Amhad Jannati : « Più sangue, Allah lo Vuole »
Nel tentativo di spaventare a morte il popolo e dissuaderlo dal partecipare alle manifestazioni di protesta dell’11 febbraio ( 22 Bahman, anniversario della Rivoluzione del 1979) prossimo, il regime iraniano ha impiccato ieri i primi due oppositori, Mohammad Reza Ali-Zamani e Arash Rahmanipour, giudicati colpevoli di essere “mohareb”, cioè “nemici di Dio”,“comportamento ostile al dio Allah”. Ormai la Repubblica islamica considera se stessa un equivalente di Dio e ritorna al clima di terrore instauratosi nei primi anni ottanta subito dopo la vittoria di Khomeini.
Congratulandosi per la "esecuzione rapida" dei due prigionieri, il vecchio ayatollah Ahmad Jannati – capo dei giuristi-religiosi che hanno ratificato la contestata rielezione di Ahmadinejad il 12 giugno, e sostenitore della necessità dell’atomica islamica in preparazione – ha paragonato l’opposizione al governo simile a quella delle tribù ebraiche che sfidarono ( più di mille anni fa) il profeta Maometto. "Gli ebrei”, ha detto durante il sermone di venerdì, “non hanno rispettato i loro impegni, e Dio ha ordinato il loro massacro."
Facendo appello alla Virtù islamica, il capo del Consiglio dei Guardiani ha lodato la magistratura e i funzionari del governo di aver assunto questa responsabilità rivoluzionaria d’impiccare quanti più “mohareb” possibile, invitandoli a una maggiore rapidità. E ha indicato come modello il comportamento di Alì, il genero del Profeta, che “pur avendo la reputazione di uomo gentile e compassionevole ordinò l’uccisione di 70 ebrei infedeli”.
La Virtù promossa da Jannati è il dovere imperativo di mostrare il proprio cuore in pubblico e uccidere i supposti o suggeriti « mohareb » ispirandosi al ruolo salvifico del Profeta, « sublime modello ».
Insomma, per assicurare la sua legittimazione, il governo della Repubblica islamica deve uccidere per “amore di Dio” e nel rispetto della Tradizione fissa e immutabile. Questo porta a quello che Arendt, nell’evocare la figura di Robespierre, chiama: “insensibilità carica di emozione nei confronti della realtà dell’altro”. Malgrado la compassione illimitata, o forse proprio perché animato da compassione illimitata, il capo dei Guardiani della Rivoluzione khomeinista, proprio come il capo del Terrore, non tiene conto né della realtà né del dolore dell’altro. Dove Sade si ferma, l’ayatollah Jannati non si ferma. E può senza alcuna contrizione legittimare il massacro di numerosi innocenti conservando, come un Robespierre musulmano, una compassione illimitata per il Popolo.
Il sacrificatore comanda a ciascuno, con fanatismo tranquillo, di dare prova della Virtù e di non tradire la Rivoluzione islamica. Il capo dei Guardiani della Rivoluzione s’identifica così alla Volontà di Allah – come il capo del Terrore s’identificava all’Essere supremo incarnato sotto la figura della Virtù. Virtù che finisce con l’imporre un consenso pubblico a quella fazione del regime islamista rappresentata da Khamenei e da Ahmedinejad , le cui spie a Teheran sono disseminate ovunque. La conseguenza è che invece di realizzare la Virtù islamica, Jannati alimenta il massacro degli obbedienti e dei disobbedienti alla volontà dei vecchi ayotollah. In tal modo lo spazio politico è cancellato dalla stesse persone che aboliscono lo spazio del dolore e commerciano, malgrado tutto, con il mondo cosiddetto libero, Italia compresa. L’importante è che il mercato non ne soffra.
Altre nove persone arrestate nella repressione dellle proteste dell’opposizione sono stati condannati a morte con l’accusa di “mohareb”. Insomma, per assicurare la sua legittimazione, il governo della Repubblica islamica, sempre più strabico e asfittico, deve uccidere per “amore di Dio”, con un occhio al mercato e l’altro al rispetto della Tradizione e della dittatura militare che si espande e può permettersi di uccidere qualche migliaio di oppositori, con l’appoggio delle masse di milioni di sostenitori in piena effervescenza.
