi ad esso e dunque a rassomigliargli, piuttosto che prestarsi – se l’Islam non fosse mai esistito – a questa lenta osmosi con il buddhismo che ci avrebbe maggiormente cristianizzati, e in un senso tanto più cristiano che saremmo risaliti al di qua del cristianesimo stesso. E’ allora che l’Occidente ha perso la sua possibilità di restare femmina".

Il grido dell’antropologo è straziante, piange un Occidente che non può più raggiungere il proprio Oriente estremo, dove le mani del seguace del Risorto e del seguace del dharma del Risvegliato, ormai disunite dal frapporsi della spada dell’Islam, avrebbero potuto congiungersi, fermando gentilmente il cerchio dell’identità dell’identità e della differenza. L’altro come occasione perduta, come disgrazia, come quando ci capita di avere in condominio dei rustici e polemici vicini, oppure trovarsi in famiglia dei cugini violenti ed astiosi, che non solo non la pensano come noi ma ci rinfacciano continuamente ( e quando possono anche facendo crollare le nostre torri, tagliando gole di cristiani, buddhisti ed ebrei in mondovisione, oppure inviando l’uomo-bomba alla stazione ) che tutti i loro guai dipendono dal fatto che errando e manipolando le Scritture ci crediamo tutti figli di Dio. Che la luce di Dio possa essere l’anima dell’uomo, o che l’uomo possa partecipare, attraverso l’Uomo, dell’essere di Dio, sono per l’Islam delle assurdità che rivelerebbero solo un’ignobile pietà per la vittima, un abietto desiderio di essere amati e il narcisismo degli Occidentali, amanti della bella vita e per definizione kuffar, ovvero infedeli e "ingrati" verso un Dio che non è padre, come ripete il Corano, bensì l’Unico Identico a Sé Stesso, Il  Padrone di un mondo predestinato ai sottomessi tramite l’obbedienza ai Suoi Comandi e Ammonizioni rivelati a Muhammad, nel corso della sua vita e delle sue battaglie, in un linguaggio "perfetto e chiarissimo" su sfondo oscuro: la "pura e insuperabile" lingua araba del VI secolo d.C.

LO SVELAMENTO DELL’OCCIDENTE ?

Fuor di metafora, sono dell’opinione che Buttiglione colga il segno quando giudiziosamente, insomma a modo suo, dice: "il tema dell’identità è prioritario per l’Europa: abbiamo bisogno di essere cristiani e liberali, poiché questa è la nostra storia e la nostra tradizione". L’incapacità di affermare una propria identità rende inabili a ogni vero dialogo con l’altro e, apparendo come debolezza agli occhi dei più agguerriti o di chi non rinuncia alla violenza, favorisce altra violenza.  "Siamo forse davanti a una crisi considerevole del tipo ‘scontro di civiltà’? – chiede l’analista politico britannico David Pryce-Jones. " Molti respingono quest’idea come eccessiva o come troppo orientata al peggio. E tuttavia, sia che possa essere applicata o no, per esempio, alla situazione in Iraq o alla guerra al terrorismo islamico, la formula è certamente significativa in riferimento a ciò che oggi accade in Europa". Come scrive Yves Charles Zarka, un filosofo e analista politico francese, "sta avendo luogo in Francia una fase centrale del più generale incontro/scontro tra l’Occidente e l’Islam, che solo chi è totalmente cieco o radicalmente di malafede, o forse inguaribilmente naif , stenterebbe a riconoscere".

Occorrerà, prima o poi, come le d
ue Simone, le due fanciulle rapite e poi rilasciate con in dono un Corano, togliersi il velo dagli occhi ?

Secondo l’opinione di Bassam Tibi, accademico di origine siriana che vive in Germania, gli europei stanno affrontando una rigida alternativa: "O l’Islam viene europeizzato, oppure gli europei saranno islamizzati". Più precisamente: “O l’Europa cambia l’Islam o l’Islam cambierà l’Europa”( ‘Caffè Europa’ n.198). Parole terribili e realistiche, con una vena di pessimismo, sulla bocca di una persona che conosce la sua religione, i suoi tratti illiberali, astratti e violenti, ma sa anche che l’Islam può cambiare “sul terreno”. Ma non senza, ahimè, ancora una volta dure lotte e sacrifici ai quali gli Europei , nella maggior parte dei casi moralmente impigriti, non sembrano preparati, mentre numerosi governanti e affaristi li indirizzano verso un vile destino di  dhimmitudine  ( cioè di "protetti", previo pagamento di "pizzo") per compiacere le nuove ambizioni aggressive e conquistatrici di un Islam in pieno marasma e boom demografico.

 Stando così le cose, occorrerà anche resistere, oltre che all’attrattiva torbida dell’insufficienza, alla facile tentazione di rinchiudersi nella "nostra tradizione", e di ripeterla sterilmente e magari in chiave cristianista, invece di riprenderla fedelmente nel cammino e gli imprevisti che – non avendo chiuso bottega – la storia, o anche le molte storie possibili, o anche impossibili, riservano all’Europa post-nazionale, post-moderna, e già apparentemente post-mortem e post-tutto.

Credo che resti, più che una mezza-paura o una mezza-speranza, la speranza enorme e non cinica nel Risorto. E pertanto sono anche dell’opinione che se avremo il coraggio di essere teneri, senza lasciar spuntare mai la spada, resteremo cristiani. Nell’attesa, non inerti.

Può darsi che i cristiani verranno dopo. In ogni caso, continuo a pensare che smettere di vagare qua e là come tanti smemorati arcobaleni o traballanti disertori che abbiano perso il contatto con il quartier generale, possa essere già un buon segno, nonostante tutto. Forse il preludio, chissà, a quello che mi ostino, non senza qualche ragione o speranza , a chiamare una poetica rinnovata del riconoscimento dei nostri propri peccati sia veniali che mortali, sia personali che storici, e della comunione. Se non per noi, per la libertà responsabile dei figli. Di quei pochi che vengono alla luce e restano, se non diventano liberali o addirittura santi, perlomeno cristiani. Allora l’altro islamico, fortemente identitario, ma fisso e contratto, non costituirà per noi sfortuna, disgrazia, ratto e stupro da parte dell’Identico. Nessun maschio assoluto, fosse pure l’infinitamente grande, potrà mai tagliare l’Europa femmina da se stessa. E’ questo, mi pare, ciò che dice il mito antropologico dell’Occidente e in particolare dell’Europa : quello di vivere l’Islam come il proprio velo. Con l’Islam siamo alla resa dei conti e sarebbe auspicabile che l’ Europa si togliesse il velo dagli occhi, senza farsi eccessive illusioni. Non a caso Fethi Benslama pone la vera questione, di sapore non a caso apocalittico: " Siamo forse nell’epoca dello svelamento dell’Occidente" ?

Non si sa: si va. Si va, ancora una volta, fra illuminazione e abbaglio, senza cioè la pretesa di conoscere i segreti tirannici del tempo e della storia. Che non hanno chiuso bottega,  nè il tempo nè la storia.. Per questo il proprio del Sé dell’Europa, pur restando una costruzione aperta, non può che richiamarsi a ciò che con giusta imprecisione ( ma zoppicare non è peccato) chiamiamo nostre radici, volendo essere impropriamente quello che relativamente siamo in una storia,  in un tempo e in uno spazio che non sono una risposta e non permettono altro che la fragile felicità di un imperfetto abbraccio. Ovvero cristiani, liberali e purtroppo, per fortuna o sfortuna ( ma spesso specialmente per negligenza e pigrizia morale) peccatori in grazia di Dio.

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In rete

SENZA CONFINI: IL CASO BORDERLINE DELL’EUROPA UNITA

di Iakov Levi

Fonte : http://www.psicoanalisi.it/

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grazie a Dilifa F. Bapa per la segnalazione.

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Le iconografie del Ratto d’Europa

(oggetto di una mostra a Firenze,

11 giugno 2002 – 6 gennaio 2003,

Galleria degli Uffizi)

grazie a leguerrecivili

Blog di Paolo di Lautreamont

per la segnalazione.

 

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maresciallo Simone Cola

PER LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA’

DEI POPOLI IRACHENI.

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Ma Cristo non ha cancellato Israele”

da “Le Chiese di Palestina e l’ebraismo”

di Francesco Rossi de Gasperis S.I.

Siamo ben lontani oggi dal comprendere come sia stato possibile chiedere agli ebrei che si convertivano a Gesù di abiurare la “perfidia ebraica” e la “superstizione giudaica”, come prescriveva il Rituale Romano fino a pochi decenni fa! Al contrario, abbiamo riscoperto la fede cristiana non come una “religione nuova”, ma come una trascendente fioritura messianica dell’ebraismo del I° secolo.

Questa seconda conversione, però, non è stata compresa, e non è condivisa dalle Chiese del Medio Oriente!

In esse se ne parla comunemente come dell’espressione di un complesso di colpa da parte degli occidentali, prodotto dalla Sho’ah, da cui i cristiani di Oriente si sentono immuni.

In realtà, una “teologia della sostituzione” che identifichi la Chiesa come il superamento teologico d’Israele (il ‘nuovo Israele’) e che è ancora radicata nelle Chiese di Oriente – mentre in Occidente ha cominciato a essere seriamente messa in questione, sia pur timidamente , spogliando di ogni significato teologico la permanenza del primo Israele fino a oggi – equivale praticamente anche in esse a una sorta di Sho’ah culturale e spirituale, le cui conseguenze non sono piccole.

In Oriente, e non solo in Palestina, ci si imbatte molto spesso in una teologia e in una prassi liturgica e pastorale fondate sulla convinzione (‘costantiniana) che il cristianesimo sia una religione nuova, che non ha nulla a che fare con l’ebraismo, che gli si è sostituita e ne ha preso il posto nel disegno divino di rivelazione e di salvezza.

(…) In modo particolarissimo, poi, i cristiani d’Oriente, solidali con i loro fratelli islamici, rifiutano assolutamente di riconoscere la minima relazione teologico-biblica tra l’Israele odierno e il loro paese, la Terra Santa, che per essi è solamente e tutta intera “Palestina”. La promessa e il dono della Terra, che il Signore ha fatto agli ebrei secondo le Scritture dell’Antico Testamento, per essi è un argomento inaccettabile, e in ogni caso del tutto e per sempre superato. Di conseguenza, la creazione dello Stato d’Israele appare loro unicamente come un’aggressione, un’invasione straniera, o tutt’al più come un evento prodotto da circostanze politiche puramente secolari, dei secoli XIX e XX. C’è una canzone palestinese che dice più o meno così: “Noi, cristiani e musulmani, vivevamo felici e in pace su questa terra, ma è arrivato un popolo estraneo, da fuori, che ci ha spogliati della nostra patria”.

Si comprende, perciò, la difficoltà che i cristiani palestinesi sperimentano nel leggere l’Antico Testamento, non trovando apparentemente nella Bibbia un’intelligenza accettabile di ciò che sta loro succedendo oggi. Al contrario, essi temono a ogni passo che la lettura integrale delle Scritture ebraiche, che noi favoriamo nelle Chiese di Occidente, giustifichi e favorisca l’interpretazione fondamentalistica e nazionalistica, che ne fanno i coloni e i gruppi della più estrema destra israeliana. Di nuovo, molti di loro si meravigliano, e quasi si scandalizzano, dell’amore e dell’entusiasmo con cui, invece, in Occidente, noi riscopriamo la bellezza e la decisiva importanza delle Scritture ebraiche per la nostrra vita di fede cristiana.

L’ultimo documento della Pontificia Commissione Biblica su "Il popolo ebraico e le sue sacre Scritture nella Bibbia  cristiana", pubblicato nella Festa dell’Ascensione del 2001, afferma nella conclusione che "le sacre Scritture del popolo ebraico costituiscono una parte essenziale della Bibbia cristiana e sono presenti, in molti modi, nell’altra parte. Senza l’Antico Testamento, il Nuovo Testamento sarebbe un libro indecifrabile, una pianta privata delle sue radici e destinata a seccarsi" (n. 84): una citazione che il card. Joseph Ratzinger evidenzia nella prefazione che premette allo stesso documento.

Abbiamo ascoltato un vescovo palestinese (non cattolico) interpretare e giustificare la lettura dell’Antico Testamento da parte dei cristiani, nel senso che in quelle pagine si tratterebbe di eventi e insegnamenti ormai tutti compiuti e assorbiti da Gesù e in Gesù, e dunque, per noi, privi in se stessi di ogni significato proprio e di ogni valenza teologica. Un “compimento cristologico” dell’Antico Testamento, inteso in un modo così radicale che la realtà storica e teologica dei suoi eventi e dei suoi personaggi venga tutta assunta e dissolta direttamente ed esclusivamente in Gesù Cristo, nasce da una tipologia ideologica, radicalmente platonizzante e dualistica, che non riconosce altro nella storia e nelle storie d’Israele, se non delle ombre–prefiguranti altre verità–realtà appartenenti a un ordine superiore, la quali rendono quelle “figure” ormai completamente sorpassate, consumate e svuotate di ogni loro portata intrinseca, e dunque oggi completamente irrilevanti per la verità cristiana. E, allora, come intendere le parole di Gesù in Mt 5,17-19: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Torah e i Profeti…" ?

È questa è la Sho’ah culturale, di cui parlavo sopra, che – dobbiamo confessarlo dolorosamente – ha nutrito per molti secoli anche buona parte della lettura cristiana della Bibbia tra noi, in Occidente, divenendo, senza volerlo, uno dei fattori (non certo l’unico) dell’antisemitismo europeo, anche di quello che il paganesimo nazista ha trovato disponibile per la costruzione della sua folle mitologia ariana.

 Contro un tale antisemitismo, fondato su di una teologia ed esegesi “platonicamente ideologizzate”, Giovanni Paolo II ha condotto forse la sua battaglia più bella per la difesa della fede contro ogni forma di gnosticismo.

Ma Cristo non ha cancellato Israele”. Le Chiese di Palestina e l’ebraismo

di Francesco Rossi de Gasperis S.I.

Fonte: http://it.groups.yahoo.com/group/supportingisrael/

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Consiglio di lettura

STORIA DELL’ ANTIGIUDAISMO E DELL’ANTISEMITISMO

di Maurizio Ghiretti


Un’acuta analisi dell’ostilità antiebraica dall’antichità a oggi: per individuarne i “momenti” più significativi, si è tenuto presente che le cause delle persecuzioni hanno avuto uno stretto rapporto con l’essere degli ebrei delle minoranze disperse all’interno di macrosocietà. Eppure non si è ritenuto storicamente corretto omologare l’ostilità antiebraica a quella rivolta contro altre minoranze, a causa del fondamentale ruolo della diversa identità ebraica; una diversità che, come sostiene il sociologo Zygmunt Bauman, non si adatta alle strutture del mondo predisposto da altri; una diversità, un essere altro, che spesso mina le certezze, le sicurezze di chi la incontra ( dalla scheda di presentazione dell’editrice Bruno Mondadori).