P.S. Il padre del ventenne Arash Rahmanipour ha detto ad Al Jazeera che non vuole cordoglio per la morte del figlio, «accetto solo congratulazioni, è morto da martire della causa democratica in Iran».
65esimo anniversario dell’apertura del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau
Twilight of the West [Abendland], Anselm KIEFER 1989
"Noi veniamo dopo. Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz. Dire che egli ha letto questi autori senza comprenderli o che il suo orecchio è rozzo, è un discorso banale e ipocrita.
In che modo questa conoscenza pesa sulla letteratura e la società, sulla speranza, divenuta quasi assiomatica dai tempi di Platone a quelli di Matthew Arnold, che la cultura sia una forza umanizzatrice, che le energie dello spirito siano trasferibili a quelle del comportamento?
Per giunta, non si tratta soltanto del fatto che gli strumenti tradizionali della civiltà – le università, le arti, il mondo librario – non sono riusciti a opporre una resistenza adeguata alla bestialità politica: spesso anzi essi si levarono ad accoglierla, a celebrarla, a difenderla.
Perché? Quali sono i legami, per ora assai poco compresi, tra gli schemi mentali e psicologici della cultura superiore e le tentazioni del disumano?
Matura forse nella civiltà letterata un gran senso di noia e di sazietà che la predispone allo sfogo della barbarie?"
(George Steiner, dalla Prefazione a Linguaggio e silenzio, Garzanti, traduzione di Ruggero Bianchi, 1967).
– "Il Rapporto Goldstone: un pericoloso fraintendimento"
Audio da Radio radicale >
Pierluigi Battista, Laura Mirachian, Ambasciatore italiano presso l’ONU a Ginevra, il Prof. Dore Gold, ex Ambasciatore israeliano presso l’ONU di New York, il Generale Giovanni Marizza, ex vice comandante della forza multinazionale in Iraq, Enrico Pianetta, Presidente dell’Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele e l’on. Fiamma Nirenstein. Tutto il convegno grazie a Radio Radicale >link: http://www.radioradicale.it/scheda/295639.
In Iran i manifestanti arrestati e gli attivisti dell’opposizione sono a rischio di esecuzione imminente. La televisione di stato riferisce che Abbas Vaez-Tabasi, consigliere religioso della Guida Suprema ayatollah Ali Khamenei, ha invocato la pena di morte per gli oppositori, definiti "mohareb (nemici di Dio)", pertanto da giustiziare in base alla sharia, la legge islamica. Con l’accusa di essere "nemici del dio Allah" , il regime sta pianificando nuove esecuzioni capitali ai danni dei giovani dimostranti che hanno protestato e sono stati arrestati nelle ultime settimane.
"Anch’ io sono mohareb. Impiccatemi! " .
E’ l’appello di centinaia di blogger iraniani che hanno lanciato la campagna "I am Mohareb too / من محاربم" "" /"Anche io sono un nemico di Dio", in segno di solidarietà con i dimostranti iraniani arrestati, uccisi, minacciati di esecuzione dalla dittatura religiosa e militare dei mullah.
Iranian Wall. Video sulle note dei Pink Floyd dedicato ai giovani Iraniani
>Ho vissuto a Teheran un’altra Ashura di sangue
(Un ricordo di Carlo Panella, Libero del 29 dicembre)
"Si avvisa che quest’anno i Magi non arriveranno perché sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati". E’ il provocatorio cartello posto dal direttore della Caritas diocesana di Agrigento, Valerio Landri, nel presepe allestito all’interno della cattedrale di San Gerlando alla vigilia dell’Epifania. (L’articolosu Repubblica).
Secondo alcuni membri della comunità ecclesiale e civile, se Melchiorre sgozzava la figlia perchè usciva con un cristiano, Baldassarre nascondeva la cocaina nell’incenso e la spacciava ai giardinetti fuori della Grotta e Gaspare si era imbottito le mutande di esplosivo per farsi esplodere tra i pastori…probabilmente hanno fatto bene a fermarli all’aeroporto con i body scanner.
Ma non sembra questo il caso dei Magi, che in quanto persone civili prima di entrare in un Paese chiedono sempre il visto d’ingresso, come qualsiasi persona civile. Se non sono ancora arrivati nella cattedrale di Agrigento è perché o non li hanno fatti uscire dall’Iran, oppure perché si sono attardati nei supermercati del nord pieni zeppi di "migranti".