INDICE

I. Nell’Età antica

II. Dalla tarda Antichità all’alto Medioevo

III. Dal basso Medioevo all’Età moderna

IV. Nell’Età contemporanea: dalla Restaurazione alla prima guerra mondiale

V. Nell’Età contemporanea: dall’ascesa dei regimi totalitari alla strategia terroristica mondiale

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In rete

http://www.nostreradici.it/

vedi anche

 L’errore dei Bizantini

Il bizantinismo, che è stato ostile per principio al progresso cristiano, che ha voluto ridurre tutta la religione ad un fatto compiuto ad una formula dogmatica e ad una cerimonia liturgica – questo anticristianesimo nascosto sotto una maschera ortodossa – ha dovuto soccombere nella sua impotenza morale di fronte all’anticristianesimo aperto ed onesto dell’islam. E’curioso constatare come la nuova religione, con il suo dogma fatalista, sia apparsa proprio nel momento in cui l’imperatore Eraclio inventava l’ eresia monotelita, quella cioè dietro la quale si celava la negazione della libertà e della energia umana. Con questo artificio si voleva consolidare la religione ufficiale, e ricondurre all’unità l’Egitto e l’Asia, preferirono l’affermazione araba all’espediente bizantino. “L’estremismo islamico riassume l’eredità delle due principali eresie imperiali del Basso Impero: la negazione della libertà umana, la devozione cieca dei fedeli e un’umanitá che non viene chiamata a realizzare alcun progresso”.

 Fonte: http://www.suffragio.it/suffragio/articoli/soloviev.htm#awok0

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  Link

http://www.uncuoreperisraele.org/index.php

vedi anche l’ articolo  “ Israele come laboratorio per l’Islam”di Alma Cocco  in : http://www.ebraismoedintorni.it/

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LA RIVALITA’ MIMETICA E IL TERRORISMO ISLAMICO

Il terrorismo islamico è agitato da un desiderio esacerbato di convergenza e rassomiglianza con l’Occidente. L’islam radicale ci sottopone alla sfida un tempo intrapresa dal marxismo. Il suo rapporto mistico e paranoico-sacrificale con la morte ce lo rende più inquietante ancora.

 Riprendo lettura di un articolo su Le Monde del 5 novembre 2001, in cui il filosofo e antropologo René Girard ha descritto il terrorismo islamico e trans-nazionale come una forma di competizione mimetica su scala planetaria.

"L’errore è sempre quello di ragionare utilizzando la categoria della ‘differenza’, quando la radice di tutti i conflitti è piuttosto la ‘competizione’, la rivalità mimetica tra persone, nazioni, culture. La competizione è il desiderio di imitare l’altro al fine di ottenere la stessa cosa che quello ha, se necessario con la violenza"

  Intervista

La sua teoria della "rivalità mimetica" può essere applicata all’attuale crisi internazionale?

L’errore di sempre è di ragionare secondo le categorie della "differenza", mentre invece la radice dei conflitti è piuttosto quella della "concorrenza", la rivalità mimetica tra gli esseri, i Paesi, le culture. La concorrenza, ossia il desiderio di imitare l’altro per ottenere la stessa cosa che ha lui, all’occorrenza anche tramite la violenza. Senza dubbio il terrorismo ha radici in un mondo "differente" dal nostro, ma ciò che suscita il terrorismo non è da ricercare in questa "differenza" che lo allontana sempre più da noi e ce lo rende inconcepibile. È al contrario da ricercare in un desiderio esacerbato di convergenza e rassomiglianza. I rapporti umani sono essenzialmente dei rapporti di imitazione, di concorrenza. Ciò che abbiamo oggi sotto gli occhi è una forma di rivalità mimetica in scala planetaria. Quando ho letto i primi documenti di Bin Laden ed ho riscontrato i suoi accenni alle bombe americane cadute in Giappone, ho capito ad un tratto che il livello di riferimento è il pianeta intero, ben al di là dell’Islam. Sotto l’etichetta dell’Islam c’è una volontà di collegare e mobilitare tutto un terzo mondo di frustrati e di vittime nei loro rapporti di rivalità mimetica con l’Occidente. Ma nelle Torri distrutte lavoravano sia stranieri che americani. E per l’efficienza, la sofisticazione dei mezzi impiegati, la conoscenza che essi avevano degli Stati Uniti, gli autori degli attentati non erano anch’essi un po’ americani? Siamo in pieno mimetismo.

"Lungi dal distanziarsi dall’Occidente, lei scrive nel suo ultimo libro, non possono impedirsi di imitarlo, d’adottare i suoi valori senza confessarselo, e sono tutti ossessionati quanto noi dalla riuscita individuale e collettiva". Occorre allora capire che i "nemici" dell’Occidente fanno degli Stati Uniti il modello mimetico delle loro aspirazioni, sopprimendolo all’occorrenza?

Questo sentimento non è delle masse ma delle élite. Sul piano delle fortune personali si sa che un uomo come Bin Laden non ha nulla da invidiare a nessuno. E quanti capi di partito o di fazione sono in questa situazione intermedia , identica alla sua. Ricordiamoci di Mirabeau all’inizio della Rivoluzione Francese: ha un piede in una parte e uno nell’altra, e proprio per questo il suo risentimento si acuisce ancor più. Negli Stati Uniti gli immigrati si integrano facilmente, mentre altri, che pure hanno una riuscita brillante, vivono tuttavia in una lacerazione e in un risentimento permanente. Perché sono ricondotti alla loro infanzia, a delle umiliazione e frustrazioni ereditate dal passato. Questa dimensione è essenziale, in particolare presso i musulmani che hanno una tradizione di fierezza e uno stile nei rapporti individuali ancora di stampo feudale.

Ma gli americani dovevano essere i meno sorpresi da ciò che è successo, visto che vivono in continuità questi rapporti di concorrenza.

L’America in effetti incarna questi rapporti mimetici di concorrenza. L’ideologia liberista ne ha fatto la soluzione assoluta. Efficace ma esplosiva. I suoi rapporti di concorrenza sono eccellenti a patto di uscirne vincitori, ma se i vincitori sono sempre gli stessi , allora un giorno o l’altro i vinti rovesciano il tavolo da gioco. Questa concorrenza mimetica, quando è infelice, fuoriesce sempre, ad un momento dato, in forma violenta. Sotto questo aspetto è l’Islam che oggi pone la sfida un tempo del marxismo. "Noi vi seppelliremo", diceva Krusciov agli americani. E c’era un’intenzione bonacciona in queste parole…Bin Laden è più inquietante del marxismo, dottrina dove noi possiamo rintracciare una teoria della felicità materiale, di prosperità e di successo non troppo distante da ciò che s’è visto in Occidente.

Cosa pensa dell’ attrazione per il sacrificio dei martiri-killer dell’Islam? Se il cristianesimo è il sacrificio della vittima innocente, si spingerebbe lei ad affermare che l’Islamismo spinge al sacrificio e che l’Islam è una religione sacrificale, nella quale si rinviene questa nozione di "modello" che è al centro della sua teoria mimetica?

L’Islam intrattiene un rapporto con la morte tale che mi convince sempre più che questa religione non ha nulla a che fare con i miti arcaici. Un rapporto con la morte che, da un certo punto di vista, è più intenso di quello che osserviamo nel cristianesimo. Penso all’agonia del Cristo: «Padre mio perché mi hai abbandonato? (…) Allontana da me questo calice». Il rapporto mistico dell’Islam con la morte ce lo rende più misterioso ancora. All’inizio gli americani presero i kamikaze islamici per dei "cowards" (codardi), ma ben presto hanno cambiato parere.Il mistero del loro suicidio ispessisce il mistero della loro azione terrorista. Sì, l’Islam è una religione del sacrificio nella quale ritroviam
o anche la teoria mimetica e del modello
.Non mancavano candidati al suicidio mentre già il terrorismo sembrava destinato a fallire. Immaginate allora cosa succede oggi che sembra, se posso dirlo, aver avuto successo. È evidente che nel mondo mussulmano questi terroristi kamikaze incarnano un modello di santità.

I martiri della fede in Cristo sono tuttavia, dicono i Padri della Chiesa, la "semenza" dei cristiani…

Sì, ma nel cristianesimo il martire non muore per farsi imitare. Il cristiano è mosso a pietà di lui, ma non invidia la sua morte. La teme, anche. Il martire sarà un modello di riferimento, non un modello per gettarsi nel fuoco con lui. Nell’Islam è diverso. Si muore da martire per farsi imitare, ed esplicitare in tal modo un progetto di trasformazione politica del mondo. Applicato agli inizi del XXI secolo un tale modello mi lascia atterrito. È una specificità dell’Islam? Si fa spesso riferimento alla setta degli Hashashin (Assassini) del Medio Evo che si uccidevano dopo aver dato la morte agli infedeli. Ma io non sono capace di comprendere questo gesto ancor meno di analizzarlo. Bisogna solo constatarlo.

Arriverebbe a dire che la figura dominante dell’Islam è quella del ‘combattente guerriero’ e che nel cristianesimo è quella della ‘vittima innocente’ e che questa irriducibile differenza è quella che porta al fallimento ogni tentativo di comprensione fra i due monoteismi?

Ciò che mi colpisce nella storia dell’Islam è la sua rapidità di diffusione. Si tratta della conquista militare più straordinaria di tutti i tempi. I barbari s’erano fusi nelle società che avevano conquistato, ma l’Islam è rimasto tale e quale e ha convertito le popolazioni di due terzi del Mediterraneo. Non è dunque un mito arcaico come si ha la tendenza a credere. Mi spingerei perfino a dire che è una ripetizione razionalista sotto certi punti di vista di ciò che farà il cristianesimo, una sorta di protestantesimo prima del tempo. Nella fede musulmana c’è un aspetto semplice, bruto, pratico che ha facilitato la sua diffusione e che ha trasformato la vita di un buon numero di popoli allo stato tribale aprendoli al monoteismo giudaico modificato dal cristianesimo. Ma gli manca la specificità del cristianesimo: la croce. Come il cristianesimo l’Islam riabilita la vittima innocente, ma lo fa in maniera guerresca. La croce è il contrario: è la fine dei miti violenti ed arcaici.

I monoteismi, poiché hanno dato alla luce la nozione di Verità unica, escludente ogni nozione concorrente, non sono portatori di una violenza strutturale?

Si possono sempre interpretare i monoteismi come degli arcaismi sacrificali, ma i testi non lo provano. Si dice che i Salmi della Bibbia siano violenti, ma chi si esprime nei Salmi se non le vittime delle violenze dei miti? "I Tori di Baalam mi accerchiano e stanno per straziarmi". I Salmi sono come una meravigliosa pelliccia all’esterno, ma che, una volta rivoltata mostra una pelle sanguinante. Sono tipici della violenza che pesa sull’uomo e del ricorso che egli fa a Dio.

I nostri modelli intellettuali non vogliono vedere la violenza se non proveniente dai testi, ma da dove proviene realmente la minaccia? Oggi viviamo in un mondo pericoloso dove tutti i movimenti di folla sono violenti. Questa folla è già violenta nei Salmi, è già nel racconto di Giobbe. Essa chiede a Giobbe di riconoscersi colpevole: è un vero processo di Mosca ( alla maniera dei tribunali staliniani ndt), che gli vien fatto. Processo profetico. Non è quello di Cristo, adulato dalle folle e poi ricusato al momento della Passione? Questi racconti annunciano la croce, la morte della vittima innocente, la vittoria su tutti i miti sacrificali dell’Antichità.

E tutto ciò come si configura nell’ Islam? Vi sono certamente delle formidabili intuizioni profetiche sul rapporto tra la folla, i miti, le vittime, il sacrificio. Nella tradizione musulmana l’agnello sacrificato da Abele è lo stesso di quello inviato da Dio ad Abramo perché risparmi suo figlio. Poiché Abele sacrifica degli agnelli non uccide suo fratello, mentre poiché Caino non sacrifica animali, uccide suo fratello. In altre parole l’animale sacrificale evita l’uccisione del fratello e del figlio, ossia fornisce uno sfogo alla violenza. Così vi sono in Maometto delle intuizioni che sono al livello di certuni dei più grandi profeti ebrei , ma nello stesso tempo una preoccupazione di antagonismo e di separazione dal cristianesimo e dal giudaismo che può rendere negativa la nostra interpretazione.

Lei insiste nel suo ultimo libro sull’autocritica occidentale sempre affiancata a quella di etnocentrismo. «Noi occidentali scrive lei siamo al contempo noi stessi e i nostri stessi nemici». Sussiste ancora quest’autocritica dopo le distruzioni delle torri?

Sussiste ed è legittima per ripensare il futuro, per correggere ad esempio quell’idea di Locke e di Adam Smith secondo la quale la libera concorrenza sarebbe sempre bella e generosa. È un’idea assurda e noi lo sappiamo da molto tempo. Ed è stupefacente che dopo il fallimento così fragoroso del marxismo l’ideologia della libera concorrenza non si mostri capace di meglio difendersi. Affermare che la "storia è finita" (allusione alla teoria della ‘fine della storia’ di Fukuyama ndt) perché questa ideologia ha vinto sul collettivismo è evidentemente menzognero. Nei paesi occidentali i divari salariali s’accrescono in maniera considerevole e si va verso situazioni esplosive. E non parlo del terzo mondo. Ciò che ci si attende dopo l’attentato è piuttosto un’ideologia rinnovata, più ragionevole del liberalismo e del progresso.

Intervista a cura di Henri Tincq , Le Monde, 5 novembre 2001

René Girard, nato il 25 dicembre 1923 ad Avignone vive dal 1947 negli Stati Uniti dove ha insegnato all’Università di Stanford (California). Gli attentati dell’11 settembre l’hanno lasciato "intorpidito" inizialmente In quest’intervista a Le Monde l’antropologo tenta per la prima volta di analizzare un evento dove riscontra le sue tesi sulla rivalità mimetica e il sacrifico del capro espiatorio come strumento di risoluzione dei cicli di violenza. Da trent’anni le sue opere sono tradotte nel mondo intero. La violenza e il sacro, Delle cose nascoste dalla fondazione del mondo, Vedo Satana cadere come la folgore (Grasset, 1999). La sua convinzione cristiana s’è confermata lungo una densa opera che si può rilevare come una chiave di lettura della minaccia terroristica attuale. Per lui la violenza non è all’inizio né politica né biologica, ma mimetica. In un’opera che sta per uscire in Francia per i tipi Desclée de Brouwer Celui par qui le scandale arrive, René Girard ritorna sulla convinzione che la croce – la morte di Cri
sto – annuncia la vittoria sui miti regressivi più arcaici ( profilo a cura di Henri Tincq). (trad. it. a cura di A.S.)