A meno che non li abbia sequestrati Valerio Landri, elevando i Re Magi a campioni e vittime del vittimismo organizzato in nome dell’imposizione di una piccola e retorica idea politica della Carità cristiana.
Insomma, l’iniziativa del presepe di Agrigento senza senza gli "orientali" re magi sacrifica la tradizione alla polemica politica. E fa venire in mente Life of Brian, un film commedia del 1979 del gruppo comico inglese dei Monty Python.
Nato contemporaneamente a Gesù in una grotta accanto alla sua, Brian viene scambiato dai Re Magi per il Bambino che cercano, e perciò offrono i loro doni a Mandy, la sua petulante madre ( “Ah, e grazie tante per l’oro e per l’incenso, ma per la mirra non dovete disturbarvi, la prossima volta, d’accordo? ”). In seguito, accortisi dell’errore, i Magi tornano a riprenderseli.
Albert Camus – di cui quest’oggi si celebra in sordina il cinquantenario della morte – parla del suo lavoro e spiega perché ha scelto questo libro sul terrorismo puro – un libro profetico, di attualità, duro da digerire.
Tempo è il numero del movimento secondo il prima e il poi… e risulta impossibile l’esistenza del tempo senza quella dell’anima. Aristotele
Busto di Giano – Musei Vaticani.
Il ta’zieh [ “lutto”, “cordoglio”] è un tipo di genere teatrale persiano, una lagna che nella cultura sciita evoca le sofferenze e la morte dell’imam Hussein, nipote di Maometto, massacrato nel 680 d.C. con la sua famiglia nella piana di Karbala, vicino a Baghdad, dai soldati del Califfo Yazid.
Il Ta’ zieh sembra esserel’unica forma di tragedia della cultura islamica.La rappresentazione del sacrificio e della resistenza sciita contro la malvagità del califfo sunnita Yazid, viene oggi deturnata in maniera tragicomica e paradossale dagli studenti massacrati dal regime di Ahmedinejad.
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In un connubio di tradizione e modernità, video & posters di resistenza contemporanea contro la malvagità svelano limiti, contraddizioni, falsità e soprusi del regime dittatoriale degli ayatollah , già sbeffeggiato nel cartone animato Persepolis di Marjane Satrapi, nel libro satirico di Ebrahim Nabavi e Reza Abedini, Iran. Gnomi e giganti, paradossi e malintesi (edizioni Spirali).
Tramite la Rete e nonostante numerose limitazioni e censure, il regime degli gnomi al potere in Iran è quotidianamente messo in ridicolo. Su Facebook appaiono centinaia di uomini iraniani vestiti da donna in segno di solidarietà nei confronti di Majid Tavakoli, leader studentesco ventitreenne dell’Università di Amir Kabir arrestato insieme ad oltre 200 persone durante le proteste del 7 dicembre negli atenei di tutto il Paese, accusato dal governo di essere « meno di un uomo » e di voler fuggire all’estero travestito da donna.
Centinaia di persone hanno allora partecipato all’iniziativa del gruppo Free Majid Tavakoli suFacebook, che invita gli uomini a pubblicare le proprie foto con il velo. Un video su YouTube mette insieme le centinaia di foto di iraniani e sostenitori nelle città europee con il chador o l’hijab da donna su >http://www.youtube.com/watch?v=TwtJBO9DSWI&feature=related
Alcuni tengono in mano cartelli o foglietti che dicono: «Io sono Majid Tavakoli» oppure «Non è una vergogna essere una donna, è una vergogna essere uomini come voi». Il velo, simbolo dell’oppressione delle donne, che sono forzate dalla polizia religiosa di portarlo in pubblico, viene adesso utilizzato dagli uomini per manifestare la loro adesione a un movimento di liberazione.
Ma la risposta più oltraggiosa al regime viene dal sito gordab che ha pubblicato immagini della Guida Suprema Ali Khamenei con il chador. Iranica? No, ironica.
Le proteste contro la lugubre dittatura della Repubblica islamica dell’Iran sono coraggiose, creative e ispirate dal desiderio di una vita più libera e più felice. Ma la satira, l’ironia e il coraggio dei ragazzi non bastano per liberarsi dall’incubo in cui è piombato l’Iran, dietro c’è la realtà spaventosa di una specie di teologia ( armata ) della repressione.