Testi in italiano di René Girard

Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Adelphi 1983

Dostoevskij dal doppio all’unità, SE 1996

Il capro espiatorio, Adelphi 1987

Il risentimento. Lo scacco del desiderio nell’uomo contemporaneo, Cortina 1999

La pietra scartata. Antigiudaismo cristiano e antropologia evangelica, Qiqajon 2000

La violenza e il sacro, Adelphi 1980

L’antica via degli empi, Adelphi 1994

Shakespeare. Il teatro dell’invidia, Adelphi 1998

Vedo Satana cadere come la folgore, Adelphi 2001

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La teoria del desiderio mimetico in René Girard

Fonte : http://www.homestead.com/lafrusta/index.html

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 Osservazioni

L’ imitazione e la competizione che nascono dall “invidia” per gli oggetti che l’altro possiede, e di cui è supposto godere di più e meglio, risultano evidenti nei discorsi degli islamisti e si manifestano nel loro desiderio di difendere i loro mondi “minacciati” dalla modernità. La difesa di un islam che si nutre di mito-storia e si vive come minacciato da secoli dall’Occidente presunto “ebreo”, “crociato” e “nemico della legge di Allah”, si attuerebbe con la restaurazione del supposto “glorioso” periodo d’oro del Califfato e l’imposizione violenta della legge di un Dio forte ed oscuro, la cui Volontà si sarebbe “incartata” nell’a-temporalità della lettera contenuta nel Libro. Brandendo il sacro Codice come se fosse un manuale di guerra o un ordine tassativo, inviato a chiare lettere direttamente dal quartier Generale, è in atto, su scala planetaria, il tentativo di ostacolare con tutti i mezzi messi a disposizione dallo jihad transnazionale la normalizzazione in Irak, di provocare la destabilizzazione dell’Arabia Saudita , di cancellare Israele, terrorizzare gli Stati Uniti e minacciare l’Europa se non collabora tenendosene perlomeno alla larga.

Nel desiderio nostalgico e ossessivo di fermare il tempo alla fissità aurorale dell’ Origine dell’islàm, così come nella cattiva reciprocità instaurata con il non-musulmano, non giocano solo, mi pare, imitazione e rivalità mimetica, ma anche una forte determinazione e un’intelligenza tanto più lucida ed efferata quanto più si nutre di risentimento e odio ( Satanismo e terrorismo).

Eric Gans ha descritto il conflitto in corso anche in termini di risentimento dal punto di vista del suo modello originario di reciprocità in "Window of Opportunity" Chronicle 248 (http://www.anthropoetics.ucla.edu/views/vw248.htm).

Sostanzialmente, Gans afferma che, dal momento che ogni ordinamento sociale genera risentimento, il conflitto in corso non è uno scontro di religioni o culture ma una battaglia tra coloro che guidano la civiltà e coloro il cui risentimento è così forte che essi ne vogliono la distruzione, anche se questa comporta la loro stessa distruzione.

A tale proposito va osservato che il terrorismo suicida, con i suoi tratti paranoico-sacrificali, si serve del rapporto che tradizionalmente l’islàm ha con la Legge e con la morte – un rapporto mistico che si esprime in detti popolari del genere “ la morte è per il servo di Allah come il monile per la bella donna”. Il rapporto mistico e guerriero con la morte si esprime in numerosi detti attribuiti al Profeta e in quei versetti del Corano spesso ripetuti sia nelle moschee sia nei proclami dei martiri-killer, gli shaid, che di altri terroristi e khmer verdi mostrati nei video trasmessi dalle tv arabe mentre sgozzano gli infedeli al grido giubilatorio, identitario e assassino di “Allahu Akbar” ( Allah è il più grande).

Sono versetti che – come anche alcuni versetti della Bibbia, se interpretati letteralmente come talvolta si è fatto nel corso di una storia che credevamo obsoleta e superata – incitano alla violenza e al sacrificio dei beni e della vita dei nemici , così come dei propri beni e della propria stessa vita. A chi è ucciso nello sforzo sulla via della Legge di Allah è garantito il Paradiso.

Il terrorismo fa uso di un’interpretazione angusta e selettiva della multiforme tradizione islamica ed è una costruzione culturalmente relativa che varia a seconda del tempo e del luogo e che è intrinsecamente intrecciata con questioni politiche e di libertà religiosa – una libertà che però finisce e va certamente contrastata laddove questa implichi il soggiogamento, il ferimento e l’uccisione di altre persone.

Il problema è quali mezzi accettabili hanno le democrazie occidentali e quei Governi dei paesi arabi considerati “apostati” e non abbastanza islamici dagli islamisti per differire questo risentimento armato e in movimento.

“Se le scienze umane non avessero trattato la religione e l’aspetto religioso della vita umana come un’arcaica favola primitiva, escogitata giusto per spiegare l’origine del mondo, forse ciò che è avvenuto l’11 settembre 2001 a New York e le rovine di Ground Zero avrebbero suscitato meno stupore, in un pianeta che vive ancora nella convinzione della propria eternità. È una convinzione sbagliata di origine aristotelica e che non mette in conto la possibilità che il nostro universo un domani possa essere distrutto…” ( René Girard)

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ALTRA INTERVISTA A RENE’ GIRARD

LA GUERRA PER AVERE LA PACE ?

Fonte:
www.radio.rai.it/radio3/uomini_profeti/ archivio_2001/eventi/2001_10_20_girard/ – 19k

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Vedi anche : James G. Williams, René Girard senza la Croce?

Religione e teoria mimetica, Anthropoetics II, no. 1 (June 1996)

Department of Religion, Syracuse University

Traduzione dall’inglese di Fabio Brotto in:

http://www.bibliosofia.net/GENERATIVA.html

 

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I FANTASMI DELLO TSUNAMI

In una situazione di minaccia ubiquitaria e diffusa, difficilmente circoscrivibile in un ambito definito, ogni danneggiamento anticipato e fantasticato oppurre effettivamente avvenuto porta con sé i forse inevitabili riflessi della colpa o dell’innocenza.

In genere tali riflessi si accompagnano, nella maggior parte dei casi, alla tentazione di dare al male un nome proprio, di circoscriverlo in un ambito definito e di additare il “colpevole” di turno. Accadde per esempio durante l’ascesa sfolgorante del nazismo in Europa, quando in una Germania uscita sconfitta dalla guerra e in pieno boom demografico si diffuse la propaganda della nazione e della razza minacciate di estinzione dal complotto pluto-massonico-giudaico.

Dopo lo tsunami che ha devastato il Sud-Est asiatico e interrogato le nostre fragili felicità e i nostri umani poteri precari, sorge anche nel mondo arabo e islamico il diffuso bisogno di una schiena su cui appoggiare salutifere bastonate. La credenza, arcaica, nella punizione di un Dio irato contro le minigonne e intere popolazioni di “miscredenti” o “sodomiti”, oppure la credenza nel complotto di Potenze Occulte è comune a molte leggende, civiltà e culture, ma una parte rilevante di quello che resta della cultura islamica e della sua gnosi ha un suo modo peculiare di elaborare la minaccia: quello di attribuire la causa di ogni male o sciagura, compresa la propria deficienza in termini di povertà e di guerre interne, esclusivamente a fattori esterni supposti e suggeriti ora come un generico “Occidente” e ora come “crociati”, “ebrei” e “miscredenti” o musulmani “tiepidi”, cioè non abbastanza musulmani.

Nella maggior parte dei casi il soggetto islamico si presenta al mondo come vittima degli altri, occultando il fatto di essere vittima del vittimismo organizzato dai propri dirigenti politici, intellettuali e religiosi, la cui tirannia consiste precisamente nel rifiuto della complessità e di un minimo di esame di coscienza. Le condizioni demagogiche e affabulatorie esistenti nei paesi arabi privi di democrazia e di giustizia, sono per esempio rappresentate – tra numerose altre autorità religiose del mondo arabo – dallo sceicco Fawzan Al-Fawzan, professore all’Università Al Iman ( La Fede) quando, l’indice puntato e la voce dura, appare sugli schermi della catena televisiva saudita EAU Al-Majd TV, per affermare che : “ queste grandi tragedie e punizioni collettive che hanno raso al suolo interi villaggi, città e interi paesi, rappresentano la punizione di Allah contre le genti di quei paesi, anche se sono musulmani.” La loro colpa sarebbe imputabile, secondo lo sceicco professore, alle “fornicazioni e perversioni sessuali” consumate in paesi non abbastanza islamici dai turisti durante le feste cristiane di Natale. Anche il criptoislamico Franco Battiato disse qualcosa del genere all’inizio degli anni ’80, attribuendo la comparsa dell’Aids a una punizione divina contro quelli che farebbero “un sesso da porci”, i soliti porci di Epicuro…

Ed ecco uno stralcio dal sermone del venerdi trasmesso dalla televisione palestinese il 31 dicembre, parla lo sceicco Ibrahim Mudeiris, lo stesso predicatore che – come molti altri suoi colleghi propagandisti di una povera sottocultura dell’odio viscerale – istiga i giovani a diventare martiri-killer o shaid e li benedice assicurando loro il perfetto godimento di perlomeno 72 vergini nel paradiso di Allah e delle Urì:

“…L’oppressione e la corruzione causate dall’America e dagli ebrei sono aumentate. Avete mai sentito parlare di quelle spiagge che vengono chiamate paradiso turistico? Avete probabilmente sentito parlare di Bangkok. Ne abbiamo letto, e lo conosciamo come un centro di corruzione sulla faccia della terra. Lì vi sono investimenti americani e sionisti. Lì essi inducono musulmani ed altri alla prostituzione…Volete voi che la terra chiuda un occhio nei confronti degli oppressori corrotti? Volete voi che il mare abbassi le sue onde dinanzi alla corruzione che vede con i propri occhi? No. L’ora zero è arrivata ”.

Il medesimo sceicco Ibrahim Mudeiris, una vera e propria autorità in materia di educazione religiosa all’odio, così continua poi, nel suo sermone del 7 gennaio, trasmesso dalla televisione palestinese:

“…I musulmani ricordano come gli ebrei hanno corrotto la terra…O musulmani! Gli ebrei sono ebrei. Il loro carattere e le loro usanze sono la corruzione e la distruzione di questa terra. Noi continuiamo ad ammonirvi: gli ebrei sono un cancro che si estende nel corpo della nazione islamica ed araba…Essi investono nei paesi dell’ Est dell’ Asia che sono stati distrutti a causa della corruzione ebraica ed americana…”.

Nelle società del mondo arabo e musulmano, tradizionalmente gli ebrei sono presentati come “i corruttori della terra”, e pertanto si predica nelle moschee, nei giornali e in televisione che la potenza del complotto ebraico abbia scatenato anche lo tsunami!

Come si legge rovistando nella spazzatura del web, quando non è qualche Buon Dio Oscuro ad essersi presa l’incombenza di punire atei, agnostici e turisti miscredenti , i “colpevoli” dello tsunami per alcuni non possono ovviamente che essere gli americani e gli ebrei. Proprio come sempre, tanto per cambiare!

Così il settimanale nazionalista egiziano Al-Usbu del 1 gennaio ha pubblicato un articolo di Mahmoud Bakri, intitolato “L’umanità in pericolo”, nel quale si sostiene che lo tsunami sia stato causato o quanto meno aggravato nelle sue conseguenze da esperimenti nucleari congiunti realizzati in quell’area da India Stati Uniti ed Israele:

“…Secondo le stime degli esperti, vi sono due possibili spiegazioni per quanto è avvenuto. La prima è una causa naturale,divina, in quanto quella regione si trova nell’Anello di Fuoco,soggetto a questo tipo di terremoti devastanti.

La seconda possibilità è che vi sia stato un qualche tipo di intervento umano che ha destabilizzato le placche tettoniche…Molte relazioni hanno dimostrato che le placche tettoniche dell’India e dell’Australia sono venute a collisione con quelle dell’Europa e dell’Asia, e che l’India ha conseguito recentemente una elevata tecnologia nucleare, preparata da numerosi esperti nucleari israeliani e centri di ricerca americani…I tre più recenti esperimenti sembrano essere la vera preparazione degli americani e degli israeliani ad agire congiuntamente con l’India per trovare un modo idoneo a liquidare l’umanità…”.

Altri commentatori arabi, nel campo della religione della politica ed anche del semplice giornalismo, si sono cimentati nell’attribuire ai peccati di quelle popolazioni il martirio che Allah ha voluto infliggere loro.

Nel mondo arabo-musulmano quando non è la vendetta di Allah contro i miscredenti di Bangkok, è la potenza del complotto ebraico a scatenare lo tsunami!

Fabbricare la menzogna e uomini-bomba con il danaro e il sacro, ecco la prodezza ideologica delle famiglie di miliardari arabi, alla cui testa, ancora una volta, il potere saudita. Un potere che ha stanziato 10 milioni di dollari per i musulmani rifugiati a causa dello tsunami, mentre solo l’anno scorso aveva donato 150 milioni di dollari alle famiglie dei martiri-killer, i terroristi suicidi. Un potere, quello dei lugubri e melensi miliardari sauditi, che avendo ripudiato l’islam delle poche luci che restano, diffonde da decenni attraverso i movimenti islamisti una concezione letterale della religione, ossessionata da un Dio puritano e vendicativo, uno stragista che chiede sempre più rinunce, generando così sempre maggiori rivendicazioni pulsionali, repressione e reazioni di tipo paranoico-sacrificali in un circolo vizioso.

Accade ovunque le nuove ambizioni dell’islam e la propaganda dei Fratelli Musulmani convertono l’ignoranza, l’esclusione e la “disperazione di massa” in un potente risentimento contro la modernità nutrito d’invidia e di rivalità mimetica.

Più in generale, quasi dopo ogni evento catastrofico o tragico ( come l’attentato jihadista alle Torri di New York, la morte di Arafat, e ultimamente il maremoto nel Sud-Est asiatico), l’ideologia religiosa emotivamente caricata e armata di odio, riccamente finanziata e tinta di nostalgia dell’Età d’Oro mobilita giornalisti, sceicchi semintellettuali,  mullah e imam semianalfabeti per elaborare le ricorrenti teorie del complotto. Invece di pulire davanti alla porta di casa, di lavorare, di creare industrie, di ridistribuire le ricchezze con giustizia e cercare i modi dell’aiuto reciproco, pare che non sappiano fare altro che riempire le teste e i cuori dei loro figli con un cumulo di assurdità, rendendo loro inintelligibile il loro stesso mondo.

 Più che di "fantasmi" – come scrivo per tranquillità – si tratta di un vero e proprio immaginario maligno in movimento. Un immaginario armato e in movimento, che interroga tra l’altro una ridefinizione dei termini di salute o di malattia di ciò che resta della civilizzazione islamica, oggi in pieno marasma, e della nostra confrontata all’aggressione e al disagio e all’infelicità di doversi difendere e prevenire mali peggiori.

FINO ALL’ULTIMO UOMO

A proposito delle forze dell’odio mobilitate sia "sul campo" in maniera gruppuscolare e polipesco sia fin nell’infosfera dalla gnosi dell’ islamismo radicale – così come ieri tramite le prime radio dal nazismo e dal catto-comunismo utopico – potrebbe essere utile riflettere seriamente sulle parole conclusive del saggio di Freud del 1929 , oggi più che mai attuale, Il disagio della civiltà :

Il comandamento ‘ ama il prossimo tuo come te stesso’ è la più forte difesa contro l’aggressività umana (…). Eppure, chi nella presente civiltà s’attiene a tale precetto si mette solo in svantaggio rispetto a chi non se ne cura.

Che immane ostacolo alla civiltà dev’essere la tendenza aggressiva, se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!

La cosiddetta etica naturale non ha qui da offrire nulla al di fuori della soddisfazione narcisistica di potersi ritenere migliori degli altri.

L’etica che si appoggia alla religione fa qui intervenire le sue promesse di un aldilà migliore. Sono d’opinione che finché la virtù non è premiata sulla terra l’etica predicherà invano.

(…) Il problema fondamentale del destino della specie umana a me sembra sia questo: se, e fino a che punto, l’evoluzione civile degli uomini riuscirà a dominare i turbamenti della vita collettiva provocati dalla loro pulsione aggressiva ed autodistrutrice.

In questo aspetto proprio il loro tempo presente merita forse particolare interesse.

Gli uomini adesso hanno esteso talmente il proprio potere sulle forze naturali, che giovandosi di esse sarebbe facile sterminarsi a vicenda, fino all’ultimo uomo.

Lo sanno, donde buona parte della loro presente inquietutine, infelicità, apprensione.

E ora c’è da aspettarsi che l’altra delle ‘ due potenze celesti’ , l Eros eterno, farà uno sforzo per affermarsi nella lotta contro il suo avversario altrettanto immortale.

Ma chi può prevedere se avrà successo e quale sarà l’esito ? "

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– Conspiracy Theories Surrounding the Tsunami: It was a Punishment from Allah for Celebrating Christmas and Other Sins; It was Caused by the U.S., Israel, India

– Théories du complot autour du tsunami: C’était un châtiment pour avoir célébré Noël et autres péchés; Les Etats-Unis, Israël et l’Inde sont responsables

Fonte : http://memri.org/

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Sermoni dello sceicco Ibrahim Mudeiris

– Palestinian Authority Sermons

Fonte: http://www.geoffmetcalf.com/index.html

– Palestinian Authority TV, 31 Dicembre 2005. Per vedere l’estratto visitare il sito: http://memritv.org/Search.asp?ACT=S9&P1=451.

 Di conseguenza e non a caso i soliti burattinai del terrore impiegano, ancora una volta , con incallita perfidia, i cosiddetti shaid per mantenere il  MEDIO ORIENTE IN FIAMME , come al valico di Karni, al confine fra Israele e  la striscia di  Gaza , dove ieri  13 gennaio 2005, pochi giorni dopo l’elezione di Abu Mazen a presidente dell’Autorità palestinese, si verifica un ennesimo sanguinoso attentato rivendicato dai martiri-killer delle Brigate Ezzedin al Qassam (braccio armato di Hamas), le Brigate dei martiri di Al Aqsa (legate ad al-Fatah) e le Brigate Salaheddin (braccio armato dei Comitati di cosiddetta Resistenza popolare, che riuniscono doversi gruppi terroristi nella Striscia di Gaza).

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Da La Stampa: "(..) Il punto scelto ha un significato particolare. Il valico di Karni (al Mintar) funge da posto di rifornimento di merci in ingresso alla striscia di Gaza e di uscita per i prodotti locali. E’ il principale canale di ossigeno per il milione e mezzo di palestinesi che vivono nella striscia. Ieri, in un gesto di buona volontà verso i nuovi dirigenti palestinesi, Israele aveva accettato che fosse aperto anche di notte. Erano quasi le 11 di sera quando si è prodotta una potente deflagrazione. Un camion carico di esplosivo era stato fatto saltare in aria accanto a un muro di cinta. Apertasi una breccia, due o tre palestinesi armati sono entrati correndo e hanno raggiunto i punti dove i contenitori delle merci vengono sottoposti a raggi-x per verificare la presenza di armi o esplosivi. Due di loro si sono fatti esplodere all’ingresso del contenitore n.13 dove si trovavano una decina di israeliani, civili e militari. Il terzo è tornato nelle retrovie.

Ma la complessa operazione – rivendicata separatamente dalle Brigate dei martiri di al-Aqsa (al Fatah), dai Comitati di resistenza popolare e da Hamas – non era ancora finita. Per circa mezz’ora i soccorsi israeliani sono dovuti restare a distanza di sicurezza perché nella zona cadevano a ripetizione colpi di mortaio e i soccorritori erano esposti al tiro di cecchini. Quando finalmente sono entrate le ambulanze blindate, è stato possibile fare un primo bilancio delle vittime. Ma ancora più grave è il bilancio politico dell’operazione, anche perché i primi a rivendicarne la paternità sono state le Brigate dei martiri di al-Aqsa: ossia il braccio armato di al Fatah che Abu Mazen vorrebbe inquadrare nei servizi di sicurezza palestinesi …" ( da: Aldo Baquis, La Stampa 14.01.2005 )

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… maghdub alayhim…”

Il musulmano medio, così come il devoto ad oltranza, nella maggior parte dei casi si crede innocente fin dall’origine, e in relazione – tramite il linguaggio presunto perfetto del Corano rivelato – con la Volontà dell’Onnipotente che esige letteralmente la sottomissione assoluta in cambio della pace, ovvero per lasciarti in pace. Per la gnosi islamica l’apocalisse è già avvenuta, Muhammad è il sigillo dei profeti e il sole dell’islam dovrebbe brillare sempre allo zenith, su un territorio di credenti nell’a-temporalità della lettera e di vittoriosi che, prostrati davanti alle pretese del Più Grande  non sopportano alcuna ombra. Lui sarà anche il Più Grande, ma molto dipende anche dal cervello piccolino dei credenti!

Se, di fatto, l’islam non trionfa è perché i fatti avrebbero torto, perché non esisterebbe per l’uomo alcun margine di libertà responsabile e tutto dipenderebbe dall’esistenza di complotti dovuti ai crociati, agli ebrei e ai musulmani “tiepidi”, non abbastanza musulmani doc. Quasi dopo ogni evento catastrofico o tragico ( come l’attentato jihadista alle Torri di New York, la morte di Arafat, e ultimamente il maremoto nel Sud-Est asiatico), l’ideologia religiosa tinta di nostalgia dell’Età d’Oro mobilita giornalisti, semintellettuali e mullah semianalfabeti per elaborare le ricorrenti teorie del complotto.

La “colpa” per il fatto di non vivere in un reale perfettamente islamico, sicuro e privo di dubbi e di pericoli non può che essere degli altri, di tutti gli altri, e in particolare degli ebrei, la cui sola esistenza e amore per la libertà mette in dubbio la credenza nella assoluta ed inevitabile Vittoria di Maometto estesa a tutto l’universo mondo, com’è scritto fuor di metafora. Se i mullah, gli imam semi-letterati e i giornalisti semiletterati dei media arabi ripetono la Fatiha (la sura aprente del Corano) cinque volte al giorno, credendo ( come si legge anche da n
oi in Italia , a pagg. 24-25 del Corano tradotto da Hamza Roberto Piccardo, rivisto e controllato dottrinalmente dall’Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia, e pubblicato da Newton & Compton editori) che maghdub alayhim (coloro contro cui Dio si è adirato) si riferisca letteralmente agli ebrei, e che al-dallin (gli sviati, coloro che vagano nell’errore) si riferisca ai cristiani, allora si comprende anche la diffusione della terribile credenza che il libro sacro dell’Islam ti dia il diritto di odiare e di calunniare cristiani ed ebrei, e perché nei mondi arabi e islamici si tace con imbarazzo quando li si uccide in mondovisione al grido identitario, giubilatorio e assassino di Allahu Akbar.

Se ci si attesta e ci si rinchiude, in maniera asfittica e pedante, nell’idea che il Corano sia letteralmente il linguaggio perfetto e a-temporale di Dio, espresso in una lingua araba intangibile e sacra, allora nessuno può ragionare sul Corano e farsene l’avvocato per renderlo compatibile con il rispetto della vita dei non-musulmani e con una società rispettosa dei diritti umani e di un minimo d’intelligenza spirituale, per dire di cultura, di poesia o di pietà per le vittime. I mezzi comunemente usati dalla propaganda islamista, a parte la pratica della dissimulazione, consistono a seconda dei rapporti di forza esistenti e dell’opportunità, in ordine di frequenza decrescente: l’ingiuria, la minaccia dell’ inferno nell’Aldilà e nell’Aldiqua, l’utilizzazione selettiva di versetti fuori dal loro contesto anche storico, lettura ripetitiva e acritica, e comparazioni con le turpitudini della Bibbia e della Cristianità.
I musulmani più “tolleranti” o critici come
Adelwaab Meddeb, Mohamed Charfi, Rahid Benzine, Mohamed Arkoun, Soheib Bencheikh, Nasr Hamid Abu Zaid ( costretto, quest’ultimo, a fuggire dall’Egitto e a riparare in Olanda) restano in una situazione di impossibilità nel tentativo di “interpretare” le parole del Corano. Se ci si rinchiude nell’idea tradizionale ed assiomatica che il linguaggio del Corano è letteralmente il linguaggio perfetto, contenente l’espressione chiarissima di una Volontà e di un Comando perfetti, allora non resta che l’oscurantismo, la mobilitazione al servizio di una Volontà dai tratti astratti e violenti e l’applicazione pratica di questa Idea, ovvero la crudeltà.

Nel mondo arabo-musulmano quando non è la vendetta di Allah contro i miscredenti di Bangkok, è la potenza del complotto ebraico a scatenare lo tsunami! Fabbricare la menzogna e uomini-bomba con il danaro e il sacro, ecco la prodezza ideologica delle famiglie di miliardari arabi, alla cui testa, ancora una volta, il melense e crudele potere saudita. 

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In rete:

Equilibri.net – Arabia Saudita

Fonte: http://www.equilibri.net/index.html

Marketing terrorism: Hamas exploitation of the Eastern European
Internet infrastructure to operate its sites

Fonte : http://www.intelligence.org.il/eng/default.htm

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Su Internet la traduzione italiana di "Pillole di storia del Medio Oriente": questa nuova presentazione, intitolata "I canali dell’odio", analizza il processo di islamizzazione dell’antisemitismo e la nascita di una nuova coalizione antisemita, formata dall’unione del fondamentalismo islamico e degli avanzi dei movimenti di estrema sinistra utopica, fabbricatrice non ancora in pensione di grandi e buone intenzioni che puntualmente si traducono in terrore, miseria e morte. Cliccate qui per vederla.

In cronaca

ISLAM:BELKASSEM, CACCIATO DA CONGRESSO GIOVANI MUSULMANI PERCHE’ MODERATO

 Siena, 4 gen. – (Aki) – "Sono molto deluso dal congresso dei Giovani Musulmani che si e’ tenuto la scorsa settimana a Chianciano Terme: mi hanno impedito di distribuire ai partecipanti una copia del manifesto dei musulmani moderati e dopo poco hanno chiesto agli agenti della Digos di mandarmi via": questa la denuncia di Yassine Belkassem, esponente marocchino dell’Islam moderato, membro della Consulta dell’Immigrazione della provincia di Siena e firmatario del ‘Manifesto contro il terrorismo e per la vita’ promosso dall’ambasciatore Mario Scialoja. In qualità di esponente islamico della Toscana, Belkassem si è recato lo scorso 29 dicembre al congresso dei Giovani Musulmani d’Italia (GMI). L’organizzazione, unica nel suo genere in Italia, era balzata agli onori delle cronache dopo lo strappo del suo ex presidente Khalid Chaouki, che ha accusato il direttivo di essere succube dell’Unione islamica (Ucoii). ”Purtroppo ho assistito ad un congresso che non ha portato a nulla di nuovo – spiega Abdelkassem all’AKI -ADNKRONOS INTERNATIONAL – Come al solito si sono dette tante parole ma la sostanza non è cambiata. Non solo mi hanno impedito di distribuire ai circa 150 partecipanti il documento firmato da 20 musulmani moderati che condannano il terrorismo – solo perché era contrario alla linea dell’Ucoii – ma addirittura sono stato avvicinato da un rappresentante della Digos, che molto gentilmente mi ha fatto capire che era meglio se avessi lasciato la sala. Sembra abbiano messo in giro la voce che fossi uno dei servizi segreti e per questo hanno chiesto il mio allontanamento". ( LEGGI TUTTO)

Fonte: http://www.adnki.com/index_Italiano.php

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Islam, si è dimesso presidente giovani musulmani d’Italia
Il giovane marocchino è tra i firmatari del manifesto dell’Islam moderato,
tanto criticato proprio dai dirigenti dell’Ucoii.

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Il manifesto dei musulmani moderati

Fonte: http://www.culturacattolica.it/index.asp

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 ASTROFISICA

NELLO SPAZIO GRANDE ESPLOSIONE NELL’UNIVERSO

Illustration of eruption from supermassive black Hole. Credit: NASA/CXT

NASA/Harvard. Astronomi hanno osservato la più potente eruzione mai verificatasi a nostra conoscenza nell’Universo, grazie all’osservatorio a raggi X della Nasa Chandra. Ne dà notizia un comunicato della stessa Agenzia spaziale Usa.

A causare l’eruzione, è stata l’interazione tra quantita’ di materia enormi e un ‘buco nero’ di massa eccezionale che cresceva a ritmo molto rapido. L’osservazione dell’eruzione mostra, rileva la Nasa, ”l’enorme voracita’ dei grandi buchi neri e il profondo impatto che essi hanno sull’ambiente circostante”.

L’eruzione e’ stata osservata nell’ammasso di galassie chiamato MS 0735,6+7421, dove il buco nero stava divorando la galassia centrale.

L’eruzione venne causata da una massiccia liberazione di energia gravitazionale, mentre enormi quantità di materia cadevano nel buco nero: il fenomeno sarebbe durato piu’ di 100 milioni di anni e avrebbe generato l’energia equivalente a centinaia di milioni di scoppi di raggi gamma.

La maggior parte della materia coinvolta venne divorata dal buco nero. Ma una parte di essa venne violentemente eiettata dal vortice formatosi intorno al buco nero, prima di esserne catturata.

Brin McNamara, un astrofico della Ohio University di Athens, ha detto: ”Sono stato sorpreso di scoprire che una massa pari a circa 300 milioni di soli è stata ingoiata”. McNamara è l’autore di uno studio che compare su Nature.

Fonte: http://www.techno-science.net/

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Sandrsyante curnitairuttamangaih

yatha nadinam bahavo’mbuvegah

samudramevabhimukha dravanti

tatha tavami naralokavira

visanti vakratanyabhivijvalanti

yatha pradiptam jvalanam patanga

visanti nasaya samrddhavegah

tathaiva nasaya visanti lokas

tavapi vaktrani samrddhavegah

lelihyase grasamanah samantal

lokansamagranvadanairjvaladbhih

tejobhirapurya jagatsamagram

bhasastavograh pratapanti visno.

Fuggono nelle bocche Tue terribili

a sfracellarsi il capo contro i denti:

come fiumi che muoiono nel mare

vengono nella Tua bocca di fuoco

queste folle di uomini ed eroi;

come mosche consunte dalla fiamma

cadono in Te, Signore, per morire.

Tu lecchi, Tu rapisci, Tu distruggi

vite d’uomini e donne in ogni dove.

Di Te, Signore, brucia l’universo.

Bhagavadgita, 11, 27-30.

 

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